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Autore: Evil_Queen2291    10/10/2014    5 recensioni
Dopo il ritorno di Marian, Regina deve sopportare, ancora una volta, le conseguenze delle azioni altrui. Ed Emma è disposta a tutto pur di recuperare il loro rapporto.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Regina prese a giocare distrattamente con la penna che aveva tra le dita, talvolta tracciando qualche forma abbozzata sul blocco che, teoricamente, avrebbe dovuto contenere note e promemoria. Di certo questo aspetto della sua vita a Storybrooke non le era mancato: le adunanze pubbliche sembravano interminabile e le lamentele infinite.
 
E stupide. Profondamente stupide. Uno dei vantaggi della monarchia era stata sicuramente la possibilità di liquidare queste situazioni con un semplice schiocco di dita, delegando a qualcuno dei suoi consiglieri l'ingrato compito di ascoltare le più disparate richieste dei suoi sudditi.
 
'Cittadini' si corresse mentalmente.
 
Come sindaco, purtroppo, aveva il dubbio privilegio di poter assistere a tutti i consigli comunali. Normalmente avrebbe reagito alla situazione al massimo con fastidio, ma le ultime settimane erano state un autentico supplizio.
 
Gli uomini della compagnia di Robin erano sicuramente i peggiori. Uno di loro in quel momento cercava di spiegare il motivo per cui sarebbe stato necessario impiantare una riserva di caccia per tacchini. Come se ci fossero abbastanza tacchini a Storybrooke da avere una riserva dedicata espressamente a loro.
 
Cercò di ricordare il nome dell'uomo, ma senza successo. Non aveva passato abbastanza tempo con Robin per ricordarli tutti. Del resto, la maggior parte del tempo che avevano passato insieme erano stati da soli, o con il piccolo Roland.
 
Il solo pensiero del bambino le fece stringere il cuore. Se doveva essere onesta con se stessa, Roland le mancava più di quanto le mancasse Robin e non riuscì a non sentirsi colpevole. Non era di certo un’esperta in relazioni, ma era piuttosto sicura che non avrebbe dovuto sentire la mancanza di Roland più di quanto le mancasse Robin. Era lui la sua anima gemella, non il bambino.
 
Avrebbe voluto sbuffare con se stessa, ma si trattenne.
 
Apparenze, Regina. Apparenze.
 
Si rimproverò mentalmente. E, per un momento, ebbe la sensazione di sentire la voce di sua madre nella testa.
 
Non aveva senso immergersi in quel tipo di pensieri. Non avevano più importanza. Robin non aveva più importanza.
 
Grazie ad Emma Swan.
 
Regina sentì distintamente la bile ribollirle nel sangue e lasciarle un odioso sapore amaro in bocca. Sapore al quale era fin troppo abituata. Non riuscì a controllarsi dall'alzare gli occhi e cercare lo sceriffo di fronte a sé.
 
Si era assicurata, fin da quando la bionda era stata eletta, di fare in modo che le fossero assegnate tutte le mansioni più noiose possibili. I consigli comunali pubblici erano stati n cima alla lista.
 
Emma sembrava intenta a fissare qualcosa di particolarmente interessante sul foglio (evidentemente vuoto, Regina riusciva a vederlo anche a distanza) che aveva di fronte.
 
Almeno non sta giocando con il cellulare.
 
Improvvisamente, quasi avesse sentito il suo sguardo o il suo commento mentale, Emma alzò gli occhi, incrociando quelli di Regina.
 
Le sorrise, quel sorriso amaro e colpevole che le rivolgeva da quando aveva riportato Marian in vita.
 
La donna si impose di mantenere un'espressione neutrale: si era già mostrata fin troppo vulnerabile di fronte ad Emma Swan e non aveva intenzione di ripetere lo stesso errore, facendole capire che quell’espressione da cucciolo bastonato riusciva, in qualche modo, a stemperare la sua rabbia.
 
Emma Swan sembrava capace di avere sempre un qualche effetto su di lei. Che fosse il senso di sfida che le aveva fatto provare appena arrivata in città, o l’incerta amicizia che avevano sperimentato grazie al viaggio sull’Isola che Non C’È, o, ancora, la rabbia profonda degli ultimi giorni.
 
Eppure vederla così…sofferente per quello che era successo insinuava un fastidioso senso di dubbio che Regina riusciva a stento a tenere a bada.
 
Sono io quella che sta soffrendo! Lei è la causa di tutto questo!
 
Ma per quante volte lo ripetesse a se stessa, anche la Regina Cattiva riusciva a capire che salvare una vita era un istinto cui difficilmente i Charming potrebbero resistere, la cosa giusta. Ed Emma era indubitabilmente una Charming, pregi e difetti inclusi.
 
Forse una versione migliorata, pensò, lasciandosi sfuggire un microscopico accenno di sorriso per la stupidità di quel pensiero. Immediatamente, però, si sforzò per riportare le sue labbra ad un’espressione meno compromettente. Ma il luccichio che vide immediatamente dopo negli occhi di Emma fu abbastanza per confermarle di esser stata scoperta.
 
Le porte della sala del Consiglio si spalancarono all’improvviso, portando all’interno quell’odioso di un nano ubriacone. Regina si alzò in piedi, pronta a sbatterlo fuori, ma venne trattenuta dalla sua espressione di terrore.
 
“C’è una tempesta di neve!” urlò pieni polmoni. “Una tempesta che sta congelando e distruggendo la zona nord, a confine con i boschi”
 
Regina sbiancò. Henry era al parco giochi quel pomeriggio. L’idea del suo bambino in pericolo per una tempesta di neve (che difficilmente a Storybrooke poteva essere solo una tempesta di neve), mise in moto il suo istinto materno e si ritrovò vicino ad Emma Swan prima ancora di concepire razionalmente il pensiero di muoversi.
 
L’afferrò per un braccio “Henry è al parco giochi” fu la sola spiegazione che le diede, prima di trasportare entrambe in una nuvola di fumo viola. 
 
Si ritrovarono nel pieno di una tempesta di neve violenta ed intensa. Istintivamente Regina rafforzò la presa sul braccio di Emma, avvicinandola a sé. Non riusciva a vedere a più di due metri di distanza ed il vento che si era sollevato rendeva difficile parlare.
 
“Cerca Henry” le urlò “Io provo a fermare questo disastro”.
 
Con una rotazione del polso fece apparire una delle sciarpe del ragazzo, lanciando velocemente un incantesimo di localizzazione. Immediatamente apparve una linea luminosa blu. “Portalo al sicuro”
 
Non le diede il tempo di aggiungere altro, lanciandosi verso quello che, da quel poco che riusciva a vedere, sembrava essere l’epicentro della tempesta.
 
Tempesta magica, pensò, percependo sempre più distintamente una sorgente di energia completamente fuori controllo.
 
Continuò ad avanzare a stento controvento, cercando di schermarsi il più possibile dalle raffiche di neve e cristalli di ghiaccio che vorticavano tutt’intorno. Fortunatamente, l’incantesimo di localizzazione che aveva lanciato per Henry aveva puntato nella direzione opposta. Tirò un sospiro di sollievo, confidando nel fatto che Emma sarebbe stata in grado di trovare il suo piccolo principe.
 
Si sforzò di mettere da parte la sua preoccupazione di madre, concentrandosi sulla magia che stava affrontando. Non poteva che appartenere a qualcuno di estremamente potente, ma non era in grado di riconoscere l’impronta magica.
 
“NON FARE UN ALTRO PASSO!”
 
Regina si fermò, voltandosi a destra. Dovette sforzarsi prima di riuscire ad intravedere una figura in piedi, al centro di un vortice di neve, una mano sollevata verso di lei, pronta ad attaccare.
 
“NON VOGLIO FARTI DEL MALE!” urlò Regina, sollevando le mani in segno di resa, ma senza abbassare la guardia. Il suo istinto le diceva che quella donna non era pericolosa, ma di certo non aveva intenzione di correre rischi inutili.
 
“CHI SEI?” le chiese, avvicinandosi impercettibilmente.
 
“ELSA, REGINA DI ARENDELLE”
 
Regina non aveva mai sentito quel nome, ma conosceva il regno di Arendelle. Ricordava vagamente di un accordo commerciale e di un abito bianco che, una volta, re Leopold l’aveva costretta ad indossare.
 
“IO SONO REGINA, LA SOVRANA DELLA FORESTA INCATATA.”
 
“SIAMO NELLA FORESTA INCATATA?”
 
“NO, MA SE FERMI QUESTA TEMPESTA POSSO SPIEGARTI TUTTO!” Regina si avvicinò ancora. Adesso riusciva quasi a distinguere i tratti del suo viso. Era giovane, troppo per essere una regina, ed era visibilmente terrorizzata.
 
“IO NON…CI RIESCO”
 
La bruna riconobbe quell’indecisione, quella paura. La paura di chi sa di avere un potere immenso e nessuna idea su come controllarlo. Si fece avanti, orami era a pochi passi di distanza.
 
“PRENDI LA MIA MANO, ELSA…POSSO AIUTARTI SE ME LO PERMETTI”
 
Una raffica più intensa la prese alla sprovvista e per poco non perse l’equilibrio. Allungò una mano verso Elsa, che continuava a guardarla con sospetto.
 
“NON VOGLIO FARTI DEL MALE, ELSA” tentò di rassicurarla. “VOGLIO SOLO FERMARE QUESTA TEMPESTA! C’È MIO FIGLIO QUA FUORI E POTREBBE FARSI DEL MALE!”
 
Elsa sgranò gli occhi, poi annuì e si fece avanti. Regina le porse di nuovo la mano e questa volta la ragazza la prese, afferrandola saldamente.
 
“STO PER PRENDERE IL CONTROLLO DELLA TUA MAGIA. NON TI FARÒ DEL MALE, MA POTREBBE ESSERE SPIACEVOLE. CERCA DI NON OSTACOLARMI”
 
Non era esattamente molto rassicurante come spiegazione, ma era la migliore descrizione di quello che stava per fare. Strinse la mano di Elsa tra le sue, chiudendo gli occhi. Non ebbe bisogno di fare molta fatica per entrare in contatto con il suo flusso di potere dal momento che la ragazza non aveva eretto alcuna difesa.
 
Probabilmente non ne conosce nessuna. Rumple, invece, era stato particolarmente insistente nell’inculcarle tutti i modi per controllare la magia altrui.
 
Il più dolcemente possibile, Regina prese il controllo dell’energia magica che fluiva. Fu più difficile dal previsto riuscire ad incanalare e domare quel potere: poteva sentire distintamente il pulsare rapido del suo cuore che alimentava involontariamente l’intensità, amplificando la portata di quello che stava accadendo.
 
Fu solo quando sentì Elsa trasalire che si rese conto di avercela fatta. Aprì gli occhi e, nonostante fossero ancora circondate da ghiaccio e neve, la tempesta era finita.
 
“Come…?”
 
Regina guardò la ragazza negli occhi per la prima volta: era ancora visibilmente spaventata, ma ora il terrore che aveva percepito prima sembrava notevolmente attenuato, sostituito da un intenso senso di sollievo. Le sorrise, stringendole delicatamente la mano che Elsa non aveva liberato dalla sua presa. E non sembrava volerlo fare a breve.  
 
“L’ho imparato tempo fa” rispose dolcemente. “Immagino che tu non abbia mai avuto modo di imparare a controllare i tuoi poteri”
 
Elsa fece cenno di no con la testa, distogliendo lo sguardo. “Di solito mia sorella riesce ad aiutarmi a controllarli, ma…”
 
“Ma ora non è qui” completò Regina. Elsa scosse nuovamente la testa e due lacrime si fecero strada sul suo viso, silenziosamente.
 
Regina sollevò la mano libera per confortarla, ma fu presa totalmente alla sprovvista quando la ragazza l’abbracciò, gettandosi letteralmente tra le sue braccia in lacrime. La stretta che aveva sul suo collo era quasi soffocante, ma non ebbe il coraggio di dir nulla, lasciando che si liberasse di tutte quelle emozioni. Gentilmente prese ad accarezzarle la schiena, nel tentativo di fornirle un po’ di conforto.
 
“Allontanati immediatamente da lei!” la voce di Emma fece sobbalzare entrambe. “Non farmelo ripetere un’altra volta: alza le mani dove posso vederle ed allontanati da Regina! ORA!”
 
La bruna si voltò, vedendo lo Sceriffo che avanzava con la pistola in mano. Immediatamente attorno a loro cominciò a sollevarsi una parete circolare di ghiaccio. Regina reagì rapidamente, bloccando nuovamente i poteri di Elsa con i suoi.
 
“Sceriffo, sto benissimo. Ora metta giù la pistola!”
 
“Non fino a quando non sarai al sicuro!”
 
“Sono al sicuro! Elsa non è un pericolo! Metta giù la pistola!”
 
Emma sembrò indecisa, ma Regina le lanciò una delle sue occhiate, facendole capire che quello non era il momento di insistere. Senza staccare gli occhi dalle due, Emma abbassò la pistola, ma continuò a tenerla in mano.
 
“Henry?”
 
“Al sicuro. Lui e gli altri bambini si erano già allontanati quando è cominciato…”
 
Regina annuì, tornando a voltarsi verso Elsa. Gentilmente la allontanò da sé. “Elsa, lei è Emma Swan. È lo sceriffo di questa città. Non è una minaccia”
 
Elsa annuì, sciogliendosi totalmente dall’abbraccio. Sembrava aver recuperato un discreto controllo dei suoi poteri ed il ghiaccio era progressivamente sparito.
 
“Mi spiace aver creato tutto questo trambusto” disse, giocando nervosamente con le mani.
 
“Non era tua intenzione, Elsa. Non preoccuparti.”
 
“Perché sei qui a Storybrooke?” intervenne Emma, bruscamente.
 
“Io non…non lo so…”
 
“Cosa vuol dire che non lo sai?” premette lo sceriffo.
 
“Signorina Swan, forse questo non è il momento adatto per un interrogatorio, non crede?” il suo tono lasciava poco spazio a contestazioni, ma Emma non sembrava intenzionata a far marcia indietro.
 
“Regina, non mi interessa se questo è il momento adatto, abbiamo bisogno di sapere che diavolo ci fa qui!”
 
“Moderi il suo linguaggio, Sceriffo. Elsa è la sovrana di un regno non molto distante dalla Foresta Incantata”
 
Emma sbuffò, ottenendo una nuova occhiata del sindaco. “Come se avessimo bisogno di un altro dannato monarca in giro… Non cambia il fatto che non sappiamo perché è qui e cosa diamine vuole!”
 
“Benissimo, Sceriffo. Dal momento che insiste tanto per interrogarla, potrà farlo quando avrà un legale mandato!”
 
“Regina, spero tu stia scherzando!”
 
“No, sono perfettamente seria. Fino ad allora, sarò più che felice di assumermi la piena responsabilità della situazione”
 
Emma sbatté le palpebre, completamente spiazzata.
 
“Elsa, hai mai usato il trasporto con la magia?” il tono di Regina era rassicurante, molto simile a quello che usava con Henry.
 
Elsa scosse la testa.
 
“Può essere un po’ brusco le prime volte, ma nulla di terribile” le sorrise, prima di rivolgersi ad Emma. “Signorina Swan, si assicuri che Henry mi telefoni il prima possibile.”
 
Sparirono entrambe nella caratteristica nuvola viola.
 
 
 
Era passata una settimana dall’ultima volta che Emma era riuscita a parlare con Regina per qualcosa che non riguardasse l’ufficio dello Sceriffo. Ed anche il quelle circostanze Regina era stata estremamente sintetica, troncando immediatamente qualsiasi tentativo di conversazione relativo a quella sera.
 
Per non parlare di tutto il ‘casino Elsa’, come aveva cominciato a chiamarlo nella sua testa. Davvero, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era avere a che fare con la ricerca disperata della sorella di questa Elsa Regina di Arendelle, ma a quanto pare suo padre l’aveva conosciuta in passato ed era in debito con lei. O qualcosa del genere.
 
E lei era rimasta incastrata. Ok, forse non era la cosa peggiore del mondo. Del resto trovare le persone era un po’ la specialità della sua famiglia.
 
Solo che normalmente le persone dovevo cercarle in questo mondo, non chissà dove nell’universo!
 
Mary-Margaret le stava dicendo qualcosa, probabilmente in relazione a quell’assurda idea di accompagnarla a comprare qualcosa per Neal (quanto odiava dover chiamare suo fratello in quel modo), ma Emma faceva davvero fatica a seguirla. A dirla tutta, non ci stava neppure provando. Aveva visto la Mercedes di Regina parcheggiata fuori dal ‘centro commerciale’ (o meglio, dalla versione che Storybrooke aveva di un centro commerciale) e da allora non aveva fatto che scandagliare le persone attorno a loro.
 
Per evitare Regina, si disse. Ma era più che consapevole che voleva tutt’altro che evitare di incontrarla. In parte sperava che la presenza di Snow e del bambino fosse abbastanza per trattenerla alcuni secondi. Non le serviva molto di più per capire se stesse davvero bene.
 
Henry sembrava meno preoccupato di recente, soprattutto dopo che Regina aveva deciso di offrire ad Elsa una delle sue camere per gli ospiti. A casa sua.
 
Ok, forse l’astio di Emma era un po’ esagerato, ma cosa sapevano davvero di questa regina di Arendelle? A parte il fatto che le piaceva sguinzagliare mostri di neve per la città, ovviamente. Mostri di neve che facevano un sacco di danni e che avevano trasformato la sua settimana in un inferno di lamentele e scartoffie.
 
Regina sembrava crederle. Il minimo che Emma potesse fare era concederle il beneficio del dubbio. Anche se la cosa non le piaceva. Neanche un po’.
 
“EMMA!”
 
“Che c’è?” sbottò la bionda, pentendosi immediatamente del suo tono brusco quando vide l’espressione spiazzata di sua madre. “Scusa, ero distratta…”
 
“Questo l’avevo notato” Snow sembrò addolcirsi di fronte al suo atteggiamento colpevole. “C’è qualcosa che non va?”
 
Emma era ad un passo dal riderle in faccia. “A parte il fatto che Regina sta ospitando in casa sua una possibile minaccia e si rifiuta ancora di parlarmi? No, assolutamente nulla che non va”
 
“Emma, Regina è perfettamente in grado di difendersi e, onestamente, mi fido del suo giudizio. Del resto fino ad ora Elsa non ha fatto nulla di pericoloso…”
 
“Scusami ma non mi fido esattamente del tuo istinto in materia… Devo ricordarti che avevi scelto Zelena come levatrice?”
 
“Infatti non ti sto chiedendo di fidarti del mio giudizio, ma di quello di Regina”
 
Emma alzò le mani in segno di resa. Almeno per ora avrebbe lasciato correre: discutere con Snow ed il suo ottimismo poteva essere davvero estenuante. “Ok, va bene. Non eravamo qui per fare compere?”
 
Snow annuì entusiasta, trascinandola letteralmente per un polso in un negozio. Emma si guardò intorno, corrugando la fronte: sembrava più il tipo di negozio in cui Regina avrebbe potuto comprare qualcosa, non di certo Mary-Margaret…
 
Emma si voltò riconoscendo immediatamente la risata del sindaco. Era sul punto di chiedere ulteriori spiegazioni a sua madre, dal momento che quella situazione le sembrava tutt’altro che una coincidenza, ma Snow era già sparita, Neal addormentato tra le braccia, in direzione dei camerini e ad Emma non rimase che seguirla.
 
Di tutte le cose che si sarebbe aspettata di vedere, Regina in versione personal shopper era l’ultima della sua lista. Snow squittì qualcosa in direzione della persona nel camerino, mentre Regina osservava la scena con il suo caratteristico sorriso di soddisfazione. Probabilmente era ancora in abiti ‘da ufficio’, ma doveva aver tolto la giaccia, dal momento che indossava una camicia bianca, impeccabilmente modellata sul suo corpo, con le maniche accuratamente arrotolate di poco sopra i gomiti, una gonna a tubino nera, appena sopra il ginocchio, ed i suoi caratteristici tacchi a spillo. Louboutin, a giudicare dalla suola rossa.
 
Da quando te ne intendi di queste cose? Mah…
 
“Elsa, sei davvero splendida!” la voce di sua madre la distrasse, facendola voltare verso la ragazza, appena uscita dal camerino.
 
Elsa si inchinò leggermente, sistemando i polsini della camicia che indossava, anche se erano già perfettamente a posto.
 
“Aspetta, lascia che ti aiuti” Regina le si avvicinò, facendola voltare ed eliminò alcune pieghe di tessuto bianco che fuoriuscivano in modo scomposto dal bordo dei pantaloni. La regina si abbassò leggermente, sussurrandole qualcosa all’orecchio. Qualcosa che Emma non riuscì a sentire.
 
“Stai benissimo, non è vero Emma?”
 
Lo Sceriffo si voltò verso Mary-Margaret, sorridendole, anche se la sua attenzione era ancora prevalentemente concentrata sulle mani di Regina, protettivamente poggiate sui fianchi di Elsa.
 
“Certo…” si costrinse a rispondere. Effettivamente Elsa era decisamente splendida in quel completo blu. Sicuramente molto più comodo del mantello, si disse.
 
“Grazie, Emma. Non sono ancora molto a mio agio con questi abiti…”
 
“Sciocchezze, Elsa” intervenne Regina, sollevandole il viso verso lo specchio del camerino. “Guarda tu stessa”
 
Il sorriso che la donna stava regalando ad una perfetta sconosciuta con tanta naturalezza fece fremere di rabbia la salvatrice.
 
Non ha mai sorriso così per me…
 
Scosse la testa, cercando di tenere a bada quei pensieri. Non era il momento di avere stupide crisi di gelosia.
 
Gelosia?
 
Era gelosa di Regina? Non essere stupida, Emma. Non sei gelosa di Regina.
 
Sei gelosa di Elsa.
 
Emma sgranò gli occhi. Era gelosa di Elsa.
 
Senza dire nulla, si voltò a grandi passi, uscendo dal negozio.
 
Sono gelosa.
 
Dannazione.
   
 
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