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Autore: Acinorev    24/10/2014    13 recensioni
"«Respiri, quando sei con lui?»
Lo ami?
«Non azzardarti ad usare contro di me le mie stesse parole», lo ammonì Emma, facendo aderire un po' di più la sua schiena alla parete fredda. Stringeva i pugni per scaricare su di essi tutta la tensione, perché non voleva mostrarla: ormai era migliorata moltissimo nel confinare e nascondere le proprie emozioni, fino a riuscire ad ingannare persino se stessa.
Harry le si avvicinò ancora, appoggiando l'avambraccio destro accanto alla sua testa e piegandosi lievemente verso di lei. Le stava respirando sul viso. «Rispondi».
Emma serrò le labbra in una linea dura, come a voler sigillare dentro di sé le parole che fremevano per uscire.
«Respiri?» ripeté lui a bassa voce.
Lo ami?
«Sì».
No.
Harry inspirò profondamente e si inumidì le labbra con un movimento lento: sembrava dovesse compiere un ultimo sforzo per ottenere ciò che più bramava. E quello sforzo si riversò in una semplice domanda.
«E con me? Respiri, quando sei con me?»
Mi ami?"
Sequel di "Little girl", della quale consiglio la lettura per poter capire tutto al meglio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Little girl'
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Capitolo sette - Coherence

 

Quella notte, Miles le aveva chiesto spiegazioni tramite Whatsapp e successivamente aveva provato a chiamarla, ma lei l'aveva ignorato per poi spegnere il cellulare. Emma, d'altro canto, non aveva dormito né era riuscita a trovare una posizione che fosse almeno rilassante: i pensieri rimbalzavano energicamente nelle membra stanche, portandola all'esasperazione.
Si era comunque ripromessa di affrontare la questione a testa alta e senza rimandare ulteriormente, nonostante si sentisse estremamente debole: i problemi con Miles la debilitavano oltre ogni misura.
Era quasi ora di pranzo e lei era davanti alla porta del suo appartamento, con il mazzo di chiavi in una mano e l'altra stretta a pugno. Sentiva il vociare sommesso della televisione ed immaginava Miles sdraiato sul divano, con un cipiglio annoiato a fargli compagnia.
Inspirò a fondo ed aprì la porta, entrando cautamente e quasi senza far rumore: non si guardò intorno mentre lasciava la borsa sul tavolino lì affianco, né mentre camminava verso il centro del piccolo salotto. Alzò lo sguardo solo quando intravide la figura di Miles seduta a terra, con la schiena contro il divano e le gambe distese sul tappeto morbido: la stava osservando con gli occhi nervosi di chi non capisce e di chi aspetta una spiegazione. Capelli in disordine ed occhi assonnati, indossava una canottiera grigia ed un paio di boxer scuri: il suo corpo sembrava teso.
«Che succede?» le chiese a bassa voce, senza muoversi.
Emma era ancora in piedi a poco più di un metro da lui: la frustrazione le logorava l'autocontrollo. «Non lo so, volevo chiedertelo io», ribatté piccata.
«Di cosa stai parlando?» La calma nella sua voce le dava sui nervi, nonostante la conoscesse molto bene.
«Ho incontrato Lea ieri sera», rispose allora. «E dovrei ringraziarla, perché è stata lei ad informarmi di una nuova ipotetica crisi tra di noi: strano, vero?»
Miles distolse lo sguardo e sospirò, improvvisamente consapevole dell'argomento che si accingevano ad affrontare. Si passò una mano sul viso e poi dietro al collo, alzandosi in piedi lentamente. «Emma-» esclamò, avvicinandosi di un paio di passi ed allungando una mano verso di lei.
Emma si ritrasse e lo interruppe. «No, Miles», disse seriamente, sostenendo il contatto visivo. «Solo pochi giorni fa mi hai detto che non dovrei tenere nulla per me, perché non è questo che ci eravamo promessi, e poi ti comporti così. Sono io la tua ragazza, non Lea, e dovresti parlare con me di qualsiasi cosa tu stia passando».
«C'è davvero bisogno che te ne parli?» le domandò senza scomporsi, come se si aspettasse che sapesse a cosa si stava riferendo.
Lei corrugò la fronte, confusa. «Certo!» rispose, alzando di poco la voce. «O preferisci fare come l'ultima volta?» lo accusò, con una fitta al centro del petto. A nessuno dei due piaceva ricordare il periodo che li aveva divisi con un abisso di risentimento e colpevolezza, quel tradimento che li aveva spezzati, ma Emma era troppo spaventata per non ricordarlo, per non confrontare le due situazioni. Anche allora Miles le aveva nascosto un momento difficile, che poi l'aveva portato a quel gesto estremo: non gli avrebbe permesso di assumere di nuovo quell'atteggiamento.
«Perfetto», esclamò lui a denti stretti, gesticolando per l'improvviso nervosismo che lo colpì. «Torniamo sempre alla stessa storia. Per quanto tempo ancora vorrai rinfacciarmelo?» La sua voce stava cedendo, stava perdendo la pacatezza che la caratterizzava.
«Fino a quando continuerai a comportarti allo stesso modo!» replicò Emma, avvicinandosi di un passo. Non poteva sopportare un replay così sgradevole, un silenzio che le sembrava troppo minaccioso.
«Allo stesso modo?!» sbottò Miles, reagendo sul serio. «Non mi sembra di averti tradita, ho solo parlato con mia sorella!» Nonostante nella maggior parte delle situazioni riuscisse a mantenere un certo auto-controllo, appoggiandosi alla sua razionalità e mettendo da parte gli istinti, c'erano dei piccoli particolari che erano in grado di farlo vacillare.
«Sì, ma di cosa?!» urlò Emma in risposta. «Perché devi tenerti tutto dentro? Non avevamo deciso di parlare di qualunque problema? Di evitare di arrivare di nuovo a quel punto?!»
«Credi davvero che potrei ripetere quell'errore?! Cristo, Emma, a volte n-»
«Nemmeno la prima volta pensavo che tu potessi esserne capace, eppure guarda cos'è successo!» lo interruppe, ansimando. La paura ed i ricordi la stavano monopolizzando, guidando le sue parole ed i suoi pensieri, mentre il suo metro di giudizio si annebbiava. La sua reazione forse era esagerata, ma spontanea ed irrefrenabile: provava ribrezzo per la persona che era diventata, per il timore che riusciva a paralizzarla e che tempo prima avrebbe schiacciato senza alcuno sforzo.
Miles serrò la mascella e non ribatté, forse ferito dalla verità appena uscita dalla bocca di Emma. Lei sapeva quanto il loro passato lo tormentasse, minacciandolo con il senso di colpa e spronandolo a non commettere più gli stessi sbagli, ma non riusciva a paragonare i due tipi di dolore, né a compatirlo fino in fondo.
«Perché mi hai chiesto di tornare a vivere insieme, se poi dici che siamo in crisi? Cos'è, uno stupido modo per aggiustare le cose?» lo accusò. «Ed io che pensavo che lo volessi perché stava andando tutto meglio, finalmente», continuò, abbassando il tono di voce ed anche l'orgoglio.
«Anche se fosse un modo per aggiustare le cose, sarei davvero da biasimare?» ribatté lui.
No, non lo sarebbe stato, o almeno non del tutto: in fondo, era un tentativo di averla ancora più vicina, tra le lenzuola e la mattina a colazione. Eppure, lei era stordita dal fraintendimento del quale era stata vittima: aveva creduto che il loro rapporto si stesse lentamente risanando e che quindi lui volesse compiere di nuovo quel passo, ma aveva capito male.
«È per Harry?» domandò Emma, tirando ad indovinare la causa di quella situazione. Forse ne era rimasto turbato, forse si era preoccupato nel vederla tanto sconvolta dopo il loro litigio. «È per lui che-»
Miles corrugò la fronte e la sua espressione si macchiò di incredulità, mista ad una punta di disprezzo. «No, lui non c'entra niente», esclamò duro. «Ma forse dovrei preoccuparmi, dato che fra tutti i problemi che abbiamo lui è il primo che ti è venuto in mente».
Emma trattenne il fiato e si irrigidì, colpita da quell'affermazione dalla quale non sapeva come difendersi: quella domanda le era sorta spontanea, senza nemmeno bisogno di formularla in precedenza, ma non era realmente fondata su un rischio. Semplicemente, l'arrivo di Harry era l'unica cosa diversa che avrebbe potuto segnare in modo negativo il rapporto con Miles: accecata dalle parole di Lea - di nuovo in crisi - e credendo che non ci fossero stati cambiamenti significativi, quella era l'unica variante che le era venuta in mente.
O almeno sperava fosse così.
«Ti sbagli», si affrettò a contraddirlo. «Ti ho chiesto di lui solo perché il resto mi sembra uguale a prima».
Miles la guardava con sospetto. «E non capisci che è proprio questo il punto?» le domandò, lasciando da parte Harry ed il suo ruolo marginale: era sempre stato bravo a perseguire le proprie priorità.
Il cuore di Emma batteva forte, arrancando per una paura che era stanco di sopportare. «Perché non mi dici semplicemente cosa non va?» lo pregò piano, sia con le parole che con le iridi. In cosa stava sbagliando?
Lui si inumidì le labbra e respirò profondamente, appoggiandosi le mani sui fianchi magri e poi arrivandole a pochi centimetri di distanza. In silenzio, le prese una mano e la strinse delicatamente, in un contatto semplice e forse di conforto. «Tu stai scivolando via», sussurrò. «Ed io non riesco più a tenerti».
Lei sentì gli occhi bagnarsi di una patina di dolore, ma si trattenne dal lasciarsi condizionare. Ecco perché aveva parlato in quel modo a Lea: si era accorto di non aver ancora allontanato i fantasmi che li tormentavano, nonostante a volte avessero l'impressione di essersene liberati. Si era accorto di essere di nuovo al punto di partenza.
«Sono passati quattro mesi, ma siamo ancora qui», riprese a bassa voce, con una tale intensità da renderla inerme. Era strano pensare a quanto fosse relativamente recente la ferita con la quale credeva di combattere da tutta una vita. «Mi guardi ancora in quel modo ed io non sono ancora riuscito a... Farti stare meglio», concluse con un respiro spezzato.
Emma quasi si aggrappò alla sua mano, per resistere al peso di quelle parole e del loro significato: non era del tutto vero, perché il dolore si era un po' affievolito, rispetto a quattro mesi prima. Solo un po', ma era già qualcosa.
«Non ti fidi di me», riprese Miles. «Hai ancora paura che io possa andarmene da un momento all'altro e me lo dimostri in continuazione, persino se non sono geloso di qualcuno che osa guardarti. E lo so che è normale, che ti serve del tempo, ma non so più cosa fare», continuò piano, sfiorandole la pelle con il suo respiro e specchiandosi nei suoi occhi lucidi. «Cosa devo fare, Emma?»
Lei singhiozzò sommessamente, in un disperato tentativo di non piangere, non per l'ennesima volta. Tirò su con il naso e sentì la gola bruciare per lo sforzo, mentre il viso di Miles si deformava a causa delle lacrime che le velavano le iridi. «Non lo so», disse soltanto. «Io non lo so», ripeté, mentre faceva ancora un po' più male.
Non poteva dargli una risposta soddisfacente, perché non ne aveva una: con tutta se stessa avrebbe voluto rivivere la loro storia, quella che l'aveva di nuovo fatta vivere a pieno, che l'aveva plasmata inesorabilmente, ma non sapeva come avrebbe potuto fare e si sentiva troppo debole per cercare una soluzione. Era difficile mantenersi intera, troppo difficile per poter pensare ad altro.
Miles appoggiò la fronte alla sua e chiuse gli occhi, con le labbra socchiuse. Emma serrò le palpebre e respirò il suo profumo, cercando di controllarsi: non sapeva cosa dire, come muoversi, né dove guardare, ma fu lui a guidarla. Le circondò il corpo con le braccia delicate e nascose il viso tra i suoi capelli mossi, lasciandole un bacio prolungato sul collo sottile.
Restarono così per un po', in cerca di conforto.
 
 
 
Emma stava tornando a casa, dopo aver pranzato con Miles e dopo averlo salutato mentre lui si preparava per andare a lavoro: ricopriva il ruolo di segretario in un ufficio commerciale, ruolo che gli dava ben poche soddisfazioni e che non era retribuito a dovere.
Non avevano parlato molto, anzi, si erano circondati di silenzi fino a trovarsi a proprio agio: cosa avrebbero potuto dirsi? Ma si erano guardati e studiati, comunicando tramite una carezza casuale o un sorriso accennato. Lei non era ancora riuscita a sbarazzarsi del peso sul proprio petto, quello che le ricordava di avere il cuore bloccato a quattro mesi prima, nonostante Miles cercasse in tutti i modi di farlo ripartire e nonostante lei lo volesse con tutta se stessa.
Camminando lungo il marciapiede, ormai ad un chilometro scarso da casa, fu distratta dalla suoneria del proprio cellulare.
 
Un nuovo messaggio: ore 14.33
Da: Harry
"Forse ho trovato un appartamento decente: vieni a vederlo con me?"
 
Emma sbatté più volte le palpebre e rise, rise di gusto e sentendosi parte di uno scherzo piuttosto dispettoso. Nemmeno Harry doveva essere cambiato significativamente, se era ancora in grado di essere tanto lunatico ed imprevedibile: l'aveva lasciata al Rumpel senza una parola o una spiegazione, per poi ricomparire il giorno dopo con un messaggio pacifico e privo di qualsiasi risentimento.
L'incredulità le faceva da padrona e, se in un'altra occasione avrebbe semplicemente risposto in modo piccato, in quel momento sentiva la necessità di accogliere il suo invito, solo per potersi sfogare una volta che si fossero incontrati: la tensione derivante dalla discussione con Miles fungeva da carburante per qualsiasi suo altro istinto.
 
Messaggio inviato: ore 14.36
A: Harry
"Dammi l'indirizzo"
 
 
 
L'appartamento era vicino al centro di Bradford, in una via a senso unico poco trafficata e poco rumorosa: l'edificio era di circa sei piani, dall'intonaco bianco sporco e con gli infissi in legno scuro. Sembrava di costruzione piuttosto recente, anche se le tegole del tetto apparivano leggermente rovinate: probabilmente era frutto di una ristrutturazione.
Harry la stava aspettando davanti al portone d'ingresso, appoggiato con le spalle al muro e con il capo chino: indossava un maglioncino leggero, in cotone grigio, e dei blue jeans aderenti. I capelli sciolti e ancora troppo lunghi.
«Hey», lo salutò, avvicinandosi ed annunciando la propria presenza.
Lui si riscosse e spostò lo sguardo su di lei. «Ciao», rispose, inclinando le labbra umide in un sorriso.
Emma corrugò la fronte e valutò ogni possibilità, poi abbassò il capo scuotendolo appena e si lasciò di nuovo contagiare da una lieve risata allibita. «Sul serio?» domandò soltanto.
Harry alzò un sopracciglio. «Cosa?»
«Te ne vai in quel modo e poi mi chiedi con tranquillità di accompagnarti a vedere il tuo nuovo appartamento?» gli spiegò, nonostante potesse immaginare che lui già sapesse a cosa si stava riferendo. «Non potresti essere più coerente di così».
Il suo tono era duro, forse anche troppo, ma era forzato dall'agitazione che le tendeva ogni singolo muscolo, fino a farla sentire al limite della propria resistenza: sapeva che avrebbe potuto reagire in un altro modo, sicuramente più pacato e maturo, ma sapeva anche che avrebbe dovuto buttar fuori il malessere, o ne sarebbe stata divorata. Harry, semplicemente, sembrava un valido mezzo per il proprio fine.
«Perché ti lamenti, se sei qui?» replicò lui, tra il contrariato ed il cauto. Sembrava di essere tornati a quando le ripeteva che era tutto nelle sue mani, che non avrebbe dovuto disprezzare le conseguenze delle proprie azioni se era stata tanto decisa a provocarle.
Emma si lasciò sfuggire una smorfia di disprezzo, leggera ma visibile. «Sei impossibile», borbottò a denti stretti, voltandosi per allontanarsi. Perché aveva deciso di incontrarlo? Perché gli aveva dato un'altra opportunità di avere ragione e di farla sentire un'ingenua? Perché si era messa in quella situazione con le sue stesse mani?
Harry le afferrò il braccio destro e la costrinse a voltarsi. «Va bene», esclamò in un sospiro, senza mollare la presa. «Hai ragione. Non avrei dovuto lasciarti lì in quel modo, ma-»
«Perché l'hai fatto?» lo interruppe.
«Perché tu avevi appena ammesso che se non fosse stato per il tuo ragazzo, non avresti avuto il minimo interesse a vedermi», le rispose con ovvietà, corrugando la fronte. In realtà la sua reazione era stata dettata da un'altra frase in particolare, ma nessuno dei due ci fece caso.
«Non ho detto esattamente questo e non puoi davvero pensare che io fossi impaziente di discutere ancora una volta, perché sappiamo entrambi che era molto probabile che accadesse. Ho anche altri problemi di cui occuparmi», specificò, mordendosi nervosamente un labbro. Stava perdendo il proprio auto-controllo.
Solo a quel punto Harry interruppe il contatto che si era prolungato più del previsto. «Be', mi dispiace essere solo un altro problema nella tua lista», ribatté offeso.
Emma sospirò e distolse lo sguardo: ogni volta che apriva bocca peggiorava la situazione.
«Che ti prende?» domandò Harry dopo una manciata di secondi, ammorbidendo la voce e rendendola quasi preoccupata. Doveva essere evidente quanto lei fosse sconvolta, nel suo piccolo, e probabilmente lui era disposto a lasciar correre l'ultimo screzio, giustificandolo.
«Non è una delle mie migliori giornate», sussurrò Emma, stringendosi nelle spalle e non guardandolo. «Mi dispiace», aggiunse poi, sentendosi in dovere di assumersi le proprie responsabilità. Si stava comportando scorrettamente.
Dopo diversi istanti passati in silenzio, lei alzò lo sguardo sul suo viso solo per carpirne l'espressione, dato che non le era stata concessa una risposta: Harry aveva le labbra schiuse ed il respiro leggero, con gli occhi concentrati e forse stupiti da quelle che assomigliavano a delle scuse.
Emma accarezzò l'idea di porre fine a quell'incontro, per poter ristabilire un equilibrio e per evitare ulteriori danni, eppure non si sentiva a suo agio nella possibilità di rimanere sola: preferiva tenere la mente ed il corpo occupati, forse sperando di poter trovare una valida distrazione dai suoi stessi pensieri. «Entriamo?» chiese quindi, a bassa voce e con un tono che doveva sembrare una proposta di tregua, una supplica.
Harry rilassò l’espressione e le sue labbra le dedicarono un lieve sorriso, prima che lui infilasse le chiavi nel portone.
 
L'agente immobiliare gli aveva lasciato l'opportunità di mettersi a proprio agio in quella che probabilmente sarebbe diventata la sua casa, chiedendogli di prendere una decisione al più presto, per evitare la possibilità che in qualcun altro nascesse il suo stesso interesse.
L'appartamento era al quarto piano e vi erano arrivati usando il piccolo ascensore al centro delle rampe di scale in marmo ormai vecchio: non era molto grande, comprendeva solo un salotto con cucina ad angolo, un bagno e due camere, ma gli spazi erano ben distribuiti ed illuminati da ampie finestre che davano sulla strada.
Mentre Harry le mostrava ogni angolo, fantasticando su come avrebbe potuto arredarlo, il rumore dei loro passi veniva amplificato dal vuoto che li circondava.
«Allora, che ne pensi?» le domandò alla fine, con aria soddisfatta.
Emma si guardò ancora intorno, al centro di una delle due camere. «Mi piace», ammise con un debole sorriso. «E da come ne parli, sembra che piaccia molto anche a te».
«Non è una reggia, certo, ma costa poco ed è quasi in centro», si giustificò Harry, mentre lei si avvicinava alla finestra e sbirciava all'esterno. «E non puzza di piedi o di spazzatura come gli ultimi che ho controllato», aggiunse, ridendo sommessamente.
Lei aveva smesso di ascoltarlo, senza nemmeno rendersene conto: si sentiva talmente ridicola da vergognarsi profondamente. L'incontro con Miles l'aveva colpita più di quanto si sarebbe aspettata e più di quanto fosse logico, ponendola di fronte ad un groviglio di problemi ed emozioni che non riusciva a sciogliere né ad accettare: ad ogni respiro che compiva, pensava a quanto fosse tutto sbagliato e a quanto lei fosse debole.
Harry fece qualche passo verso di lei, lentamente e con la consapevolezza di avere a che fare con qualcosa di incompreso. «Dimmi cosa ti sta succedendo», esclamò alle sue spalle, in un imperativo che non poteva risultare brusco. Non la stava toccando, ma era come averlo addosso. La voce morbida.
Emma non rispose, ma chiuse gli occhi per un lungo istante, poi si voltò lentamente per poterlo guardare negli occhi e per mostrarsi, anche senza le parole. Era sul punto di cedere e, sebbene non volesse farlo, ne sentiva un impellente bisogno.
Lui aspettò in silenzio, forse impaziente ma impegnandosi per non darlo a vedere, e la osservò mentre si faceva scivolare contro la parete fredda, per sedersi a terra e raccogliere al petto le ginocchia piegate: aspettò ancora, sbattendo le palpebre per confrontarsi con la debolezza che gli veniva offerta con difficoltà, e la imitò, prendendo posto alla sua destra e sospirando piano.
Emma lo sentì sistemarsi un po’ meglio, ad una distanza che gli permetteva di sfiorarla e con le gambe distese sul pavimento, e nascose il viso tra le proprie ginocchia. Accadeva raramente che la stanchezza fosse così insopportabile da portarla ad un tale stato di passività, ma quando accadeva, le era difficile reagire e farsi forza, perché non riusciva a trovarne. Le capitava di estraniarsi dal suo ruolo e di trovarsi di fronte ad una realtà che, proprio come un attore, aveva provato a dimenticare: l’impatto era così devastante da spegnere qualsiasi suo desiderio di riscatto.
Quella consapevolezza la spinse a mancare un respiro per trattenere le lacrime, ma non riuscì nel suo tentativo di resistere e dovette arrendersi alla sua necessità, per quanto la disprezzasse.
Harry dovette accorgersi del singhiozzo sommesso che si lasciò scappare, perché si avvicinò lentamente, circondandole con un braccio il corpo scosso e appoggiando le labbra tra i suoi capelli, per consolarla tramite un bacio leggero. La toccava come se non avesse mai smesso di farlo: sapeva come e dove premere per ottenere una reazione e magari un sollievo, con quale delicatezza sfiorarla e con quale decisione proteggerla. Ed Emma, che forse si sarebbe presto pentita di essersi mostrata tanto fragile, accolse i suoi semplici gesti per trarne del sollievo: si sentì autorizzata ad abbattere le esitazioni che cercavano di trattenere il suo sfogo.
Pianse.
Dopo qualche minuto, Harry aveva il capo appoggiato alla parete e lei era stretta contro il suo petto, come una bambina incapace di sorreggersi da sé. Per quanto fosse strano un contatto del genere, non era nelle sue intenzioni interromperlo: ne avrebbe approfittato, sperando di poterne ricavare un aiuto.
«Sei mai stato tradito, Harry?» gli domandò in un sussurro, mentre una mano stringeva il suo maglioncino grigio nel proprio palmo e l’altra un fazzoletto usato. Non poteva vedere il suo viso, né decifrare i suoi occhi, ma cercava di immaginare tutti quei particolari.
Lui non rispose, forse perché sapeva che non ce n’era bisogno.
«Io sì e non… Non riesco a dimenticarlo», continuò infatti Emma, con gli occhi che si arrossavano un po’ di più. Lo sentì irrigidirsi appena, muoversi impercettibilmente in reazione a quelle parole e forse anche serrare la mascella: riusciva a contare i suoi respiri, i movimenti regolari del suo petto.
«Quando è successo?» le domandò soltanto, a bassa voce. Il suo braccio sinistro le stava ancora circondando le spalle, mentre la mano destra era posata su una delle sue gambe, leggera e familiare.
«Quattro mesi fa», mormorò lei, colma di vergogna: quattro mesi ed era ancora tanto patetica, avvolta in un dolore che stava avendo la meglio. «Il solito momento difficile, la solita ragazza che ci prova un po’ troppo… Il solito, banale tradimento», continuò con rabbia, mentre una nuova lacrima le solcava una guancia. Una storia così ordinaria e apparentemente insignificante, che le faceva provare disgusto.
Dopo più di un anno di relazione, stabile e sfociata nella convivenza, Emma credeva che fossero felici e che niente avrebbe potuto dividerli, eppure Miles l’aveva esclusa dai suoi reali pensieri: aveva tentato di aggiustare ciò che provava senza coinvolgerla e senza farla preoccupare, sforzandosi di nascondere un momento di debolezza del quale non si capacitava. Nemmeno lui riusciva a decifrarlo, a trovare una causa a quel dubbio riguardo la loro storia, perché stava andando alla grande e perché non le mancava niente. Eppure, una sera era uscito con i suoi amici – senza sapere che sarebbe stata presente anche Margaret, quella ragazza sulla quale più volte Emma aveva espresso il suo giudizio negativo, mettendolo in guardia e dimostrando una forte gelosia – e si era ubriacato. Aveva bevuto così tanto da confondere una momentanea insoddisfazione con una tragica verità, da pensare che Margaret avrebbe potuto distrarlo anche solo per poco.
Miles non era tornato a casa, quella notte, ripresentandosi solo il mattino dopo: Emma era rimasta ad aspettarlo per ore, dopo essersi svegliata e non averlo trovato al proprio fianco, dopo averlo chiamato ripetutamente al cellulare, con la preoccupazione a rubarle il sonno.
«Come l’hai scoperto?» indagò Harry, prendendo ad accarezzarle la gamba. La sua voce nascondeva una buona dose di emozioni, che però lei non voleva decifrare.
Emma chiuse gli occhi ed attese qualche istante. «Me l’ha detto lui», rispose piano. «Il giorno dopo».
Ricordava alla perfezione quel momento, come se per lei costituisse un eterno presente. Ricordava le parole usate e la forma delle sue labbra mentre le pronunciava. I suoi occhi colpevoli e la camicia stropicciata, che profumava di un’altra.
Miles avrebbe potuto nasconderle l’accaduto e circondarla di ignoranza, ma aveva preferito essere sincero ed ammettere quell’errore che lo stava torturando: non era uno stupido e sapeva di aver sbagliato nel peggiore dei modi. Non aveva nemmeno provato a giustificarsi, perché non avrebbe saputo come farlo, accettando le grida di dolore di Emma e combattendo solo fin dove gli era concesso. Persino nel tradimento era riuscito a comportarsi con dignità.
«Io so che mi ama, so che non ha mai fatto nulla con l’intenzione di ferirmi e so che sta provando con tutte le sue forze a rimediare, ma non… Non ci riesce, perché io stessa non glielo permetto», riprese Emma. Doveva sembrare un’illusa, agli occhi di Harry, ma lui non poteva conoscere la loro storia fino al punto di poterla giudicare: solo Emma sapeva dell’onestà di Miles, smorzata da un unico momento di difficoltà in due anni. Solo lei sapeva dei suoi sentimenti e dei suoi tentativi di ricucire il loro rapporto, che altri avrebbero cessato molto prima. «Ed io non ce la faccio più, non voglio più sentirmi così. Voglio fidarmi di nuovo, voglio potergli dire che può anche smetterla di sforzarsi così tanto perché ormai va tutto bene, ma non so quando ci riuscirò».
Trattenne altre lacrime, imponendosi di smettere di piangere e di riacquistare una certa fierezza, e sentì la mano di Harry ritrarsi dalla propria gamba, il suo respiro intensificarsi di poco. Non sapeva a cosa stesse pensando, quali giudizi stesse formulando, ma aspettò che lui la rendesse partecipe di ciò che lo stava attraversando, proprio come lei aveva appena fatto.
Tutto quello che ottenne, però, fu un lungo silenzio.
«Non dici niente?» gli domandò allora, sussurrando.
«Meglio di no», rispose lui, troppo duramente.
Emma corrugò la fronte e fece leva sul suo petto per raddrizzarsi, per sedersi al suo fianco senza distogliere lo sguardo dal suo viso teso. Finalmente poteva vedere i suoi occhi turbati, i lineamenti nervosi e le labbra serrate in una forma rigida.
«Perché no?» chiese tirando su con il naso, mentre si asciugava gli occhi con il fazzoletto di carta.
Harry abbassò il capo e lo scosse con un sorriso incredulo, sospetto. «Non posso credere che tu voglia davvero perdonarlo», esclamò, alzando lo sguardo su di lei ed avvelenandola con le sue sfumature. «Ti ha tradita», ripeté lui, come se cercasse di rendere più chiaro il concetto.
«Credi che non lo sappia?» ribatté Emma, sulla difensiva. «Sarò anche patetica in questo momento, ma non sono stupida e so se qualcuno può essere perdonato o se se lo merita. Tu non puoi parlarne come se ci conoscessi, come se conoscessi lui», aggiunse con più enfasi, difendendo le proprie scelte e Miles, mentre Harry si alzava e si passava una mano tra i capelli.
«Va bene, allora parliamo di noi», esclamò nervoso, guardandola con irrequietezza.
«Questo cosa c’entra adesso?» gli chiese lei, restando seduta a terra e macchiandosi di confusione.
«C’entra, perché proprio non capisco come tu abbia fatto a tornare con lui, come tu possa anche solo pensare di poter perdonare una persona che ti ha tradito, quando con me non hai nemmeno voluto provarci!» urlò gesticolando.
Emma sbatté più volte le palpebre, allibita da quelle parole inaspettate e da un rancore improvviso. Scattò in piedi e gli si avvicinò di un passo. «Immaginavo che avresti trovato qualcos’altro da rinfacciarmi! Perché diavolo ti ho creduto quando hai detto di voler chiudere questa storia, visto che ora sei ancora qui a-»
«Volevo davvero metterci una pietra sopra, ma non avevo ancora capito quanto tu sia incoerente!» la interruppe, in preda alla rabbia. «Piangi tra le mie braccia parlandomi del tuo perfetto ed innamorato ragazzo, che non è altro che uno schifoso traditore, e non pensi nemmeno per un secondo che forse è tutto sbagliato!»
«Non osare parlare di lui in questo modo!» lo ammonì gridando. Era impossibile spiegare a qualcuno di esterno ciò che provava nei suoi confronti. «Come se tu fossi perfetto!»
«Io non ti ho mai tradita, né ho mai tradito nessun altro! E guarda che ironia, tu non puoi sapere quanto io possa essere perfetto in una relazione, dato che non mi hai neanche dato la possibilità di dimostrartelo!» le urlò contro, aggrappandosi di nuovo al loro passato. Quella era la dimostrazione di come entrambi si fossero illusi di poterlo accettare senza ulteriori discussioni, la dimostrazione di come entrambi avessero finto di poterci passare sopra.
«E tu non puoi sapere quanto io sia cambiata, quindi smettila! Pensi davvero di poter tornare qui e giudicare la vita di tutti, senza nemmeno fermarti a riflettere sul fatto che non si è bloccata a quando tu te ne sei andato?!»
«Cosa dovrei fare?! Fingere che tutto questo mi vada bene?» gridò Harry di rimando. «Mi dispiace, ma non è così! Mi fa terribilmente incazzare il fatto che tu voglia dare una possibilità a qualcuno che ti ha ferita così tanto, se a me non hai nemmeno concesso di amarti!»
«Avevo quindici anni, Cristo santo!» precisò Emma, stanca delle continue accuse e delle infinite critiche. Erano passati sei anni, il suo modo di vivere le relazioni ed i sentimenti era cambiato. «E te lo ripeto anche ora, tu non mi avresti mai amata!»
Harry la osservò con le labbra schiuse ed il petto ansimante, gli occhi sottili per il rancore. «Non pensavo che saresti mai arrivata al punto di giustificare con l’età una tua decisione», sibilò a denti stretti, colpendola nel profondo. Emma non aveva mai fatto dei suoi quindici anni una scusa per le sue azioni, li aveva sempre distaccati da ciò che realmente era: eppure, in quel momento aveva dovuto difendersi per una verità che non era disposta a concedergli, perché era difficile ammetterla persino a se stessa.
«Complimenti», ribatté lei con stizza, piegandosi per recuperare la borsa da terra. «Hai appena trovato qualcos’altro per cui criticarmi», concluse con lo sguardo nel suo, prima di voltarsi per andarsene. Non sarebbe rimasta un minuto di più in quell’appartamento, non al suo fianco.
 
 
 
«Secondo me dovreste solo sfogare la vostra tensione sessuale», sospirò Louis, masticando rumorosamente una nuvola di drago. Era sdraiato su un fianco sul tappeto, con una mano a sostenersi il capo ed un sorriso divertito sul volto.
Erano le dieci passate di sera: Emma era riuscita a raccogliere i suoi più cari amici in una specie di gruppo di sostegno, all’insegna di maratona di film horror e cibo spazzatura da sgranocchiare.
«Un appartamento vuoto aspetta solo di essere inaugurato, si sa», rincarò Nikole, con malizia e sporgendosi verso di lui per rubargli una patatina. Era seduta sul divano di casa sua, scalza e con indosso un pigiama a pois relativamente imbarazzante.
«Ammetto che è abbastanza eccitante, lo dico per esperienza», le rispose l’altro.
«Siete dei ninfomani», borbottò Pete, dall’altro lato del divano e con un’espressione disgustata, ma comunque arresa. La gamba ingessata appoggiata sul tavolino che gli stava di fronte.
Emma sospirò sonoramente ed incrociò le gambe, sfiorando quelle duei due amici tra i quali era seduta. «Vi ricordo che il mio fidanzato è un altro», ci tenne a precisare. «E tra me ed Harry non c’è nessuna tensione sessuale».
«Che c’entra?» domandò saccentemente Louis. «Anche io sono ufficialmente fidanzato con Aaron, ma il suo culo non è il solo che conosco».
«E questo è il motivo per cui Aaron ti lascerà da un momento all’altro», ribatté Emma, tirandogli addosso uno dei piccoli cuscini quadrati del divano. Non capiva ancora come facesse ad essere così insensibile nei confronti del ragazzo che più teneva a lui: anzi, forse non era insensibile, semplicemente non si accorgeva del reale significato delle sue azioni, perché gliene attribuiva uno completamente diverso.
«Ha ragione», esclamò Nikole, annuendo convinta. «Non puoi essere così stronzo, io ti avrei già mandato a quel paese».
«Motivo per il quale a me piacciono gli uomini», scherzò il diretto interessato, per niente toccato dalle critiche che stava ricevendo. Nulla avrebbe potuto fargli cambiare la propria visione delle cose.
«Dovresti venire a letto con me», lo invitò lei, alzando un sopracciglio e rivolgendogli un provocante occhiolino.
Louis rise a bocca piena. «Mi dispiace, ma a meno che tu non abbia un pendente in mezzo alle gambe, sono sicuro che non mi piacerebbe», le rispose consapevole.
E mentre i due andavano avanti con battute e sorrisi divertiti, Pete diede una leggera spallata ad Emma, in modo da ottenere la sua attenzione. «Kent, ti faccio solo una domanda», le disse a bassa voce, seriamente. «Perché hai parlato per tutto il tempo di Harry?»





 


Buonasera e... Sorpresa?? hahah
Giuro che fino a mezz'ora fa avevo tutte le intenzioni di aspettare domenica, o almeno domani, ma si sa che sono poco attendibile in queste cose. In ogni caso, sono abbastanza sicura che a voi non dispiaccia ahhaha
Andiamo sempre per punti, che è meglio:
- Miles/Emma: io spero davvero che almeno con questo capitolo voi abbiate cambiato idea su Miles. A me personalmente piace moltissimo come personaggio, non è nulla di quello che voi pensate (arrogante, montato o troppo sicuro di sé), anche se capisco che la prima impressione non possa essere ignorata: come avevo già detto a qualcuno, probabilmente lo vedete in questo modo perché non avete avuto tempo di conoscerlo e perché siete capitate nel bel mezzo delle dinamiche di una coppia già fatta e consolidata, dove molte cose sono scontate o già affrontate. Inoltre, non potete dirmi che Harry in LG non fosse ugualmente arrogante, montato e sicuro di sé ahhah
La "nuova" crisi non è altro che la riaffermazione della vecchia, dato che Miles si accorge di quanto siano inutili tutti i suoi sforzi: Harry non c'entra! C'entrerà?
Riguardo il tradimento, ho dovuto pensarci su per un po': ho davvero cercato di trovare una "motivazione" più profonda al gesto di Miles, ma ho dovuto arrendermi all'idea che spesso i tradimenti non rispettano la razionalità, anche nelle relazioni più stabili. Quando Emma definisce ciò che è successo il "solito, banale tradimento" è proprio quello che io avevo in mente: nessuna storia complicata alle spalle, nessun grandiosità. Spero sia chiaro cosa intendo e che sia riuscita ad assicurarvi che comunque Miles ama Emma, a prescindere da quello che ha fatto. Ha sbagliato e ne è consapevole, ha confessato subito e non ha cercato in alcun modo di giustificarsi, impegnandosi solo a rimediare. Insomma, aspetto i vostri pareri :)
- Harry/Emma: per chi mi aveva chiesto di descrivere questo capitolo con una parola, io ho detto "finalmente" non per baci o chissà cos'altro, ma perché finalmente sono veramente di nuovo loro. Con questa scena mi è sembrato di tornare a LG più di ogni altra volta e spero che a voi abbia dato la stessa impressione!
La loro discussione alla fine penso sia abbastanza chiara e penso anche che molte di voi daranno ragione ad Harry, ma io vi chiedo di sospendere per un attimo il giudizio o per lo meno di avere una visione più ampia delle cose, analizzando sì le scelte di Emma, ma anche il comportamento di Harry. Vi avevo già detto di non condannare subito Emma per la decisione di perdonare Miles, ma vediamo se mi ascolterete o se farete come Harry :)
Scusate se non scendo nei dettagli, ma non voglio spoilerare!!
Ah, in questo capitolo emerge davvero la debolezza di Emma, molto più marcata rispetto al passato: cosa ne pensate?

Ho parlato davvero troppo, scusate ahhaha Come ultima cosa, vi ringrazio moltissimo, come sempre! E vi chiedo di farvi sentire, di esprimere i vostri pareri e di non "scomparire" nel nulla se qualcosa non è di vostro gradimento: se vedo che le recensioni diminuiscono, non posso che pensare che qualcosa non vada nella storia, quindi piuttosto scrivetemi anche in privato, se smettete di seguirla, ma fatemi sapere hahaha


Vi lascio tutti i miei contatti: ask - facebook - twitter 

Un bacione,
Vero.

 
  
  
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