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Autore: peluche    12/10/2014    2 recensioni
La seconda parte di Ice on Fire.
Hanna ha lasciato Bristol dopo quella notte, rifugiandosi in un'altra città.
Il destino vorrà Harry di nuovo sulla sua strada, ma lei nasconde un segreto.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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HALF A HEART

 (Ice on Fire) capitolo 2.



POV di Hanna.

Madrid.
Questa città mi aveva sempre affascinata, e non solo per i meravigliosi paesaggi che vedevo nelle cartoline che mi spediva Louis tempo fa, ma per tutto ciò che la caratterizzava.
Splende sempre il sole, e questo è una boccata d'aria fresca per il mio cuore.
La gente è quasi come quella di Bristol. 
Gli spagnoli sono affettuosi e ti sorridono sempre, anche quando hanno una brutta giornata.
Sono grata di questo.
Avevo bisogno di persone che mi riempissero la giornata, che mi aiutassero a distrarmi, che mi facessero sentire il loro calore. In un modo sconosciuto, ci riuscivano. Mi trovo bene per questo, perchè per quanto amassi la mia città, non potevo più viverci.
Ho lasciato Bristol qualche giorno dopo quella dannata notte, senza salutare o dire una parola a qualcuno. Ho semplicemente preso un pò di roba a caso e sono scappata via più in fretta che potevo. In quel momento non mi importava di nessun altro, sono un egoista lo so. Solo adesso, a distanza di settimane, mi sento in colpa per aver abbandonato i miei amici. Aria. Dio quanto mi manca Aria. Ci siamo sentite qualche volta tramite e-mail, ma sembriamo due sconosciute. 
Adesso vivo con Louis nel suo appartamento, insieme al suo strambo coinquilino, ma ancora per poco.
«Non ci posso credere che te ne vai.»
Piagnucolò Emily al mio fianco.
Nel periodo passato qui avevo trovato lavoro in un piccolo supermercato.
Non era granchè, ma era l'unico modo per passarmi il tempo e guadagnare qualcosa.
«Mi mancherai anche tu.» Dico.
Sono davvero sincera. Avevo passato molto tempo con Emily, essendo vicine di cassa, mi piaceva parlare con lei e raccontarle ciò che mi accadeva. Ovviamente escludevo i dettagli di ciò che mi stava realmente accadendo.
«Cerca di non dimenticare nulla.» disse.
Ero impegnata a svuotare il mio armadietto, dalle poche cose che ci tenevo, mentre Emily se ne stava seduta dietro me, a osservarmi.
«Mi scriverai?» nel suo tono un acenno di preoccupazione.
«Ogni volta che posso.» 
Mi piegai per abbracciarla e stringerla.
«Non dimenticare la fascia.»
Sciolto l'abbraccio mi indicò con un cenno della testa la fascia verde militare che pendeva nel mio armadietto. Ebbi un salto al cuore a vederla, ma ormai la portavo sempre con me. Non chiedetemi perchè.
«Non mi hai più detto perchè è così importante per te comunque..»
«In realtà non lo è poi così tanto.» mentii.
La salutai ancora una volta e me ne andai il più in fretta possibile.
Per quanto mi dispiacesse lasciarla, la conversazione stava già diventando troppo pesante.
Percorsi quei pochi passi a piedi e arrivai al nostro palazzo.
Entrai nell'ascensore e mi appoggiai alla parete, quasi esausta.
«Metti un paio di dannati boxer!»
Sentii urlare dal corridoio. Sorrisi all'idea di Peter che se ne andava ancora in giro per l'appartamento, completamente nudo.
«Da domani potrai startene nudo per tutto il tempo, fin quando ci sono io mettiti qualcosa addosso, Dio!»
Risi ancora, sentendo le imprecazioni di mio fratello.
Entrai nell'appartamento, trovando Louis in cucina intento a bere un bicchiere di latte, Chester e Peter davanti alla tv, quest'ultimo con indosso un paio di bermuda. Era il massimo che poteva fare.
«Vedo che andate sempre più d'accordo.»
Poggiai le borse in cucina, notando l'espressione corrucciata di mio fratello.
«Sono solo contento che a Londra saremo solo io e tu nell'appartamento, senza pericolo di gente stramba attorno.»
Feci un sorriso forzato, irrigidendomi.
«Vuoi sempre andarci aproposito, vero?»
Un velo di preoccupazione apparve sul volto di mio fratello. 
«Certo.»
No, non voglio andarci. Ma non posso fare altrimenti.
La società per cui lavorava era riuscita a trovargli lavoro come reporter sportivo, era una buona occasione per il suo futuro e per quanto detestassi l'idea di ritornare in Inghilterra, non potevo fare altrimenti. Era stato così carino in tutto questo tempo a prendersi cura di me e l'idea di rimanere qui senza di lui - tralasciando Peter - mi faceva più paura di ritornare nel nostro paese. Almeno non era Bristol.
Andai verso il bagno e mi chiusi a chiave la porta alle mie spalle. Mi misi davanti allo specchio e guardai la mia pelle chiara e i capelli disordinati sulla testa. Portai le mani ai margini della mia maglietta larga e, tremante, la tirai via. La grande panciera bianca ricopriva interamente tutto il mio busto. Forse oggi l'avevo stretta troppo e potevo sentire il dolore che mi lacerava dentro mentre cercavo di nascondere qualcosa che piano piano cresceva sempre di più. La tolsi via, liberando il mio ventre. Mi misi di lato, e quando mi accorsi di una piccola sporgenza le gambe mi tremarono e quasi cedetti. Portai le mani sul lavandino, reggendomi, e feci di tutto per combattere contro le lacrime che sentivo arrivare.
«Hanna?»
Louis bussò alla porta, terrorizzandomi.
«Va tutto bene?»
«Si, arrivo subito.»
Raccolsi frettolosamente la panciera da terra e la rimisi al suo posto, stringendo sempre di più. Presi la maglietta larga e la infilai di nuovo dalla testa. Quando aprii la porta Louis era ancora lì e mi fissava con aria preoccupata.
«Cosa?»
Si aspettava che dicessi qualcosa?
«Volevo solo ricordarti che tra un paio di minuti andiamo all'aereoporto.»
Annuii, cercando di sembrare più convincente possibile e andai verso quella che era stata la mia camera in questi giorni, sentendo Chester alle calcagne.
«Dovresti dormire di più, - sentii mio fratello urlarmi - sei pallida.»
Chiusi la porta, ignorandolo.
Dormire, dice.
Non ricordo neanche l'ultima volta che riuscii a dormire per più di due ore. Ogni volta che chiudevo gli occhi la mia testa si riempiva di sangue e dolore, e mi risvegliavo nel bel mezzo della notte, in piena crisi. Non era solo questo, ogni mattina questa cosa mi costringeva a chiudermi in bagno e a vomitare fino all'ultima cellulare del mio corpo. Non riuscivo più a sopportare tutto questo. Era troppo. Non potevo neanche arrabbiarmi perchè avevo ignorato tutti i suoi messaggi, tutte le sue chiamate, fino a quando mi decisi a cambiare numero. Mi faceva troppo male leggere il suo nome su quel display.
E oggi sono esattamente 35 giorni che non so niente di lui.



Il taxi venne a prenderci qualche minuto dopo.
I saluti furono imbarazzanti e, nonostante mio fratello mi avesse confidato che non vedeva l'ora di lasciare Peter alle sue stranezze, gli sarebbe mancato. Lo sapevo.
«Cerca di.. insomma.. di.. non cacciarti nei guai.» Farfugliava Louis alla porta.
«Quello che mio fratello sta cercando di dire è che ci mancherai Peter.»
Intervenni per lui e mi porsi verso il nostro.. ormai ex coinquilino, dandogli un saluto affettuoso.
«Cosa pensi che farà adesso?» 
Mi chiese lui, una volta entrati nel taxi insieme a Chester.
«Sicuramente la prima cosa che farà sarà quella di levarsi quei dannati bermuda e starsene seduto sul divano con i gioielli di famiglia al vento.»
Ridemmo insieme al pensiero e sentii quell'ansia che avevo addosso, dissolversi in piccole quantità. 
Arrivammo all'aeroporto e mi si strinse il cuore quando dovettimo lasciare Chester a un tizio sconosciuto, il qualche lo avrebbe messo nella stiva insieme al resto dei bagagli. Lui fece di tutto per opporsi e quando ci allontanammo percepivo il suo sguardo pieno di tristezza. Sicuramente pensava che lo stessimo abbandonando. Ahia. L'aereo non portò ritardi, quindi quando arrivò il nostro turno ci imbarcammo subito. Fissavo le nuvole dal mio posto accanto al finestrino e ogni chilometro in meno era un pizzico di dolore in più. Riuscii a dormire solo per pochi minuti, al contrario di Louis che si era accovacciato con la testa tra la mia spalla e il mio collo. Non avrei saputo cosa fare se non ci fosse stato lui. Egoisticamente fui felice del fatto che avesse trovato casa in Spagna, certo non avevo messo in conto che potesse tornare in Inghilterra, ma questa è un'altra storia.
«Louis, siamo arrivati.»
Lo svegliai dolcemente una volta toccato il territorio britannico.
Madrid mi mancava già dannatamente tanto. 
Nel momento in cui misi i piedi per terra un vortice di emozioni e ricordi mi investii. Vedevo il suo viso e quei gran occhi verdi che non avevano mai lasciato la mia mente ed il mio cuore. Lo vedevo in ogni singola persona che mi passava accanto, in quel bambino che camminava felice per mano al suo papà. Sapevo sarebbe stato difficile, ma non credevo così tanto. Non riuscivo a levarmi dalla testa il rumore dello sparo e quel corpo rigido che mi cadeva tra le braccia. E' troppo tardi per tornare a Madrid?
«Va tutto bene?»
Louis forse percepì l'angoscia che mi avvolgeva e poggiò una mano sulla mia, mentre aspettavamo l'ennesimo taxi fuori dall'aeroporto. L'unica cosa che mi calmò fu la vista di Chester, che mi saltò al collo, leccandomi la faccia.
Per distrarmi dai continui familiari paesaggi di Londra, presi il telefono e lo accesi. 2 Messaggi e 3 chiamate senza risposta. Ignorai le chiamate di mia madre e il suo messaggio in cui mi diceva di avvertirla una volta atterrati, e lessi quello di Emily.

*La mia nuova vicina di cassa è così pallosa, mi manchi*
 
Sorrisi, immaginandola alzare gli occhi al cielo.

*L'Inghilterra non mi è mancata per niente*

E lo pensavo davvero.

Il taxi si fermò in una strada molto affollata e notai subito un piccolo palazzo di un colore che somigliava molto al verde vomito. Feci una smorfia a guardarlo. Come poteva un palazzo così moderno e carino avere un colore tanto brutto?
«I cani sono permessi vero?» feci scendere Chester dall'auto, mentre Louis prendeva i bagagli.
«Ho fatto un accordo con il proprietario, - spiegò - Chester non crea problema e lui non ne creerà a noi.»
Era già sera quando arrivammo all'appartamento, il quale si trovava in una zona abbastanza centrale, con attorno tante caffetterie e pub. L'ascensore era più piccolo del nostro precedente palazzo, ma almeno qui avrei avuto una stanza tutta mia.
«Benvenuti a casa.»
Louis aprì la porta e un profumo di lavanda mi accolse. Il pavimento era ricoperto interamente da parquet e il bejie predominava. Il salotto era molto carino, con un divano abbastanza grande, un tavolino e un televisore. Il bagno era nello stesso corridoio delle camere da letto, mentre la cucina si trovava entrando sulla destra, in collegamento con il salone. Era abbastanza grande per due persone e aveva un balcone che affacciava sulla strada trafficata. 
«Possiamo permettercelo?» chiesi, perplessa.
«Non ti preoccupare per questo, - mi rispose - guadagno abbastanza e poi era già arredato.»
«Bè domani inizierò a cercare lavoro così potrò darti una mano con le spese.»
«Non devi..»
«Voglio.»
Tagliai il discorso e lo seguii verso la mia camera.
C'era un lettino al muro, un piccolo comò alla sua sinistra, un armadio, una scrivania sotto la finestra e una piccola libreria. Poteva andarmi bene.
«So che non è molto grande, ma almeno è nostro.»
Mio fratello mi rivolse un sorriso caldo e in un attimo l'angoscia svanì.
Lasciai i bagagli nella stanza e andai verso il balcone della cucina.
Londra con tutte quelle lucine era qualcosa di stupendo. Sembrava un enorme albero di Natale con le luci a intermittenza. La gente camminava sul marciapiede, chi correva con un bicchiere di caffè in mano, ragazzi che scambiavano quattro chiacchiere in un angolo, e io che me ne stavo qui in questo appartamento, approfittando della disponibilità di mio fratello. Quasi mi sembrò di vederlo uscire da una caffetteria, con un bicchiere in mano e la custodia di una valigia su una spalla. Il mio subconscio mi odia profondamente. Fanculo. Cosa dovrebbe farci a Londra con una chitarra con se?
«La mente continua a farmi brutti scherzi.» mormorai a Chester, seduto accanto a me.
«Ho chiamato mamma, - mi informò Louis - ha detto che vorrebbe sentirti.»
«Sono un pò stanca adesso.. - rientrai in casa andando verso il bagno - la chiamerò domani.»
«Uhm.. ok, ordiniamo un pò di pizza?»
Non mi parlare di mangiare adesso, ti prego.
«Non ho tanta fame.»
Sentii Louis annuire e mi chiusi in bagno lasciano Chester fuori dalla porta. Le nostre conversazioni non duravano mai più di cinque minuti, ormai andava così da un mese. Io ne ero felice e Louis sembrava non opporsi.
 Guardai in quello specchio rotondo qualcuno che non conoscevo. Il mio corpo urlava dentro e sentii delle fitte doloranti al ventre. Mi tolsi velocemente la maglietta e dopo di quella la panciera. Il mio busto avevo perso colorito e mi martellava dentro per star respingendo qualcosa di inevitabile, o forse no.  


 
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Hello!:)
Volevo solo farvi sapere che domani inizio l'università, ma non vi abbandonerò promesso:)
Facciamo un reso conto dei personaggi, vi va?
Hanna lo sapete benissimo ha il volto della bellissima Ashley Benson, non perdo tempo a descrivere i ragazzi perchè sapete già che aspetto abbiano, quindi Emma ha il volto di Rachel Bilson e Josh di Matt Lanter. Aria sarà meno presente in questa parte, ma ci sarà:)

 
  
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