Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: CinderNella    17/10/2014    2 recensioni
Inizialmente si sentiva un po’ strana per il fatto che avrebbe condiviso una casa con un uomo.
Insomma, Colette aveva detto che quel Tom era simpatico e a modo, ma lei, Colette ed Elspeth erano sempre state con delle ragazze in casa… Tranne il modello. Ma lui non stava mai a casa. Laire era l’ultima aggiunta, una matricola alla loro stessa università e si trovavano benissimo, ma erano sempre state solo ragazze.
E ora Colette le mollava per tornare al suo paese natio e le lasciava in balìa di un tipo che nemmeno conoscevano. Era un po’ ingiusto.
"Ma se Colette lo conosce in qualche modo e dice che è alla mano, gentile e ha viaggiato molto, ci si potrà fidare..." pensò lei, rincuorata.
[...] Tom uscì dal portone, tirando un sospiro di sollievo: quell’Aneira era una tipa stramba. In positivo, ma lo era.
L’aveva convinto a prendere la camera sebbene non fosse la migliore opzione, ma nel suo essere strana gli aveva già fatto sentire la casa come sua, come se ne volesse fare parte.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titoli: ispirati liberamente dalla struttura di quelli di FRIENDS
Foto: ovviamente non fatte da me ma modificate (e si vede, per come sono malamente modificate con Paint) da me!
Buona lettura!










 
The Guy Who Turned Her Down



8. The One With The Awkward Awakening
Quando Jules si fu svegliata per poco non urlò terrorizzata. E non perché la terrorizzasse il tipo sul quale era spaparanzata in quella posizione poco comoda tra il letto di Aneira e il pavimento della sua camera, quanto perché non conoscesse il tipo in questione e lui stesso si stava limitando a guardarla senza strattonarla via.
«Piacere, Eddie. E buongiorno!» esclamò lui, sorridendo.
Lei sbatté nuovamente le palpebre e prese la mano del ragazzo, stringendogliela subito dopo – mentre cercava di ritornare sul letto «Piacere, Jules. Ti direi buongiorno, ma ho la schiena spezzata…»
«Anche io. E non so come siamo finiti così.»
L’espressione esplicativa della ragazza nel pigiama con gli unicorni suggeriva che anche lei si stesse ponendo la stessa domanda, seguita poi da un’altra ancora più urgente: «Ma… Aneira?»
«Stava parlando di te con Tom nel suo letto e si è addormentata lì. Poi sono arrivato io e Tom ha deciso di mettermi a dormire qui.»
«Oh… okay.» si limitò a dire lei, infilandosi le ciabatte e legando i capelli in uno chignon improvvisato «E sai per caso dove siano finiti?»
«No. Immaginavo che se fossero stati da Tom si sarebbero precipitati qui dopo il tuo urlo…»
«O, visti i tipi, più probabilmente sarebbero scoppiati a ridacchiare sommessamente dello scherzone ai nostri danni.» aggiunse Jules, prendendo degli asciugamani dall’armadio di Aneira.
«Quella era decisamente l’altra ipotesi plausibile!» convenne il rosso, ridendo tra sé e sé del fatto che cinque secondi prima avesse avuto lo stesso pensiero dell’amica di Aneira.
«Cerchiamo qualcuno in casa?» propose Jules, tra il perplesso e il confuso.
«Questa è la seconda volta che lo faccio in questo appartamento, ma perlomeno ora sono sobrio.»
La risposta di Jules fu un’eloquente alzata di spalle, iniziando la ricerca degli ipotetici esseri umani lì presenti dalla stanza di Elspeth: solo due minuti dopo in cucina si resero conto di essere gli unici esseri viventi in quella casa, eccetto Mycroft che sonnecchiava sul letto di Tom e non aveva intenzione di smuoversi di lì.
«Oh, la ciotola è anche vuota!» Jules si piegò per cambiare l’acqua alla ciotola dell’acqua e mettere i croccantini in quella vuota «E pensare che sono così attenti al micio.»
«Duuunque…» era decisamente imbarazzante aver dormito con qualcuno che non si conosceva minimamente, averla spaventata e ora ritrovarsi soli in una casa non loro «Colazione?»
«In questa casa c’è solo tè…»
«E io ora avrei bisogno di caffè.» aveva dichiarato Eddie, facendo sussultare Jules che lo guardò incredula: «Anche io.»
«Il bello è che non sono solo Tom e Aneira: se i pazzi fossero solo loro due mi limiterei a dire: “Ah, si sono proprio trovati!” invece no, anche Elspeth e Laire vivono di tè.»
«Ho bisogno di caffè.» dichiarò sbuffando Jules, guardando l’orario sull’orologio della cucina «Ed è anche tardi…»
«Dai, scendiamo, ti offro la colazione.» propose il rosso, indicando poi il pigiama della ragazza «E dovresti liberartene. Per quanto siano carini quegli unicorni, non ci puoi uscire.»
L’occhiataccia imbarazzata che Jules gli rivolse era tutto un programma: non si riusciva a capire se fosse più imbarazzata o tentata dal rimproverarlo. Però la ragazza ubbidì e si andò a rintanare in bagno, mentre Eddie tirava fuori dalla tasca il cellulare per scrivere un SMS all’amico: “Che diavolo di fine hai fatto? Ed x”
“Sei incazzato ma mi mandi i baci baci? Che cucciolo! Tom x”
“Non mi hai risposto. E”
“Sto correndo. T”
“Con Aneira?”
“Ti pare?! Lei sarà a passeggio come al suo solito”
“Scommetto che è colpa tua se cammina di prima mattina…”
“Temo di esser colpevole. Ti ritrovo a casa quando torno? T x”
“Non penso, sto per offrire la colazione a Jules. E x”
“Se lo sa Hannah ti ammazza.”
“Lo so. Ci sentiamo, Tom! Ed X”
«Sono pronta!» lo scambio di messaggi con l’amico doveva esser durato un bel po’, dato che Jules lo aspettava sulla porta già pronta, con la borsa sul braccio e il cappotto addosso «Non hai una bella cera per essere pronto per uscire.»
«Ti direi lo stesso, ma in bagno devi esserti rassettata parecchio.»
«Che bei complimenti che fai.» si limitò a commentare lei, schioccandogli un’occhiata non proprio simpatica.
«Beh, abbiamo entrambi dormito a metà tra il letto e il pavimento. Dovrebbe essere ovvio che non siamo pronti per uscire»
«E invece ci tocca.» commentò la ragazza, tenendogli la porta aperta per poi chiudersela dietro non appena il rosso ne uscì «Dove vuoi andare a fare colazione?»
«C’è una “Patisserie Valerie” in Bedford Street…» iniziò Eddie, entrando in ascensore.
«Okay.» si limitò a dire Jules, facendo spallucce. Dopotutto, non c’era mai stata.
Solo quando erano ormai in strada si decise che forse era il caso di fare conversazione: era troppo strano aver dormito appiccicata a qualcuno tutta la notte e non conoscerne quasi niente oltre il nome.
Camminando per Floral Street si decise a prender parola: «Cosa fai per vivere?»
Jules notò una nota di stupore nello sguardo di Eddie, che sparì subito dopo.
«Recito. Tu?»
«Mantenuta dai miei. Per ora almeno, mi laureo quest’anno.»
«Cosa studi?»
«Ho iniziato Management con Aneira ma poi sono finita a Consulenza… strade diverse, insomma.»
«Perché, lei cosa fa?»
«In realtà studia presso il dipartimento di Antropologia lei. Il suo corso è un mix strano di Antropologia, Economia e tutta la parte cognitiva che riguarda entrambi… è un casino, ma è parecchio figo. S’è allontanata in un certo senso dall’economia tradizionale.»
«Beh, tu sei andata nella parte super-competitiva e molto ragionieristica se così si può dire.»
«Sì, forse… ma non mi dispiace. Neanche per lei, ecco.» spiegò Jules, sorridendo «E tu? Che studi hai fatto?»
«Mi sono laureato in Storia dell’Arte.»
«Dove?»
«Trinity College.» sembrava come se stesse per lanciare una bomba: ed effettivamente la reazione di Jules fu simile a quella che avrebbe avuto se quella fosse stata una bomba «Cambridge?!»
L’espressione colpevole del rosso assieme al suo annuire l’avevano convinta che dicesse la verità «E come ti sei trovato a recitare? Insomma, se io avessi fatto Storia dell’Arte…»
«Deduco che tu ami l’arte, vero?» incalzò Eddie, notando la luce negli occhi di Jules «Comunque ho sempre voluto recitare. Anche quando ero lì.»
«Woah. No comunque… sì insomma, dipingo. Ma amo anche l’arte, sì.» commentò Jules, che era arrossita, proprio mentre voltavano su Garrick Street.
«Artista preferito?»
«Van Gogh.» l’aveva chiesto così velocemente che la risposta di getto di Jules venne spontanea «Ma amo molto gli impressionisti.»
«Sei andata a vedere la mostra alla National Gallery? Ci sono le due copie dei Girasoli…» aveva iniziato Eddie, ma Jules lo bloccò scuotendo la testa «Non ancora. Non ho avuto ancora tempo…»
«Ti va di andare insieme domenica prossima?» probabilmente anche quella domanda era partita di getto, e probabilmente avrebbe dovuto ritirarla subito dopo… ma voleva andarci sul serio.
E poi Jules, lievemente sorpresa, aveva annuito e sembrava davvero felice per quell’idea: «Sì, mi piacerebbe molto!»
«Okay. Allora poi…»
Jules gli porse un biglietto da visita, entrando nel cafè «Mi scrivi per dirmi l’orario.»
Eddie sorrise, scuotendo la testa «Che professionalità!»
«Li ho dovuti fare per uno stage l’estate scorsa… tanto vale usarli, no?» fece spallucce lei, dirigendosi al bancone.
«Un èclair au chocolat, s’il vous plaît?»
«Wow, internazionale…» commentò Eddie, e Jules ne notò la leggera ironia: «Era in Francia lo stage. E comunque prendi meno in giro, l’ho detto automaticamente.»
«Scherzavo. Hai una bella pronuncia francese, però.» aggiunse poi, chiedendo alla ragazza in attesa del suo ordine una torta al doppio cioccolato: fortunatamente, pensò Jules, aveva distolto abbastanza lo sguardo per non vederla arrossire nuovamente.
Presero posto ad un tavolino nell’angolo ed Eddie fece portare due caffè neri: e doveva averci preso anche con i gusti di Jules, perché lo sguardo di lei era espressivamente sinceramente grato, più di quanto avrebbe potuto fare un “Grazie” subito dopo. Che, per inciso, Jules disse comunque.
Entrambi lo portarono direttamente alle labbra, senza metterci zucchero: e parvero avere lo stesso sguardo sollevato quando anche solo un po’ di caffè entrò in circolo.
«Cosa stai facendo, ultimamente?» Jules riprese a parlare solo dopo aver spazzolato metà Èclair au Chocolat.
«Uhm… ultimamente non molto, ma ho girato un film qualche mese fa. In realtà mi sto godendo una lunga vacanza, prima di girarne un altro.» prese un cucchiaino della torta, mentre Jules sorseggiava il caffè, annuendo «Non avevo capito che eri tanto famoso da poter stare in vacanza da un bel po’.»
Fu il turno di Eddie di arrossire – e con la pelle chiara che si ritrovava, risaltava non poco –  e prendere parola subito dopo «Ehm… non così tanto. E poi è piacevole… non sai nulla di quello che sanno tutti di me. È bello avere conversazioni così.»
Jules sorrise, facendo spallucce: terminò il dolce e il caffè e diede un’occhiata all’orologio.
«Devi andare?» Eddie si alzò immediatamente, prendendo il caffè ma lasciando il dolce non ancora finito.
«Sì, ma ti prego, finiscilo. Non voglio andare…»
«Ma devi. Hai lezione?»
«Magari. Mi devo vedere con alcune colleghe… si tratta di un lavoro di gruppo. E nei lavori di gruppo, la gente impazzisce.»
«Solo le persone troppo competitive.» aggiunse lui, terminando la torta per andare a pagare alla cassa: Jules non fece in tempo a bloccarlo che Eddie era già tornato al tavolino con un sorriso a trentadue denti.
«Sarò costretta a farti una cena, visto che ti sei ostinato a pagare tutto tu.»
«Quando vuoi, sono disponibile!» commentò lui, non accennando a far sparire il sorriso sornione e mantenendole la porta aperta mentre quella la attraversava e prendeva Bedford Street andando a sud.
«E comunque, la tua considerazione la devo prendere come negativa?»
«Quale, perdonami?»
«Solo le persone competitive…»
«Assolutamente no. Dipende dal tipo di competitività, in realtà.» commentò lui, seguendo la ragazza.
E l’espressione contrariata che aveva dipinta in viso Jules la diceva lunga sul tipo di competitività cui faceva riferimento: «Allora liberati semplicemente dalle persone nocive.»
«Non è così facile.»
«Lo è, quando ne hai abbastanza.»
L’espressione di Jules era ancora molto chiara: non l’aveva convinta.
«Ma se vuoi possiamo parlarne meglio domenica. Sai, l’arte concilia bene i discorsi sui massimi sistemi relazionali.»
Jules ridacchiò e lo guardò di sottecchi, mentre voltava su Strand «D’accordo, allora si può rimandare il discorso sui massimi sistemi relazionali. A domenica.»
«Perfetto.» concluse lui, sorridendole di rimando.
Passarono i dieci minuti successivi in silenzio, controllando la strada prima di attraversare e ad una distanza troppo vicina per essere due sconosciuti ma troppo lontana per essere amici… o altro. Arrivati davanti alla London School Of Economics And Political Sciences, Jules si era già allontanata e si era voltata per salutarlo con una mano. Eddie rispose nello stesso identico modo, sorridendole. E poi controllò spontaneamente che entrasse nella struttura, decidendosi poi a prendere il telefono per chiamare Tom, che rispose immediatamente: «Alla buon’ora! Hai intenzione di tornare a casa?»
«Temo di aver fatto un casino.»
«Dov’è la pupù?!» la voce di Aneira fece capolino nel ricevitore, e non sembrava contenta.
«Vengo a casa.» si limitò a dichiarare, percorrendo Drury Lane verso nord e chiudendo la chiamata.

Quando arrivò a casa trovò Aneira e Tom ad aspettarlo a braccia incrociate sul divano. E c’era una sedia – che pensò a buon ragione che fosse per lui – esattamente di fronte a loro. Ci mancava soltanto una lampada che puntava dritto verso la sedia. Perlomeno c’era Mycroft che rasserenava la scena, difatti i due se lo passavano coccolandolo prima l’uno, poi l’altra.
«È… successa una cosa.»
«Siete andati a fare colazione insieme.» terminò per lui Tom, che più che nervoso sembrava… rassegnato.
«Sì.»
«Volevo fare la poliziotta simpatica e non quella cattiva, ma… che diavolo ti è saltato in mente?! Sei fidanzato!»
«Io e Hannah abbiamo litigato, ok?» saltò su Eddie, come se fosse stato punto da una vespa, mentre Aneira scuoteva vigorosamente la testa: «Non è un buon motivo.»
«Io e Jules andiamo a vedere i Girasoli di Van Gogh alla National domenica.» Eddie lo buttò fuori rapidamente, dando all’amico e ad Aneira la possibilità solo di esclamare all’unisono un «Sul serio?!» molto risentito.
«Eddie…» Tom scuoteva la testa, sospirando.
«Se si innamora di te e poi fate cose strane e lei rimane col cuore spezzato, io ti picchio.» lo minacciò solennemente Aneira, puntandogli il dito contro. Poi prese Mycroft e lasciò la cucina con il suo tè, prendendo la strada della sua camera.
«Cosa devi dire tu?» Eddie si aspettava una strigliata ben peggiore da Tom. Ma lui si limitò a scuotere la testa e a sorridergli: «Non incasinarti. Parla con Hannah. Magari parlale di Jules. Magari diventate amici…»
«Penso che la strigliata di Aneira sia meglio.»
«Non vuoi presentare Jules ad Hannah?»

«E dirle cosa? “Ciao tesoro, ho per caso dormito nel suo stesso letto stanotte perché avevamo litigato”? O ancora meglio “Jules, ehi, ciao, ti avevo promesso un pomeriggio al museo e invece ti presento la mia ragazza”?»
«Beh, Ed… le cose sono così, di fatto.» spiegò chiaramente Tom, annuendo pensieroso.
«Lo so…» Eddie sbuffò, guardando le gocce di pioggia che scorrevano lungo il vetro della finestra «E se aspettassi fino a domenica? Magari non richiamo Hannah…»
«Ti incasinerai l’esistenza e probabilmente dovrai tornare strisciando ancora di più da Hannah, ma se questa è la tua scelta… per carità, non l’appoggio, però sono con te.»
«Questo è molto contorto, lo sai?»
«Sì, ma non importa.» Tom girò il cucchiaino nel tè, prendendone poi un sorso «Ti piace davvero Jules?!» l’espressione schifata che aveva accompagnato quella frase quasi sconvolta l’aveva fatto scoppiare a ridere.
«Diciamo pure che non vedo l’ora di andare alla mostra con lei. E non ci ho pensato su due volte per chiederglielo.»
«E aggiungiamo che sei pure in una situazione particolare con Hannah… sì, è la ricetta giusta per un bel casino. Ma capisco che tu ne possa aver bisogno. Di andare al museo con Jules, intendo.»
«Ovviamente.» convenne Eddie, guardando negli occhi l’amico, che si limitò a raccomandarsi di un’ultima cosa «Solo… cerca di non farla soffrire troppo. Ancora non sappiamo che abbia… e se la precipiti, Aneira ti ammazza davvero.»
«Non ne ho l’intenzione, promesso. Sarò sincero, se succede qualcosa.» dichiarò lui, roteando gli occhi e finendo per guardare la scatola delle spezie «Per fare ammenda dovrei comprarne chili di quelle, vero?»
«Forse anche quintali.» sorrise Tom, dandogli una pacca sulla spalla per poi dirigersi verso il bagno.
Eddie rimase solo a guardare le gocce di pioggia che s’inseguivano lungo il vetro della cucina, conscio del fatto che rappresentassero perfettamente l’animo suo quella mattina.

 
  
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