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Autore: Yomi22    15/10/2014    2 recensioni
Dopo la Grande Battaglia, Regina ha dovuto sacrificare i suoi beni più preziosi per assicurare la vittoria del bene. Ma dove sono spariti tutti? Emma si ritrova in un paese di cui conosce solo il nome, ma gli altri non sono con lei. Le nostre eroine si ritroveranno così a viaggiare tra vari mondi per ritrovare i loro cari.
Attenzione: SWANQUEEN.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Erano notti insonni per Viviana; forse per la recente nomina a Dama del lago, forse per via degli incubi che continuavano ad infestare i suoi sogni. Incubi di morte, sangue e terrore.
Un puzzle che ogni notte andava a delineare un disegno più grande, il cui risultato finale era ancora sconosciuto alla giovane Sacerdotessa, ancora novizia nell'uso dell'arte delle premonizoni.
Immagini confuse di fiamme, spade che cozzavano e un giovane che si ergeva di spalle davanti al trono di Camelot, trionfante con una corona insanguinata in mano.
Vivivana non aveva mai visto il suo volto, nè conosceva l'identità di quell'uomo dall'aura oscura. Non sapeva neanche a chi appartenessero la corona ed il sangue.
Aveva inizialmente pensato al suo re attuale, ma si era subito dovuta ricredere dopo aver sognato la sua morte per via di cause naturali.
Chi poteva essere dunque quell'essere crudele, tanto fiero in un mare di fiamme ardenti?
E da dove venivano quelle vampate disumane?

Grandi ali, che sbattevano alla rinfusa tentando di schivare reti di enormi dimensioni lanciate da omini che raggiungevano l'altezza di un soldo d'argento.
Dove si trovavano, quegli esserini minuti? Da quale regno venivano?
E a chi appartenevano quelle squame?

Una risata echeggiava tra le tetre pareti della Sala Grande del trono, la cui calda vivacità era stata sostituita da silenzio tombale. Gli unici suoni udibili, erano forse il gracchiare dei corvi intenti a nutrirsi dei cadaveri e il malvagio sghignazzo dello sconosciuto, ancora di spalle, brandente in una mano una spada rubina e nell'altra la corona grondante.
All'improvviso, il tutto venne inghiottito da un vortice di fiamme secolari, accompagnate da uno stridio animalesco, disumano.
Viviana si voltò e vide spuntare tra le nubi due grandi corna grigie, che nascondevano al di sotto un muso squamato, dalle cui narici fuoriusciva un palpabile fumo nero, che la circondò prima di spedirla in una nuova immagine: un uomo biondo, a terra, tendeva la mano in segno di resa al suo aguzzino. Sul capo, una corona.

«Figlio» supplicò il re, poggiando una mano sul petto, affannato ma senza paura.
«Figlio, puoi porre fine a tutto questo.» 
Poi, di nuovo l'uomo volto di spalle. Questa volta, la risata pareva più acuta, accompagnata dal rumore sordo di spade che cozzavano alle sue spalle.
Urla di uomini, che chiamavano il proprio re.
Infine, di nuovo il buio del denso fumo nero, spazzato via da un colpo di una coda rettiliana, irta di corni appuntiti.

Una donna con in braccio il proprio bambino scappava da guardie armate.
Militarmente, seguivano la giovane a passo svelto. Poteva percepire il loro riso coperto dalla celata nera dei loro elmi.
I due uomini si fermarono, impassibili, mentre una coltre  oscura avvolgeva le due povere figure.
Un grido e un pianto, poi, più niente.
All'improvviso, Viviana fu catapultata al di fuori di un castello coperto d'oro, e riconobbe Camelot.
Ma quale epoca era? Chi era ora il re? 
Si avvicinò disperata al ponte levatoio, facendosi largo tra la folla di straccioni che chiedevano asilo, in quanto i loro villaggi erano stati distrutti da creature leggendarie.
Le guardie, li guardarono e risero, voltando loro le spalle.

«Artù!» gridò disperata all'uomo che si ergeva impassibile a pochi passi dal trono, la mano sul petto. «Reagisci!» urlò la donna , trattenuta da due guardie di nero vestite.
«Uccidilo!» esclamò, gettandosi in terra in un pianto disperato.


Viviana si svegliò imperlata di sudore, chiamando a voce roca una delle sue ancelle.
Quando una di esse arrivò, una novizia, le comandò di portarle una bacinella e uno straccio per lavare via i residui del suo incubo. La giovane obbedì e lasciò in fretta e furia la stanza, pronta ad eseguire gli ordini.
La Dama si alzò dal pagliericcio e si diresse verso lo specchio, incerta su quello che aveva appena sognato.
«Artù» sussurrò, voltando lo sguardo verso la finestra. La nebbia candida della notte avvolgeva ancora Avalon, sotto la flebile luce del sole nascente. Presto, dalla sua dimora Viviana avrebbe potuto vedere il suo lago.
Una visione che aveva il potere di calmar la sua mente ogni mattina, dopo i sogni inquieti.

Erano anni ormai, che sognava sempre le stesse cose. 
Finalmente, però, era riuscita a trovare uno degli angoli del puzzle. Almeno, sapeva da dove partire.
«Artù» disse nuovamente, mentre immergeva il panno nell'acqua che l'ancella le aveva portato. Un nome che le era nuovo. 
Eppure, era certa che si trattasse di lui: lui era il re che sarebbe caduto per tradimento.
E se Viviana aveva ricevuto in dono quelle visioni, allora era segno che tutto ciò doveva esser impedito.

Si recò spesso al castello, ma nessuno sapeva darle risposta. Né il Re né la Regina avevano eredi, e la Dama era a conoscenza della sterilità della donna. Era stata più volte in cura da lei, ma né erbe né incantesimi erano stati in grado di aiutarla.
Ma alcun Artù compariva negli alberi genealogici dei Pendragon. Fratelli, cugini e persino zii: nessuno portava quel nome. E nessuno, sembrava intenzionato a continuar la dinastia utilizzandolo.
Nonostante le numerose richieste, tuttavia, Viviana non rivelò mai il perché della sua ricerca. Doveva cambiare il corso degli eventi, di questo ne era certa, ma ancora non conosceva abbastanza dettagli per riuscirvi. Doveva indagare più a fondo, prima di poter realizzare qualcosa di concreto. 
E tutto ciò che sapeva, era che un certo Artù sarebbe diventato re e sarebbe morto per mano di un giovane destinato a portare alla rovina l'intera Camelot.
Doveva impedirlo, ma come, se i suoi sogni non le permettevano di giungere alla soluzione?

Con il passare degli anni, Viviana arrivò addirittura ad indursi il sonno tramite infusi e riti particolari, in modo da passare il più tempo possibile in sogno.
Anche in quel mondo, però, in pochi potevano udirla e chi poteva farlo non rispondeva.
Al tempio, iniziarono a pensare che fosse in preda alla follia. Ma lei sapeva; era sicura di non esser pazza. Madre Natura le aveva affidato un compito e lei era determinata a portarlo a termine.
Ma aveva bisogno di risposte, e la sua Signora non sembrava propensa a dargliele.

Arrivò a supplicare la Dea Terra, in ginocchio e piangente, di aiutarla. Non poteva farcela da sola, e i suoi sogni non avevano capo né coda. 
Sapeva che le Visioni avvenivano tramite serie di immagini o di attimi, ma sempre vi era stato un filo logico, dal quale partire e al quale arrivare.
Perché, dunque, doveva esser così difficile ora? Era forse una prova per capire se era davvero adatta ad esser la Dama del Lago?
Anche le sue Antenate avevano dovuto subire quelle torture psicologiche?
Eppure, la sua Maestra non l'aveva mai messa in guardia di ciò. Che fosse parte del piano?

Otto lunghi anni passarono, anni che Viviana passò più nel mondo di Morfeo che in quello reale. Due di questi, la Dama li passò in un sonno perpetuo, indotto da un infuso di Belladonna particolarmente efficace.
E fu alla fine di quei due anni che ci fu la svolta.

La stessa donna che aveva visto anni prima, si presentò davanti a lei.
«Artù! Reagisci! Uccidilo!»
Ma l'uomo non sguainò la lunga spada lucente che portava al fianco.
Si lasciò cadere, mentre l'arma del nemico veniva estratta dal suo ventre squarciato.
Un tonfo sordo, una risata malvagia.
La donna, a terra, urlava di dolore. Il giovane fece un passo avanti, tese la mano e prese da terra la corona, bagnata del sangue del suo legittimo proprietario. La sollevò al cielo, fiero della sua vittoria. La indossò, senza curarsi di pulirla, il denso liquido vermiglio gli bagnò i capelli neri. Si voltò, due grandi occhi azzurri si spalancarono, colmi di pazzia, si puntarono in quelli della donna.
Lei lo guardò, mentre la spada scendeva inesorabile sul suo collo. 
«Mordred...» sussurrò la donna. Poi, il silenzio.

La Signora di Avalon si svegliò di soprassalto, gli occhi bagnati dalle lacrime, la gola secca per le urla.
Tre Ancelle la raggiunsero affannate e sorrisi di sollievo si stamparono sui loro volti. 
«Mia Signora» esclamò una, inchinandosi al cospetto della Dama, «finalmente vi siete ridestata!»
«Quante cose vi siete persa!» commentò l'altra, congiungendo le mani per la gioia.
«Il principe è nato!» urlò la terza, quasi saltando di gioia «Artù è nato!»


[...]

Vent'otto anni passarono. Artù aveva succeduto suo padre Uther e aveva portato finalmente il regno alla pace.
Re giusto e valoroso, Artù era rispettato da tutti i suoi sudditi, che cercava di accontentare più che poteva.
Camelot splendeva sotto la sua guida, fiorendo di anno in anno assieme al suo Signore.

Viviana spesso si era recata al cospetto del giovane, come consigliera e Sacerdotessa del castello nonché come medico personale della regina Ginevra. Una Ginevra che non poteva avere figli. 
Da dove veniva allora Mordred, che Artù aveva chiamato figlio in sogno?
Era forse un bastardo? Era dunque possibile che fosse già in grembo a sua madre o che fosse già nato?

Quasi ogni giorno, Viviana tornava al suo Tempio senza risposte, rassegnata a non poter contrastare il corso degli eventi.
Oltre a quello, dalla nascita del nuovo re, la Dama del Lago aveva iniziato a prendersi cura personalmente della figlia di Lady Igraine, madre di Artù, e del suo precedente marito.
Morgana, questo il suo nome, era una strega dotata di un talento straordinario, e per questo aveva deciso di portarla ad Avalon con sé anni prima, salvandola da una vita di soprusi da parte di Uther, che non sembrava apprezzare la presenza della fanciulla e le sue stranezze.
Ella aveva infatti una notevole propensione all'uso della magia e Pendragon non era famoso per la sua apprensione verso streghe e stregoni.

Fu dopo la notte di Beltaine, che tutto le fu chiaro.

Chiuse gli occhi senza fatica, dopo un'intera nottata a celebrare la Dea Terra, Signora di ogni cosa, che tempo immemore addietro aveva deciso di servire, donandole la sua stessa vita.
Quello che vide fu raccapricciante.
Vide un giovane allontanarsi dalla baraonda con Morgana, inebriata dalle danze e dai fumi. Li vide amarsi, nella frenesia di Beltaine, e li vide salutarsi alle prime luci del mattino, che facevano brillare i capelli di lui come oro liquido.
Lo stesso oro che aveva sempre visto a corte, nel posto del trono.
Con orrore, Viviana realizzò che i suoi sogni erano in procinto di avversarsi.
La guerra sarebbe cominciata in una manciata di anni, e lei doveva impedirlo.

Quando, mesi dopo, Morgana fu incapace di nascondere il ventre gonfio del bambino, confessò alla Dama quello che era successo durante la festa della Madre, ignara degli incubi della stessa.
Radiosa sotto le vesti di madre, Morgana presentò il bambino alla sua futura nonna adottiva.
«Lo chiamerò Mordred, Madre. Sarà forte e bello, e sarà portatore di pace come lo sarà sua madre.»
A quei tempi, Morgana era colei che era stata scelta dal Circolo per succedere a Viviana come Dama del Lago.
Compito che sembrava calzarle a pennello date le sue spiccate doti nell'incanto e la sua naturale propensione per l'aiutare il prossimo.
Sfortunata lei, il quale bambino avrebbe invece portato alla distruzione di Camelot.

Viviana pregò, supplicò e si disperò. Come poteva portare via il bambino a sua figlia? A colei alla quale aveva donato sé stessa e tutto l'amore che aveva in corpo? Quale madre avrebbe mai compiuto un atto tanto orribile nei confronti della propria prole?
Eppure, la Dama era stata scelta, e non poteva permettere a Mordred di far ciò che era stato predetto.
  
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