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Autore: Izayoi_1    29/10/2014    3 recensioni
Da Eva ci si aspetta molto ma quando le aspettative di chi la circonda non coincidono più con le sue lei vuole solo una cosa,un anno della sua vita per ritrovare se stessa e rinascere,prima di tornare ai doveri quotidiani. Vuole l'imprevisto e la novità e la cercherà nella city britannica,Londra.Sarà proprio qui che inizierà la sua nuova vita e quando il destino ci si mette ti fa incontrare due occhi color del ghiaccio che lasciano la mente senza pensieri o parole al solo guardarli,un incontro così inatteso per entrambi,una scintilla improvvisa tanto forte da lasciarli incantati.
Salve,questa storia è dedicata a Richard Armitage,mi immagino come sarebbe conoscerlo per caso e cercare di iniziare una storia tra diverse difficoltà.Leggete e saprete :)
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Richard Armitage
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La sveglia era suonata molto presto,l'orario sul display del cellulare segnava le 4.00 ma Eva aveva gli occhi aperti già da tempo. Si alzò dal letto con la voglia di guardare il paesaggio addormentato fuori la sua finestra,i giardini intorno casa sua,la strada,tutto era immobile,non si muoveva nulla,in lontananza qualche cane abbaiava e sopra di lei il cielo era ancora buio e in quel momento pensò che la sera successiva avrebbe dormito in un'altra casa,in un altro letto e guardato nuovi paesaggi fuori la finestra.

 

Nel prepararsi aveva cercato di fare meno rumori possibile ma quando scese in cucina sua madre era già li ad attanderla davanti a una fumante tazza di thè. Anche se erano le 4,40 del mattino Moira era una di quelle donne che non avresti mai visto con i capelli spettinati e i pigiami due taglie più grandi,nel suo DNA c'erano incise le parole ORDINATA&COMPOSTA a caratteri cubitali.

“Mi raccomando Eva stai attenta,non dare confidenza a nessuno,nemmeno appena scesa dall'aereo e qualcuno vuole aiutarti con le valigie; hai visto in quel film “io vi troverò” come rapivano le ragazze?”

la figlia guardò la madre con un sopracciglio alzato scuotendo la testa

“Ma come fai ad avere tanta fantasia alle 4,50 del mattino?”

la ragazza rise divertita,la madre era sempre stata molto apprensiva ma quella era nuova. Dopo le varie raccomandazioni sul chiamarla e “non andare in vicoli bui” arrivò il momento dei saluti,il momento più difficile. Abbracciò Moira in maniera fobica,non volendosene quasi staccare e inutilmente cercò di trattenere le lacrime. Nell'aprire la porta guardò per un attimo la casa dove era cresciuta,cercando di imprimere nella memoria ogni dettagli,ogni angolo del salotto e persino la disposizione dei quadri appesi alle pareti,sorrise alla madre e alla fine uscì.

 

Il tragitto in macchina fu fatto di raccomandazioni da parte di Ettore e di carezze. Arrivati all'aeroporto il cielo era ancora buio ma nell'edificio le persone entravano e uscivano carichi di valigie.

“Miriam ti aspetta all'aeroporto di Stansted,non credo abbia la macchina perciò prenderete i mezzi o un taxi”

la voce dell'uomo era nervosa e non faceva che ripetere informazioni che lei già sapeva.

“Chiamami sempre e per qualsiasi cosa avvertimi e ti verrò a prendere subito” nella voce dell'uomo c'era come una nota di urgenza mista ad ansia,non era da lui,Ettore,a differenza di Moira,aveva sempre lasciato agire più liberamente i figli e lasciato fare le loro esperienze senza essere preoccupato ma ora sentirlo così per Eva era una novità che le fece improvvisamente rendere conto che il momento era arrivato veramente.

 

Il padre accompagnò la figlia fino ai controlli,mentre la ragazza era in fila nel percorso a serpentina si lanciavano dei sguardi ma una volta superati i metal detector e ripresi i propri effetti Eva ed Ettore si guardarono fissi a lungo e con gli occhi rossi lucidi di lacrime. Improvvisamente aveva paura e nonostante il padre fosse poco distante lo sentiva già mancare e si maledì mentalmente per tutte le volte che era stata avara di abbracci,visto che in quel momento era ciò che le serviva. Lo salutò con la mano,l'espressione un po persa e il cuore in gola,come un bambino il primo giorno d'asilo,mentre lui le mandò un bacio. Rimasero qualche altro secondo a fissarsi,le lacrime scendevano e non senza fatica la giovane interruppe il contatto visivo e con forza cercò di non voltarsi indietro a guardare la figura paterna e proseguì per la sua strada.

 

Il salto era stato fatto,questo fu il pensiero che le venne non appena l'aereo prese quota. Cosa l'aspettava in quell'anno?lei non lo sapeva ma una cosa fu certa,nemmeno seduta su quella poltrona riuscì a dormire un po,l'eccitazione era troppa e il desiderio di mettere piede sul suolo britannico non la faceva stare nella pelle.

 

Scesa dall'aereo si incamminò per gli interminabili corridoi di Stansted,con le sue interminabili scale-mobili,prese i bagagli,superò i controlli e finalmente l'uscita.

 

Si fermò vicino l'ingresso guardandosi intorno,l'aria era fredda e le faceva pizzicare il naso,l'amica sapeva da qualche terminal sarebbe uscita,si voltò più volte e alla fine la vide,una ragazza di 32 anni con capelli blu scuro,occhiali da sole rotondi (nonostante fosse nuvoloso),una maxi maglia grigia con delle calze di lana giallo senape e un parka mimetico.

“Di sicuro si è vestita ad occhi chiusi”

Eva rise dicendo quella frase,felice di vedere che l'amica non era cambiata di una virgola. Le due amiche si guardarono con un sorriso che metteva bene in vista la dentatura di entrambe e si abbracciarono fino a strangolarsi.

“Ciao ciao ciao cucchiaino,che bello ancora non ci credo”

Miriam si era precipitata come una valanga su di Eva,mordicchiandole la guancia come faceva sempre da bambina,la povera nuova arrivata non amava eccessivamente il contatto fisico,cosa che invece l'amica adorava e si ritrovò immobilizzata da quell'abbraccio che ricambiò con felicità ma in maniera più pacata.

“Blu scuro adesso Miriam?non è da te,un colore così tranquillo,mi meravigli. Dove è andato a finire quella bella accoppiata di arancione e verde che quasi fece morire tua nonna?”

il tono di Eva era ironico e scherzoso,era sempre stata curiosa,quando rivedeva l'amica,di ammirare il suo nuovo look di capelli.

“Mmm mi da un'aria più professionale direi,da grande imprenditrice”.

Risero entrambe e si diressero verso l'autobus portando valigie e borsoni.

 

Per tutto il viaggio Miriam non fece altro che dirle quanto fosse felice e le assicurò che il lavoro da cameriera che le aveva trovato in un caratteristico pub londinese l'avrebbe fatta subito ambientare. La notizia della cameriera sconvolse un po Eva facendole spalancare gli occhi e la parola “pub” le fece quasi cadere la mascella. Miriam incrociò le braccia al petto risoluta

“Susu cucchiaino,devi buttarti nell'arena,qui non siamo a casa. Cosa ti aspettavi che ti trovassi un lavoro d'ufficio dal lunedì al venerdì dove andare vestita con vestito,tacchi e una ventiquattr'ore? Se volevi questo volevi rimanere a casa,non sono state le tue testuali parole “devo avere una vita diversa in questo anno,lontana dalle abitudini che ho qui”.

Eva rise nervosa,l'amica l'aveva presa in parola

“Ti ricordi..che io non ho mai lavorato vero Mir?”

l'amica fece un'espressione furbesca e rise sotto i baffi

“Diciamo che quando ho chiesto al mio amico di assumerti ho dato ad intendere che avessi già esperienza...quindi rimanga tra di noi questo piccolo particolare”.

Ecco che Eva non respirava più,non riusciva nemmeno a pensare a una soluzione,a parte chiedere perdono al proprietario del pub.

“Ma vedrai che andrai alla grande cucchiaino”

disse Miriam dando una pacca d'incoraggiamento all'amica. Eva elaborò per qualche minuto la notizia,convincendosi che non sarebbe stata una cosa impossibile nascondere la sua incapacità di portare un solo piatto alla volta.

“Io nell'arena ti ci butto..ma con Moira dentro”.

Miriam fece una finta espressione terrorizzata ridendo di gusto entrambe.

 

Rivedere Londra era come sempre una meraviglia,quella era la quarta volta che vi faceva visita,la conosceva piuttosto bene ma come sempre “la vecchia signora” (come lei si divertita chiamarla) la faceva sempre rimanere a bocca aperta. Quella città,si era giurata Eva,sarebbe stata l'unica che non sarebbe stata inquinata da ricordi romantici e luoghi che possano ricordare di essere stati condivisi con un'altra persona. Quella città sarebbe stata solo sua,non l'avrebbe condivisa con gli altri,per Eva quel luogo simboleggiava una sorta di “isola che non c'è” e voleva continuarla a vedere così,un rifugio.

 

Miriam aveva un appartamento nel quartiere di Soho,la casa era al terzo piano senza ascensore. Arrivate in cima alle scale con il fiatone per la fatica di portare tutte le valigie,le attendeva una porta marrone scuro,la padrona di casa frugò nella borsa e alla fine estrasse un enorme mazzo di chiavi. Aperto l'uscio si presentò un piccolo ingresso dove al centro della stanza si trovava un divano verde scuro con cuscini colorati,un tappeto patchwork ai piedi di esso,scaffali alla pareti pieni di libri,foto alle pareti che ritraevano persone che parlavano su di una panchina o anziani che giocavano a carte e per finire una televisione un po vintage su di un mobile basso. Alle finestre non c'erano tende e ciò teneva la casa illuminata (almeno per quello che permetteva il tempo inglese). La cucina era adiacente,piccolina ma ben fornita e sistemata,mentre la parte notte era formata da un minuscolo bagno e due camere,quella di Eva probabilmente era un ripostiglio perché era di poco più grande del bagnetto. Anche se non era un appartamento che affacciava sul Tamigi e non aveva camere spaziose e un bagno con una vasca con idromassaggio ad Eva sembrava bellissima.

 

Posò le valigie,si guardò attorno e mentre Miriam parlava e parlava Eva si affacciò a una nuova finestra,come era tutto diverso lì,il clima così rigido,il cielo grigio,le case di mattoni marroni si somigliavano quasi tutte,c'erano molte persone fuori dai vari negozi,non solo inglesi ma molti indiani,pakistani e c'era persino una pizzeria italiana. La nuova arrivata guardò curiosa le persone che camminavano e parlavano per strada,sorridendo felice e fiduciosa,si sentiva euforica,una nuova strada le si stava aprendo davanti e lei era pronta ad incamminarsi.

 

 

 

ANGOLETTO DELLO SCRITTORE

Salve a tutti,eccomi qui con un nuovo capitolo,ricapitolando,Eva ha lasciato tutte le sicurezze di casa sua con una madre molto protettiva e un padre che invece cerca di spingere i figli a “buttarsi”,certamente la nostra protagonista viene da una situazione dove il suo unico problema è studiare,non ha mai lavorato e quando vede i suoi genitori farlo è sempre in uffici e studi,perciò la notizia del pub la destabilizza perchè non aveva ancora ben pensato alla realtà dei fatti,cioè lavorare per vivere. Ho voluto descrivere un po il momento della partenza,perchè per quanto si può essere euforici un pizzico di malinconia prende tutti. Indovinate un po?presa forse da questa storia,vuoi che Londra mi mancava da morire ho fatto un bel biglietto aereo,quindi a novembre andrò a rivedere la mia cara “vecchia signora”,perciò quando aggiornerò potrò descrivere al meglio ogni luogo,clima e panorami.

Ringrazio tantissimo chi ha letto questo primo capitolo,spero continuiate a farlo e un grazie a chi ha recensito,siete meravigliosi. Fatemi continuare a sapere cosa ne pensate vi prego,chiedetemi se avete curiosità o dubbi. Detto questo alla prossima,baci :)

   
 
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