Sorrido: lo so dove vuole
andare a parare...solo sono indeciso se darle questa soddisfazione o no.
Intanto, c'è una
cosa che potrei raccontarle...
"Sì, risale a
due anni dopo. Kevin aveva appena compiuto diciotto anni e papà aveva
pensato che fosse ora per lui di imparare a guidare la vecchia moto che da
secoli stava in garage, tenuta come una reliquia, senza mai essere nemmeno
sfiorata da nessuno. Adoravo quella moto, una vecchia Harley Davidson King of
the Road, il genere di mezzo che ogni adolescente sogna di portare, almeno una
volta. Soprattutto quegli adolescenti che hanno una ragazza su cui fare colpo.
Quelli come me."
Te la ricordi la mia moto indecente
che ci salivi e ti guardavo le gambe
e tu brava a far finta di niente
Era quasi mezzogiorno e di
lì a qualche minuto Eliza sarebbe uscita da scuola, trovarla ad
aspettarla fuori dal cancello un ragazzo moro e neopatentato che si sarebbe
cacciato in un mare di guai quando suo padre avesse scoperto che aveva rubato
la sua adorata motocicletta solo per andare a prendere "la figlia di
Audrey", come la chiamava, canzonando la passione della signora Doolittle
per la grande Hepburn.
Non capiva che quello che
provavo per lei era davvero importante.
Kevin sì, invece, e
avrebbe dato un arto se questo fosse servito a vederci finalmente insieme. Per
questo mi aveva aiutato e per questo quella stessa sera sarebbe stato rinchiuso
in camera, proprio come me, con il divieto di uscire per due settimane.
Ma che giornata...
Eliza frequentava la
scuola pubblica proprio in centro a Princeton, mentre io andavo in periferia. I
nostri orari, quindi, non coincidevano e per me non era stato difficile andare
a casa, prendere la moto e raggiungere l'istituto proprio mentre suonava
l'ultima campanella.
Lei, come sempre, fu una
delle ultime ad uscire. Camminava con calma, senza nessuna fretta,
chiacchierando con Casey, la sua migliore amica e dovetti chiamarla più
di una volta perché si accorgesse di me.
"Joe?" Domandò,
stranita, mentre Casey ridacchiava.
“Wow, Jonas, dove l’hai
rubata?”
“Un criminale non
svela mai i suoi trucchi.” Risposi, facendole l’occhiolino.
“Quelli sono i
maghi, scemo.” Precisò Eliza, afferrando il casco che le porgevo.
Poi era salita, salutando
Casey, e tutto era diventato magia.
Per i dieci minuti di
strada che ci separavano dalla Main ebbi il tempo di sbirciare il suo viso e il
suo corpo attraverso gli specchietti e, anche se lei non diede mai segno di
avermi notato, potrei giurare che si rendesse perfettamente conto di ciò
che stavo facendo e che non le dispiacesse affatto.
Una volta entrati nella
superstrada, però, non ci fu più tempo nemmeno per pensare:
eravamo velocità, pura e semplice energia, non più due persone su
una moto lanciata nel traffico, ma un tuttuno con tutto ciò che ci stava
intorno.
Beh, per lo meno, questo è
quello che ho provato allora...ora mi rendo conto che, probabilmente, eravamo
solo due sedicenni un po’amici e un po’innamorati in corsa su una
moto rubata dal garage di casa Jonas... ma a volte è così bello
sognare...
Spengo la tv con un sorriso
ebete sulla faccia.
Me la ricordo, quella moto...
Joe non si lasciò mai intimidire dalle punizioni del padre e facemmo
milioni di altri giri, ridendo come matti su quelle due ruote.
E’ strano come, a
volte, ci si ricordi perfettamente di sentimenti provati tanto tempo prima e si
fatichi a tenere a mente che cosa si è fatto la mattina stessa... è
uno strano marchingegno il cuore umano, che ci spinge a fregarcene delle regole
e, per quanto dure possano essere le conseguenze, a non pentirsi mai di quello
che si è fatto, se era fatto per una buona causa.
E meno male che anche Joe la
pensava così, o non sarebbe mai successo, non avremmo fatto mai il
nostro viaggio più bello sulla King, quello conclusosi con il nostro
primo e unico bacio.
Ho ancora in bocca le tue labbra salate
in quei saluti di quell’ultima
estate
che poi non t’avrei visto più..
Avevamo diciotto anni ed era
l’ultimo giorno prima che per me venisse il momento di partire per il
college e Joe aveva promesso di portarmi in un posto speciale.
I Jonas esistevano già
da quasi un anno, ormai, ma io e lui ci vedevamo ancora abbastanza spesso o,
almeno, così era stato fino a quel giorno.
Conoscendolo, comunque, ero
più che sicura che mi avrebbe portato in qualche studio di registrazione
o roba simile, ma mi ero sbagliata su tutta la linea.
“Ti piacerà,
vedrai.” Mi aveva detto, legandomi una benda sugli occhi e aiutandomi,
poi, a salire in moto. Il viaggio era durato poco, non più di dieci
minuti ma quando, appena scesa, avevo cercato di togliermi il foulard dagli
occhi, lui me lo aveva impedito, dicendomi che non eravamo ancora arrivati.
Ricordo di aver preso almeno
due ascensori, con quella cosa legata in testa, la mano di Joe come unico punto
di riferimento e una curiosità tremenda ad annebbiarmi il cervello.
Poi eravamo arrivati sul
serio e il fiato, insieme ad ogni parola che mi fosse venuta in mente era morto
prima di lasciare la mia gola.
“Bello, eh?”
Aveva chiesto lui, appoggiandosi al parapetto sul tetto del grande grattacielo
dove mi aveva portata.
Io, immobile, senza riuscire
a dire niente, mi limitai ad ammirare, positivamente sconvolta, il profilo della
sua figura stagliarsi contro il cielo rosso del tramonto imminente.
“Non vieni?”
Non risposi e, allora, fu lui
a venire da me con aria preoccupata.
“Liz, ti prego, dimmi
che questo posto ti piace e che non ne ho fatta un’altra delle mie...non
soffri di vertigini o roba simile, vero?”
Silenzio.
“Ecco, lo sapevo,
accidenti a me, che non sono bravo con le sorprese!” Aveva esclamato,
girando su se stesso e portandosi le mani nei capelli, come faceva sempre
quando era nervoso o arrabbiato.
“Joe, io...”
“No, taci...volevo
farti un regalo speciale, qualcosa che ti impedisse di scordarti di me, ma,
come al solito, sono riuscito a fare un disastro e basta.”
“Joe...”
“Forse è perché
è proprio questo che sono: un disastro. E’ proprio quello che mi
ha detto Nick l’altro giorno, quando gli ho rotto la chitarra sedendomi
sul manico... non ne faccio mai una...”
Quando lo zittii, fu posando
le labbra sulle sue.
Ammetto di non averci
ragionato, non era niente di programmato; sembrava solo il modo migliore di
farlo tacere, mostrandogli ad un tempo che avevo apprezzato moltissimo quella
sua meravigliosa sorpresa.
Non glielo dissi mai.
In effetti, non parlammo
molto, quella sera... non parlammo perché quel bacio nato per sbaglio si
trasformò in due, tre, venti baci assolutamente intenzionali che ci
portarono quasi a far saltare un concerto dei Jonas.
Beh, la verità è
che in quel momento non ce ne importava assolutamente niente.
Quando si sono passate le
ultime ore a ricordare momenti di una vita stupenda che si credeva dimenticata
per sempre, il camerino di un attore poi sembra il luogo più vuoto e
triste del mondo.
Erano secoli che non
pensavo ad Eliza, eppure ora che l’ho riportata alla mente, non posso
fare a meno di chiedermi che cosa abbia fatto in questi quindici e passa anni.
Dopo la notte del bacio
lei è andata al college e io sono stato totalmente assorbiti dalla band.
Non abbiamo più avuto tempo di pensarci, non parliamo poi di scriverci o
vederci.
Solo che l’amore è
una bestia tutta particolare: può sembrare di aver scordato la persona
che si ama, ma non succede mai davvero, mai completamente.
E allora, quando ti
ricordi di lei, ti manca da morire e daresti tutto, tutto quello che puoi e
anche quello che non puoi per passare di nuovo anche solo un minuto con lei.
Quante emozioni disperse
e tutte per strade diverse
ma che fine ha fatto l’estate di
allora?
Mi mancano le canzoni
strillate, più che cantate, sulla sabbia fine di Cape May.
Mi manca Amanda con le sue
sciocchezze.
Mi mancano quell’Eliza
e quel Joe di una volta, adulti ancora bambini, in cerca di emozioni e non di
fama, soldi o sesso.
Mi mancano la semplicità
e la purezza un po’ribelle dell’adolescenza e vorrei potervi
ritornare, poterla rivivere... invece tutto ciò che faccio è
procurarmi un elenco del telefono del New Jersey e iniziare a cercare, sperando
che lei viva ancora lì.
Senza volere
ci si ritrova ad andare
lontano lontano
tra quei ricordi che non ci lasciano più
e dimmelo tu
chi ci ha promesso che c’era di
meglio
Che bello è stato
rivederti, Joe, anche se solo in un’intervista alla televisione.
Avevo deciso di chiuderti
fuori dalla mia vita, di non soffrire più per te, ma dimenticarti non è
così facile come avevo pensato.
I ricordi possono
affievolirsi, ma non si cancellano mai del tutto e così vedere i tuoi
occhi scuri, ora con un po’di vita in meno e un po’d’esperienza
in più mi ha fatto ricordare l’Eliza che ero un tempo, quella che
vorrei tornare ad essere, ma solo con te accanto.
Incredibile...mi ritrovo a
trent’anni passati fan numero uno di un attore che fa impazzire le
ragazzine...buon segno, forse vuol dire che anche io sono ancora un po’adolescente.
E pensare che, allora, non
vedevo l’ora di diventare adulta...volevo poter fare tutto liberamente,
volevo pedalare senza le rotelle che i miei genitori prontamente mi fornivano.
Volevo essere una donna perché
pensavo che allora tutto sarebbe stato migliore....ora, invece, vorrei sapere
chi mi ha messo in testa quelle idee tanto stupide.
Ora vorrei solo tornare
bambina e vorrei farlo con te che eri la luce delle mie giornate.
E tu, e dimmelo tu
quanto passato è passato di qui
per trasformarci così...
“Mr. Jonas, è
in onda tra dieci minuti.”
“Arrivo!”
Grido senza nemmeno alzare gli occhi dall’elenco che sto consultando in
modo a dir poco febbrile.
Erano secoli che non mi
sentivo così, così vivo, così rapido e pronto, così
desideroso di fare qualcosa.
Non mi ero reso conto di
essere invecchiato... ero convinto di essere sempre lo stesso Joe, lo stesso di
sempre...e invece no, è passato tanto tempo da allora e io sono diverso,
ma il vecchio Joe vive sempre in me.
Quello con i capelli
stirati e il giubbotto di pelle.
Quello che rubava la moto
del padre.
Quello innamorato della
sua migliore amica...
“Pronto?”
Una parola, un tuffo al
cuore, ma soprattutto, la sua voce.
Più decisa, più
matura, ma indubitabilmente sua.
Devo aver trovato e
composto il numero senza rendermene conto... non sono pronto, non ora...
Per un attimo prendo in
considerazione l'idea di attaccare, ma poi penso che no, non sarebbe giusto,
non sono poi così diverso da quello che ero una volta e, se allora avevo
il coraggio di indossare una giacca totalmente dorata, oggi ho sicuramente ciò
che mi serve per riprendermi la mia vita.
“Parlo... parlo con
Eliza Doolittle?”
“Sì, chi..chi
è?”
Un’esitazione, un
respiro e un battito rubati ai nostri cuori.
Mi sembra di sentirlo
anche al telefono, il suo cuore...
“Sono io... Sono
Joe...”
Te lo ricordi che eravamo ragazzi
nel bar vicino al nostro solito mare
io e te...
(Pooh, Eravamo ragazzi)
Fine
Ciao! Come avete visto
non ho messo introduzioni, quindi spendo due parole qui e ora che la storia è
finita.
So che mi odierete per
come è finita ma vi prego, non chiedetemi di continuarla perché
non lo farò...e vi conviene abituarvi a questo, perché io amo i
finali aperti! XD
Scrivere questa seconda
parte mi è piaciuto davvero, davvero tanto, molto di più della
prima, perché mi sono lasciata molto trasportare dai sentimenti dei
protagonisti e, beh, spero di averci trasportato un po’anche voi!
Ringrazio chi ha
commentato, chi lo farà e chi mi tiene nei preferiti.
Sappiate solo che amo
davvero scrivere in questa sezione, dà una soddisfazione enorme sentirsi
così apprezzati, quindi dovrete lavorare sodo per liberarvi di me, visto
che, finita “Hanno rapito i Jo Bros” ho già in mente bell’e
pronta un’altra sorpresina per voi!
Per ora un bacio a
tutti
Temperance