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Autore: L S Blackrose    24/10/2014    5 recensioni
Eric è uno dei leader degli Intrepidi. Freddo, calcolatore, spietato e crudele.
Ma non è sempre stato così. Cosa lo ha portato ad odiare a tal punto i Divergenti?
In questo prequel di Divergent, il suo destino si intreccerà a quello di Zelda, una ragazza tenace e potente come una freccia infuocata.
Può un cuore di ghiaccio ardere come fuoco?
Un cuore di pietra può spezzarsi?
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dal capitolo 4 (Eric)
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Sto per aprire bocca, per invitare le reclute a dare inizio al loro cammino negli Intrepidi, quando un movimento al limite estremo del mio campo visivo mi obbliga a voltare il capo.
Ormai davo per scontato che le disgrazie fossero finite, invece una figura esile si lancia dall’ultimo vagone del treno e fende l’aria come un proiettile.
A causa della luce del sole che mi arriva dritta in faccia, in un primo momento metto a fuoco soltanto una macchia indistinta, blu e nera.
Nella frazione di secondo che segue, sono costretto a spingere l’autocontrollo al massimo della potenza per non mostrare nessuna emozione, per mantenere la mia posa autorevole e l’espressione gelida.
Perché sono talmente esterrefatto da non riuscire a credere ai miei stessi occhi.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Zeke
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Zeric - Flame of ice'
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Capitolo 34








 

Eric






Passo la lingua sopra uno dei miei piercing, trattenendo a stento l’improvvisa e totalmente assurda voglia di mettermi a fischiettare.
 
Volto appena la testa, per lanciare un ultimo sguardo alla porta della stanza delle simulazioni, prima di svoltare l’angolo per avviarmi verso lo studio di Max.
Percorro il corridoio con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, a passo marziale, veloce anche per i miei standard: se rallentassi anche solo di mezzo secondo sarei ancora più tentato di tornare indietro per riappropriarmi delle morbide labbra di Zelda.

Come diavolo ho fatto a non baciarla prima?

Devo proprio porgere le congratulazioni al mio estremo autocontrollo che mi ha permesso di resistere per tutto questo tempo all’irresistibile tentazione di sfiorare quella pelle così soffice. E profumata. Oh sì, Zelda ha davvero un buon profumo. Sa di … beh, che diavolo ne so io di profumi?!
Però è un aroma caldo e avvolgente, che mi fa sentire come se fossi finalmente giunto alla meta dopo un lungo e tortuoso cammino.

La cosa che più mi ha sconvolto è che Zelda ha risposto al mio bacio: avverto ancora il tocco delicato e quasi titubante delle sue labbra sulle mie.
Certo, è ovvio che ci sperassi, ma sono rimasto comunque spiazzato.
Forse è per questo che sto pensando come una sciocca mocciosetta isterica...

Sbuffo sonoramente: devo riprendermi in fretta, altrimenti dovrò sorbirmi le frecciatine degli altri Capifazione.
Sono tutti così invadenti, Max e James in special modo. Da quando mi hanno offerto questo lavoro, hanno cercato in tutti i modi di scucirmi informazioni: sui miei gusti in fatto di donne, sulle mie nuove conquiste. Hanno perfino tentato di combinarmi degli appuntamenti, dannazione.

Storco la bocca, disgustato al solo pensiero delle loro sottili macchinazioni per trovarmi una ragazza.
Come se fossi un tipo da fidanzate, puah!

Quando pochi giorni fa Josie si è presentata al nostro tavolo in mensa per salutarmi – e fare la gatta morta come d’abitudine –, James ha cominciato a tempestarmi di domande su di lei e sulla nostra presunta relazione clandestina.
Una volta strappatami la conclusione che non esisteva nessuna storia – men che meno un ‘noi’ che accomunasse Josie con il sottoscritto - sfottermi e sghignazzare ogni volta che la incrociamo nei corridoi pare essere diventata l’attività preferita del mio caro collega.

Non oso immaginare cosa succederebbe se questa mia attrazione per Zelda divenisse di dominio pubblico. Le relazioni tra istruttori e iniziati non sono mai state proibite ufficialmente, soltanto altamente sconsigliate, anche se so bene cosa ci aspetterebbe se ci scoprissero…

Un momento. Sto davvero pensando di instaurare una relazione seria con Zelda?

Scusa tanto, Eric, ma a cos’altro aspiravi?
È ovvio che non puoi proporre a quella trasfazione lo stesso rapporto che avevi stabilito con Josie…


E nemmeno voglio farlo.
Allontano la voce della mia coscienza con un gesto seccato della mano, come se stessi scacciando una mosca fastidiosa.

Zelda non è come Josie, lo so perfettamente.
E so anche che, dopo averla baciata, non ho più scuse, né vie di scampo.
Devo dirglielo. Devo dirle tutto.

Se facessi finta di nulla e continuassi a trattarla come se fosse solo una delle tante iniziate, non me lo perdonerebbe mai.
Sono certo che pretenderà delle spiegazioni per il mio comportamento e non posso – non voglio – mentirle, né omettere la verità. Non credo mi sarà concessa una seconda occasione: sono già stato fortunato ad averla incontrata.

Doppiamente fortunato, se mettiamo in conto che lei, in così poco tempo, si è affezionata a me a tal punto da difendermi e prendersi cura di me come se fossi veramente il suo ragazzo. Come se fossi veramente suo.

Stringo la mascella. Non so cosa ho fatto nella mia miserabile vita per meritare un simile miracolo, ma di sicuro non ho intenzione di arrendermi proprio adesso.
Anche se sono del tutto incapace di esprimere le mie emozioni a parole, farò in modo che Zelda capisca cosa provo per lei.

Lei è stata la sola persona che mi ha dato speranza, che mi ha aiutato senza pretendere nulla in cambio.
Come il primo raggio di sole che disperde le nuvole dopo una violenta tempesta, Zelda è l’unica luce in grado di trapassare la cortina di tenebre che avvolge il mio cuore.

Lei è la mia stella, il mio sole.
Mia, come io sono suo.





 
* * *




 
Spalanco la porta della mia stanza con un calcio e giro la chiave nella serratura, isolandomi così dal caos frenetico in cui è piombata la residenza nel giro delle ultime due ore.

Sbuffando d’irritazione, mi tolgo gli stivali e mi getto di peso sul materasso.
Ad occhi chiusi, inveisco mentalmente contro Max e la sua passione sfrenata per le feste.

Possibile che capitino tutte a me? Decisamente non è la mia giornata.

Quando sono entrato nello studio personale del Capo dei Capifazione – ben cinque ore fa! - tutto mi aspettavo fuorché la richiesta assurda che ho sentito avanzare non appena James mi ha scorto sulla soglia.

“Grazie di esserti unito a noi, Eric” ha esordito Max, in tono allegro.

Già a quelle parole, una lucina rossa si era accesa nel mio cervello e aveva cominciato a lampeggiare un segnale di allarme in codice: da quando in qua Max mi ringrazia per aver ubbidito ad un suo preciso ordine?!

Purtroppo per me, nemmeno questa volta il mio intuito mi ha deluso.

“Visto che le simulazioni di oggi sono terminate, che ne dici di aiutare James con l’organizzazione della festa?” ha continuato, mentre io scoccavo un’occhiata piena d’orrore al mio collega che se la rideva sotto i baffi.
Pregavo fosse solamente uno scherzo di pessimo gusto, invece Max mi ha subito dimostrato quanto le sue parole fossero serie. “Puoi occuparti dei fornitori: sei l’unico in grado di mettere in riga quegli sciocchi dei Pacifici. Sappiamo tutti quanto siano lenti e non voglio ritardi questa volta. Deve essere tutto pronto per l’ora stabilita”.

Mi passo una mano sugli occhi. Un pomeriggio intero sprecato ad abbaiare ordini a quegli svampiti … brr, avrei preferito tornare a fare da babysitter agli iniziati.

E, come se non bastasse, ho dovuto svolgere anche il lavoro di James, visto che il belloccio si divertiva a flirtare con le ragazze addette alla preparazione del buffet e ad assaggiare i vari stuzzichini.

Ma cos’aveva in testa Max quando lo ha nominato Capofazione?!
Seriamente, ho conosciuto Pacifici molto più svegli. Con questo ho detto tutto.

Perfino Zelda non deve avere una grande stima di James, vista la sua reazione quando lui ha interrotto il nostro bacio.
Sembrava esasperata e divertita allo stesso tempo, come una madre che vede i propri figli rotolarsi nelle pozzanghere di fango.

Annuisco e sorrido tra me.
Già, è esattamente la metafora adatta a James, visto che il suo quoziente cerebrale è pari a quello di un bambino di dieci anni.

E a proposito di Zelda …

Faccio scorrere una mano sulla parte del letto che lei ha occupato ieri pomeriggio: se avvicino il lenzuolo al viso, riesco a percepire ancora una debole traccia del suo profumo.

Mi lascio scappare un debole sospiro e scuoto la testa con una smorfia di disappunto.
Averla accanto a me, nella mia stanza, mi è piaciuto molto più di quanto mi aspettassi.
Molto di più di quanto sia disposto ad ammettere. E sto già architettando un piano per farcela ritornare …

Sobbalzo quando, dopo un lasso di tempo indefinito, giro la testa verso il comodino per controllare l’ora.
Mancano esattamente quarantacinque minuti all’inizio della tanto sospirata festa (parole di James, testuali).

Scatto in piedi come se qualcuno avesse dato fuoco alle coperte e mi fiondo in bagno per darmi una ripulita.
Una rapida occhiata allo specchio dimostra che ho veramente bisogno di una doccia.
Ovviamente gelata, visto che non riesco a togliermi dalla testa l’immagine di Zelda, seminuda, addormentata nel mio letto e avvolta nelle mie lenzuola.

Non appena il getto d’acqua mi colpisce, sibilo un’imprecazione tra i denti.
Si può sapere chi me l’ha fatto fare di innamorarmi?!






 
* * *





 
Aspetto che il Pozzo sia gremito di gente, prima di fare la mia comparsa.

D’altronde il Capofazione festaiolo è Max, non io.
Io sono quello a cui piace starsene in silenzio a tirare coltelli in palestra.

Ballare non fa per me, non ci provo nemmeno: risulterei solo stupido. In più ci tengo a mantenere una certa reputazione, degna di un Capofazione come si deve.
Serio ed inflessibile, non sciocco e con la smania di mettersi in mostra (o meglio, in ridicolo). Non mi chiamo mica James.

E difatti - come volevasi dimostrare - il mio collega sta già dando il meglio di sé al centro della pista da ballo, abbracciato ad una ragazza bruna di cui non ricordo il nome.
Una della cricca di Josie, a giudicare dal tatuaggio a forma di pantera stilizzata che si intravede attraverso la stoffa trasparente del vestito. Tutti i membri della sua banda ne hanno uno uguale alla base della schiena, una specie di simbolo di appartenenza che si acquisisce dopo il superamento di una prova.
Roba da femminucce che hanno fin troppo tempo da perdere in sciocchezze.

Lancio un’ultima occhiata a James, poi inizio a farmi largo tra la calca, diretto verso il lato opposto della sala.
Nel frattempo cerco di individuare il vero motivo per cui ho accettato di presentarmi a questa pagliacciata che James insiste a chiamare ‘festa’.

Rimango deluso: di Zelda nemmeno l’ombra.
Eppure mi aveva assicurato che ci saremmo visti … dannazione a me, sto di nuovo pensando come una sciocca ragazzina in preda agli ormoni!

Calma, Eric. Non vorrai assomigliare a quelle svampite che stanno sbavando ai piedi di Zeke, vero?

Osservo la scena, palesemente schifato. Quel cretino di Zeke se ne sta appollaiato sopra la ringhiera che limita il ciglio dello strapiombo, intento a intrattenere il suo personale pubblico con stupidi giochetti di prestigio.
In quanto a voglia di mettersi in mostra (o meglio, in ridicolo), potrebbe far concorrenza a James. Inarco un sopracciglio: sarebbero una coppia stupenda, perché non ci ho pensato prima?

Lascio perdere la mia caccia al tesoro personale: se Zelda non arriverà entro i prossimi quindici minuti, andrò a cercarla personalmente.
E la troverò, dovessi perlustrare tutta la residenza da cima a fondo.

Mi posiziono di fianco a Max, che mi dà un’amichevole pacca sulla spalla mentre si complimenta per l’ottimo lavoro svolto da James e me.
Vorrei dirgli che il Capofazione che ha contribuito alla riuscita di questa festa di certo non è quello che si sta scatenando sulla pista da ballo, ma decido di lasciar perdere.

Mi volto verso il tavolo delle bibite e afferro una birra, tanto per dare l’impressione di apprezzare quest’inutile evento mondano.
L’unica cosa che vorrei fare in questo preciso istante è mandare al diavolo i miei doveri di Capofazione – che, come ho scoperto questo stesso pomeriggio, comportano anche la presenza obbligatoria a qualsiasi cerimonia o festa pubblica – fuggire da questo caos, scovare Zelda e portarla in qualche luogo isolato dove poter stare un po’ da soli. Lontani da tutto e da tutti, specialmente dai due disturbatori cronici per eccellenza, ovvero Josie e James.
Quei due sembrano essere stati creati apposta per mettermi i bastoni tra le ruote.

Faccio una smorfia, mentre termino l’ultimo sorso di birra.
Stasera nessuno mi impedirà di parlare a Zelda. Se a me stesso l’ho solo promesso, a lei lo devo.

Lancio con stizza la bottiglia vuota nel primo cestito disponibile.
Ma si può sapere perché ci mette così tanto ad arrivare? Io sto letteralmente …

- Zelda? Tutto bene? -.

… impazzendo.

Sì, sto decisamente andando fuori di testa. E, come al solito, Zelda ne è la causa.

L’affermazione che ho captato due istanti fa proveniva dal biondo gemello antipatico, ma non è stata la sua voce a farmi voltare di scatto nella sua direzione.
È stato il nome da lui pronunciato a catturare la mia attenzione e a far battere più forte il mio cuore.

Buffo: non ero forse io che sostenevo di avere un blocco di ghiaccio nel petto?
Quanto mi sbagliavo.
 
Mi sembra incredibile che un muscolo tanto piccolo possa pulsare con tutta questa potenza.
Lo sento risuonare nelle orecchie, rimbombare nella cassa toracica, martellare nel fondo della gola.

E tutto per cosa? Beh, è maledettamente semplice.
Ho davanti agli occhi la donna più splendida che abbia mai visto.
Deglutire sta diventando difficile, respirare normalmente pressoché impossibile.

Batto le palpebre un paio di volte per assicurarmi di non essere preda delle allucinazioni da alcool – di cui ho precedenti e decisamente imbarazzanti esperienze – ed infine sgrano gli occhi, come ipnotizzato da quella visione.

Accidenti.

La … la ragazza che mi sta di fronte non può essere Zelda!
Dov’è finita l’esile trasfazione che faceva di tutto pur di non farsi notare?
E si può sapere dove diavolo nascondeva tutte quelle curve?!

Probabilmente sotto le maglie di almeno due taglie più grandi che indossa sempre.

Ordino al mio inconscio di starsene zitto, se non voglio rischiare di impazzire davvero: ho già dei seri problemi a restare lucido.

Se fino a stamattina la consideravo desiderabile, ora la trovo irresistibile.
Il vestito che indossa non lascia molto spazio all’immaginazione, eppure su di lei non risulta volgare.

Anzi, apprezzo il fatto che quel pezzo di stoffa lasci le sue belle gambe interamente scoperte – solo che preferirei godere in privato di uno spettacolo del genere.
Posso percepire senza voltare la testa i mille occhi maschili incollati alla sua figura, più precisamente alla scollatura dell’abito.

Non ho nemmeno la forza sufficiente a girare la testa per fulminare quegli imbecilli con lo sguardo.
Sono ancora impegnato ad esaminare minuziosamente l’aspetto invitante di quei sottili ricami che ornano il delizioso vestito di Zelda.
Fantastico di percorrerli con le dita, per poi allungare la mano verso quella minuscola cerniera laterale – che trovo altamente stuzzicante - e …

Respiro profondamente per cercare di calmarmi.
Tutto il sangue che si era accumulato nel mio cervello alla vista di Zelda, sta scorrendo in direzione di altre parti del mio corpo … meglio se mi concentro su qualcos’altro.

Grazie al cielo, i suoi capelli lunghi – e stranamente lisci come seta – coprono una buona parte della scollatura e mi distraggono dalle fantasie che riempiono la mia mente con prepotenza. 
Anche se … chissà che effetto farebbe sentire quelle ciocche scure come la notte scorrere sulla mia, di pelle.

Ci risiamo.

Come sospettavo, il mio cervello è realmente andato in tilt.
I miei occhi rimangono incatenati a quelli color ambra di Zelda e mi ritrovo a pensare che questa mocciosa mi ha veramente legato a sé in modo inscindibile.

Il mio intero corpo non obbedisce più ai miei ordini, risponde solo a lei.
Maledizione, non può essere! Io, uno dei più temuti Capifazione dell’intera città, ridotto in schiavitù da un paio di belle gambe?

Quando giungo alla fatale conclusione del mio ragionamento mentale, rimango senza fiato e chiudo istintivamente gli occhi per tentare di nascondere la forte emozione che, sono sicuro, chiunque con un minimo di cervello riuscirebbe a scorgere nelle mie iridi glaciali.

Il legame che mi spinge verso Zelda va al di là dei rapporti fisici.
È qualcosa che nemmeno io so spiegare, ma sono certo che non si tratta solo di una passione momentanea.

In fondo ho cominciato a notare il suo aspetto esteriore solo in seguito, quando mi ero già perso nel suo modo di fare, attirato dai suoi gesti gentili e dallo sprezzo del pericolo che la contraddistingueva. Possibile che mi sia invaghito del suo carattere prima che del suo corpo?

Non appena riapro le palpebre, due istanti dopo, vengo colto dal panico.
Nello spazio davanti a me, fino a dove poco prima si stagliava l’attraente figura della trasfazione, ora c’è il vuoto.

Sento una spiacevole sensazione di gelo invadermi le ossa e faccio guizzare lo sguardo da una parte all’altra del Pozzo nella speranza di individuarla.
Perché diavolo se n’è andata così bruscamente? E cos’è che mi trattiene dall’inseguirla?

Realizzo solo in quel momento che c’è veramente qualcosa di fisico che mi impedisce di muovermi come vorrei.
Non appena abbasso gli occhi sulla figura che mi sta di fianco, sento i muscoli delle braccia diventare rigidi come pietra.
Da quanto tempo Josie mi sta abbracciando? E come diavolo ho fatto a non accorgermene prima?!

Dannazione, sono veramente un imbecille.
Anzi, rettifico: un imbecille completamente ammaliato dal fascino della ragazza di cui è innamorato per rendersi conto dell’insignificante squilibrata che gli sta praticamente incollata addosso alla stregua di una ventosa.

Scrollo Josie dal mio braccio come se mi stessi liberando di una specie di rampicante altamente velenosa e le rivolgo un’occhiata raggelante.
Non spreco nemmeno una sillaba per rimetterla al suo posto: il mio sguardo è sufficiente.

Lei indietreggia istintivamente, impaurita dalla collera che le mie iridi e la mia postura rigida le stanno trasmettendo senza alcuna pietà.
Sistemo con una smorfia di fastidio la maglietta leggermente sollevata – altro fatto di cui non mi sono minimamente accorto – e riprendo a scandagliare la grotta con ansia crescente.

A giudicare dalla velocità con cui si è allontanata da me, di sicuro Zelda non deve aver apprezzato la scena.
Nemmeno io se è per questo, avrei di gran lunga preferito che fosse la trasfazione quella spalmata su di me.

Non appena individuo la lunga chioma dell’iniziata svanire nell’oscurità di uno dei tunnel, tutto il mio corpo si rilassa.

Attraverso la pista da ballo in diagonale, infischiandomi degli sguardi infastiditi dei ballerini e lanciando occhiate truci a chiunque abbia il coraggio di sbarrarmi la strada. Quando passo accanto a James, la musica cambia e le leggere note di un lento avvolgono l’intera sala, scatenando gridolini di aspettativa da parte delle ragazze presenti.

Il mio collega mi fa l’occhiolino e mi porge la mano per invitarmi a ballare con lui. – Andiamo, piccolo, sciogliti un po’. Non è questo l’atteggiamento da tenere ad una festa -.

Mi domando se sia il caso di dare il via ad una rissa.
Se servisse a togliermi la soddisfazione di poter spaccare in due quell’espressione insopportabile che capeggia sulla faccia del mio caro collega, potrei anche farci un pensierino. Tuttavia, ho cose più urgenti di cui occuparmi: la mia priorità in questo momento è Zelda.

Decido di ripagarlo con la sua stessa moneta: allungo la mano a mia volta, ma, invece di prendere la sua, la faccio arrivare a pochi centimetri dal suo volto e alzo il medio. – Fuori dai piedi – ringhio, senza riuscire a trattenere un ghigno di sincero divertimento davanti al suo sguardo sbalordito.

Di norma, mi infurio come una belva se lui o qualsiasi altro membro della fazione si ostina a trattarmi come un ragazzino.
Non c’è nulla che mi faccia incazzare di più dei modi strafottenti di James, perciò rispondo sempre con attacchi diretti alle sue provocazioni.

Se dovessi contare le volte che Max ci ha richiamati per sottoporci ad un’interminabile ramanzina sull’importanza della collaborazione tra Capifazione e ad una punizione per la nostra mancanza di disciplina, non basterebbero le dita delle nostre mani sommate assieme.

James rimane scioccato dalla mia replica – anche troppo tranquilla, se paragonata ai miei standard – perciò, quando recupera l’uso della parola, io sono già fuori dalla sua portata.

Seguo la debole scia di profumo che Zelda si è lasciata alle spalle, inoltrandomi nel tunnel che conduce agli ascensori.
Che abbia avuto anche lei il mio stesso desiderio, ovvero quello di cercare un luogo per rimanere da sola a rimettere in ordine i propri pensieri?

Probabilmente vorrà starsene da sola a piangere, vista la scena a cui ha appena assistito.
Come credi si sia sentita nel vederti avvinghiato a quella stronza? Tu cosa avresti fatto, se ti fossi trovato al suo posto?


Mi fermo di botto in mezzo al corridoio e stringo i pugni lungo i fianchi.
La voce che mi sussurra all’orecchio ha ragione: se io avessi visto Zelda abbarbicata in quel modo addosso a qualsiasi ragazzo, sarei letteralmente esploso.

Da una parte la sua fuga repentina mi fa piacere – se è gelosa delle attenzioni che Josie mi riserva, vuol dire che prova qualcosa nei miei confronti, no? -, ma non voglio che pianga a causa mia. In fondo non ne ha motivo.

Bene, allora trovala e spiegaglielo.

Frugo nella tasca della giacca alla ricerca della piccola torcia che mi porto sempre dietro e riprendo ad avanzare lungo il tunnel con più sicurezza.

Zelda non può aver fatto molta strada, visto quanto teme il buio.
Infatti individuo il suo profilo dopo pochi metri: è appoggiata con la schiena alla parete di roccia, il capo reclinato in avanti.
I capelli le nascondono quasi interamente il volto, ma noto ugualmente la tensione della mascella e le sopracciglia aggrottate.
È evidente che si sta sforzando di trattenere una violenta emozione.

Senza preavviso, dirigo il fascio della torcia verso di lei e la sento sbottare un’imprecazione.
Alza un braccio per coprirsi gli occhi, ma lo lascia ricadere non appena si accorge di chi sta dietro alla luce che l’ha disturbata.

Stringe le palpebre e atteggia le labbra – quelle labbra che scatenano le mie fantasie più sfrenate – in una linea severa.
I suoi occhi esprimono tutta l’irritazione che cerca di nascondere, sembrano ardere come due fiamme dorate sotto il raggio della torcia.

Ecco che sul mio viso rispunta l’ormai celebre sorriso da stupido che solo lei è in grado di suscitare: e tutto perché sto pensando che, quando Zelda è arrabbiata, diventa ancora più attraente.
Vorrei solo intrappolarla tra le mie braccia e baciarla fino a lasciarla senza fiato, ma so benissimo che non gradirebbe, non al momento, perlomeno.

Mi ritroverei inchiodato a terra con uno dei suoi tacchi a spillo puntato sulla gola senza nemmeno aver il tempo di dire mezza sillaba.
Come minimo.
Abbasso la torcia, ma rimango indeciso sulla mossa giusta da compiere.

Eric, ci sei? Che ne è stato di tutti i tuoi bei ragionamenti da sciocco ragazzino innamorato? Io sono suo, lei è mia, bla bla bla?
Vedi di darti una mossa, idiota di un Capofazione!


Protendo una mano in avanti, nello stesso modo in cui James ha cercato di invitarmi a danzare un lento con lui.
Mi sento sempre più idiota ad ogni secondo che passa, visto che Zelda osserva le mie dita come se fossero lame affilate pronte a colpirla al minimo movimento brusco.

Sbuffo, esasperato da quella reticenza che mi sta ferendo nel profondo. – Zelda, ti assicuro che non mordo –.
Le afferro la mano prima che possa ribattere e riprendo a camminare, in direzione dell’altra estremità del corridoio.

Zelda non si ritrae dal mio tocco, anzi si lascia condurre fino all’ascensore senza protestare.
Come devo interpretare quest’improvviso mutismo?
Non credo sia un bene, ma preferisco rimandare i chiarimenti a quando saremo giunti al luogo appartato che ho in mente.

Una volta arrivati al cospetto della cabina d’acciaio, mi rendo conto di avere entrambe le mani occupate.
Dovrei lasciare il calore della pelle di Zelda per un’azione così banale come premere un pulsante?
La scelta non si pone nemmeno: getto senza tante cerimonie la torcia in mezzo alle rocce e premo il bottone con la mano con cui la reggevo fino a un secondo fa.

Mi pare di scorgere un sorrisino compiaciuto sulle labbra di lei.
Quando la cabina inizia a salire verso il tetto, mi azzardo a incrociare gli occhi ambrati di Zelda.

Se mi aspettavo di vederli pieni di lacrime, sono costretto a ricredermi.
Sposto un ciuffo che le ricade sulla fronte e, nel farlo, indugio con le dita sulla sua guancia. – Non hai pianto – mi lascio scappare, e immediatamente capisco che è la frase più stupida che potessi formulare.

- Ho il mascara – sibila Zelda, in tono ovvio, che sottintende ‘perfino un troglodita come te dovrebbe saperlo’. – E poi, per quale motivo avrei dovuto piangere? -.

Trattengo un ghigno divertito e annuisco brevemente. Eccola, la mia piccola guerriera.
Preferisco mille volte che mi urli contro, piuttosto che mi imponga la sua presenza silenziosa. – Hai detto bene: non ne hai motivo –.

L’ascensore è quasi arrivato alla meta, perciò mi affretto a togliere la giacca di pelle per metterla sulle spalle nude di lei.
Zelda inarca un sopracciglio con curiosità ed io mi lascio sfuggire un sorrisetto malizioso. – Quel vestito è … -.

Mi interrompo un attimo per lanciare una rapida occhiata all’oggetto che scatena immagini poco caste nella mia mente da un quarto d'ora a questa parte.
Da quando l’ho raggiunta nel tunnel, mi sono imposto di non lasciar vagare lo sguardo sul suo corpo e ho fatto bene.

Se sapesse cosa sto pensando in questo preciso momento

Mi schiarisco la voce e riporto velocemente gli occhi nei suoi. – Insomma, non voglio che ti prenda una polmonite -.

Zelda aggrotta la fronte, ma non pone altre domande.
Deve essersi resa conto di quanto la sua mise provocante stia facendo impazzire il sottoscritto, perché chiude tutti i bottoni della mia giacca fino al collo.
Il mio sollievo è palpabile.

Un trillo improvviso annuncia l’apertura delle porte.
Non perdo tempo ed esco da quella stretta – fin troppo stretta – cabina, trascinandomi dietro la trasfazione.

Mi fermo esattamente in mezzo al tetto, nel punto in cui ci siamo guardati negli occhi la prima volta.
Sto diventando fin troppo sdolcinato, accidenti a me.

Zelda lancia un’occhiata alle nostre mani intrecciate e la sua espressione cambia, facendosi più … dolce?
Le sue labbra si piegano in un sorriso sereno, senza alcuna traccia di malizia. - Hai paura che scappi? – chiede, alludendo alla stretta ferrea con cui sto imprigionando la sua mano.

Il vento fresco della sera le scompiglia leggermente i capelli: devo controllarmi per resistere alla tentazione di spostarglieli continuamente dal volto.
È così assurdo che stia morendo dalla voglia di attorcigliare le mie dita a quei ciuffi dello stesso colore delle tenebre?
Possibile che non riesca a guardare l’incavo del suo collo senza provare l’irresistibile impulso di appoggiarvi la guancia e le labbra?

– Certo che no – replico, avanzando di un passo.
Mi comporto come se fosse un animale selvatico, doso ogni gesto per non farla spaventare.
Ho paura che, da un istante all’altro, una mia parola o una mossa troppo brusca possa indurla a scappare e non voglio che accada. – Sappiamo bene entrambi che, se anche dovessi scappare, non esiterei a riacciuffarti -.

L’occhiata che mi lancia Zelda sfata il mio irrazionale terrore di vederla fuggire a gambe levate. - Corro veloce – assicura, anche se i suoi occhi dicono tutto il contrario.
Mi stanno invitando ad avvicinarmi di più ed è ciò che faccio.

Avvolgo le braccia attorno ai suoi fianchi – non aspettavo altro - e mi chino verso il suo orecchio. – Anche io – le rinfaccio, compiacendomi di sentirla rabbrividire.

So che sta per arrivare la parte più difficile del nostro incontro, perciò prendo un bel respiro e mi scosto di qualche centimetro per osservare la sua espressione.
Vorrei davvero dirle tutte le belle parole che mi ero preparato, ma mi sembra di avere un nodo in gola che blocca le corde vocali.

Andiamo, Eric, sii uomo!

Inaspettatamente, Zelda decide di facilitarmi il compito, iniziando a parlare per prima. - Perché mi hai portata qui, Eric? – domanda, con un tono tranquillo che maschera una curiosità sincera.

Mi stacco da lei per rimettere in ordine le idee. Ci vuole più coraggio a pronunciare le parole che sto per lasciarmi sfuggire che ad appendersi alla zip line senza imbracatura. – So già che mi pentirò per quello che sto per dire, quindi apri bene le orecchie perché non lo ripeterò neanche sotto tortura –.

La mia frase la fa ridacchiare. Io sto per farle una dichiarazione e lei ridacchia?!
D’accordo, come esordio non è stato molto romantico, ma che si aspettava?

Zelda avverte la mia disapprovazione e alza le mani in segno di resa. – Scusa. Va avanti, ti prego, l’inizio era promettente -.

La sua vena sarcastica non si esaurisce mai, eh?
Roteo gli occhi prima di continuare col mio bel discorsetto. – Non sono pratico di queste cose, non ho mai avuto bisogno di esprimere i miei … sentimenti ad alta voce. Sto facendo un’eccezione per te, quindi evita di interrompermi e fammi finire in fretta questa tortura che mi sto autoinfliggendo -.

Lei fa l’atto di cucirsi le labbra ed io mi rilasso notevolmente.
Beh, almeno abbiamo rotto il ghiaccio.

Il momento cruciale si avvicina e la personificazione del mio inconscio non mi aiuta per nulla, visto che si sta godendo lo spettacolo a braccia incrociate.
Aspetto uno dei suoi preziosi consigli, ma lui si limita ad osservarsi le unghie con estrema attenzione.

Alzo mentalmente gli occhi al cielo. - Detesto i giri di parole, perciò andrò dritto al punto –.
Le accarezzo le spalle, coperte dal sottile strato di pelle della mia giacca. – Mi piaci, Zelda. Suona orrendamente sdolcinato e innaturale detto da me, ma è la verità. E sono stanco di dover reprimere l’istinto di toccarti, o baciarti, ogni volta che ti incontro … -, a questo punto, il mio inconscio mima una sviolinata ed io non posso trattenere un sospiro di frustrazione, - quindi, se tu non provi nulla per me, dillo subito, così posso correre a lanciarmi nella voragine -.

Forse avrei potuto evitare l’ultima parte - mi fa apparire decisamente disperato -, ma sono certo che lo farei sul serio se Zelda mi respingesse.

Con mio immenso piacere, la vedo arrossire e accostarsi di più a me.
La sorpresa sul suo volto lascia spazio ad un’emozione più forte, che manda in corto circuito il mio intero sistema nervoso e ogni singola cellula ad esso collegata. – Guai a te se ti allontani di un millimetro – mi ammonisce, poi mi sfiora la guancia con delicatezza, quasi temesse di potermi rompere.

In verità mi sento davvero fragile: per la prima volta nella mia vita il mio cuore si è finalmente aperto a qualcuno.
Liberato da quella barriera che lo proteggeva dal resto del mondo, si è rivelato essere delicato come un sottile vaso di cristallo.
L’ho messo nelle mani di Zelda perché sono certo che saprà prendersene cura meglio di quanto possa fare io stesso.

I suoi occhi si fanno lucidi, come se fosse commossa. – Se non provassi nulla per te, non ti avrei mai seguito su questo tetto. Né baciato. Due volte -.

– Ah, quindi avevo ragione. Non avresti usato quel metodo per far tacere chiunque –.

Quando lei mi risponde: - Certo che no –, capisco di aver dato voce ad un mio pensiero senza accorgermene.
Come al solito la sua vicinanza manda fuori uso il filtro bocca-cervello, di cui ho estremamente bisogno se voglio evitare che la situazione mi sfugga di mano.

Chissà come reagirebbe se dessi voce a qualcuna delle mie fantasie che hanno come protagonista lei, me ed il suo bel vestitino …

Chiudo la bocca per evitare di lasciarmi sfuggire qualcosa e osservo la mano con cui lei sta sfiorando la stoffa della mia maglietta.
Da quando Zelda me l’ha tolta di dosso per ricucire la ferita d’arma da fuoco, è diventata la mia preferita.

- Devo toglierti la maglietta –.
- Ai tuoi ordini -.

Quel dialogo mi fa ancora sorridere divertito, ogni volta che ci ripenso.

Maledizione.
Temo di aver contratto il virus del romantico incallito, devo trovare al più presto un vaccino.

Mentre scruto il volto della ragazza, illuminato dalla luce della luna, mi accorgo che le sue labbra sono increspate in una smorfia di fastidio.
E’ chiaro che c’è qualcosa che la turba e la invito a parlarne con me.

Mi stupisco di me stesso e della naturalezza con la quale lei mi asseconda. – Cosa c’è tra te e Josie? Voglio la verità – chiede, mantenendo lo sguardo fisso sulla mia spalla.

A quella domanda, sussulto.
Mi ha decisamente colto alla sprovvista ed il mio inconscio ne approfitta per darmi di gomito. Che ti dicevo?
Oh, sta zitto. Non ti ci mettere anche tu.
Lui alza i pollici e sghignazza.

Dopo averlo scacciato in malo modo, torno a concentrarmi sulla ragazza che mi sta di fronte. - Non penserai davvero … non provo assolutamente nulla per lei! -.
Come può credere che io sia … che provi qualcosa per quella … quella …

L’occhiata fiammeggiate che Zelda mi riserva tronca sul nascere tutti i miei balbettii mentali. – Ah sì? Vi ho visti parecchie volte assieme, ti stava appiccicata anche pochi minuti fa e tu non facevi assolutamente nulla per allontanarla -.

Mi stacco da lei e indietreggio di alcuni passi, voltandole le spalle.
Non so se essere più divertito o arrabbiato dalla sua domanda.

Chissà che faccia farebbe se sapesse che Josie ed io non ci siamo praticamente mai baciati.
Certo, me la sono portata a letto, ma i nostri contatti finivano lì.
Solo sesso, niente smancerie: l’avevo messo in chiaro da subito.
Con Zelda ho fatto il percorso contrario e non potrebbe essere altrimenti, visto che le mie intenzioni verso di lei sono serie. Spaventosamente serie.

Fatico a trattenere una risata per l’assurdità della discussione.
Avrei fatto meglio a baciarla subito e lasciare le spiegazioni ad un altro momento. – Vuoi proprio farmelo dire, vero? – sussurro, capendo finalmente dove vuole andare a parare Zelda con le sue domande a tradimento.

Vuole capire fino a che punto sia interessato a lei, se abbia davvero intenzione di frequentarla perché ne sono innamorato o non stia solamente cercando una ‘nuova Josie’ con cui spassarmela.

Con uno scatto rabbioso torno a fronteggiarla. - Maledizione, come puoi pensare che mi piaccia quella smorfiosa? – esclamo, dando sfogo alla rabbia.

Mi calmo solo quando noto che Zelda si ritrae, come impaurita dalla mia reazione.
Nonostante tutto, la sua voce rimane controllata. – Forse perché vi ho visti uscire dalla stessa stanza, mezzi svestiti? Forse perché lei non perde occasione per strusciarsi su di te? Dimmi, cosa dovrei pensare di tutto questo? –.

Il suo ragionamento non fa una piega, è estremamente attenta ai dettagli.
Sta vincendo le mie resistenze, sento le emozioni uscire con violenza dal mio cuore come un fiume in piena e riversarsi su per la gola. – E tu dimmi, come potrei provare qualcosa per lei, o per qualsiasi altra persona se è per questo, visto che non faccio altro che pensare a te? – sbotto a denti stretti.

La mia veemenza la fa avvampare, ma a malapena me ne accorgo.
Ecco fatto, la diga ha ceduto.
Ho trattenuto i miei sentimenti troppo a lungo, ora li sto buttando fuori tutti in una volta. – Sì, hai sentito bene. Penso a te in continuazione, dannazione a me! A quando ti ho vista la prima volta, coi capelli al vento e l’espressione risoluta tipica di chi è abituato ad affrontare le avversità a testa alta. A quando ti sei lanciata da questo stesso tetto, facendomi perdere la scommessa e lasciandomi senza parole. A quando mi hai sfidato vicino alla ringhiera, sconvolgendomi con la tua innata capacità di fissarmi negli occhi senza rabbrividire. A quanto mi faccia infuriare vederti scherzare con gli altri iniziati, o con Quattro, mentre vorrei che lo facessi con me. A quanto sia stato vicino a baciarti in quel dannato ascensore. Al mezzo infarto che mi hai causato eseguendo quel salto sulla trave, o alla sorpresa nel vederti maneggiare le armi con insospettabile maestria. Alla fitta di invidia che ho provato verso Ted quando lo coccolavi, o a quanto mi sia sentito un perfetto cretino dopo aver ammesso di trovarti bella davanti agli altri Capifazione. Al senso di colpa che mi ha perseguitato per giorni dopo averti vista cadere sotto i pugni di Ian. A quando mi hai detto che sono bello da guardare, a quando ti sei messa davanti a me per proteggermi da quell’imbecille di tuo fratello, o a quando … -.

Per fortuna Zelda non aspetta che io perda definitivamente il controllo.
Mi attira a sé di slancio e non posso che ammutolire, lasciandola libera di mettermi a tacere come solo lei sa fare. Ovvero baciandomi.

In un primo momento mi irrigidisco. Abitualmente, dopo uno dei miei attacchi di rabbia, non sono molto propenso a gesti affettuosi verso il prossimo.
Eppure, non appena avverto le mani di Zelda scendere lungo il mio collo e sulle mie spalle, non posso che arrendermi a lei, lasciando dissolvere la mia ira come una foglia portata via dal vento.

Le accarezzo i capelli e mi chino in avanti per assecondare meglio il bacio.
Non mi aspettavo tutta questa iniziativa da parte di Zelda, mi ha piacevolmente sorpreso.

Quando passa la lingua sui miei piercing sento il sangue bruciare nelle vene e la stringo a me finché i nostri corpi non combaciano perfettamente.
Cerco di essere cauto, voglio gustarmi ogni istante, invece mi accorgo che Zelda non sembra essere dello stesso parere.
Allontana la sua bocca dalla mia - suscitando la mia immediata protesta - per lanciarmi uno sguardo provocante.

Mi mordicchia il mento, sento l’autocontrollo venir meno … al diavolo.
Getto alle ortiche ogni cautela e riprendo a baciarla come ho voluto fare da quando l’ho vista entrare nel mio campo visivo alla festa.

Le permetto di scostarsi solo quando la mancanza di ossigeno comincia a farsi impellente, non un secondo prima.
Percorro con le labbra le sue guance, la linea della mascella, la pelle sensibile del collo, fino ad arrivare all’incavo della gola.
Sento distintamente il battito accelerato del suo cuore rimbombare a contatto col mio petto e sorrido.

L’eco di quelle pulsazioni si scontra con le mie labbra socchiuse, delicatamente appoggiate sopra una delle vene che si intravedono sotto la carnagione pallida di Zelda. Le mie dita vagano sui suoi fianchi, poi sempre più giù, finché non incontrano il bordo del vestito.
La sento gemere quando i miei polpastrelli iniziano a tracciare spirali immaginarie sul retro delle sue cosce e ne approfitto per baciarla di nuovo.

Baciare Zelda ha sfatato due mie convinzioni: primo, queste smancerie che consideravo soltanto schifosi ed inutili scambi di saliva, cominciano davvero a piacermi; secondo, lei non ha la lingua biforcuta come sostenevo all’inizio, durante i nostri battibecchi.

Mi ritrovo a rabbrividire a fior di pelle quando i polpastrelli di Zelda risalgono dalle mie spalle alla base del cranio.
Ci vuole una bella dose di forza di volontà per permettermi di staccare le labbra dalle sue, ma lo devo fare subito, prima di arrivare al punto di non ritorno.

C’è ancora una cosa che devo dirle.

Il mio sorriso trionfante rispecchia il suo. – Finalmente un bacio come si deve – mormoro, infilando una mano sotto la giacca per metterla alla base della sua schiena. L’obiettivo della serata sembra essere quello di rimanere, per quanto più tempo possibile, attaccato a lei. E ci sto riuscendo.

– Ci voleva solo un po’ di pratica – commenta lei, con un luccichio malizioso negli occhi.
Quando si sporge verso di me per baciarmi di nuovo, sono costretto a fare violenza su me stesso per riuscire ad allontanarmi.
Zelda corruga la fronte, di certo si sta chiedendo il motivo di questa mia improvvisa freddezza.

- Non temere, non ho intenzione di smettere di baciarti – mormoro, tracciando con la punta della lingua il percorso che le mie labbra hanno compiuto in precedenza sul suo collo. Indugio per qualche istante nell’incavo della gola, poi alzo la testa per incrociare i suoi occhi.– Ma, prima che tu mi distragga di nuovo, devo assolutamente fare una cosa -.

Zelda mi sta esaminando con attenzione.
Mi sposto verso il muretto dal quale gli iniziati sono dovuti saltare nel vuoto e infilo una mano nella tasca dei pantaloni, dove custodisco uno dei tesori più preziosi della mia trasfazione.

Non l’ho mai lasciato incustodito da quando gliel’ho strappato dal polso.
Zelda credeva di averlo perso per sempre, che l’avessi gettato nel fuoco. Tutti dovevano crederlo, lei per prima.
Invece, stupendo anche me stesso, l’ho conservato, aspettando il momento giusto per restituirglielo.

Avevo pianificato di donarglielo al termine dell’iniziazione, ma credo di non riuscire ad attendere così a lungo.
Ho notato come Zelda tenda a sfiorare il polso attorno al quale era agganciato quel bracciale mentre è sovrappensiero, una reazione quasi automatica.

Voglio sapere perché si è ribellata ad un Capofazione pur di continuare ad indossarlo, voglio sapere cosa significa per lei.
E, più di tutto, voglio vederla felice.

Sì, è vero: sono diventato schifosamente sdolcinato.











 
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Ciao gente!! Scusate il ritardo, ormai ho davvero poco tempo da dedicare alla scrittura (con mio sommo dispiacere) ... ma alla fine sono riuscita a terminare anche questo capitolo ;)

Cosa ne dite? Che impressione vi ha fatto Eric? Troppo tenero per i suoi standard? Come sempre aspetto di conoscere i vostri pareri ;)


Di certo avrete notato che i suoi preparativi per la festa sono leggermente più corti di quelli a cui Mel e Leslie hanno sottoposto la povera Zelda xD
Josie è stata ufficialmente silurata (per la gioia di tutti) muahahah

Spero che a voi sia piaciuto leggerlo, tanto quanto ha fatto piacere a me scriverlo.
Grazie a tutte le persone che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, a chi ha recensito e a chi legge in silenzio … un bacio a tutti ;) per chi volesse conoscere in anteprima le novità sulla storia, o per qualsiasi altra curiosità (anche per due chiacchiere), mi trovate su Facebook, sulla mia pagina nuova di zecca .. vi basta digitare Lizz su 'cerca' ed il gioco è fatto ;)


Lizz
 
   
 
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