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Autore: Koori_chan    29/10/2014    5 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Sedicesimo~






Qualcosa era andato storto.
Molto storto.
Stando ai suoi calcoli, remando costantemente verso Nord-Ovest avrebbe dovuto raggiungere la costa in mattinata, ma quando il sole si era levato sull’orizzonte e i suoi occhi chiari si erano abituati alla luce, della terraferma non vi era alcuna traccia.
Con orrore si rese conto che, complici le correnti, la ferita al braccio l’aveva costretta a remare con meno vigore dal lato destro, con il drammatico risultato di non riuscire a mantenere la rotta prefissa.
In poche parole, aveva remato per ore nella direzione sbagliata, allontanandosi ancora di più dalla costa.
Trasse un profondo sospiro e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi.
Non tutto era perduto, doveva solamente elaborare un piano per tirarsi fuori dai guai.
Ma come avrebbe potuto mai fare, dal momento in cui non aveva nemmeno la più pallida idea di dove si trovasse?
- Coraggio Cris, sei stata in situazioni ben peggiori… - mentì nel tentativo di non scoppiare a piangere.
Ma a mano a mano che il sole saliva verso lo zenit era sempre più evidente quanto la giovane fosse condannata ad andare alla deriva finchè la morte non fosse sopraggiunta.
Davvero sarebbe finita così? Con tutto quello che aveva affrontato si sarebbe fatta sconfiggere da una tale ingenuità? Ah, quanta inesperienza aveva ancora!
E non aveva con sé neanche un po’ d’acqua, solo quello schifosissimo rum!
In preda al panico si lasciò cadere sulla panca e portò il braccio sinistro, quello sano, a pararle il sole davanti agli occhi.
Prese la sua collana fra le mani e cercò di pensare a qualcosa di sensato, ma sembrava che nulla potesse distogliere i suoi pensieri dall’immagine agghiacciante della morte.
- Se davvero esiste qualche divinità degli oceani, adesso sarebbe proprio il momento di darmi una mano… - borbottò, ritornando con la mente alla vecchia bettola di Bleizenn.
Se fosse uscita viva da quel macello sarebbe andata a Brest a porgere omaggio ad Ahès, qualunque cosa pur di fuggire al martellare del sole sulla sua testa!
Fu proprio a quel punto che un’immagine sfocata a babordo attirò la sua attenzione.
Non aveva un cannocchiale, perciò si limitò a strizzare gli occhi e farsi schermo con una mano, la macchia bianca che pian piano si faceva più definita.
Era una nave.
A velocità costante, il vento in poppa e le vele spiegate, si stava avvicinando una nave.
Balzò in piedi con una tale energia che quasi cadde dalla barcaccia, mentre una nuova speranza le nasceva nel cuore.
- Non posso essere così sfacciatamente fortunata… - ridacchiò fra sé e sé, euforica.
Si fece forza e prese a remare in direzione del vascello, e fu solo dopo diverse ore che raggiunse una distanza accettabile.
Ragionò in fretta. Doveva inventarsi qualcosa, oppure sarebbe stato semplice accostare la sua figura insanguinata alla nobile arte della pirateria, e la Union Jack che sventolava in cima al pennone non faceva presagire un trattamento cordiale nei confronti di tali individui.
Un rapimento? Sì, poteva essere. Come giustificare i suoi abiti maschili?
Beh, in realtà erano solamente i pantaloni a stonare, la camicia e il corsetto rosso mattone che le aveva regalato Barbossa erano capi decisamente femminili…
Un ghigno le lampeggiò sulle labbra quando un urlo dalla murata del grande vascello la informò del suo imminente salvataggio.
Pareva essere un mercantile, se il Capitano avesse abboccato alla sua storiella sarebbe stata salva!
Con un po’ di rammarico gettò in mare le armi e si strappò di dosso la benda che le fasciava il braccio. Tutto doveva sembrare credibile, altrimenti si sarebbe consegnata da sola al patibolo…
- Aiuto! Aiutatemi, vi prego! – gridò, agitando il braccio sano per farsi individuare.
In men che non si dica fu issata a bordo da alcuni giovanotti abbronzati che le rivolsero qualche occhiata stupita e, rapido come una folata di vento, il Capitano fu di fronte a lei.
Si trattava di un uomo sulla quarantina piuttosto alto, i capelli biondo paglia legati in un codino austero e gli occhi verdi luccicanti di un sentimento irriconoscibile.
Bastò uno sguardo, e Cristal decise che quell’uomo non le piaceva.
- Capitano Wilkinson, l’abbiamo ripescata alla deriva su una barcaccia, Signore!– lo informò uno dei giovani che l’avevano aiutata a salire a bordo.
Quello, gli occhi ridotti a due fessure, la squadrò dall’alto in basso.
Le iridi verdi si soffermarono sui pantaloni sporchi di sangue, per poi posarsi sulla collana della fanciulla.
- Capitano, Dio vi benedica! Credevo che sarei morta! Ah, Signore misericordioso! – esclamò quella: la farsa era appena incominciata.
L’uomo rispose bruscamente, per nulla mosso a compassione da quelle esclamazioni devote.
- Suvvia, Signorina, non agitatevi. Che cosa vi è successo? –
Facendo bene attenzione a a simulare un grande spavento, Cristal prese a raccontare.
- Stavo raggiungendo mio zio a Port Royal, quando la nostra nave è stata attaccata… Oh, Maria Vergine, è stato terribile! Hanno ucciso tutti quanti! C’era tanto sangue, Capitano, così tanto sangue! – concluse coprendosi il viso con le mani.
Wilkinson fece un passo avanti e le posò una mano su una spalla in un contatto freddo e per niente spontaneo.
- Signorina, fatevi coraggio… - borbottò, mentre gli altri marinai si erano velocemente raccolti attorno a loro, avidi di notizie.
- Mi hanno presa prigioniera, Dio solo sa cosa mi avrebbero fatto se non fossi riuscita a scappare! Credevo che sarei morta in mare… - continuò, ormai calata alla perfezione nella parte al punto da avere gli occhi umidi di lacrime.
Il Capitano lanciò un’occhiata tagliente alla ciurma, che si dileguò in un baleno, e prese la giovane per un braccio con delicatezza, sospingendola piano in direzione della sua cabina.
- Non preoccupatevi, siete al sicuro. Nessuno vi farà del male a bordo della Liberty Breeze… - spiegò, mentre la faceva sedere e le portava un bicchiere di liquido ambrato che si rivelò essere brandy.
Cristal tossicchiò, ma cercò tuttavia di fingersi grata.
- Vi ringrazio, Capitano… - sussurrò, gli occhi bassi nel timore di sembrare troppo sfacciata.
- E così siete scappata… - considerò invece quello.
La bionda annuì timidamente.
- Il Capitano mi teneva segregata nella sua cabina. Proprio il giorno dopo lo scontro, tuttavia, i pirati furono attaccati da altri della loro specie… Ne approfittai per travestirmi da uomo e scappare nel bel mezzo della battaglia. Quanta paura, Capitano! E che vergona trovarmi ora in queste condizioni disdicevoli… - sussurrò.
Finalmente Wilkinson parve cedere alla sua menzogna, sedendosi di fronte a lei e considerando il da farsi.
Rimase in silenzio a lungo, poi si decise a riprendere la parola.
- Siete stata molto fortunata, senza dubbio. La Liberty dovrebbe fare rientro in Inghilterra, ma non credo che una piccola deviazione di rotta possa comportare un gran prolema. Vi faremo sbarcare nel primo porto amico, di modo che possiate prendere un’altra nave diretta a Port Royal. Temo che a bordo non ci siano abiti consoni alla vostra natura, tuttavia se vorrete potrò offrirvi un ricambio pulito di pantaloni… -
E fu così che, ancora una volta, Cristal Cooper riuscì a cavarsela grazie alla sua parlantina sciolta e ad un’innaturale fortuna.
Il Capitano la lasciò sola per il resto del pomeriggio, con la scusa che dopo un tale spavento avrebbe senz’altro avuto bisogno di riposarsi, e la giovane ne approfittò per studiare meglio la nave su cui era capitata.
La cabina del Capitano era di medie dimensioni, più ampia di quella di Ramirez, ma più piccola di quella di Barbossa. Era arredata in modo semplice e tuttavia ricerato, e Cristal intuì che quel Wilkinson non doveva essere un qualsiasi Capitano di mercantile.
La sua giacca blu era troppo curata, la cabina troppo pulita perché si trattasse di un individuo comune.
Fu allora che lo notò: sul tavolo, tenuto immobile da un fermacarte, se ne stava un foglio appena ingiallito che recava, impresso in inchiostro scuro, un marchio terribile.
- La Compagnia delle Indie… - sussurrò, proseguendo con la lettura.
Con un sussulto comprese quale fosse la vera natura dei commerci della Liberty Breeze e strinse i pugni di fronte all’ipocrisia di quel nome così delicato.
Uomini.
Il Capitano Wilkinson era un trafficante di uomini.
Era a conoscenza del commercio triangolare fra la vecchia Inghilterra, l’Africa e il Nuovo Mondo, il vecchio Abraham gliene aveva parlato spesso, a Port Royal, e Cristal aveva sempre trovato aberrante quella pratica.
Adesso il ventre della nave era carico d’oro, scambiato con le vite di uomini e donne che avrebbero dimenticato persino il loro nome, strappati alla loro terra in cambio di stracci e perline di vetro.
Strinse i denti e indossò gli abiti che il Capitano le aveva fatto portare, poi si pulì il viso e uscì sul ponte, ben decisa a trattare il più in fretta possibile il suo rilascio sulla terraferma.
Stava per imboccare la scala per il ponte di coperta, quanto dei bisbiglii catturarono la sua attenzione.
Si acquattò nel buio, mentre le voci si facevano via via più chiare e comprensibili.
- Non possiamo andare avanti così, è una follia! – sibilò qualcuno.
- Che cosa intendi fare? Sai benissimo che Wilkinson è inflessibile, non si può trattare con lui! – replicò qualcun altro.
Una nuova voce si fece sentire fra i sussurri.
- Qualcosa bisognerà pur decidere. Non mi sono imbarcato per trasportare negri pieni di pulci e non ricevere nemmeno mezzo scellino di ricompensa! –
Cristal trattenne il fiato quando i tre marinai passarono accanto al suo nascondiglio, ma prima che potessero scoprirla un forte schianto proveniente dal ponte li fece accorrere senza pensarci due volte.
- Se è di nuovo Martin, Wilkinson lo uccide! – gridò uno dei tre prima di sparire nella luce.
Cristal si morse un labbro e sospirò, per poi seguire i marinai sul ponte e sbircare quanto accaduto.
Il sole era ormai quasi calato del tutto sull’orizzonte, e i raggi illuminavano di sangue il ponte sul quale stava per consumarsi la tragedia.
Una fune doveva essersi spezzata per la troppa tensione, facendo precipitare i bozzelli sul ponte. Quelli erano piombati su una cassa, sfondandola e rovinando il materiale all’interno.
Il Capitano Wilkinson apparve dal nulla, la lunga giacca blu che svolazzava ad ogni passo.
- Signor Martin! – tuonò.
Un ragazzetto pallido e magro si fece avanti, i denti che battevano di terrore.
- Sì, Signore… - pigolò.
L’uomo lo scrutò intensamente, come se avesse voluto carpire anche il più recondito segreto della sua anima.
Poi parlò lentamente in quello che quasi sembrava un basso ringhiare, il verso di un lupo che si prepara ad attaccare.
- Se non erro, signor Martin, questa è già la quarta volta nell’arco di un mese che create disordini a bordo. – sentenziò senza distogliere lo sguardo dalle pupille impazzite del ragazzino.
- Sì, Signore… - rispose, la voce un miagolio indistinto.
- E, sempre se non erro, ero stato abbastanza chiaro riguardo al trattamento che vi sarebbe spettato nel caso di un altro passo falso. – continuò.
Il giovane annuì e basta, troppo terrorizzato per parlare.
Gli altri marinai si scambiarono sguardi atterriti, bisbigliando concitatamente fra loro.
- E qual è questo trattamento, signor Martin? Sapete dirmelo? – continuò. La paura che trasudava dal mozzo sembrava per lui fonte di godimento, tanto che Cristal sentì i brividi correrle su per la schiena.
Martin bisbigliò qualcosa, ma nessuno riuscì a udirlo.
- Parlate più forte, signor Martin. – lo incalzò il Capitano con un ghigno malato sul viso.
A quel punto l’altro deglutì e alzò appena la voce, quel tanto che bastava per farsi capire da chi gli era più vicino.
- Giro di chiglia. –
Fu come se il cuore di Cristal le fosse caduto in fondo allo stomaco.
- Giro di chiglia! – esclamò Wilkinson con espressione folle, mentre un paio dei suoi uomini si apprestavano a svolgere l’ordine e Martin prendeva a tremare come un epilettico.
Completamente dimentica della sua posizione, la figlia del fabbro si scagliò in avanti, afferrando il Capitano per un braccio.
- Così lo ucciderete! – gridò, nella voce lo sdegno dell’accusa.
L’uomo si voltò di scatto, in viso un’espressione dura e crudele.
- Ha commeso un errore, deve essere punito. La disciplina a bordo è essenziale! – replicò asciutto.
- Ma Signore, è solamente un ragazzino! Può succedere di sbagliare, per l’amor di dio, concedetegli la grazia! – e mentre tentava di difenderlo, il giovane veniva sottoposto all’atroce tortura di fronte alla ciurma attonita.
- Signorina, vi consiglio di non impicciarvi in cose che non vi riguardano. Perché siete sul ponte? Mi sembrava di avervi lasciato in cabina. –
La bionda trasse un profondo respiro per trattenersi dal colpirlo con un pugno poderoso, poi piantò gli occhi in quelli del Capitano senza più preoccuparsi della parte che stava impersonando.
- Volevo chiedervi per quando è previsto il mio sbarco, Capitano, perché sono davvero impaziente di abbandonare la nave. – sputò con astio mentre l’equipaggio rivolgeva l’attenzione un po’ al supplizio del compagno e un po’ al diverbio in atto fra Wilkinson e la sconosciuta.
- Navigando a velocità costante raggiungeremo terra domani in tarda mattinata. E ora, se volete farmi la cortesia di tornare nella mia cabina… -
Cristal gli rivolse un unico sguardo di ghiaccio, prima di voltarsi e marciare a passo deciso verso i suoi alloggi.
Mentre camminava a testa alta fra la ciurma, sentì diversi occhi posarsi su di lei, alle sue spalle il giovane Martin veniva issato nuovamente a bordo prima di perdere i sensi.
Forse aveva osato troppo, d’altronde si era accorta fin da subito che il Capitano nutriva un profondo scetticismo per la sua persona, ma un uomo così spregevole andava constrastato, e di questo era più che convinta.
Vi aveva rimuginato a lungo, ma un’idea le martellava la mente da quel pomeriggio, e più le pareva assurda e suicida, più si rendeva conto che probabilmente ce l’avrebbe fatta.
Era evidente quanto il malumore a bordo fosse condiviso dalla quasi totalità dell’equipaggio, e quel giro di chiglia di certo non aveva aumentato la popolarità del Capitano.
La Liberty Breeze, nonostante la sua funzione, era un’ottima nave. Pescava poco, e questo la rendeva agile nelle acque dei Caraibi, e i tre alberi le garantivano di ingabbiare il vento con facilità.
Era una follia, ma sentiva che osare, per una volta, sarebbe stata la scelta giusta.
Wilkinson scese in cabina per la cena, che consumò in fretta e senza spendere più parole del necessario.
- Dormirete nel mio letto, tornerò fra un’ora. – spiegò semplicemente prima di uscire dalla cabina e recarsi sul ponte di coperta, dove il suo secondo lo attendeva per il rapporto.
La ragazza attese qualche minuto, poi indossò la giacca che aveva richiesto per ripararsi dal freddo della sera e si appropriò di un coltello che aveva trovato nascosto in un cassetto.
Scivolò con cautela verso il ponte inferiore, dove il grosso dell’equipaggio era radunato in una sorta di consiglio, e prima di palesare la sua presenza attese in ascolto, nascosta con la complicità del buio.
Stavano ancora discutendo di Wilkinson e della sua tirannica condotta, e sembrava che tutte le intenzioni confluissero in un unico obbiettivo comune: liberarsi dello spregevole Capitano.
- Ci mancava solo la ragazza, lo sanno tutti che donna a bordo porta male! – esclamò qualcuno con voce un tantino stridula.
Cristal colse al volo l’occasione e apparve alla luce delle lampade, stretta nella giacca.
- Può darsi, invece, che la ragazza sia la leva per la vostra libertà. – sentenziò, beandosi delle espressioni stupite e spaventate dei marinai.
- Da quanto state ascoltando? – sbraitò un omaccione che riconobbe come uno dei tre che aveva incrociato quel pomeriggio prima dell’incidente di Martin.
La figlia del fabbro sorrise enigmatica e si avvicinò al tavolaccio attorno al quale erano raccolti tutti quanti.
- Da abbastanza per capire che voi ed io andiamo decisamente d’accordo. – si limitò a rispondere, in attesa della reazione degli uomini.
Fu il tizio che aveva insultato la sua presenza a parlare.
- E in quale modo voi potreste garantirci la libertà? Avete forse denaro e rum nel vostro corsetto? – sghignazzò, scettico.
Fu un lampo, questione di un secondo, e Cristal fu alle sue spalle, il coltello puntato alla gola.
- Ho esperienza, signore. Anni in mare. E una buona dimestichezza con la lama. – sussurrò mentre gli altri si congelavano, increduli di fronte a quella scena assurda.
In un gesto fluido appese l’arma alla cintura e prese a camminare avanti e indietro di fronte agli uomini.
- Signori, sul serio avete intenzione di continuare a servire un uomo come Wilkinson? – incominciò, schifata.
- Davvero il vostro onore è marcito al punto da rassegnarsi a commerciare uomini come se fossero animali? E il tutto per cosa? Una paga che non basta nemmeno a comprarsi una puttana per un paio d’ore? –
A quelle parole violente qualcuno strinse i pugni, altri spalancarono la bocca.
Chi era quella ragazza spuntata dal nulla che parlava come un condottiero? Per quale motivo rivolgeva loro simili parole?
- Guardatevi, vivete una vita da porci, rassegnati al male minore, terrorizzati da un uomo che vale quanto una pulce. E’ per questo che avete scelto la via del mare? E’ per questa vita? –
Un mormorio si alzò fra i presenti. C’era chi annuiva piano, chi le rivolgeva sguardi confusi.
- Quanti altri giri di chiglia ci vorranno prima che prendiate in mano il vostro destino? Io posso offrirvi la Libertà, quella vera, signori miei. Potrete guadagnare più denaro di quanto non siate capaci di contare e spenderlo con chi più preferite! – e a quell’esclamazione ne seguì un’altra, più unanime, da parte della ciurma.
Un altro marinaio, però, prese la parola.
- Belle parole, ma come intendete darci questa libertà? – domandò per metterla alle strette.
Cristal sbatté un palmo sul piano del tavolo, ormai completamente presa dall’euforia del suo discorso.
- Tutti lo pensano e nessuno ha il coraggio di dirlo. Ammutinamento, signori. Si tratta di pura e semplice democrazia. Il Capitano è indegno del suo ruolo. La ciurma, a voto unanime, lo depone dall’incarico. – spiegò, come se fosse stata la cosa più semplice del mondo.
- E chi ci dice che non finiremo tutti alla gogna? Questa proposta mi puzza, cosa ne viene in tasca a voi, ragazzina? – considerò un uomo dal viso cotto dal sole.
- Ho navigato con Capitan Jack Sparrow e ho servito a bordo della Perla Nera. Sono in mare da quattro anni e sono ancora in piedi. Se mi affiderete il comando della Liberty, giuro sul cuore degli Oceani che avrete la vostra ricompensa e diventerete più ricchi di venti Wilkinson messi insieme. –
Ci fu un momento di silenzio, poi gli uomini si lasciarono andare ad una risata volgare.
- Porterete pure i pantaloni, ma siete pur sempre una donna! – la apostrofarono.
Cristal sorrise, per nulla infastidita; ormai aveva imparato a trattare con gli uomini e sapeva cosa rispondere.
- Una bella garanzia, invero. – cinguettò.
- A chi crederebbero se denunciassi i vostri intenti sobillatori? A una fanciulla pudica e timorata di dio che ha udito per sbaglio una turpe consversazione, o a una manica di rozzi marinai incarogniti in cerca di oro facile? –
Voltò loro la schiena e prese a camminare lentamente verso le scale che portavano al ponte superiore, ma una voce la fermò.
- Aspettate! Avete un piano? –
Le labbra di Cristal Cooper si curvarono lentamente verso l’alto, mentre la ragazza girava sui tacchi.
Due ore dopo, sul ponte di coperta, regnava l’Inferno.
Cristal si era ritirata nella cabina del Capitano giusto in tempo perché Wilkinson non potesse sospettare della sua chiacchierata con la ciurma, e vi rimase per l’ora e mezza successiva, fingendo di dormire.
Fu dopo quella che le sembrava una vita, che rumori fastidiosi disturbarono la quiete nella stanza.
Wilkinson, seduto al tavolo intento a compilare i suoi giornali di bordo, drizzò la schiena e rimase in ascolto.
- Cosa diamine…? – balbettò, prima che uno dei mozzi più giovani spalancasse senza ritegno la porta della cabina urlando di terrore.
- Capitano! Ammutinamento! Aiuto, Capitano! –
L’uomo balzò in piedi e lo seguì senza pensarci due volte, raccattando le sue armi e preparandosi a combattere.
Non sapeva, tuttavia, che quello era un segnale concordato.
Cristal, che aveva finto di dormire fino a quel momento, scese dalla branda e fu all’aperto in un momento, fra le mani la spada leggera e pulita che la ciurma le aveva fatto trovare appena al di fuori del suo alloggio.
Nessuno badò a lei, tantomeno Wilkinson che si ritrovò presto accerchiato dagli ammutinati.
Fu a quel punto che, indietreggiando lentamente, la sua schiena fu pizzicata dalla punta di qualcosa.
Non dovette nemmeno voltarsi per capire cosa stesse succedendo, la voce cristallina della sua ospite risuonò decisa nella brezza notturna.
- Capitano Wilkinson, a nome dell’equipaggio vi dichiaro indegno del vostro ruolo, che d’ora in avanti cessate di ricoprire! – esclamò con fermezza.
Wilkinson fu attraversato da un fremito.
- Chi siete voi, strega? – sibilò, colmo di rancore e di paura mentre lasciava cadere la spada.
La ragazza ghignò, assaporando con un’unica ampia occhiata le espressioni incredule della ciurma.
Parlò con tono squillante come una tromba d’argento, negli occhi un’orgoglio antico e indomabile.
- Sono Cristal Cooper, Figlia della Tempesta ed erede del Faucon du Nord. – lasciò che il suo sguardo si posasse sui fedelissimi di Wilkinson, ora legati come salami all’albero di maestra, poi tornò a concentrarsi sugli ammutinati.
- La nave è presa, signori! Rendiamo la Liberty Breeze degna del suo nome! –
Un coro di hurrà si alzò potente dalla nave, mentre i prigionieri si scambiavano sguardi terrorizzati.
- Sbatteteli nelle sentine finchè non avremo trovato una sistemazione migliore! – ordinò Cristal.
Harvey, l’omaccione che aveva incrociato quel pomeriggio mentre meditava l’ammutinamento, si fece avanti con rispetto.
- Che facciamo con Wilkinson, Capitano? –
La figlia del fabbro assaporò quel suono senza fretta, godendosi ogni singola sillaba.
Capitano.
Alla fine ce l’aveva fatta.
Sotto le iridi verdi d’odio di Wilkinson, tuttavia, le tornò in mente la saggezza di Ramirez, il pirata dal cuore d’oro: è l’abito a fare il monaco e se si è capaci di crearsi un nome rispettato non sarà necessario far scorrere sangue.
O almeno non più del dovuto.
- Il signor Wilkinson non ha adempiuto ai suoi doveri. A errore corrisponde punizione. E sapete qual è la punizione assegnata dal Codice della Marina Britannica a un Capitano incapace, signor Wilkinson? –
L’uomo sbiancò, se possibile, ancora di più, e prese a balbettare parole inconsulte.
- No, vi prego, no! Grazia, Signora! Fatemi la grazia! – piagnucolò senza pudore.
Cristal rise, una risata amara e accusatrice.
- Grazia? Se vi concedo la grazia i miei uomini crederanno che io sia una rammollita. No signore, a bordo c’è bisogno di disciplina. – sibilò.
Poi si voltò verso Harvey e gli altri, seria come non mai.
- Giro di chiglia. E che sia lento a sufficienza. -
 







Nei Caraibi, la straordinaria vicenda dell’ammutinamento della Liberty Breeze si era diffusa a velocità impressionante, come a velocità impressionante si era gonfiata la fama della giovane Capitan Tempesta, come la chiamavano con affetto i suoi uomini.
Cristal Cooper si era dimostrata un Capitano severo e capace, abbastanza ardito da osare quando era il caso e sufficientemente prudente da non rischiare troppo.
Nessuno a bordo sapeva nulla di lei prima del suo arrivo sulla Liberty, e proprio grazie a questo era stata in grado di costruirsi un passato avvolto nelle nebbie, garantendosi una certa tranquillità.
La ciurma non la vedeva più come una ragazzina, una donna incapace di prendere qualsivoglia decisione, bensì come la persona che aveva donato loro la Libertà, qualcuno da seguire in ogni avventura.
Certo, all’inizio era stato difficile farsi rispettare, e nonostante l’esito positivo dell’ammutinamento spesso sentiva bisbiglii di perplessità fra l’equipaggio, tuttavia dopo due anni di navigazione più che fruttuosa, mentre i tacchi dei suoi stivali risuonavano ad ogni passo nel porto di Brest, la figlia del fabbro poteva dirsi soddisfatta di sé stessa.
Nonostante tutto, il mare freddo e selvaggio del Nord le era mancato, e salire le scale scricchiolanti che portavano alla dimora di Bleizenn Gwrac’h era stato per lei un po’ come tornare a casa.
- Bentornata, Capitan Tempesta! –
Gli occhi chiari della sacerdotessa l’avevano accolta assieme al denso aroma dell’incenso, il filo di fumo che serpeggiava nella stanza.
- Quale marea ti ha condotta fino alla mia dimora? – aveva domandato poi, versandole qualcosa da bere quasi avesse atteso il suo arrivo.
Cristal aveva preso posto sulla poltrona come indicatole dalla vecchia e aveva accolto senza indugio la tazza di cidro fresco.
- Una marea generosa, senza dubbio. – aveva replicato dopo essersi bagnata le labbra.
- Sono venuta a salutarvi, e a ringraziarvi. –  aveva continuato.
- Vedo che hai ritrovato tua madre. Mi fa piacere… - aveva replicato la donna con un sorriso indicando la collana con un cenno del capo.
- Ma c’è qualcos’altro di cui vuoi parlarmi, dico bene? – era stato il suo interrogativo, mentre le dita rugose e affusolate giocherellavano con le conchiglie e con i quarzi della sua collana.
Cristal aveva sospirato, puntando lo sguardo fuori dalla finestra aperta.
- Si tratta del Faucon du Nord. Adesso che sono diventata Capitano, il suo ruolo è passato a me… Come credete che potrebbe reagire la Flotta del Serpente? –
In quei due lunghi anni al comando della Liberty Breeze non era riuscita a evitare di pensare e ripensare alle parole di Barbossa. Ora era lei il Pirata Nobile del Mare del Nord, e questo comportava, oltre all’onore, una vasta schiera di nemici. Da chi avrebbe dovuto difendersi? Di chi si sarebbe potuta fidare? C’erano ancora così tante cose che non sapeva…
Bleizenn le aveva rivolto uno sguardo lungo e intenso, gli occhi come vetro a scrutare nell’abisso della sua anima, e finalmente si era decisa a risponderle.
- Custode del Mare del Nord, la benedizione di Ahès è su di te. Finchè mia madre lo vorrà, non correrai alcun rischio. – aveva spiegato.
A Cristal quasi era andato di traverso il cidro.
- Vostra madre?! – aveva esclamato.
Le bretone si era profusa in un sorriso misterioso, ma non aveva risposto a quell’ennesima domanda.
- Come ti dissi tempo fa, la rivalità fra il Falco e il Serpente è qualcosa di antico, e prima di pensare a te, i Filippini si concentreranno sul Faucon du Nord. Starà a te decidere se vorrai proteggere o meno la sua vita, Cristal Cooper. –
La ragazza aveva scosso la testa, contrariata.
- Ma Bleizenn, non so nemmeno chi sia questo dannato Faucon! –
Bleizenn aveva roteato gli occhi in uno sbuffo annoiato.
- Continuo a non capire perché nessuno voglia dirti niente. Fai vela verso Shipwreck Cove, e se necessario di’ che sono stata io a mandarti. Laggiù troverai tutte le risposte di cui hai bisogno. –
Shipwreck Cove, ancora una volta l’oscurità che avvolgeva la sua collana le parlava di quella baia maledetta e inespugnabile.
Cristal aveva preso un altro sorso e aveva sospirato.
- Temo che voi mi sopravvalutiate, Bleizenn. Ammetto che è da molto che vorrei visitare la Baia dei Relitti, ma sfortunatamente non ho la più pallida idea di come si raggiunga… - era stato il suo sospiro sconsolato.
Forse era addirittura arrossita un poco: quella sua sconfinata ignoranza la metteva sempre in soggezione. D’accordo, ormai era per mare da quasi sei anni, ma ogni giorno si rendeva conto di conoscere ben poco di quel mondo sconfinato di azzurro e libertà.
La donna le aveva poggiato una mano sulla spalla con fare materno.
- Non preoccuparti, sei giovane e hai ancora molto da imparare, ma hai già dimostrato di meritare appieno la tua posizione. – l’aveva rassicurata.
- Ad ogni modo, sappi che non esistono carte nautiche che conducano a Shipwreck Cove. La Città dei Relitti fu costruita molti anni fa, quando la Fratellanza era ancora lungi dall’essere fondata. Si tratta di un luogo inespugnabile, e per essere tale, il primo requisito è la segretezza della sua ubicazione. – aveva spiegato, mentre il sole iniziava a calare e accarezzava come seta gli alberi delle navi.
La ragazza, allora, aveva reclinato la testa all’indietro sbuffando nervosa.
- Magnifico! Non raggiungerò mai quel posto maledetto senza uno straccio di carta nautica! –
Ma nuovamente Bleizenn aveva riso della sua impazienza.
Si era alzata dalla sua grande poltrona imbottita ed era andata ad accendere un paio di candele per illuminare l’ambiente.
La sua gonna frusciava tranquilla sulle assi polverose del pavimento, e le collanine tintinnavano allegre, e per un momento Cristal aveva avuto l’impressione di un ricordo familiare.
- Quanta irruenza, Fille de la Tempête! – aveva esclamato la sacerdotessa, gli appuntiti denti da lupa ancora scoperti dal divertimento.
- Solo qualcuno che sia già stato alla Baia ti potrà condurre là. Cerca un Pirata Nobile. Dopotutto mi risulta che tu sia già in buoni rapporti con ben due di loro… -
La bionda aveva inarcato un sopracciglio, confusa.
- Due? –
Beh, uno era certamente Barbossa, ma l’altro? Chi diamine aveva incontrato che facesse parte della Fratellanza?
Bleizenn era andata a chiudere le imposte ed era tornata a sedersi di fronte a lei.
- Uno lo hai lasciato poco tempo fa, l’altro è colui che ti condusse a me… -
- Jack?! Jack è un Pirata Nobile? Cioè, Jack Sparrow?! – a quella notizia non aveva potuto trattenersi e si era sporta in avanti, la bocca spalancata di stupore.
Ma, quella sera, per la misteriosa ed enigmatica Bleizenn erano già state sprecate parole a sufficienza.
Le aveva offerto un luogo dove dormire, con la promessa che il mattino seguente le avrebbe raccontato di più, e così era stato.
Cristal Cooper e la sua ciurma avevano lasciato la Bretagna due giorni dopo, la prua puntata in direzione della vecchia Tortuga.
Harvey, il secondo, si era lamentato della sua scelta di abbandonare così presto le fruttuose acque della Manica, ma la sua indole di brontolone era stata messa a tacere dalla fiducia che provava nei confronti della ragazza.
Era stato il primo a fidarsi di lei, dall’ammutinamento, e in ogni disputa a bordo l’aveva difesa a spada tratta.
Gli piaceva lagnarsi, ma era una brava persona, dopotutto.
- Capitano, lungi dal voler mettere in dubbio le vostre motivazioni, ma mi chiedevo perché non abbiamo attaccato nemmeno uno dei vascelli che abbiamo incrociato finora… - le chiese un giorno di fine Giugno, mentre quella studiava su una vecchia carta consunta la sempre minor distanza che li separava dall’approdo.
Cristal appoggiò il compasso e scelse con cura una mela dal cesto al centro del tavolo pieno di libri e scartoffie.
La natura del bottino era una particolarità del Capitano che i suoi uomini non avevano mai compreso: mentre loro arraffavano quanto più oro possibile, lei andava in cerca di libri, diari, qualsiasi cosa si potesse leggere. Certo, in cabina aveva due forzieri stracolmi di monete e gioielli, ma non sembrava cedere al richiamo dell’oro come la sua ciurma, né dava segno di sperperare i suoi averi. Anzi, trattava il denaro con grande oculatezza, senza spendere mai più del necessario.
- Quando sei figlia di mercanti il risparmio ti resta nel sangue! – aveva spiegato un giorno ridendo al povero secondo, che non aveva capito un granché del suo ragionamento.
- Ho una certa fretta di raggiungere la terraferma, mastro Harvey, e un cattivo presentimento mi dice che non è il caso di rallentare… - rispose, gli occhi appena velati d’ombra nel parlare.
L’uomo storse il naso.
- La ciurma ha sperperato quasi tutto in divertimenti, a Brest… Non ci resterà un granchè arrivati a Tortuga… - continuò lui, ben deciso a non demordere.
La replica del suo Capitano, però, lo ridusse al silenzio, un brivido freddo a serpeggiargli su per la schiena.
- Dobbiamo pregare di arrivarci, a Tortuga… -
Quasi l’avesse sentito nelle ossa, il giorno dopo, a poche ore dall’alba, si levò un forte vento da Est. Sibilava subdolo fra le sartie e schioccava imperioso contro le vele spiegate, piegando gli alberi avanti e indietro.
Non pioveva, ma il cielo era grigio e cupo come il fondo di un boccale vuoto.
Fu poco dopo le sei del mattino che il vento si alzò ancora, inasprendo l’umore dell’Oceano che, infastidito da tanto frastuono, prese a gonfiarsi in disappunto.
Bastarono pochi minuti e il disappunto divenne ira roboante, le onde presero ad abbattersi con violenza contro il ventre della nave, sballottando i poveri marinai da una murata all’altra.
I marosi, sempre più alti nel loro ululare, iniziarono a schiaffegggiare il ponte riversando schiuma dovunque.
- Svegliate il Capitano! – gridò Harvey, mentre       due ragazzi reclutati in Bretagna facevano del loro meglio per ammainare le vele.
Cristal apparve sul ponte come se fosse bastata la sua necessità a farla materializzare.
Con un’ampia occhiata fece il punto della situazione, e il modo in cui aggrottò le sopracciglia non piacque a nessuno.
- Uomini! Stiamo attraversando un bel capriccio dell’Oceano! – gridò, aggrappata saldamente al timone per cercare di mantenere la rotta.
- Ci sarà parecchio da ballare, ma la costa è vicina! Non più di due ore, tenete duro! – ma sapeva anche lei quanto due ore in quelle condizioni potessero essere un’infinità.
Certo, non si trattava della violenza di Capo Horn, né dell’ipocrisia dei fondali della Manica, ma le onde erano impetuose, e la Liberty avrebbe dovuto dare il meglio di sé per resistere.
- Non ammainate ancora! Finchè regge sfrutteremo il vento! – urlò a chi stava cercando di ridurre la velatura.
Gli uomini la guardarono con orrore.
- Siete pazza, Capitano! Ci spezzeremo! –
Ma Cristal ripeté l’ordine, lo sguardo concentrato sull’albero di maestra che oscillava pericolosamente.
- No, finchè farete come dico! Fidatevi di me, ancora una volta! –
Sapeva di star chiedendo l’impossibile, ma se c’era una speranza di cavarsela senza troppe perdite era proprio quella, e per quanto suonasse una follia dovevano darle retta.
- Avete sentito tutti? Che il Diavolo vi porti se non fate come dice! Capitan Tempesta dovrà pur a qualcosa il suo nome, no, razza di cagnacci pulciosi? – sbraitò Harvey, affiancandola.
La bionda sorrise, mentre in cuor suo pregava che il suo soprannome giocasse a suo favore.
Il tempo sembrava scorrere senza senso né direzione. Da quanto erano intrappolati in quella rete di raffiche e acqua? Da quanto erano sballottati a destra e a sinistra senza sapere da quale parte fosse la terraferma?
- Voglio la metà di voi ai velaggi, gli altri ai loro posti! Quando darò il segnale dovrete liberare le vele. Sarà un colpo secco, quindi state attenti, o verrete squarciati in due come foste burro! – spiegò, ma l’ammonimento si perse nel vento.
Se i suoi calcoli erano esatti, forse ce l’avrebbero fatta.
Era un azzardo, ma ormai c’era ben poco da fare.
- Ancora un istante… -
Harvey la aiutava a tenere saldo il timone, mentre Loïc e Mathieu, i nuovi arrivati, attendevano l’ordine assieme ai compagni.
- Cosa vi dice che ce la faremo, Capitano? - sbraitò il suo secondo per farsi sentire al di sopra del fischio del vento.
Quella gli rivolse uno sguardo fugace, la speranza ancora aggrappata ai suoi occhi.
- Perchè l'ho già fatto! -
Poi tornò a concentrarsi sulle vele appena in tempo per dare l'ordine, così come a suo tempo Jack Sparrow aveva fatto a Capo Horn.
- Pronti… ADESSO! –
I pirati lasciarono libere le vele, che si gonfiarono per un istante e, con un rumore spettrale, si strapparono volando nel vento.
Gli alberi tornarono nella loro posizione naturale, ma la violenza dello schiocco aveva mietuto le sue vittime.
Un marinaio era stato colpito da una fune impazzita che gli aveva aperto il ventre in due metà precise, mentre altri due erano stati sbalzati fuori bordo.
I compagni avevano gettato loro delle funi a cui aggrapparsi, ma era stato tutto inutile e le onde li avevano condotti troppo lontani per sperare di farcela.
- Resisti, piccolina, resisti…. – sussurrò Cristal, le nocche livide da tanto stringevano il legno.
Poi accadde quello che più temeva.
Successe tutto contemporaneamente.
Uno schianto assordante li stordì senza lasciargli il tempo di prepararsi al sussulto e allo scarto a sinistra che il vascello fu costretto a compiere dall’irruenza dell’Oceano.
Il timone si era frantumato, e stavano andando alla deriva.
La figlia del fabbro trattenne il respiro. Di fronte a loro, a meno di mezz’ora, il porto di Tortuga li attendeva paziente.
- Ti prego, non illuderci così… - sussurrò.
Il suo secondo la vide muovere le labbra, e non riuscendo a udire le sue parole seguì la direzione dello sguardo.
Un lampo di gioia gli illuminò il viso e il grido gli nacque spontaneo nel petto.
- Terra! Signori, ancora poco e saremo salvi! –
L’equipaggio intero volse lo sguardo a prua, dove la sagoma dell’isola li chiamava più invitante di una sirena.
- Ce la faremo, vero? – domandò poi a colei che aveva offerto loro la vita.
Cristal non rispose, le dita strette attorno al suo ciondolo.
Trasse un profondo respiro e, pallida come non l’avevano mai vista, comunicò il suo verdetto.
- Se superiamo quelli. –
Davanti a loro, a tribordo, il ribollire argenteo delle acque indicava la presenza insidiosa degli scogli.
- Ci schianteremo! Cosa facciamo, Capitano?! –
Si morse le labbra, cercando di ragionare il più in fretta possibile.
Non avrebbero potuto cambiare direzione con il timone fuori uso. Strinse i pugni, cercando di non pensare di averli condannati tutti quanti, e ordinò l’unica cosa che le venisse in mente.
- Legatevi stretti, ci darà un bello scossone! –
L’impatto fu violento e disastroso. La fiancata si squarciò e la nave sbandò pericolosamente dal lato opposto.
- Capitano! Imbarchiamo acqua! – urlò qualcuno, nella voce la disperazione più totale.
Il panico la colse quando si rese conto che i suoi uomini avevano perso la speranza.
- Dieci di voi sottocoperta! Ne voglio altri dieci pronti a dare il cambio! Celeri! –
E mentre i suoi marinai cercavano di salvare la nave, Cristal Cooper contava, gli occhi puntati sulla costa di fronte a sé.
Ancora un paio di minuti e sarebbero stati salvi.
Poi, all’improvviso, l’Inferno tacque.
Riparata dalle scogliere che la separavano dall’Oceano con il loro abbraccio rassicurante, la Baia di Tortuga si aprì davanti a loro in una quiete assordante.
Una volta compreso di essersi lasciata la tempesta alle spalle, la ciurma esplose in un unico e scomposto grido di gioia, cappelli furono lanciati e applausi spesi per il giovane Capitano che li aveva salvati.
- Dovete ringraziare la vostra buona stella, altrimenti sareste stati buoni solo per Davy Jones, là fuori… - commentò un marinaio che li vide attraccare al molo con quello che rimaneva della Liberty Breeze.
Qualcuno rise, qualcuno si fece il segno della croce, altri lo mandarono a quel paese, barcollando ancora un poco sul pontile che si snodava fino alla strada che costeggiava la Baia.
Cristal non vi fece caso.
Seduta su una grande bitta osservava con tristezza la sua nave martoriata.
Le era bastato un rapido sguardo per rendersi conto del miracolo che li aveva salvati, perché della loro agile imbarcazione ormai restava poco più che lo scheletro.
I danni alla fiancata erano più gavi di quanto non avesse temuto, e il timone era completamente da sostituire.
Anche se qualcuno fosse riuscito a ripararla, ci sarebbe voluto troppo tempo, non avrebbe mai potuto trattenere una ciurma così a lungo in un porto come Tortuga.
- Capitano? – Harvey apparve accanto a lei, preoccupato per il suo silenzio innaturale.
- Ce l’abbiamo fatta, cosa vi affligge? –
La ragazza aveva indicato la Liberty con un cenno della testa.
- Guardala. Non rimane più niente. Ho preteso troppo da lei, e l’ho spezzata… - sussurrò.
- Temo, amico mio, che questo sia stato l’ultimo viaggio della Liberty Breeze. –
Ognuno recuperò la sua parte del bottino salutando, chi con tristezza e chi con sollievo, la carcassa del vascello.
Tortuga era una città trafficata e dalle mille opportunità, e degli uomini validi e coraggiosi come loro non avrebbero certo faticato ad imbarcarsi per nuove avventure.
Eppure non tutti erano rimasti soddisfatti dal discorso di congedo del loro Capitano, specialmente i membri più anziani della ciurma.
- E così è finita? Niente più Capitan Tempesta? – aveva mormorato uno scozzese che aveva partecipato all’ammutinamento contro Wilkinson.
- Non lo troveremo mai un altro Capitano così! – era stata la mezza protesta di qualcun altro, ma Cristal era stata irremovibile, e alla fine anche il buon vecchio Harvey, il fedele brontolone, aveva dovuto cedere ai suoi occhi di tempesta.
- Sei stato un ottimo secondo, Harvey. Spero che potremmo fare affari di nuovo, un giorno. –
L’uomo aveva sorriso, gli occhi sorprendentemente lucidi all’ombra guizzante delle torce.
- Cosa farete adesso? – aveva chiesto, impacciato.
Era stato il turno di Cristal di sorridere.
- Ho un certo progetto, ma prima devo trovare una persona. Ci vorrà forse un po’ di tempo, ma sono sicura che un giorno sentirai di nuovo parlare di me, e resterai sorpreso! –
Il pirata aveva cercato di replicare, ma la bionda l’aveva stretto in un abbraccio fugace.
- Riguardati, vecchia comare. – e, senza attendere risposta, era sparita nel buio della notte.
Si era fermata solamente quando aveva raggiunto la porta della più famosa bettola di Tortuga, il rumore del mandolino e delle bottiglie rotte a scaldarle il cuore.
Era da lì che tutto era incominciato, quella sera di tantissimi anni prima assieme a Jack.
A ripensarci ora le sembrava trascorsa un’infinità di tempo.
Aveva sedici anni, un cuore coraggioso e una famiglia da salvare.
Aveva avuto paura, ma salpare assieme a quel pirata dai modi strampalati le era sembrata la cosa più ovvia da fare. Si era lasciata alle spalle tutto quello che aveva, la sua casa, i suoi amici e l’uomo che amava, tuffandosi a capofitto in un baratro di incertezza che avrebbe potuto non risputarla mai più.
E invece ce l’aveva fatta, aveva tenuto duro ed era rimasta a galla, sfidando tempeste e maree, naufragi e battaglie senza quartiere.
Aveva conosciuto persone talmente diverse da credere che potessero provenire da mondi completamente differenti, e si era riscoperta lei stessa una donna che non avrebbe mai creduto di poter essere.
Raggiunse il bancone a grandi passi e vi sbatté due monete sonanti.
- Una bella pinta e una stanza pulita! – esclamò.
Dopotutto era orgogliosa di sé stessa.
Ripensò a Elizabeth e ai loro giochi d’infanzia: Capitan Swann e Capitan Cooper alla conquista dei Sette Mari.
In un certo senso, si ritrovò a considerare con un mezzo sorriso, aveva mantenuto la sua promessa.
Fu mentre beveva il primo sorso di birra scura, un pungolo leggero all’altezza del cuore al ricordo di un’altra persona, che una voce la riportò violentemente alla realtà.
- Cristal Cooper?! Per la barba di Nettuno, siete voi?! –
Si voltò di scatto, gli occhi spalancati di stupore.
Ricordava quella voce, nonostante gli anni.
Come poteva essere?
- Signor Gibbs?! -
































 
Note:

Buongiorno, mia prode ciurmaglia!
Alla fine non sono stata proprio rapidissima come avrei sperato, ma almeno non sono scomprasa per due mesi interi! xD
Questo capitolo mi ha dato non poco filo da torcere, nonostante mi sia molto divertita a scriverlo. Il motivo? Uno e semplice, come al solito ho dovuto riassumere un periodo piuttosto sostanzioso in poche pagine.
Sono sicura che avrei potuto rendere la prima parte in maniera migliore -così mi sembra un po' troppo sbrigativa- e non escludo di rimaneggiarla ulteriormente, quindi ogni consiglio o critica è più che bene accetto!
Dal punto di vista della trama, siamo a una svolta decisamente importante.
Cristal si è giocata il tutto per tutto, ma ancora una volta le è andata bene. Ma il vento della fortuna non potrà sempre soffiare dalla sua parte.... -spoiler grossi come case in arrivo xD-
In questo capitolo, forse, ho usato dei toni un pochino più cupi del solito, così come probabilmente è apparsa più cupa la nostra protagonista. A quanto pare l'anno a bordo della Perla Nera ha dato i suoi frutti... xD
Confesso che ho sofferto nel massacrare la Liberty Breeze a questi modi, ma per esigenze di copione avevo bisogno che Cristal arrivasse a Tortuga, per così dire, appiedata.
Se qualcuno di voi se lo stesse chiedendo, sì, Gibbs annuncia il ricongiungimento con le vicende dei film.
Già dal prossimo capitolo torneremo a vedere i nostri eroi, ma non sarà tutto rose e fiori, anzi...
Ah, ecco! Prima di chiudere vi lascio con una piccola INFORMAZIONE DI SERVIZIO!
Questo Weekend (ossia  Venerdì 31- Sabato 1 e-Domeinca 2) sarà a Lucca per il Lucca Comics and Games. Nel caso qualcuno di voi venisse, ci si può sentire via messaggio privato qui su EFP oppure tramite la mia pagina autore su Facebook!

Come sempre, un abbraccio a tutti voi che leggete/recensite/seguite eccetera!
Kisses,
Koori-chan


Ps: Bleizenn continua a dire cose in modo misetrioso. Riusciremo mai a sentirla parlare chiaro e tondo? XD

 
  
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