You're my end and my beginning
« Cause all of me
Loves
all of you
Love
your curves and all your edges
All
your perfect imperfections
Give
your all to me
I'll
give my all to you. »
Undicesimo
capitolo:
La nuova
settimana sembrava essere iniziata con il piede giusto, in fin dei
conti. Se
non calcolava Louis, sempre pronto a fare battutine acide, o Zayn, che
sembrava
aver preso gusto nell’ignorarlo - non
che
lui ci facesse caso, per carità -, stava andando
tutto per il meglio. In
particolar modo con Aileen e Harry, sembrava esser tornato tutto alla
normalità.
Quel sabato
mattina aveva dovuto accompagnare la bambina dal ricciolino, avrebbero
passato
assieme il fine settimana - sia Harry che Anne avevano insistito per
averla - e
lui avrebbe potuto dormire indisturbato. Non che lei fosse una
seccatura, ma
voleva eliminare tutta la stanchezza accumulata in quelle settimane -
per non
dire in quegli anni -.
Anne era andata
a fare un controllo, per via della gravidanza, e lui si era fermato con
Harry
ed Aileen giusto il tempo di fare colazione, entrambi avevano insistito
e non
aveva potuto rifiutare di fronte a tutto quel cibo.
Al momento di
raggiungere lo studio, si era lasciato abbracciare da entrambi e aveva
sorriso
intenerito alla bambina che gli aveva consigliato di pensarla nel caso
avesse
avuto nuovi incubi. Aveva appositamente ignorato lo sguardo curioso del
ricciolino, conoscendolo ormai così bene da sapere che
sarebbe stata la prima cosa
su cui si sarebbe informato, la prima cosa che avrebbe chiesto ad
Aileen.
Aveva preso la
metropolitana successiva a quella solita, solo una
mezz’oretta dopo ma all’ora
di punta, ed aveva dovuto passare tutte quelle fermate restando in
piedi,
ignorando le occhiatine curiose delle vecchiette e il chiasso dei
ragazzini.
Odiava essere
circondato da così tanta gente, preferiva di gran lunga il
silenzio. E avrebbe
sicuramente preferito restare nel letto, riposarsi e non pensare a
nulla.
Invece gli sembrava impossibile ormai prendere sonno, farsi una bella
dormita,
senza svegliarsi con uno scatto per via degli incubi.
Era sempre
così
in quel periodo, non riusciva a dormire bene e ripeteva lo stesso
incubo: si
trovava in quella stanza bianca, Lyn lo indicava e gli ripeteva
“Hai visto cosa mi hai fatto?”,
lasciandolo
poi svegliare nel letto vuoto e tutto sudato.
Avrebbe tanto
voluto fare come Zayn gli aveva detto, di smetterla di addossarsi colpe
che non
aveva, ma non sapeva nemmeno da dove iniziare. Perché come
poteva smettere di
pensare a quei “E se io..”,
da solo
non ci sarebbe mai riuscito e forse non sarebbe mai riuscito a
cavarsela con le
sue sole forze. Ma a chi altri poteva chiedere? Chi altri poteva
aiutarlo?
Soprattutto chi avrebbe fatto entrare in quella corazza? Chi avrebbe
fatto
entrare in quelle paure?
Fece la strada
verso lo studio tutto preso da quei pensieri, non riuscendo a trovare
una
soluzione a quegli interrogativi o un freno per tornare con la mente al
presente. Ripensava alle parole di Harry, al fatto che forse non aveva
tutti i
torti sul suo essere legato fin troppo a Kaylyn o Rick, ma poi, mentre
cercava
di portar alla memoria il viso di qualcuno che potesse aiutarlo, si
trovava
sempre con quegli occhi nocciola di fronte. E no, lui non voleva Zayn.
O almeno
non in quel senso. Lui aveva bisogno di un qualcuno più grande, più maturo e forse era
Jade che poteva fare al caso suo.
Non doveva
obbligatoriamente aprirsi con lei, ma poteva lasciarla entrare nella
sua vita e
vedere come Aileen l’avrebbe presa. Poteva lasciare che lei
si prendesse cura
di lui, che gli stesse vicino e forse con il tempo l’avrebbe
potuta vedere come
qualcosa di più di una semplice “buona
compagnia”.
Venne
catapultato fuori da tutti quei pensieri nel sentire delle risate fin
troppo
rumorose - possibile che sapesse
riconoscere persino il timbro della sua voce? - e si
fermò sui propri
passi, fissando i due che ridevano e tenevano tra le dita quella che
aveva
tutta l’aria di essere una canna.
A momenti
sarebbero arrivati i pazienti - mamme con bambini
- e quei due idioti si erano messi a fumare una canna, di fronte allo
studio. E
nulla l’avrebbe fermato dal gridare contro quei due
ragazzini, dal chiamare
David e dire che il loro progetto - o qualsiasi cosa fosse
quell’esperienza
spiacevole - era saltato in aria ed andato in fumo. Louis aveva
superato ogni
limite, quell’ultima volta si era messo seriamente nei guai.
Strinse quindi
le mani in pugni - le unghie che incideva nel palmo per scaricare la
rabbia - e
li raggiunse, fermandosi a pochi passi da loro, arricciando poi il naso
nel
sentire quell’odore inconfondibile. Non usciva molto spesso
ormai, ma ai suoi
tempi ne aveva fumata qualcuna e sapeva riconoscere con
facilità quel tipico
odore.
Si
schiarì la
voce dopo quasi cinque minuti - li aveva solamente fissati ridere, come
due
perfetti idioti -, attirando immediatamente l’attenzione di
Zayn - il sorriso che gli aveva rivolto non gli aveva fatto perdere nessun battito
-, ma venendo completamente ignorato dall’altro.
E Louis lo stava
facendo volutamente, perché teneva gli occhi chiusi e
aspirava il fumo con
tutta la calma possibile; persino quando lo richiamò per
nome non ottenne
alcuna risposta.
Incrociò
le
braccia al petto a quel punto, sentendo le risatine di Zayn e come
cercasse di
dire all’amico che c’era il dottor
Payne
e che sembrava arrabbiato - aveva usato persino la parola “eccitante”, mentre gli lanciava
un’occhiatina -. Fu dopo non aver
ricevuto alcuna risposta in quei cinque minuti che perse la pazienza,
si sporse
verso i due e strinse una mano attorno al braccio del più
basso di statura,
trascinandolo verso lo studio ed ignorando i suoi lamenti sulla canna
finita a
terra.
Cercò di
aprire
il portone e tenerlo allo stesso tempo fermo, per poi buttarlo
letteralmente
all’interno ed ordinargli di non fare disastri o ne avrebbe
pagate le
conseguenze, voltandosi poi verso il ragazzino fermo alle proprie
spalle. Aveva
le mani in tasca, lo sguardo basso e un sorriso divertito ad
arricciargli le labbra.
E quello era seriamente la goccia, perché
quell’idea così stupida doveva essere
sua e perché non riusciva a toglierselo dalla testa. Ed era
colpa sua, solo
sua, se stava sentendo tutto quel muro sgretolarsi e lasciarlo senza
alcuna
difesa.
- Tu.-
sibilò,
puntandogli l’indice contro e riducendo sempre più
le distanze tra i loro
corpi. - Spero tu ti renda conto della stronzata che hai appena fatto.-
concluse con un tono freddo ed acido, perdendosi per qualche secondo a
fissare
i suoi denti bianchi, come si mordicchiava il labbro e lo ascoltava in
silenzio. Grugnì infastidito - non
poteva
essere altro il verso che si era lasciato scappare - nel
sentire uno strano
movimento nei boxer, come se la sua improvvisa presenza fosse qualcosa
di
piacevole. No, assolutamente no. Pensare a quel corpo sotto di lui non poteva essere piacevole.
Riuscì a
liberarsi da quella guerra mentale, sentendolo chiedere: -
Cos’ho fatto, dottor
Payne?-, e dovette trattenersi con tutte le forze dal far qualsiasi
cosa.
Voleva una cosa e il suo opposto, voleva spingerlo lontano da lui e
stringere
le mani sui suoi fianchi - non sarebbe
stata una cattiva idea lasciargli dei segni -, voleva premere
una mano sul
cavallo dei pantaloni e gridargli di lasciarlo in pace.
- Tu.. tu sei..-
stava cercando di esprimere uno dei tanti pensieri, passandosi poi una
mano tra
i capelli con fare nervoso. - Ti avevo detto di girare al largo da
qui!-
esclamò infine, preferendo ignorare tutte quelle improvvise
voglie di
dominarlo. - Non semplicemente detto, mi sembrava di avertelo
ordinato!-
continuò, specificando su quel punto importante, e lo
sentì sbuffare,
borbottare qualcosa sul loro improvviso riavvicinamento e: - Pensavo
avessimo
messo da parte l’ascia di guerra!-
- No.- gli
rispose solamente, avvolgendo la mano attorno al braccio del ragazzino,
e lo
guardò nei suoi occhi nocciola - una
tentazione, una tentazione continua -, vedendo una strana
luce
attraversarli. E più cercava di liberarsi da
quell’incantesimo - era un
incantesimo tutto quello, non potevano
esserci altre ragioni -, più si sentiva attirato
verso di lui, da lui e dai
suoi occhi. - Io non ti sopporto.- sibilò nuovamente,
mettendosi ancora una
volta sulla difensiva, mentre stringeva la presa attorno al suo
braccio.
- Vorrei vederti
sparire.- aggiunse subito dopo con un filo di voce, sporgendosi appena
verso di
lui e facendo sfiorare le loro fronti, i suoi capelli neri gli
solleticavano la
pelle e una parte di lui sarebbe rimasta in quella posizione per
sempre. - Non
capisco cosa tu voglia da me, tutto questo mi sta facendo impazzire. E
non è
positivo, non è bello.- confessò in un impeto,
tenendo ugualmente un tono
basso.
Una parte di lui
voleva non averlo mai conosciuto, un’altra pensava che,
l’incontro con quel
ragazzino, fosse stata una ventata d’aria fresca nella sua
vita e un’altra
ancora voleva ignorare tutto quanto e tenere i suoi polsi contro un
materasso -
o un muro, non gli importava
granché del
luogo -.
- Io non sto
facendo nulla.- lo sentì sussurrare dopo qualche minuto di
silenzio,
costringendolo ad incrociare nuovamente quegli occhi sinceri, troppo
sinceri. -
Ti ho detto quel che voglio, sei tu a confondere tutto e farmi finire
nel tuo
caos.-
Non
riuscì a
trattenersi dal portare una mano sulla sua guancia, solleticandogli la
tempia con
i polpastrelli e sfiorandogli i ciuffi di capelli, per poi sussurrare:
- Stammi
lontano, solo questo.- e premere l’indice contro le sue
labbra nel vederlo
pronto a ribattere le solite storie dei messaggi contraddittori del
corpo.
Indietreggiò
di
un passo, ignorando quella calamita - sembrava volerlo attirare
nuovamente
verso di lui -, e gli diede velocemente le spalle per poter entrare
nello
studio. Stava scappando da lui, da quell’attrazione
pericolosa, perché non si
sentiva completamente pronto per buttarsi in quel vortice strano e in
quella
situazione mille volte più grande di lui. E non poteva
nemmeno farsi vedere con
lui, non di fronte a quelle donne irritanti che sarebbero arrivate in
poco
tempo e avrebbero sparso chissà quali pettegolezzi sul
proprio conto.
Ignorò il
commentino di Zayn, quel “so che
vuoi
succhiarmelo” lo fece arrossire da capo a piedi, e
chiuse la porta,
cercando di non pensare troppo al brivido che era corso lungo la
schiena.
Non stava
pensando a Zayn, al suo sapore e a cosa sarebbe successo se si fosse
lasciato
andare. Non poteva permettersi di pensarlo, perché poi non
avrebbe smesso di
volerlo. Forse era proprio per quel motivo, se la sua testa si stava
incasinando a quel modo. Diventava sempre più difficile
tentare di convincersi
di non desiderare determinate cose, quasi impossibile ormai.
Era ancora
immerso in tutti quei pensieri, la schiena appoggiata alla porta e il
cuore che
gli batteva quasi in gola, quando sentì un rumore che
attirò in poco tempo
l’attenzione. Focalizzò il punto da cui proveniva
il baccano e sbarrò gli occhi
nel vedere Louis, che continuava a ridere e stava sdraiato a terra con
la
poltrona addosso.
- Louis!-
esclamò, raggiungendolo velocemente ed aiutandolo ad
alzarsi, iniziando a
trovare incredibilmente fastidiosa la sua risata. - Razza
d’idiota,
irresponsabile. Ora come faccio? Tra poco arrivano tutti e tu..-
agitò le mani,
non riuscendo a trovare altre parole per descrivere un atto
così infantile, e
lo prese nuovamente per un braccio, trascinandolo nella sala
d’aspetto per
poter raggiungere il bagno.
- Dovrei
chiamare David.- sussurrò tra sé e sé,
tenendolo sotto controllo mentre si
sciacquava la faccia, come gli aveva ordinato. - Perché
avete esagerato, questo
era troppo e io non posso più gestirti. Ho troppi bambini
nella mia vita. Non
posso badare a tutti voi.- borbottò poi con fare esasperato,
stringendo le
ciocche di capelli e tirandosele, come per cercare un modo di uscire da
tutta
quella situazione.
Louis, al
contrario di quel che stava passando lui, continuava a parlare e
ridere, come
se si stesse divertendo un mondo nel vederlo andare sempre
più nel panico,
sfidandolo poi a chiamare il padre con un sorrisino irrispettoso.
- Maledetto il
giorno in cui ho accettato.- sibilò il castano, colpendo la
porta del bagno con
un piede e cercando di sfogarsi in quel modo. - Ho problemi
più seri e gravi
dei tuoi.- aggiunse subito dopo, voltandosi verso di lui e stringendo
le dita
sul collo della sua maglia a maniche corte, una di una band sconosciuta
e che
sicuramente non aveva alcuna morale. - Me ne fotto dei tuoi problemi
con tuo
padre, sei fuori. Vattene via.- concluse in modo freddo e la voce
intrisa di
rabbia, spingendolo lontano da sé ed indicandogli la porta.
- Fuori, Tomlinson.
L’accordo è saltato, non mettere mai
più piede in questo posto.-
Restò
impassibile di fronte alla sua improvvisa serietà, al suo
cercare di
convincerlo a rimettersi a posto ed essere pronto per il lavoro, e
tenne il
braccio teso ad indicargli la porta, vedendolo sospirare e dargli le
spalle per
uscire, insultandolo tra i borbottii.
Sicuramente
senza di lui sarebbe stato doppiamente difficile, riuscire a mantenere
un certo
ordine e rispettare i voleri di quelle donne ricche, ma non poteva
tenere
Louis, non dopo quello che aveva fatto. Quella giornata sarebbe stata
terribile, doppiamente faticosa, ma non avrebbe rimangiato una sola
parola di
quell’ordine a non tornare.
Dire che quella
giornata era stata faticosa o terribile, era dire poco; un inferno, era
stato
un vero e proprio inferno. Aveva subìto ogni critica e ogni
tipo di angheria,
decidendo di non esporsi troppo e scusarsi solamente. Non sapeva
nemmeno cosa
avrebbe potuto dire per cercare di difendersi, si trovava in un campo
minato e
preferiva non saltare in aria e andare a brandelli.
Il solo pensiero
che avrebbe avuto il fine settimana a completa disposizione per del
riposo, era
quello che lo faceva resistere dal non accasciarsi a terra e lamentarsi
su
quanto la vita fosse ingiusta. E, proprio quando gli sembrava di non
poter
cadere più in basso, sentì qualcuno schiarirsi la
voce e chiedere: - Louis
l’hai chiuso dentro?-
Fece un ultimo
giro con le chiavi, sentendo la serratura scattare, e le
infilò in tasca,
scendendo quei pochi gradini in pietra ed ignorando volutamente il
ragazzino
moro, che al contrario lo seguì, continuando a fare domande.
Sbuffò,
quando
non riuscì più a tenerlo fuori dalla mente - ma c’era mai riuscito? -, e si
passò una mano sulla nuca, cercando
di eliminare in parte la stanchezza, mentre borbottava: - Solo per
oggi, puoi
evitare di parlarmi? Puoi anche seguirmi, ma non parlare. Son stanco ed
è stata
una giornata pesante.-
Raggiunse in
poco tempo il sottopassaggio della metropolitana, ringraziando
mentalmente Zayn
per quel suo improvviso ascoltare le suppliche, e prese posto sul
vagone fermo di
fronte a lui, sedendosi su quei sedili così duri e scomodi,
appoggiandosi poi
allo schienale con i palmi a coprirsi il viso. Cercò di
ignorare il fatto che
il ragazzino l’avesse seguito - che
voleva ancora da lui? -, preferendo non rendere quella
giornata una delle
peggiori della sua vita, e non commentò nemmeno il suo
scendere alla stessa
fermata e fare il tratto di strada fino all’edificio colorato.
Aprì il
portone
principale e fece velocemente la rampa di scale, sentendolo sempre alle
proprie
spalle con quei suoi passi lenti, per poi fermarsi di fronte alla porta
dell’appartamento - la scritta infantile di Aileen sul
campanello e il tappeto
di benvenuto a terra - e voltarsi verso di lui.
Zayn se ne stava
appoggiato con la schiena al corrimano, le mani ficcate nelle tasche
dei suoi
jeans strappati, e teneva gli occhi fissi nei propri, nessuna traccia
del
sorriso malizioso, come se lo stesse studiando attentamente.
- Perché
mi stai
seguendo? Cioè, cosa vorresti fare qui?- gli chiese dopo
qualche minuto, non
sapendo nemmeno cosa domandargli. Sentiva la mente completamente vuota,
voleva
buttarsi nel letto e dormire, dimenticarsi di quella giornata e non
pensare al
martedì successivo. - Sono davvero a pezzi, Zayn.-
confessò con un filo di voce, aggiungendo il suo nome dopo
qualche secondo dal
resto della frase.
Sollevò
lo
sguardo dalle proprie scarpe, vedendo l’espressione del suo
viso - era impossibile da decifrare
- e quel
muoversi con passi lenti e calcolati verso di lui, come se stesse
valutando
ogni possibile reazione al suo avvicinarsi.
- Son davvero
stanco.- insistette, non riuscendo a trovare una spiegazione a quel
ripetere
continuamente, per poi sussurrare: - Non me la sento proprio di giocare
o.. o
portare avanti questa cosa.-
Tenne gli occhi
fissi nei suoi, mentre lo vedeva appoggiare le mani sul proprio petto e
mormorare: - Ora non sto giocando.-, spostando le dita tra i capelli
corti alla
base della nuca e massaggiargli la pelle con movimenti circolari dei
pollici.
- E cosa stai
facendo?- gli domandò nuovamente, stringendo le dita sulla
sua giacca di pelle
in un movimento istintivo, per poi premere un palmo contro una palpebra
e
mugugnare: - Cosa vuoi ora?-
Si sarebbe
potuto addormentare in quel momento, era così stanco da
poter dormire contro il
legno della porta, e ascoltò distrattamente il suo: - Ora
non voglio nulla.-,
per poi annuire ed aprire la porta, lasciandolo libero di entrare
nell’appartamento.
Sentì il
rumore
della serratura scattare, segno che Zayn doveva aver chiuso al posto
suo, e camminò
verso il salotto, senza realmente rendersi conto dei movimenti del
corpo, per
poi lasciarsi cadere sul divano e coprirsi il viso con
l’avambraccio.
Arricciò
le
labbra in un sorrisino soddisfatto, non muovendosi da quella posizione
e
annuendo lentamente nel sentirlo chiedergli se fosse stanco,
rilassandosi
grazie alla mano che faceva scorrere sopra la maglia.
- Chiudo gli
occhi per qualche secondo.- farfugliò il maggiore, ignorando
le dita del
ragazzino che risalivano lungo il proprio braccio. - Tu fai come vuoi.-
aggiunse subito dopo, allungando il collo per godere meglio di quel
calore
sulle guance.
Scosse
velocemente la testa alla sua domanda, qualcosa sull'aver fame, e
mugugnò: -
Solo sonno, tanto sonno.-, finendo immediatamente tra le braccia di
Morfeo.
Si era svegliato
con un particolare profumo nelle narici, non sapeva bene quanto aveva
dormito
ma, a giudicare dallo stomaco che gorgogliava, doveva essere vicino
all’ora di
cena o ancora più tardi. Sentiva la schiena e il collo
indolenziti, dormire su
un divano gli era sembrata una buona idea, o almeno lo era stata quando
aveva
capito di non poter raggiungere il letto senza cadere a terra
addormentato.
Si passò
i palmi
sulle palpebre, cercando di togliere tutta la stanchezza dagli occhi, e
coprì
lo sbadiglio con una mano, mettendosi seduto e sollevando le braccia
sopra la
testa, mugolando poi felice nel sentire lo scricchiolio delle ossa.
Fu però
un
rumore sordo a risvegliarlo completamente - un tintinnio continuo e una
successiva imprecazione -, appoggiò i piedi a terra,
aggrottando la fronte nel
vedere la coperta scivolare dal proprio corpo e finire sul pavimento -
non
ricordava di essersi tolto le scarpe, tantomeno di essersi alzato per
il plaid -,
e percorse il corridoio fino a trovarsi nella cucina, più si
avvicinava e più
quell’odore aumentava.
Si
stropicciò
gli occhi, restando sull’uscio e appoggiandosi allo stipite
della porta, per
poi sussurrare: - Che ci fai ancora qui?-, vedendo il ragazzino fare
una specie
di saltello sorpreso e voltarsi verso di lui.
Aggrottò
la
fronte, cercando di trattenere la risata, al suo guardarsi attorno
preoccupato
e farneticare cose di ogni tipo, dal “tu
avevi detto che potevo restare” fino a “posso
andare via, se disturbo”.
- Non
preoccuparti, nessun disturbo.- mormorò, interrompendo i
suoi farfugli ed
avvicinandosi a lui, sporgendosi per osservare quel che stava nella
pentola. -
Se avevi fame, potevi ordinare qualcosa.- aggiunse subito dopo,
pentendosi e
dandosi dell’idiota nel vederlo abbassare il capo con le
guance in fiamme.
Il silenzio
imbarazzante, che seguì a quella frase, riuscì a
sentirlo fin dentro le ossa,
si schiarì la voce e, indicando la pentola e quel che
sembrava del riso,
sussurrò: - È commestibile?-, ottenendo come
risposta la risata del più piccolo
e il suo improvviso buon umore.
Incrociò
le
braccia al petto, notando come quella risata non fosse intenzionata a
finire a
breve, ed arricciò le labbra in un broncio, fissando il
ragazzino che teneva
una mano appoggiata al bancone e non smetteva di ridere e ripetere le
sue
parole.
- Certo che
è
commestibile, scemo!- lo sentì esclamare dopo almeno cinque
minuti, spingendo
un pugno contro la propria spalla e mantenendo quel sorriso divertito
sulle
labbra. - Lo faceva sempre mamma, non so com’è
uscito.. di solito mi viene
perfetto.- lo ascoltò dire con un tono tutto orgoglioso,
annuendo e sporgendosi
nuovamente per poi sussurrare: - Ti assicuro che il profumino
è delizioso.-
Osservò
in
silenzio il rossore improvviso sulle guance del ragazzino, trovandolo
fin
troppo tenero in quella sua improvvisa insicurezza, e si spinse con il
fianco
contro il suo, mormorando: - Allora? Posso provare questa meraviglia?
Sto
morendo di fame.-
Dopo nemmeno
dieci minuti erano seduti sugli sgabelli, uno accanto
all’altro e i piatti
ricolmi di cibo davanti, e stavano avendo quella che sembrava essere
una
conversazione pacifica, niente insulti o commenti maliziosi. Liam gli
aveva già
fatto i complimenti, Zayn aveva borbottato qualcosa sul non aver usato
tutte le
spezie necessarie e lui aveva appoggiato una mano sulla sua coscia,
stringendo
appena la presa; quello era stato l’unico contatto tra i due,
che avevano
incrociato dopo mezzo secondo lo sguardo ed erano tornati al loro
piatto nel
silenzio assoluto.
Sembrava essere
tornato tutto alla normalità - anche
se
di normale, in loro due che parlavano, non c’era nulla
-, quando Zayn gli
chiese, saltando fuori dal nulla e senza filo logico, se avesse dormito
bene e
se avesse avuto freddo. Incise i denti sull’interno delle
guance a quel punto,
non volendo essere invasivo e chiedergli se fosse stato lui a coprirlo
- non che avesse bisogno di ulteriori conferme
-, restando sul vago nella risposta e cercando di cambiare discorso il
più in
fretta possibile.
Restò con
la
forchetta a mezz’aria, sentendolo dire con un filo di voce: -
La ragazza di cui
mi parlavi l’altro giorno..- e lasciare poi delle parole non
dette, preferendo
guardare il suo piatto che incrociare il proprio sguardo.
Prese un respiro
nervoso, appoggiando i gomiti sul bancone, e si passò una
mano tra i capelli,
chiedendo in un bisbiglio: - Cosa vuoi sapere di lei?-, riuscendo a
percepire i
suoi movimenti irrequieti sullo sgabello, che lo portarono a rispondere
solo
dopo qualche minuto un flebile: - Ripetevi il suo nome, mentre
tremavi.. io ti
ho visto tremare e.. pensavo fosse per il freddo, ma poi hai detto il
suo nome,
credo. Un po’ di volte e.. non sono affari miei, non dovrei
chiedertelo.-
Zayn gli aveva
dato la possibilità di uscirne senza aprirsi ulteriormente,
gli aveva dato modo
di restare su un terreno sicuro, nonostante non ne capisse il motivo -
soprattutto quell’improvviso cambiamento nel carattere del
ragazzino -, e
poteva introdurre qualcosa di nuovo, distogliere l’attenzione
da quel punto
dolente, ma si trovò a sospirare e coprirsi il viso con i
palmi, mentre
sussurrava velocemente: - In questo periodo mi capita spesso.-
Riuscì a
sentirlo trattenere il fiato, come se non si aspettasse delle
spiegazioni, e
poi chiedere ulteriormente: - Quanto spesso?-, con
dell’indecisione nella voce,
come a sottolineare il suo non sapere come muoversi.
- È
successo in
questi giorni, tutta la storia dell’incidente.-
sussurrò, prendendosi delle
pause tra le parole, per poi stringersi nelle spalle e mormorare: -
Ormai ci ho
fatto l’abitudine, questi mesi sono i peggiori e io non
riesco mai a dormire.
Quando chiudo gli occhi, è come se il tempo non fosse mai
passato. Mi trovo
ancora lì, di fronte a lei. Potrebbe essere piacevole, se
non fosse che mi accusa
ripetutamente di aver rovinato la sua vita e quella della figlia.- con
un tono
di voce simile al sarcastico. Tutta quella situazione era assurda,
stava
raccontando ancora una volta dei suoi problemi ad un ragazzino; lui non
poteva
aiutarlo, era troppo piccolo e non aveva l’esperienza per
capire certe cose,
certe disgrazie.
Spostò
velocemente il viso, sentendo il calore dei suoi polpastrelli sulla
pelle del
braccio - aveva arrotolato precedentemente le maniche della camicia -,
e restò
in silenzio ad ascoltarlo cercare di convincerlo della sua innocenza e
del suo
non dover sentirsi in colpa per qualcosa che non avrebbe potuto
cambiare.
- Vorrei
crederci davvero, Zayn.- si lasciò sfuggire con un sussurro
debole, allungando
un braccio per passare le dita tra i suoi capelli neri e morbidi,
aggiungendo
subito dopo: - Ma tu non puoi capire come ci si sente, non hai
l’età per
capirlo.- e vedendolo gonfiare il petto, mettersi dritto con la schiena
e
ridurre gli occhi a due fessure.
Non si aspettava
quel suo repentino cambio d’umore, quel suo scacciargli la
mano e sibilare: -
Non sono piccolo e poi pensi di sapere tutto tu della vita? Non sei
l’unico che
ha sofferto ed è stato male. Non sei l’unico ad
aver perso qualcuno di
importante.- con l’indice che continuava a premere contro il
proprio petto,
lasciandolo con gli occhi sbarrati e il ricordo della confessione della
settimana precedente.
Si diede
mentalmente dell’idiota, più e più
volte, quando calò nuovamente quel silenzio
teso, fin troppo teso, per poi schiarirsi la voce ed indicare alle
proprie
spalle, farfugliando un veloce: - Vuoi provare qualche videogioco? Per
passare
il tempo, sempre se non vuoi tornare a casa e.. ho il nuovo episodio di
Splinter Cell.-
Vide un
po’
della tensione sciogliersi dalle sue spalle, mentre ripeteva il nome
del
videogioco ed annuiva, accettando la proposta e saltando giù
dallo sgabello,
per poi seguirlo fino in salotto e buttarsi sul divano con un sorrisino
felice.
- Li tengo
nascosti per non farli trovare ad Aileen.- ricominciò a
parlare, cercando di
iniziare un qualche discorso e dimenticarsi della piccola discussione
appena
avuta. - Son oggetti preziosi, ho tutta la collezione.- si
vantò con un tono
orgoglioso, passandogli il joystick e sedendosi al suo fianco,
scegliendo il proprio
personaggio e ascoltando il chiacchiericcio del più piccolo
su quanto fosse uno
dei suoi giochi preferiti.
Era
all’incirca
l’una e mezza di notte, ricordava di aver controllato poco
prima il cellulare,
ed erano ancora immersi in quel gioco di spionaggio, entrambi fin
troppo fieri
e combattivi per arrendersi al nemico; incredibilmente da quel che
pensava, non
era così male passare del tempo con quel ragazzino e
nell’ultima oretta non era
riuscito a smettere di ridere o fare battutine, tanto che aveva paura
di
trovarsi la signora Hall alla porta ad intimargli il silenzio.
Era come se
all’improvviso avessero perso dei limiti, Zayn aveva
appoggiato le gambe sulle
proprie - riducendo ulteriormente gli spazi tra i loro corpi - e Liam
vi teneva
sopra i gomiti, mentre stava sporto con la schiena per potersi
concentrare
meglio nel muovere le dita sul joystick.
E fu solamente
quando sentì i rumori di bottiglie che venivano rotte - il
solito ubriaco che
girava a quell’ora tarda - che si accorse realmente
dell’avere Zayn in casa
alle due di mattina, di non poterlo mandare via e di dover passare
un’altra
notte con lui. Spense immediatamente il gioco, sentendolo borbottare e
lamentarsi - proprio come un bambino e i suoi “ancora
un attimo, stavamo vincendo” -, facendogli roteare
gli occhi
e mostrargli il cellulare in cui era chiaramente visibile un
“2 AM”.
Scoppiò a
ridere
nel vedere la sua espressione sconvolta, la sua imprecazione per nulla
velata e
quel suo iniziare a blaterale di non poter tornare a casa, non a
quell’ora
impossibile, di non voler finire nuovamente in castigo e di non sapere
dove
andare a dormire. Stava accennando all’andare sotto un ponte,
quando Liam
sussurrò un debole: - Puoi fermarti qui, sarei da solo in
casa.. puoi sempre
dormire nel letto di Lyn e..-, bloccandosi al risolino del minore a
quella sua
ultima proposta.
Tenne gli occhi
fissi nei suoi, il braccio attorno alle sue gambe - solamente per non
farlo
cadere, si ripeteva -, mentre sentiva il suo patto e il suo: - O dormo
con te o
nulla.- e, prima ancora di potergli chiedere il motivo, lo
sentì insistere e
spiegare: - Ho paura del buio, ricordi? E non conosco questa casa,
quindi mi fa
ancora più paura a stare solo.-
Gli
sembrò
improvvisamente qualcosa di ragionevole - nonostante volesse fare
qualche
battutina sulla presenza di fantasmi vari per farlo spaventare -,
perché annuì
e gli massaggiò appena la coscia prima di sollevarsi e
porgergli la mano, che
Zayn strinse immediatamente per potersi alzare dal divano.
Percorsero in
silenzio il corridoio buio, mentre Liam cercava di non pensare troppo
al fatto
che si stessero tenendo ancora per mano e al suo voler avvolgere le
braccia
attorno al ragazzino, ogni qual volta rafforzava la stretta.
L’aveva
lasciato
andare - si era costretto a staccare le
loro mani - solo una volta varcata la soglia della stanza,
sfilandosi la
cravatta - aveva allentato il nodo durante la terza missione - e
finendo di
sbottonarsi la camicia - si slacciava sempre i primi tre o quattro
bottoni
durante la foga del gioco -, ricordandosi dell’altro
ragazzino e dei suoi
vestiti per nulla comodi.
- Vuoi cambiarti
in qualcosa di più..- stava per concludere quella domanda,
voltandosi e
restando per un secondo immobile di fronte al corpo mezzo nudo del
più piccolo,
escludendo i boxer non aveva indosso nulla, se non la sua pelle. Solo
quando
sentì uno schiarimento di voce, si accorse di averlo fissato
per troppo tempo e
di non poter nemmeno usare una delle solite scuse, trovandosi solamente
ad
arrossire e borbottare qualche parola senza alcun senso.
Annuì,
non
ascoltando realmente le sue successive parole, per poi scuotere
velocemente la
testa al captare la parola “nudo”, farfugliando e
balbettando assieme con le
guance sempre più rosse e vicine al color cremisi.
- Ehi, Payne!-
lo sentì esclamare con un tono divertito, come se stesse
assistendo a chissà
quale scenetta comica, ed aggiungere subito dopo: - Puoi star
tranquillo, non
dormirò nudo.. per questa volta.- Le mani, che aveva
appoggiato sullo stomaco,
stavano bruciando al contatto con la propria pelle e Liam non sapeva
come
uscire da tutta quella situazione, cosa dire e soprattutto se volesse
seriamente liberarsi di lui.
Mosse il capo in
un gesto meccanico al suo: - E ora tutti a dormire!-, impiegando ogni
forza per
ignorare il movimento nei boxer al suo sfiorargli il bassoventre con le
dita e
slacciargli successivamente il bottone dei pantaloni. Se lui stava
cercando,
con ogni mezzo possibile, di non pensare all’erezione che il
ragazzino gli
aveva causato, suddetto ragazzino era entusiasta della reazione,
lasciandogli
tanti piccoli baci lungo la mandibola e il collo, alternandoli a dei
morsi, mentre
con la mano scivolava sempre più in basso, fino a stringerla
sul rigonfiamento
evidente e muovere il palmo in un massaggio.
Non era riuscito
ad agire così in fretta, restando ammaliato dai suoi
movimenti e da quelle
piccole attenzioni, trovandosi a sbarrare gli occhi e gemere il suo
nome;
quello Zayn che aveva cercato di
scacciare dalla sua mente e che, in quel preciso istante, sembrava
essere l’unica
cosa che ricordava, mentre ascoltava i suoi sussurri e “Vorrei avere questa cosa
dentro”, “Quanto
è passato
dall’ultima volta che qualcuno ti ha toccato così?”.
Non
riuscì a
rispondere altro, indietreggiando fino a quando non sentì le
ginocchia venire a
contatto con la superficie del materasso, finendo sdraiato nel letto e
con quel
ragazzino sopra di lui, seduto a cavalcioni su di lui e con entrambe le
mani
strette attorno al proprio membro duro. Non riusciva a smettere di
desiderarlo,
non in quel momento, non con quegli occhi scuri e quelle mani che
faceva
scorrere troppo velocemente, più veloce di ogni ricordo o
pensiero.
Strinse una mano
sul lenzuolo, quando gli sembrò di non aver più
nulla sotto i piedi a
trattenerlo, e inarcò la schiena, per quel che riusciva con
il peso del suo
corpo addosso, ripetendo continuamente il suo nome con gli occhi chiusi
e ogni
senso concentrato sul rumore dei movimenti della sua mano.
Li aprì
solamente nel sentirsi chiamare, abbassando lo sguardo sul proprio
membro e
intravedendo il rigonfiamento nei boxer del più piccolo,
restando a fissarlo
mentre usava una mano per abbassare l'elastico e masturbarsi con lo
stesso
ritmo che usava su di lui.
Non si era mai
sentito così con nessun altro, non riusciva a distogliere
l’attenzione dai loro
membri tenuti assieme dalle sue mani, in quel contatto che lo stava
facendo
andare a fuoco, mentre i loro gemiti riempivano la stanza.
Sentì quasi una forza spingerlo
verso di lui, allungò un braccio
e avvolse una mano attorno ad entrambi, coprendo quella del più piccolo ed
ascoltando i suoi gemiti, per potersi così concentrare a
pompare ad un ritmo piacevole per
tutti e due.
Fu dopo poco che
entrambi raggiunsero l'orgasmo, la mano di Liam sporca dei loro semi e
la mente
completamente vuota, restando in silenzio con Zayn sdraiato per metà sopra di
lui e con il viso nascosto nell'incavo del proprio collo.
Il castano si
stava rilassando lentamente a quel calore e a quei tocchi, gli occhi
puntati
sul soffitto e le dita che lasciava scorrere lungo la sua schiena
liscia, per
poi mettersi nuovamente in guardia al suo invito a riprendere Louis a
lavoro, a
cui rispose con un grugnito e una scossa del capo.
- Sei venuto fin
qui per comprarmi?- gli domandò subito dopo,
tenendo il palmo fermo sulla sua
pelle calda, e aggiunse in un sussurro: - Non m'importa di lui,
soprattutto in
questo momento. E se l'è cercata. Mi avete
portato all'esasperazione?
Ora si prende le conseguenze.-
Abbassò lo sguardo
su di lui, incrociando i suoi occhi nella penombra, e allungò il braccio
per poter spegnere l'abat-jour sul comodino, sentendolo stringersi a
lui e
bisbigliare: - Prometti che ci penserai?-
Non gli rispose
immediatamente, preferendo far scorrere le dita su
quella pelle morbida, e poi annuì, rispondendo: -
Domani mattina ci penserò.-
Sentì le proprie
labbra aprirsi in un sorriso enorme - fortuna
era tutto buio -, quando Zayn gli lasciò un bacio sulla
guancia e “Sei
il migliore, Payne.” Per quella
notte poteva abbassare le difese - se
ancora ne aveva, certo -, perché il più piccolo si
rannicchiava su di lui e ricopriva
quasi ogni buco ed ogni sporgenza, come un incastro di un puzzle.
Scosse la testa per
scacciare ogni scemenza, coprendoli con la
trapunta e stringendolo più forte al suo invito
a proteggerlo e “guardami
le spalle e ci salviamo a vicenda”. Non riusciva
davvero a capire se quella frase fosse un ripetizione delle precedenti,
mentre
giocavano l’aveva ripetuta
spesso, o se nascondesse qualcosa di più forte e più reale. Aveva
deciso di non pensarci, non rovinare quel momento, preferendo godere di
quel
calore e della sensazione - era una
speranza quella - che, per quella notte, gli incubi
sarebbero stati lontani
da lui.
Angolo
Shine:
Questo capitolo
è così pieno di angst e fluff (giusto una
spolveratina di p0rn) che mi fa
impazzire.
Uno dei miei
preferiti, sicuramente. Per Liam che, nonostante stia cercando di
opporsi a
Zayn, riesce ad aprirsi con facilità con lui, raccontandogli
un 10% di quello
che gli riempie la testolina, e lo accoglie in casa, facendolo persino
dormire
con lui. Sono l’amore questi Ziam, me ne sono innamorata. E
la frase finale di
Zayn mi ha uccisa, è un dolcetto che si prende cura di lui
e.. djsk, non ci
sono parole per Zayn.
Non penso di
aver altro da aggiungere, se avete dubbi e perplessità
sapete dove contattarmi.
Sempre pronta per scambiare opinioni con voi.
Buon fine
settimana a tutti, ci sentiamo tra una settimana esatta.