Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Black Iris    21/10/2014    1 recensioni
I Nephilim sono sia angeli che umani, sono tra le razze più ripudiate dal mondo, ma dalla loro esistenza dipende il destino del mondo. Il mondo è sull'orlo dell'apocalisse, l'inferno sta per riversarsi sulla terra, ma loro possono fermarlo, loro e gli angeli che si sono ribellati al paradiso.
Una famiglia stana e particolare: sei Nephilim fratelli, un padre angelo e una madre... magari meglio lasciare la sorpresa.
Buona lettura a tutti!
^_^
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“La terra sembra così lontana vista da qui. Nonostante ciò non c’è niente che non riesca a cogliere.”
Zaccaria stava ancora osservando dalla sua finestra. Stringeva i pugni, ma in vano, doveva aspettare. Voleva solo buttarsi nella mischia, uccidere tutti i demoni, e perché no, anche tutti quei disertori, ma non poteva, non ancora. Nel silenzio più assoluto, rifletteva sui suoi gesti, non era ancora sicuro di quando fossero giusti. Aveva deciso da tempo di conquistare il paradiso e renderlo ciò che MiKael non era riuscito a fare. Voleva che la giustizia scorresse tra le strade dei suoi fratelli come fiumi in piena e che magari, lo acclamassero, come veniva acclamato Paride dai suoi uomini. Ma lui non era tale. Lui non era Paride, era sporco e corrotto e la cosa peggiore era che ne era cosciente. Sapeva di aver peccato più volte, ma sapeva anche che il suo scopo era troppo importante per lasciar perdere.
“Mikael”.
Il pensiero che gli arcangeli stavano distruggendo la loro stessa casa lo mandava fuori di se, sentiva la rabbia ribollire alla sola idea che tutta la guerra combattuta millenni fa era stata inutile, perché Lucifero viveva, aveva potere, la corruzione era rimasta e con esso anche l’odio verso gli umani che erano ritenuti colpevoli di esistere. Aveva esitato molto, ma alla fine aveva ceduto, aveva permesso a Octavian di usarlo per i suoi subdoli scopi.
Si alzò dal suo scranno e andò da lui, esigeva che gli riferisse definitivamente cosa aveva in testa.
Rimase paralizzato dalla sua stanza. Gli aveva detto che poteva arredarla come voleva, ma non si aspettava niente del genere. Le pareti erano nere, ovunque regnava l’oppressione più assoluta capace di far sentir male persino un arcangelo.
-Octavian!- chiamò forte il suo nome. Lo trovò affacciato alla finestra, anche lui guardava in basso.
-Mira questo spettacolo, Zaccaria, gli angeli stanno danzando- disse in tono cupo, -non trovi anche tu che non ci sarà neanche bisogno del nostro intervento?-.
Zaccaria lo guardò senza rispondergli, sapeva che le sue erano solo provocazioni.
-Quali sono le tue vere intenzioni, Octavian? E’ evidente che non è per nostro fratello che sei voluto venire qua su-.
-Ti sbagli- rispose lui, guardandolo con la coda dell’occhio, -è proprio per lui che sono qui. Io lo voglio libero, sai?-
-Non ti capisco-
-semplice, tu, mio caro alla fine di tutto questo governerai il paradiso, mentre io diventerò l’incontrastato signore dell’inferno-.
Zaccaria poteva dirsi sconvolto. Era questo che bramava sin dall’inizio, aveva causato apposta questa guerra, aveva contattato Ammon, che desse inizio a tutto e poi aveva corrotto lui, perché lo facesse entrare in paradiso, dove sarebbe stato al sicuro da qualunque pericolo. Si sentì come una pedina su una scacchiera in cui lui valeva meno di un soldato. Prima che quella guerra finisse, sarebbe stato lui,con il suo esercito, ad intervenire e a sconfiggere Ammone e i suoi demoni, ma le cose erano andate diversamente, i piani dei due angeli non combaciavano.
-Che cosa vorresti dire con questo? Che hai intenzione di tradirmi?-
Octavian si voltò di scatto.
-Io? Fare una cosa così subdola?- aveva azzeccato in pieno l’aggettivo adatto. Era quello che più descriveva il carattere di Octavian.
-Come potrei io, con le mie sole forze liberare il demonio? Mi sembra evidente, Zaccaria che mi servono i tuoi uomini-.
Continuava a non capire di cosa stesse parlando il compagno. Non fece in tempo a finire un ragionamento che il gladio di Octavian già gli perforava l’addome costringendolo ad inginocchiarsi. Estrasse l’arma e mostrò un ghigno folle.
-D’ora in poi sei inutile, Zaccaria, tu non servi alla mia missione-.
Zaccaria cadde in una pozza di sangue nero e viscido. L’odore acre procurava a Octavian un senso di piacere. Non si fermò molto a contemplare la sua opera, prese le sembianze di Zaccaria e uscì dalla stanza.
 
Kaleb guardò in alto. C’era un volto conosciuto. Il sangue scendeva a fiotti dal petto, ma non voleva arrendersi. Octavian lo guardava senza un espressione definita. Girò il gladio ancora affondato nel suo sterno, per provocargli un dolore più atroce e farlo morire prima.
In cielo si formarono dei simboli, delle rune angeliche. Il grido di Paride salì forte, lo sentirono tutti. Era morto suo figlio, lui lo sapeva, quel simbolo era l’unica cosa che non avrebbe mai voluto vedere, gli si spezzò il cuore. Octavian lo osservava combattere in cielo, aveva fatto di tutto per non far venire i demoni a Friburgo, ma alla fine sarebbe stato un angelo a ucciderli tutti e sei.
 
Heather stava correndo, era come nel suo sogno, ma più spaventoso, Friburgo era in fiamme, proprio come aveva premonito, gli angeli in cielo ormai li avevano visti tutti. E lei aveva visto qualcosa in più, aveva visto Octavian che recitava una formula, una litania incomprensibile, però era lontano. Era d’istinto andata a cercare la madre, ma nel negozio vicino al distributore di benzina non c’era nessuno, neanche i due che la accompagnavano sempre. Disperata la stava cercando nei sobborghi, non aveva la più pallida idea di dove trovarla. Poi quella scritta in cielo, il grido di suo padre. Correva con le lacrime agli occhi, non riusciva a tenersi dentro il dolore, ma si era imposta di non arrendersi, di continuare. L’idea che qualcuno all’interno aveva ucciso suo fratello ,le divorava l’anima e il fatto che sua madre fosse scomparsa poco prima la riempiva di dubbi. “Dimmi che è solo una coincidenza, mamma ti prego, dimmi che mi sbaglio”.
Pervasa dalla paura, ecco cos’era. La corsa la portò d’istinto davanti alla cattedrale, entra. Era tutto come nel suo sogno, le persone si erano rifugiate dentro. Ormai lo avevano capito cosa sta succedendo, avevano cominciato a pregare anche chi non lo aveva mai fatto. Già, tutti dentro la cattedrale, perché Friburgo brucia. E Kaleb non c’è, non la può aiutare, neanche Chris è con lei, è andato via con il suo bastone appena ha visto Octavian, insieme a Kevin e a Nicole sta cercando di stanarlo, ha con se il suo bastone, lo ha sempre tenuto con se, da quando erano partiti dall’Italia. Era dentro. Si inginocchiò e scoppiò in lacrime, non ce la faceva a tenersi tutto dentro, la rabbia per essere così debole e inutile la divorava.
“Kaleb, ti prego dimmi che mi sbaglio, dimmelo, ti prego, toccami la spalla e dimmi che è solo un brutto sogno, Kaleb… Kaleb…”.
Mise d’istinto la mano nella borsa e ne estrasse la mappa, la stessa con cui Paride aveva barattato la sua salvezza, quella che indicava la gabbia del demonio. La fece in mille pezzi: se la vita era così dolorosa avrebbe voluto dormire in eterno. Quel pensiero la accarezzò in quell’attimo, dormire per sempre, se lei fosse morta, non uccisa da Octavian, sarebbe tutto finito, lui avrebbe lasciato stare, non poteva liberare Lucifero senza l’ultima chiave, ne era certa. Aveva bisogno di Elia.
  
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