- Capitolo 1° -
Gabrielle si affrettò
su per le scale, cercando di bilanciare il peso delle due enormi buste di
plastica che teneva in mano. Ancora si chiedeva perchè Monique l'avesse chiamata
nel bel mezzo del turno, costringendola a tornare immediatamente a casa. La
proprietaria dell'atelièr in cui lavorava non l'aveva presa bene...
Rischiare di essere
licenziata per la solita spesa settimanale non le sembrava affatto una buona
prospettiva. Arrivò sbuffando all'ultimo piano ed entrò nel primo appartamento
sulla sinistra.
- Monmon, sono qui! -
Urlò, abbandonando i sacchetti sul pavimento. Nessuna risposta. Il salotto era
vuoto, ma un fitto vociare proveniva da un punto imprecisato al di là della
parete. Attraversò la stanza e si infilò a passo di marcia in corridoio. -
Insomma, mi vuoi spiegare perchè... - La sua accorata protesta fu bloccata sul
nascere dalle robuste spalle di Geràrd.
Geràrd, o Gerry, come
veniva affettuosamente chiamato dalla piccola Lulù, era l'innamoratissimo
fidanzato di Monique. Si era preso cura di lei da quando, a soli diciannove
anni, era rimasta incinta di un "coraggiosissimo" uomo che era
scappato a gambe levate appena appresa la notizia.
- Attenta, stellina.
Non vorrai farti male? - Le sorrise, afferrandola al volo prima che cadesse
rovinosamente sul pavimento.
- Grazie. - Si rimise
in piedi, continuando a guardarsi intorno alla ricerca della sorella.
- Oh, Coco, sei qui! -
Cinguettò quest'ultima, sbucando dalla porta della cucina.
- Alla buon'ora! Senti,
io non ho tempo... Devo tornare al lavoro, o Madame Delaounì mi sbatterà fuori
prima di mezzogiorno. - La aggredì. - Perciò, per favore, spiegami che c'è di
tanto urgente. E fallo in fretta.
- Ma non gliel'hai
ancora detto? - Ridacchiò Gerry, abbracciando amorevolmente le spalle della
fidanzata. Gli occhi di Monique brillarono di una luce quasi sinistra. Coco
mosse un intimorito passo indietro, ma venne prontamente raggiunta dalle mani
della sorella che si posarono sulle sue spalle.
- Tieniti forte. -
Gongolò. - Ho una notizia bomba! - Paura.
Un brivido di pura inquietudine scivolò lungo la schiena di Gabrielle. - Ti
ricordi i tre ragazzi che hanno suonato all'Emeraude quindici giorni fa? Quelli
americani.
- Sì... - Purtroppo. Se li ricordava fin troppo
bene.
- Hanno deciso di
girare un documentario a più puntate, proprio qui, a Parigi! -
- E questo cosa ha a
che fare con noi? - Continuava a non arrivarci.
- Gli ci vorrà quasi un
anno, tra ciak, montaggio e il resto. Vista l'occasione, la produzione francese
ha deciso di fornire ai Jonas Brothers una allocazione in città... e, per
farlo, ha contattato l'agenzia di Gerry. - Odiava Monique quando si
sovraeccitava in quel modo. - Ma non capisci? - No, che non capiva. Ma
cominciava ad avere un'enorme sospetto.
Era quasi certa che
tutti e quattro gli alloggi a disposizione dell'agenzia fossero già occupati,
in quel periodo...
- Non capirà mai, se
non lasci parlare me. - Intervenne Geràrd, ridendo sotto i baffi. - Ascolta,
stella. Questo affare era troppo importante per me, non potevo farmelo
scappare... E tua sorella ha voluto darmi una mano. - Quel tono affettuoso non
fece altro che aggravare l'entità dei suoi dubbi. - Monmon ha accettato di
trasferirsi da me insieme a Lulù, per lasciare libero questo appartamento. I
Jonas verranno a stare qui.
Trasferirsi. Jonas. Questo appartamento.
Le ci vollero cinque
minuti buoni di totale, pietrificante silenzio per metabolizzare ed assimilare
tutte le informazioni appena ricevute.
- STATE SCHERZANDO?! -
Esplose. - E, sentiamo, dove dovrei andare io? Vi siete forse scordati che
questa è anche casa mia? - Aveva le
lacrime agli occhi. Monique si fece avanti di nuovo e la abbracciò, cercando di
placarla.
- Tesoro, tu non dovrai
andare da nessuna parte. Gerry ha pensato anche a questo! - Le strinse
dolcemente le mani e la fece voltare verso il giovane.
- L'uomo con cui ho
parlato, mi ha chiesto se potevo procurargli anche un'interprete per i ragazzi
che, da buoni adolescenti americani, col francese non se la cavano proprio
molto bene. E anche qualcuno che li controllasse costantemente, per assicurarsi
che tutto fili liscio. - Sorrise. - E qui entri in gioco tu, stellina. Parli
perfettamente americano, sai gestire praticamente qualunque situazione... sei
perfetta! E io ho ottenuto che tu potessi rimanere a vivere qui, in cambio
della disponibilità ad occuparti di quei tre.
- Eh? - Si sentì
improvvisamente mancare il fiato, come se qualcuno le stesse strizzando lo
stomaco.
- Te la caverai, ne
sono sicuro. - Concluse, assestandole un'affettuosa pacca sulla spalla.
- E poi ti pagheranno
benissimo. - Aggiunse Monique, con un sorriso milledenti che voleva essere
altamente persuasivo. Come se ne avesse avuto bisogno. Non sarebbe mai stata
capace di dirle di no, ne tantomeno di rovinare a Gerry l'affare di una vita.
- Bella consolazione. -
Sbuffò, inarcando un sopracciglio e si lasciò scappare un mezzo sorriso, nel
vedere i loro volti illuminarsi. La abbracciarono entrambi, mentre lei già
cominciava a sentire che presto si sarebbe pentita di aver accettato così in
fretta. - Ehi, piano, o finirete per soffocarmi! E la spesa che mi hai mandato
a fare? - Domandò a Monique, che scattò sull'attenti come se l'avesse punta uno
spillo.
- Oh, giusto! -
Cinguettò. - Aiutami a mettere tutto a posto. Dobbiamo fare in fretta, i nostri
ospiti arriveranno fra appena un paio d'ore!
- Due ore... Perfetto. - Rispose Gabrielle in tono ferale. Aiutò la sorella
a trasportare le borse in cucina, mentre Geràrd raccoglieva un paio di grosse
valigie.
- Io scappo a portare
queste a casa, poi vado a prendere Lulù all'asilo e la porto al corso di danza.
- Si fermò solo per catturare le labbra di Monique in un rapido bacio. - Ci
vediamo più tardi. - Si richiuse la porta alle spalle, lasciando le due ragazze
già immerse in una "piacevolissima" full-immersion di pulizie.
***
- Eccoli, eccoli! Sono arrivati! - Monique
prese a saltellare velocemente, appoggiata alla ringhiera del balcone. Parecchi
metri più sotto, una grossa macchina nera si era fermata proprio davanti allo
stabile. Dalla portiera posteriore scesero i ragazzi e una donna sui quaranta
con un assurdo tailleur rosa confetto. Gabrielle, che si era affacciata insieme
alla sorella, osservò con apprensione crescente le tre sagome scaricare
altrettante valigie e scomparire rapidamente sotto il portico dell' ingresso.
- Calmati, Monmon. Mi
sembra che tu abbia passato da un pezzo l'età in cui è lecito sbavare per una
boyband... - La prese in giro per scaricare un po' di tensione. - Sei una
madre, dopotutto.
- Oh, dai. Ho
ventiquattro anni, non sono poi così vecchia. Piuttosto sei tu, che, a ventidue
appena compiuti, ti comporti come se ne avessi ottanta! - Sua sorella era
decisamente troppo esaltata.
Continuava a zompettare su e giù per il balcone in modo orrendamente privo di
dignità.
D'un tratto si sentì
afferrare per la mano e venne trascinata in casa senza il minimo preavviso. Con
orrore notò che la porta di ingresso si stava aprendo... si irrigidì
immediatamente, piantando i piedi nel punto esatto in cui si trovava, a metà
strada tra il terrazzo e l'ingresso.
- Lasciati andare.
Rilassati. - Le sussurrò Monique all'orecchio, prima di mollare la presa. Poi
si affrettò verso i nuovi arrivati e strinse con fare cordiale la mano
dell'agghiacciante donna-confetto.
- Ben arrivati. Spero
che non ci siano stati problemi a trovare la strada. - In meno di una manciata
di minuti Monique era passata dall'emettere urletti degni della più sbroccata
sedicenne, all'essere una perfetta e professionalissima padrona di casa.
- No, nessun problema.
- Alle spalle della donna, i tre famosi Jonas Brothers si stavano guardando
intorno con aria incuriosita. Gabrielle seguì per qualche secondo i loro
movimenti, prendendo distrattamente una mentina dalla ciotola sul mobile dietro
di lei. Se la infilò in bocca e quasi ci si strozzò quando, qualche attimo
dopo, si ricordò improvvisamente di quello che era successo la sera del
concerto.
{Fa' che non mi riconoscano.}
Supplicò, cercando di
sopravvivere al convulso attacco di tosse grazie al quale era riuscita ad
attirare su di lei l'attenzione di tutti i presenti, inclusi i tre
sopraccitati. Perfino il più piccolo dei tre, quello che allora non aveva
riconosciuto, era lui, in realtà...
Tre su tre. Aveva fatto l'ampleìn. Si
congratulò mentalmente con se stessa per non aver applicato almeno un minimo di
controllo a ciò che aveva fatto o detto quella maledetta sera.
- Coco, tesoro, tutto
bene? - Monique interruppe immediatamente il complicatissimo discorso che stava
facendo per correrle a fianco. Gabrielle, continuando a tossire, si chinò
leggermente in avanti e cercò di nascondere il viso tra i capelli che le
ricadevano sulla fronte.
- Sì... E' la
caramella... - Gracchiò con voce soffocata.
- Dai, tirati su,
prendi un po' d'aria. - Non fece in tempo nemmeno a pensare di rispondere
"no", che senti le mani della sorella arpionarle le spalle e
strattonarla verso l'alto.
Si trovò
improvvisamente occhi negli occhi con quello che doveva essere il più grande
dei tre.
- Ma sei tu! - Sorrise
lui. - La ragazza del teatro.
Oh, fantastico. Mister Basette, a quanto sembrava, si ricordava
perfettamente ogni cosa.
- Vi conoscete già? -
Domandò perplessa Monique, lasciando correre lo sguardo da Gabrielle a Kevin e
viceversa. Lei stava per provare ad imbastire una risposta sufficientemente
evasiva a quella scomoda domanda, quando il confetto interruppe la discussione
sul nascere.
- Sentite, io non ho
tempo di assistere a tutti questi convenevoli. - Coco, per la prima volta da
quando era entrata nella stanza, le rivolse uno sguardo colmo di gratitudine. -
Vorrei accertarmi solamente di un'ultima cosa, prima di lasciarvi alle
presentazioni e... tutto il resto. Posso conoscere la persona che il signor
Cezouìlle ci ha indicato come assistente-interprete? Ho qui una serie di
documenti che... - La gratitudine svanì immediatamente, mentre sentiva Monique
darle un colpetto sulla schiena come a dirle di muoversi.
- Sono io. - Si
presentò, tendendole la mano. - Mi chiamo Gabrielle. - La donna la fissò,
inarcando un sopracciglio con aria scettica.
- Tu!? Ma non sei un
po', come dire... piccola? Quanti anni hai, tesoro, quindici? - Le picchiettò
con fare condiscendente una mano sulla spalla. Prese un profondo respiro per
evitare di risponderle a male parole e sfoggiò un sorriso fintissimamente cordiale.
- No. Ne ho ventidue. -
Prese la cartellina che la donna le stava porgendo con aria per nulla sicura e
se la infilò sotto il braccio, con tutta l'intenzione di sbarazzarsene non
appena il confetto avesse portato le rosee membra fuori dalla porta. - Stia
tranquilla, me la caverò. - Sentì distintamente tre diverse risatine soffocate
provenire da dietro le spalle della donna.
- Bene. - Concluse
gelidamente. - Non voglio saperne più nulla, basta che mi telefoniate una volta
ogni due giorni. Arrivederci, ragazzi. - Detto questo, si fece strada tra i due
Jonas più giovani ed uscì definitivamente di scena. In un gesto quasi
automatico, Coco lanciò la cartellina sul divano più vicino, sospirando di
sollievo.
- Allora... - Riprese
Monique, come se si fosse improvvisamente riavviata. - Mi piacerebbe molto
restare a chiaccherare un po', ma c'è Lulù che mi aspetta. - Accarezzò le
spalle di Coco e raccolse cappotto e borsa dall'attaccapanni vicino
all'ingresso. - Spero che vi troviate bene qui, ragazzi. Vi lascio alle cure di
mia sorella, siete in ottime mani. - Se ne andava di già? Gabrielle boccheggiò,
cercando di non smettere di respirare.
- Certo, grazie. -
Rispose il maggiore a nome di tutti e tre. Salutarono Monique, che sparì oltre
l'uscio, fermandosi solamente per strizzare l'occhio a Coco e farle cenno di
telefonare il prima possibile.
Ancora doveva
realizzare di essere rimasta sola, in quella che una volta era casa sua,
insieme a tre semi-sconosciuti. Oh, beh, tre carinissimi semi-sconosciuti, ma questo non aiutava affatto.
- Tu sei la ragazza del
teatro. - Per un secondo le sembrò che qualcuno avesse premuto il tasto rewind.
Quella scena l'aveva già vissuta... peccato che, stavolta, comprendesse anche
un finale del tutto diverso.
- Sì. - Rispose, sorridendogli
a sua volta.
- Aspetta! - Si
intromise uno degli altri due. - Anche io ti conosco. Sei quella che voleva
disfare il distributore a calci! - Detta così sembrava una cosa ancora più
stupida.
- Sì... di nuovo. -
Sospirò imbarazzata.
- Se è per questo, la
conosco anche io. - Ecco, mancava giusto il più piccolo dei tre. Che poi altri
non era, se non il ragazzo delle pastiglie... Non che ne fosse stupita, le
erano venuti dei dubbi appena dopo averlo lasciato sul pavimento del bagno. I
fratelli lo fissarono stupiti, prima che tutte e tre le paia d'occhi si
fissassero su Coco. Lei, dal canto suo, sperava ardentemente che si aprisse una
voragine sotto i suoi piedi per farla sparire.
- Ssssì. - Soffiò. -
Neanche a volerlo, ho incappato in tutti e tre quella sera. E questo va al di
là di ogni possibile legge statistica, comunque... - Sollevò una mano e la tese
verso di loro. Magari accelerando i tempi di presentazione, si sarebbero fatti
un'idea di lei diversa da quella che avevano ora. Un'idea più sana, possibilmente.
- Gabrielle. Ma
chiamatemi pure Coco. - Sorrise, stringendo la mano di Kevin, poi quella di Joe
ed infine di Nick. In fondo, sembravano dei bravi ragazzi... - Venite, vi
faccio vedere la camera e dove potete mettere la vostra roba. - Si infilò in
corridoio con i Jonas che le trotterellavano dietro come tre splendidi cagnolini.
Era quasi paradossale.
In ventidue anni di
vita il suo contatto con l'universo maschile era stato pressochè inesistente.
Non aveva mai nemmeno avuto un vero amico maschio, figuriamoci un fidanzato...
E adesso, una
principiante come lei si trovava a dover passare un anno intero di strettissima
convivenza con ben tre ragazzi. Tre.
In una volta sola.
Sentì il cuore
schizzarle in gola.
Le ci sarebbe voluto
parecchio tempo per abituarsi alla presenza dei suoi nuovi, affascinanti coinquilini.