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Autore: Elle Douglas    17/10/2014    1 recensioni
Cosa succederebbe se nella vita di Killian Jones, d’improvviso, tornasse il suo vero primo amore?
No, non Milah, ma qualcuno di ancora più profondo, celato, intimo e nascosto che sapeva fosse morto per sempre? Come reagirebbe Killian? Ed Emma, che ormai sembra aver trovato l’amore? Chi sceglierebbe arrivato a quel punto?
Come cambierà la storia? E quanto scopriremo di più su quest’uomo?
Scopriremo che c’è ben altro dietro Killian Jones, c’è un'altra storia nascosta e non ancora raccontata di un uomo che ha perso tutto e che più di tutti ha perso qualcosa di profondo che credeva irrecuperabile.
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‘I suoi occhi verdi, verdissimi come lo smeraldo sono dentro ai suoi, e per un attimo una lacrima gli scorre su quel viso etereo.
Quante volte aveva pianto credendola persa? Quante volte si era pentito di averle dato quella scelta? Quante volte avrebbe voluto tornare indietro e cercarla, salvarla?
Ed ora era lì davanti a lui.
Vera, viva ma prigioniera.’
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La storia inizia con gli avvenimenti della 3x17, tutto il resto è una mia idea.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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V CAPITOLO
 
 
Erano passati mesi da quando Esmeralda era entrata a far parte di quella nave.
Non le era stato fatto niente.
Non era stata gettata insieme alle altre, non era stata uccisa da Killian, ne da nessun altro e continuava a domandarsi il perché.
Per una volta, si azzardò a pensare che Killian tenesse davvero a lei, e non solo per quello che non le era successo, ma per i modi e l’affetto che vedeva nei suoi occhi ogni giorno di più.
L’aveva circondata di ogni cosa, ed Esmeralda iniziò ad amare quelle attenzioni che per lei erano così poco familiari.
Non ne aveva mai sentite in casa, se non dalla madre, dal padre invece nemmeno uno spicchio d’amore, e ora invece si sentiva invasa da quel nuovo tipo d’amore, di affetto.
E tutto quello che aveva ora, che stava ricevendo da parte di quell’uomo, in un certo senso, ai suoi occhi era totalmente nuovo e non sapeva bene come reagire.
L’ultima cosa che le era stata regalata da quel capitano così insolito erano quel paio di orecchini a cerchio d’oro che ormai indossava perennemente.
E Killian sembrava apprezzare il suo apprezzamento, con un gran sorriso che le faceva quasi male al cuore, ed esordendo con cose del tipo: ‘Sei bellissima, tesoro, cara, amore’.
Nomignoli che non riservava solo a lei, però, ma praticamente a tutte le donne che si trovava davanti.
Ma a lei sembrava sentirselo dire in modo diverso, e le bastava questo per iperventilare a volte.
Magari era davvero pazza, iniziò a credere.
 
Quando quella volta le aveva chiesto se ci fosse qualcuno nella sua vita, da cui portarla, qualcuno in grado di renderla felice, avrebbe voluto rispondergli urlando: ‘Tu’, ma se ne stette zitta con la solita paura di rischiare un rifiuto.
Esmeralda non aveva mai corso il rischio in nessuna cosa, mai, e aveva costantemente paura delle sue conseguenze.
Sei un tipo di malattia Killian, ti sei intaccato nelle mie ossa, nella mia testa, ma soprattutto nel mio cuore, da cui non riesco a farti uscire.
Come gliel’avrebbe detto?
O quella volta, sul ponte quando stava per cadere oltre il parapetto della nave per uno scossone, aveva visto il terrore nei suoi occhi, poteva giurarci.
L’aveva tirata a sé, in un gesto così repentino e virile che si ci aggrappò come un ancora alla terra. Strinse quella giacca di pelle nelle sue mani e chiuse gli occhi concentrandosi su quel momento.
Le sue mani stringevano forte la sua schiena.
Ed erano del tutto uniti in un abbraccio.
Il suo petto andava su e giù cosi come il cuore, che riusciva ad udire attraverso la gabbia toracica a cui era appoggiata.
Pareva stesse galoppando veloce.
E anche il suo non era da meno, ma lui non poteva udirlo e anche se l’avesse fatto avrebbe creduto fosse per lo spavento.
 
‘Ehi ragazza!’, disse qualcuno, accedendo nella stanza e interrompendo i suoi pensieri e facendola voltare.
Ella si spaurì.
Non era Killian, ma un uomo che aveva visto molte altre volte sul ponte o sulla porta intento ad accompagnare il capitano.
Era basso, sporco e con i pochi capelli rimasti tutti arruffati sul capo.
Poteva avere sulla trentina, eppure il suo volto, sembrava dimostrarne di più.
Sorrise, cercando di non spaventarla.
Non rispose.
Come sempre aveva fatto nei confronti degli altri marinai.
C’era qualcosa in quel marinaio, in quell’uomo che non la convinceva abbastanza e quasi come istinto di conservazione indietreggiò.
‘Killian stasera è uscito. Ha deciso di farsi un giro per le taverne, è da un po’ che non lo fa, l’ho incoraggiato’, sorrise beffardo avvicinandosi. ‘Perciò, non ti dispiacerà se sono io a portarti la cena stasera’.
Prese il piatto e glielo poggiò sul tavolo.
‘Vuoi che t’imbocchi anche io come faceva quando eri legata?’, e rise di gusto mostrando i suoi denti ingialliti e luridi, con le mani in vita.
Fece cenno di no, scuotendo la testa.
‘Sai’, disse avanzando a grandi passi nei suoi confronti. ‘Il capitano è da un po’ che non si diverte come si deve. Ti conviene mangiare perché non tornerà presto’.
Esmeralda evitò di guardarlo e guardò fuori dall’oblò per calmarsi.
Sentiva l’agitazione pervaderla e doveva tranquillizzarsi.
Sentiva gli occhi di quell’uomo addosso.
Sospirò pesantemente, stava alterando tutto. Doveva rasserenarsi.
‘Grazie’, si limitò a biascicare, a mani giunte, mentre cercava di dirigersi verso il tavolo, superandolo.
Quello gli si parò davanti.
‘Comunque mi presento. Il mio nome è Knifenose, ma puoi chiamarmi Knife se ti va’.
Esmeralda sorrise timida davanti al suo nome.
‘Piacere di conoscerti Knife’, un sorriso fidato e delicato le spuntò sul viso. ‘Io mi chiamo Esmeralda’, continuò presentandosi anch’ella.
Quello le prese la mano e la strinse senza che Esmeralda gliel’avesse tesa.
‘Davvero un bel nome. Siete bella anche più di uno smeraldo’.
Esmeralda abbassò il capo in segno di gratitudine a quel complimento.
Fece cenno al marinaio di voler andar a mangiare, in modo da lasciarle la mano che ancora teneva stretta.
Quello si guardò spaesato non capendo, poi intuii.
‘Mangerai dopo’, fece quello. ‘Ora perché non mi racconti un po’ di te. Mi pare ingiusto che il capitano ti conosca così bene, mentre noialtri sappiamo a malapena il tuo nome’, disse quello in maniera velata trascinandola per la mano verso una panca vicino ai letti.
Le dava fastidio quell’atteggiamento forzato, come se si dovesse far conoscere per forza da quel uomo di mare, che a pelle non le dava niente e che non le stava nemmeno tanto simpatico.
C’era qualcosa in quella situazione che la irritava e non sapeva cosa fare per declinare l’interesse dell’uomo.
La trascinò accanto, vicinissimo a lui mentre ancora le stringeva la mano come in una costrizione.
‘Allora come ti trovi qui?’, disse quello alitandole quasi in faccia.
Ad Esmeralda venne la nausea, e questa volta non era per il mal di mare.
Storse il naso in segno di disgusto e cercò di scansarsi almeno di poco, ma quello non glielo permetteva.
Non rispose.
‘Cosa c’è? Hai perso la lingua? La usi tanto con Killian’, alluse quello lasciandola interdetta.
Che voleva dire?
‘Fammi vedere che ce l’hai anche a me. Perché non ti apri a me come ti apri con il nostro capitano eh?’, il suo ghigno si fece avido e cagnesco.
Gli occhi gli si iniettarono di sangue.
‘Lasciami! Mi fai male!’, implorò lei cercando di liberarsi il polso che ora stringeva ancora di più quasi fracassandole le ossa.
Quello rise divertito nel vederla così.
Un sorriso malato gli balenò in viso.
‘LASCIAMI!’ urlò piangendo.
‘Apriti con me come ti apri con il capitano piccola, ho bisogno di averti, capisci? E’ un bisogno fisiologico che avviene quando una cosa ci è negata’, continuò quello saltandole sopra e alzandole la vesta. ‘Il capitano Jones ha detto che non dobbiamo farti nulla di male, ma se lui non c’è, chi può dirglielo?’, e rise.
‘Io… glielo dirò io!’, avanzò cercando la forza necessaria nella rabbia verso quell’uomo, per liberarsi.
‘Tu? Di te non resterà niente dopo. Dirò che sei salita sul ponte e sei caduta in mare. Sarà difficile trovarti dopo’.
Esmeralda cercava di divincolarsi, di lottare, ma non ce la fece.
L’uomo le aveva preso entrambi le mani stringendole forte in una, ed era su di lei a godersi la scena mentre cercava di slacciarsi le braghe.
Esmeralda aveva paura, iniziò ad averne. Era la sua fine.
‘AIUTO!’, urlò a pieni polmoni disperata.
Quell’uomo sporco era lì, pronto a fare di lei il suo giocattolo, pronto a farle del male, a possederla e lei non voleva.
D’un tratto s’avvicinò al suo viso, a pochi centimetri e con l’altra mano le bloccò il viso da movimenti bruschi in modo che non potesse sfuggirle in nessun modo.
La guardava digrignando i denti, mentre dentro un’insana voglia cresceva in lui.
Iniziava a premere ed Esmeralda non voleva.
Non voleva che finisse così, in quel modo, con lui.
‘Lasciami, ti prego!’, implorò singhiozzando.
Il sorriso di quell’uomo crebbe a dismisura.
‘No!’, le disse divertito.
‘AIUTO!’, gridò ancora più forte, più acuta in modo che qualcuno la sentisse, la aiutasse.
Lui le tappò la bocca, furtivamente prima che iniziasse a saziare il suo bisogno represso.
Era la fine.
Esmeralda chiuse gli occhi e pianse.
 
‘BRUTTO PEZZO DI MERDA!’ sentii urlare d’improvviso.
E il peso da sopra di lei si spostò.
Quella morsa, quella stretta ai polsi era svanita.
Nessuno era più su di lei.
Esmeralda aprii piano gli occhi frastornata e si trovò davanti il pieno trambusto.
La figura di Killian era a terra a malmenare Knife che fino a poco prima era sopra di lei.
Gli altri membri dell’equipaggio cercavano di tirarli su.
‘KILLIAN’,urlò con le ultime forze rimaste, ma sembrava fosse niente in confronto a prima.
‘KILLIAN!’, riprovò.
E lui ebbe tipo un sobbalzo, come se si risvegliasse da un incubo.
Esmeralda era in lacrime al ciglio del letto, con lo sguardo implorante.
Implorava un abbraccio.
Implorava forza.
Implorava di avere qualcuno vicino che la rassicurasse.
 
‘Portatelo sul ponte e legatelo!’, disse infuriato.
I marinai lo presero in su di peso, mentre quello ancora rideva nonostante il sangue che gli colava in viso.
‘Capitano che fa? Finisce il mio lavoro?’, aizzò quello mentre lo trascinavano via.
Killian stava per partire in quarta, quando sentii un debole contatto sul suo braccio.
Qualcosa l’aveva avvinghiato e lui sapeva bene a chi appartenesse quel tocco.
Si girò di scatto e la vide come quella sera, invasa dal dolore.
Un dolore nuovo che non avrebbe mai dovuto provare.
Aveva gli occhi inondati di lacrime cadute.
Le prese il viso tra le mani, delicatamente, per non causarle altro dolore, e misurò ogni sua reazione.
Lei non fiatava.
Lo guardava fisso negli occhi, in cerca di qualcosa. Una forma di amore, anche la più piccola, come se avesse un bisogno fisico di abbracci che non aveva il coraggio di chiedere.
‘Stai bene?’ le chiese seriamente preoccupato per il suo stato.
Lei fece cenno di no con la testa, e quella volta no. Non voleva sentirlo dire a parole.
Aveva usato tutte le sue forze per implorare aiuto a qualcuno, e ora pareva sull’orlo di un abisso.
Glielo si leggeva negli occhi.
La tirò a sé nuovamente e l’abbracciò forte, riprovando quasi la stessa sensazione di settimane prima quando la stava perdendo in mare, ma diversa.
Ora oltre alla paura, alla preoccupazione c’era tanta rabbia in lui, e quell’abbraccio forse serviva anche a lui per contenersi.
La strinse forte a sé, e non voleva più lasciarla andare.
 
La lasciò insieme a una delle donne che provvedeva al sostentamento dei marinai su quella nave.
Era stata madre, una volta e le ordinò di prendersi cura di lei mentre lui non c’era.
Quella ubbidii e stette accanto alla ragazza.
Due marinai, sostavano sulla porta di guardia.
 
Killian misurò ogni passo mentre saliva sul ponte, mentre ponderava la punizione per quell’ignobile uomo che gli era sembrato così fedele.
Si avvicinò all’albero maestro dov’era stato legato e sfoderò la sua spada puntandogliela al collo.
‘Cosa non ti era chiaro dell’ordine: Non toccate quella ragazza?’, cercò di mantenere la sua rabbia cercando una risposta prima di farla esplodere.
‘Non mi era chiaro il perché dovevate spassarvela solo voi Capitano! Finora abbiamo sempre diviso ogni bottino’, inchiodò quello ridendo divertito.
‘Ce ne sono tante lì fuori e qui. Perché non hai provato con altre?’, sbottò Killian ribollendo di rabbia.
Quello si avvicinò di più al sui viso con aria di sfida e con un sorriso spavaldo dichiarò: ‘Perché i giocattoli del capitano sono i più ambiti dall’equipaggio’.
Killian digrignò i denti non potendone più di quella arroganza.
Con un gesto secco, tagliò le corde che lo tenevano legato e gli altri marinai gli legarono le mani dietro la schiena.
‘Ciò che faccio su questa nave, non sono affari tuoi Knife, perché appunto il capitano sono io. E tu con la tua spavalderia e la tua aria di sfida avrai il trattamento che ti meriti’, sentenziò sicuro.
Lo prese strattonandolo per un braccio e lo portò sulla passerella, pronto a dargli la sua meritata fine.
Con un gesto secco e sicuro tagliò il braccio ferendolo, e dalla quale iniziò a sgorgare sangue.
‘Ora saranno i nostri amici a divertirsi con te’, gli disse.
E puntandogli la lama alla schiena lo spinse fino alla sua caduta in mare.
Un’intensa schiuma marina si formò nel punto in cui era stato gettato, probabilmente gli squali lo avevano già trovato e ne stavano assaporando il viscido sapore.
Killian si girò di scatto verso il resto della ciurma.
‘Chiunque la pensi come lui può seguirlo ora’, intimò. ‘O avrà pene più atroci’.
Nessuno fiatò, e nell’equipaggio si stese il silenzio.
   
 
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