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Autore: Quella che ama i Beatles    27/10/2014    1 recensioni
Quando Rose e il Dottore tornano a Londra, si aspetterebbero di fare una breve visita a Jackie e poi volare verso mille altre avventure. Ma si sa, la capitale inglese attira gli alieni come una calamita, e così i due dovranno nuovamente far fronte a una minaccia che si nasconde sotto delle spoglie apparentemente innocentissime...
Riusciranno i nostri eroi a salvare la città ancora una volta?
Genere: Commedia, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Jackie Tyler, Nuovo personaggio, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo un po’ di attesa poterono finalmente entrare nel teatro.  Rose spalancò la bocca mentre faceva il suo ingresso nella maestosa sala, che non aveva mai visto: l’alto soffitto faceva sembrare la folla sciamante una massa di formichine. Sedili di lucido velluto rosso si aprivano a semicerchio verso il palco larghissimo, sul fondo del quale si vedevano già gli strumenti musicali.
- Bello, vero? – disse Carl, compiaciuto dello stupore di Rose. – E’ uno dei teatri più belli di Londra, inaugurato il 29 marzo 1871 dalla regina Vittoria, anche se venne concepito fin dal 1851 dal principe Alberto… -
- Scommetto che tu c’eri, all’inaugurazione – bisbigliò Rose al Dottore mentre scendevano i gradini per raggiungere i loro posti.
- Veramente no – rispose il Dottore, mentre Carl illustrava a Jackie la magnifica cupola della Royal Albert Hall. – E dopo che la regina ci ha banditi dal suo regno, ritengo sia opportuno non andarci. –
- Abbiamo tanto altro da fare – concordò Rose.
Si accomodarono nella parte più bassa e centrale del semicerchio di poltrone e Rose continuò a guardarsi intorno, godendosi per una volta un po’ di sana bellezza terrestre. Non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe entrata in uno dei più belli e importanti teatri di Londra, vestita di tutto punto. Voltò la testa a sinistra per condividere i suoi pensieri col Dottore, ma notò inorridita che stava allungando le gambe per poggiare i piedi sullo schienale della poltrona davanti a lui.
- Dottore! – lo rimproverò a bassa voce. – Non si fa così! –
Lui la guardò con aria totalmente sorpresa e innocente. – Cosa? –
Rose inarcò un sopracciglio indicando i suoi piedi.
- E allora? – chiese lui, fingendosi offeso.
- Non puoi sederti così, come se fossi a casa tua! – lo rimproverò.
- Ah, be’. Sei tu l’umana – sospirò il Dottore e si sedette più compostamente.
 
 
Passò un’altra oretta circa, durante la quale la sala andò riempiendosi sempre di più, fino a quando tutti i posti furono occupati. Rose si godette dopo molto tempo la sensazione di chiacchierare tranquillamente di banalità, cose ordinarie, senza parlare urgentemente di questioni di vita o di morte – come scappare dall’ennesima astronave o come sconfiggere l’ennesimo alieno, tanto per dirne una. Carl si mostrò cortesemente interessato a lei ma soprattutto al Dottore, a cui fece parecchie domande – evidentemente ciò che gli aveva detto Jackie doveva averlo parecchio incuriosito. Più di una volta, a domande apparentemente semplici come “che lavoro fai?” o “dove sei nato?” il Dottore scambiò occhiate con Rose, esitò e raccontò valanghe di frottole, talvolta tanto palesemente false da guadagnarsi occhiatacce di Jackie. Carl non mancò di inserire allusioni e battutine sul rapporto tra lui e Rose, con tanto di sorrisi e occhiolini; Rose ebbe la vaga impressione che tentasse di apparire come un padre sostitutivo bonaccione e pacioso che cercasse di indovinare se il nuovo ragazzo della figlia fosse un tipo giusto. Chissà se faceva così per fare colpo su sua madre.
Finalmente, ad un tratto l’illuminazione cambiò sensibilmente, e tutti i riflettori si concentrarono sul palco. Un applauso nacque spontaneo, condito da brusii di aspettativa e colli allungati per cercare di vedere meglio. Pian piano salirono sul palco i vari musicisti, andandosi a posizionare ognuno al proprio posto, e alla fine apparve anche l’attesa cantante, Celestia.
- Eccola – sussurrò Carl, entusiasta.
Un “oh” bisbigliato appena soffiò dalle labbra di Rose. Era una ragazza incredibilmente bella. Lunghi capelli mossi di un biondo chiarissimo le scendevano elegantemente sulle spalle, fino alla vita sottile. Il viso minuto era dominato da occhi grandi, di un azzurro magnifico, che spiccavano sulla pelle chiara e guardavano senza timore il vasto pubblico.
Camminò con la postura e l’andatura di una principessa fino al microfono. Un attimo prima di iniziare a cantare, la bocca a forma di cuore si schiuse in un piccolo sorriso.
 
 
In seguito, Rose non avrebbe ricordato molto cosa, di preciso, avesse cantato.
Seppe solo che la sua voce, talmente cristallina e melodiosa da fare invidia a un angelo, le arrivò dritto al cuore fin dalle prime note. Parole bellissime, che parlavano di pace, amore e speranza, riempirono la sala, echeggiando sull’alto soffitto, avvolgendo tutti gli spettatori in un dolce e caldo abbraccio dove ci si sentiva protetti, al sicuro, un abbraccio dove lasciarsi cullare. Acuti argentini e limpidi si susseguirono a bassi vibranti e morbidi, in una melodia perfetta nella sua diversità.
Rose chiuse gli occhi, mentre quella voce indescrivibile sembrava lacerarla da dentro. Le lacrime si addensarono contro le palpebre, e quando Rose le riaprì non riuscì proprio a trattenerne qualcuna. Era, senza il minimo dubbio, la voce più emozionante e magnifica che avesse mai ascoltato. La canzone sarebbe stata perfetta anche senza i violini, il pianoforte e tutti gli altri strumenti, che apparivano quasi stridenti e fastidiosi se paragonati alla voce di Celestia.
La canzone finì, e immediatamente Rose si sentì vuota e fredda senza quella voce miracolosa. Scoppiò un applauso fragoroso e la ragazza batté le mani più forte che poteva.
Celestia tese le labbra in un sorriso appena più largo, e non appena il pubblico si acquietò riprese a cantare, e la magia ricominciò.
Rose chiuse gli occhi, mentre la musica tornava immediatamente a fare effetto su di lei. Un brivido le scese per la schiena, mentre tutto il suo corpo le si increspava per la pelle d’oca. Sembrava che quella voce facesse emergere in massa dal suo essere più profondo tutte le sue emozioni, i suoi ricordi, tutto ciò che lei era, tutto ciò che contribuiva a formare Rose Tyler.
Man mano che le note, le parole e poi le canzoni si susseguivano tutto ciò che lei aveva di più bello emerse sempre di più, concentrandosi in una piccola sfera di calore proprio lì, all’altezza del petto. L’affetto per sua madre, i ricordi delle sue avventure col Dottore, quella meravigliosa sensazione del fare qualcosa di importante ogni volta che contribuiva a salvare qualcuno, lo stupore sempre nuovo e genuino che provava davanti a un nuovo mondo… e proprio lì, al centro, ciò che ardeva di più, ciò che più teneva stretto e conservava gelosamente, il suo profondo sentimento per il Dottore. Poteva quasi guardarlo, ammirarlo in tutte le sue sfumature, i suoi strati: il vuoto allo stomaco e il cuore martellante quando lui la abbracciava, l’angoscia quando lui si trovava in pericolo, la preoccupazione per quei suoi momenti di tristezza, quando lo sorprendeva a fissare nel vuoto, gli sguardi che gli dedicava quando lui non sapeva di essere osservato, la gratitudine per averla salvata da un’esistenza anonima e grigia, la determinazione ad aiutarlo in qualunque modo. L’amore per il suo Dottore era ciò che di più bello e intenso aveva, e la voce di Celestia glielo stava facendo capire, glielo parava davanti agli occhi in maniera quasi fisica, senza lasciare alcuna via di scampo.
Rose si voltò a guardarlo, gli occhi lucidi, senza notare il suo sguardo appena aggrottato, la fronte lievemente corrucciata, come se avesse un leggero dubbio su qualcosa. Quando il Dottore captò gli occhi di lei poggiati su di lui si girò e il suo viso si distese, sciogliendosi in un sorriso, gli occhi che brillavano. Sembrava che dietro i suoi occhi lottassero una miriade di emozioni e sensazioni di diverse, ma in prevalenza ce n’era una, e Rose era sicura che fosse la stessa che provava lei.
Tra loro sembrò sfrecciare una conversazione, silenziosa ma molto più intensa di qualunque dialogo verbale. La voce sempre più alta e solenne di Celestia incorniciava il volto magnifico del Dottore, faceva esplodere il cuore di Rose, la sua anima, i suoi sentimenti, come se tutto dentro di sé urlasse, come se la spingesse a donarsi a quell’amore e fare ciò per cui non aveva mai avuto il coraggio…
E all’improvviso, la canzone finì.
A Rose sembrò di ripiombare fisicamente nella realtà e fu come se la vista le si snebbiasse; d’un tratto si rese conto di essersi avvicinata al Dottore e di essere distante solo pochi centimetri da lui. Fu come se la testa le si svuotasse e tutti i sentimenti e i ricordi che erano emersi dal più profondo di se stessa tornassero appena sotto la superficie dell’inconscio. Rose si accorse di essere senza fiato.
Mi gira la testa, pensò. Puntini neri le si affollarono per un attimo agli angoli della sua visuale e strinse i braccioli della sedia per assicurarsi di non svenire, sorpresa.
- Rose – mormorò il Dottore. Lei avvampò mentre alzava gli occhi su di lui, che sembrava stare bene. – Rose, tutto ok? –
Lei annuì, senza avere la forza e il coraggio di parlare. Dio, l’aveva quasi baciato. Stavano per baciarsi spinti da una canzone. Sembrava quasi che la voce di quella ragazza potesse manipolare a suo piacimento i loro gesti.
- Credo che la prossima canzone sia l’ultima – disse il Dottore, e Rose controllò l’orologio: quasi mezzanotte. Sì, ormai il concerto stava arrivando alla fine. La ragazza fece un respiro profondo. Meglio così, pensò. Credo di non sentirmi tanto…
La parola “bene” fu cancellata dai suoi pensieri non appena Celestia ricominciò a cantare. Le sue emozioni montarono nuovamente dentro di lei, tornando a salire, ma lei si aggrappò ai sedili e strinse i denti, tentando di estraniarsene, di evitare di scivolare nuovamente in quella magia. Dio, non voleva certo baciare il Dottore con sua madre seduta accanto a sé!
La voce angelica di Celestia la cullò per altri quattro minuti, e lei tenne lo sguardo ostinatamente fisso su di lei, mentre l’amore per il Dottore divampava dentro di lei.
 
 
Rose accolse la fine del concerto con un muto respiro di sollievo. Applaudì insieme al pubblico – che, stranamente, sembrava battere le mani con molta meno energia dell’inizio – mentre Celestia si inchinava graziosamente, il sorriso largo sul suo volto.
Poi, senza dire neanche una parola, se ne andò dal palco.
Le luci dei riflettori scomparvero, e la sala tornò a essere illuminata solo dal vago chiarore iniziale. Come se un incantesimo si fosse spezzato, un lieve brusio tornò ad animare il teatro, mentre le persone si alzavano e si scambiavano commenti sottovoce. Rose notò come alcuni sembrassero stare un po’ male: si reggevano alle sedie, si portavano le mani alla testa o al petto… La maggior parte degli spettatori, tuttavia, sembrava muoversi normalmente.
Rose emise un verso a metà fra un sospiro e uno sbuffetto. – Che gran bel concerto, eh? – domandò al Dottore, mentre si alzavano e si univano alla folla che sciamava lentamente verso l’uscita.
Una strana espressione guizzò veloce sul volto di lui, troppo rapida perché lei potesse decifrarla. – Bello, sì. Emozionante. Particolare. Strano che una ragazza così giovane possieda una voce così potente. –
- Deve avere grandi doti naturali. Ed essersi allenata molto. –
Attimo di pausa.
- Chissà chi l’ha scoperta! -
Rose pregò che il Dottore non notasse che stava straparlando per nascondere l’imbarazzo residuo per ciò che era successo pochi minuti prima. Non era mai successo che arrivassero così vicini al baciarsi… cosa diavolo ci è preso? Guardandolo, pensò che forse le sue preghiere fossero state esaudite anche un po’ troppo: il Dottore aveva lo sguardo perso, assente, le sopracciglia aggrottate, come se stesse riflettendo intensamente su qualcosa che non gli piaceva. Le sue labbra si muovevano appena, seguendo il corso di questo o quell’altro pensiero. Rose decise di lasciarlo alle sue riflessioni, qualunque fossero: nel momento in cui fosse tornato alla realtà sarebbe stata pronta ad ascoltarlo, se avesse voluto condividerle con lei.
Uscirono all’aria aperta, e nel mentre si rese conto che sua madre e Carl, alle sue spalle, erano stranamente silenziosi.
- Ehi, mamma, cosa ne pensi del conc… -
La sua voce morì non appena si voltò a guardare in faccia sua madre.
Era assolutamente priva d’espressione, gli occhi vacui, vuoti, spenti, le labbra appena socchiuse. Camminava lentamente ma con regolarità, e il movimento delle sue gambe erano l’unica cosa che facevano capire che sua madre era ancora viva: se avesse dovuto basarsi unicamente  sul suo volto, avrebbe detto che era… morta. Rose ebbe un flash in cui visualizzò un fotogramma di certi zombie di uno scadente film dell’orrore.
Ma quella non era uno zombie.
Era sua madre.
- Dottore! – urlò, spaventata, non appena ebbe ritrovato la voce. – Dottore! –
In un lampo lui la raggiunse, e vide subito cosa c’era che non andava. – Jackie… Jackie! – La prese per le spalle e la scosse dolcemente, e poi le diede un lieve schiaffetto. – Jackie, puoi sentirmi? –
Vedendo che non riceveva alcuna reazione, si voltò verso Carl, che aveva lo stesso viso vacuo e privo di espressione. Provò a scuotere e chiamare anche lui, senza avere nessun risultato.
- Oddio, Dottore, che cos’è successo? – domandò Rose, trattenendo a stento le lacrime. Si guardò intorno, e col cuore in gola vide che le persone che prima aveva giudicato stessero bene camminavano sì normalmente, ma avevano le stesse espressioni vuote, morte, di Jackie e Carl.
Il Dottore infilò gli occhiali e passò più volte il cacciavite sonico sulla fronte di Jackie e poi su quella di Carl. Il suo viso andò lentamente mutando fino a formare uno sguardo che fece precipitare il cuore di Rose.
- Cosa c’è? – sussurrò, la bocca secca. – Cos’è successo? –
Senza risponderle, il Dottore passò ad esaminare col cacciavite sonico una donna che passava di lì, poi un bambino. Analizzò diverse persone di età, sesso e razze differenti, e il suo volto andò rabbuiandosi sempre di più.
- Che cos’è, Dottore? – ripeté Rose, i nervi tesi come corde di violino.
Finalmente, l’uomo si girò verso di lei. Era visibilmente scosso. – Sono tutti vuoti, Rose – mormorò, gli occhi spalancati. – Sono stati svuotati di ogni ricordo, desiderio, emozione. È stata portata via la loro anima. –
 





 
ANGOLO AUTRICE:
Sono vivaaaaa! *esulta* Non vi dico che settimane di inferno ho passato, non c'è stato un giorno che non abbia finito di studiare prima delle sette e mezza. La scuola mi ha risucchiato ogni energia (e ispirazione) possibile, altro che Dissennatori o strani, bellissimi alieni canterini. Fortunatamente questa settimana sarà molto più leggera e avremo il nostro meritato riposo. :')
 
   
 
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