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Autore: Severia85    31/10/2014    3 recensioni
Durante la notte di Halloween gli spiriti possono ritornare in vita e una strega innamorata può tentare qualunque cosa per far ritornare l'amore della sua vita.
Storia scritta per la sfida La notte di Halloween del Magie Sinister Forum nel 2012
Ha partecipato al contest "Forever shot" di CecilieaMargherita, classificandosi quinta con un punteggio di 44,5 su 45
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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UNA NOTTE PER RITORNARE
 
La nebbia fredda e umida aleggiava sul paese come un fantasma, quando Alika, avvolta in un lungo mantello nero, apparve all’improvviso sulla riva del fiumiciattolo. Accanto ad essa, nascosta tra l’erba alta, una mano pallida e inerme spuntava da sotto un telo scuro arrotolato. La strega si chinò per assicurarsi che il suo prigioniero non avesse subito danni. Il suono di una risata infantile la fece acquattare tra l’erba, come un animale selvatico pronto a sferrare un attacco.
“Aspettami, mi è volato via il cappello!” urlò una bambina, mentre raccoglieva un cappello nero a punta.
“Muoviti Jane, o gli altri bambini arriveranno prima di noi e avranno tutti i dolcetti!”
I due bambini si avvicinarono all’argine: il più grande indossava una maschera verde e bitorzoluta che gli conferiva un’aria più ridicola che terrificante. Intanto, la bambina, impacciata dalla lunga veste da strega, aveva fatto cadere a terra un sacchetto pieno di caramelle e tentava di raccoglierle tutte il più in fretta possibile.
“Oh, ma perché mi è capitata una sorella così imbranata?” si lamentò il bambino, chinandosi per aiutarla.
In pochi istanti, ripresero la loro corsa in direzione delle case illuminate da zucche lampeggianti, senza notare la figura nera in agguato.
La donna misteriosa si mosse, tentando di sollevare l’involucro che si portava appresso, tuttavia l’impresa risultò più difficile del previsto: un semplice incantesimo di levitazione risolse il problema. Si incamminò lungo la strada, preceduta da una goffa figura che fluttuava a pochi centimetri da terra. Un gruppo di bambini mascherati la superò senza prestarle attenzione.
Finalmente, giunse a destinazione: una casa di mattoni in fondo ad una via chiamata Spinner’s end.
La porta era chiusa saldamente e alla strega occorsero diversi secondi per sciogliere tutti gli incantesimi di protezione che vi erano stati apposti. Quando riuscì ad entrare, il telo che ricopriva il suo bagaglio era ormai scivolato a terra, mostrando il corpo di un uomo la cui testa era reclinata in avanti e il mento appoggiava sul petto. Nonostante il buio della stanza, Alika individuò il profilo di un divano e vi fece fluttuare il suo prigioniero, lasciandolo cadere con un tonfo, ma l’uomo non emise nemmeno un gemito.
Alika accese alcune candele che si era portata appresso e illuminò meglio la stanza. Nulla era cambiato: i vecchi libri foderavano ancora le pareti, il divano e la poltrona circondavano il tavolino traballante; su ogni oggetto si era depositato uno spesso strato di polvere. Un grosso ragno peloso aveva tessuto la sua tela sopra lo specchio nell’ingresso; in un angolo giaceva abbandonato un vecchio calderone rovesciato e incrostato di polvere e sporcizia.
Alika osservava ogni cosa con una fitta di dolore e nostalgia: anche se aveva passato ben poco tempo in quella casa, ogni istante era impresso a fuoco nella sua mente e nel suo cuore. Erano trascorsi più di tre anni dalla morte di Severus, ma nessuno aveva reclamato quell’eredità e non era mai stato trovato nessun testamento; poco dopo la fine della guerra, era stata avanzata la proposta di trasformare la casa in un museo, tuttavia la burocrazia e una parte dell’opinione pubblica avevano rallentato il progetto che era stato ben presto abbandonato. Ogni cosa era stata lasciata com’era, in balia del tempo e della muffa. Quanto sapere era stato lasciato a marcire tra le pagine di quegli antichi volumi?
Alika, strinse i pugni, poi cercò di calmarsi e controllò l’orologio: erano le dieci e mezza; tutto si doveva compiere entro la mezzanotte.
Con alcuni colpi di bacchetta, la strega spostò il tavolino e la poltrona contro la parete, in modo da creare un ampio spazio al centro della stanza. Con un gesso bianco, tracciò sul pavimento lurido un cerchio e, sul perimetro, accese alcune fiammelle azzurre. Si avvicinò quindi al divano, dove posò lo sguardo sul Babbano che dormiva un sonno simile alla morte: aveva i capelli neri, tenuti corti sui lati e sulla nuca; gli occhi, ora chiusi, erano neri come una notte senza luna: Alika lo sapeva bene, perché erano stati il motivo per cui aveva scelto proprio lui fra le tante vittime possibili. Il naso dritto e le labbra sottili completavano quel volto pallido ed esangue. La strega gli sollevò un braccio e tastò il polso molto debole: da alcuni giorni gli risucchiava l’energia vitale, senza però ucciderlo. Questa era una parte fondamentale del piano e richiedeva attenzione e abilità, tecniche che aveva affinato in quei tre ultimi anni. Alika ritornò con il pensiero a quei terribili giorni in cui aveva dovuto rimanere nascosta nell’ombra, sempre pronta a fughe precipitose; la ricerca disperata di quell’unico incantesimo utile, sepolto ormai negli abissi del tempo, perduto e dimenticato. Aveva viaggiato molto, si era dovuta difendere, ma ora era finalmente ritornata.
Alika sollevò l’uomo e lo depose al centro del cerchio: tutto era pronto. Dalla tasca del mantello, estrasse un rotolo di pergamena, lo srotolò e, con voce forte e chiara, cominciò a leggere:
“In magica nocte, ex inferis, vaga anima, mortus spiritus Severus Piton, a morte ad vitam voco et revoco ad habitandum hoc corpus donatum.”
Alika ripeté la formula per tre volte, mentre le fiammelle guizzavano mosse da un vento invisibile. Ad un tratto si unirono, creando un cerchio di fuoco che vorticava rapido. Il corpo svenuto si sollevò, la testa si rovesciò all’indietro e gli occhi si sbarrarono. Alika osservava la scena piena di sgomento: l’antico incantesimo celtico doveva annullare tutte le leggi fisiche e metter in contatto il mondo reale con quello dell’aldilà. Si trattava di magia antica e pericolosa, da gestire con prudenza: e se qualcosa non avesse funzionato come doveva? Se avesse sbagliato formula?
All’improvviso il vento cessò e l’uomo appoggiò i piedi a terra sbattendo le palpebre.
“Severus?” mormorò con un filo di voce la strega.
L’uomo non rispose e continuò a guardarsi intorno, con aria terrorizzata.
“Severus, sei tu?” chiese di nuovo Alika, incapace di avvicinarsi.
L’uomo la fissò per qualche secondo, poi corrugò la fronte, come se tentasse invano di ricordare dove l’avesse già vista.
“Dove sono?” chiese infine.
“Severus, sei tu?” domandò ancora una volta la strega, tremando vistosamente.
“Dove sono? Dov’è la luce?” chiese, alzando la voce, evidentemente in preda all’ansia.
“Quale luce? Se vuoi posso accendere qualche altra candela.” Rispose Alika, facendosi forza.
“Candele? Dove sono? Dove mi hai portato?” ripeté l’uomo, avvicinandosi alla strega e iniziando ad urlare.
“Severus, ti prego! Sei a casa tua: ti ho riportato in vita!” esclamò Alika, con la voce che tradiva un misto di paura e orgoglio.
Quelle parole ebbero l’effetto di calmare di colpo l’uomo che mosse qualche passo e si accasciò sul divano, portandosi le mani sul volto. Poi osservò le proprie mani, come se le vedesse per la prima volta.
Alika prese coraggio e gli si avvicinò, inginocchiandosi ai piedi del divano:
“Severus, amore mio: adesso siamo di nuovo insieme.”
“Che cosa hai fatto? Queste non sono le mie mani.” disse, scuotendo la testa con aria inorridita.
“Ho cercato tanto questo incantesimo: tu non sai cosa ho dovuto affrontare per ritrovarlo, ma ora sei di nuovo qui con me! Ti ho procurato questo corpo da abitare, così staremo insieme per sempre! Ti piace?”
“Che cosa hai fatto?” ripeté, con la stessa voce sconsolata.
“Non sei felice di essere di nuovo qui? Con me? Sei morto troppo presto e io non riuscivo ad accettarlo; ora possiamo ricominciare da capo, insieme. Possiamo portare avanti le nostre convinzioni e i nostri ideali.”
Scese il silenzio: Severus guardava la donna e i suoi lunghi capelli biondi, gli occhi chiari e brillanti, il profilo del viso leggermente squadrato, le labbra rosse e carnose. Allungò una mano per sfiorarle una guancia poi sussurrò:
“Che cosa hai fatto, Alika?”
“Allora ti ricordi di me!” esultò la strega, con la voce rotta dall’emozione. “Amore mio!”
Alika gli buttò le braccia attorno al collo e lo strinse forte; il mago non ricambiò.
“I ricordi stanno tornando.” Affermò con voce piatta, allontanando la donna da sé.
“Ricordi chi sei?”
“Sì, purtroppo.” Gli occhi del mago erano assenti e spenti.
“Non dire così, ti prego: ti ho riportato qui e, d’ora in poi, saremo felici insieme!” continuò la strega, prendendo le mani dell’amato tra le sue. Severus le scostò con un gesto brusco e si alzò.
“Felici? Che cosa ne sai tu della felicità? Mi hai strappato alla mia pace per portarmi di nuovo qui, in questa terra di dolore e angoscia.”
“Ma, Severus…”
Anche Alika si era alzata e cercava invano di avvicinarsi all’uomo.
“Sto ricordando ogni cosa, tutto ciò che l’oblio aveva cancellato: il dolore, il sangue, la disperazione, lo sguardo terrorizzato delle mie vittime.”
“Che cosa dici? Noi agivamo per una giusta causa, obbedendo all’Oscuro Signore. Ora, lui se ne è andato, ma noi possiamo continuare la sua opera, insieme.”
Alika gesticolava nel tentativo di rendere più incisive le sue parole, ma Piton le rivolse uno sguardo deluso:
“Alika, quanto sei giovane e ingenua: come puoi ancora credere in certi ideali? Quando ti ho incontrata la prima volta, io già non li condividevo più e dovresti sapere che per lunghi anni ho servito un unico mago: Albus Silente.”
“Tutte queste cose che sono state dette di te, che eri un traditore, che hai aiutato Potter: io non le ho mai credute. Io ti conosco Severus Piton e so che uomo sei!”
“Tu non sai nulla di me!”
“Io ti amo!”
Era la prima volta che Alika confessava il suo amore così apertamente e sperava che quella dichiarazione lo avrebbe colpito dritto al cuore.
“Tu ami una maschera, una persona finta che non ti ha mai mostrato il suo vero cuore.” Rispose Severus, dispiaciuto per quella ragazza testarda che credeva di amarlo.
“Smettila: non devi più continuare questa farsa! È la notte di Halloween e ad Halloween è l’unico giorno dove ti puoi permettere di essere veramente te stesso, senza più nasconderti e senza più mentire.”
“Io sono ciò che ti ho detto.”
“No, non è vero! Tu non sai che cosa ho passato io in questi tre anni, da quando sia tu che il Signore Oscuro mi avete abbandonata. Non sai quante volte sono dovuta scappare, quante volte ho dovuto nascondermi o fingere di essere qualcuno che non ero, per sfuggire ai rastrellamenti degli Auror. L’unica cosa che mi ha tenuto in vita, che mi ha dato forza era il pensiero di te, dei tuoi occhi e del tuo amore.”
La strega era sull’orlo delle lacrime, tuttavia stava mettendo in gioco tutte le sue forze e tutto il suo cuore per convincere Severus dei suoi sentimenti.
“Ma io non ti ho mai amata, Alika. Tu l’hai voluto credere, perché sei giovane e piena di entusiasmo, anche se lo rivolgi a questioni sbagliate.”
“Questo non sei tu!”
Alika scoppiò a piangere, coprendosi il volto con le mani. Severus rimase ad osservare il suo corpo scosso dai singhiozzi: sembrava una bambina sola e disperata. Quando si fu calmata, il mago le sollevò il viso con una mano e con voce calma le chiese:
“Puoi portarmi indietro?”
“Indietro?” chiese Alika, senza comprendere il vero significato di quella domanda.
“Puoi restituire la mia anima all’oblio e recuperare quella dell’uomo a cui hai sottratto il corpo?”
Alika lo guardò inorridita:
“Vuoi tornare indietro? Vuoi morire ancora?”
“Rivoglio la mia pace.”
“La tua pace? E a me non pensi? Ci ho messo tre anni per trovare e mettere a punto questo incantesimo, ho dovuto aspettare la notte di Halloween e venire qui; ho rischiato tanto per riaverti, per mettere fine al tuo oblio e al mio dolore e adesso tu vuoi che io ti rimandi indietro?”
La strega aveva gli occhi sbarrati e urlava senza controllo.
“Mi dispiace per te, Alika. Mi dispiace che tu abbia faticato tanto, inseguendo false illusioni, ma sei una strega in gamba e questa notte lo hai dimostrato: sono certo che saprai cavartela nel mondo e troverai la tua strada, anche senza di me. Ora, però riportami indietro.”
Per qualche istante, il mago e la strega si osservarono e negli occhi di entrambi vi era una cupa disperazione.
“Mi dispiace, è impossibile.” Rispose la strega, alzandosi e guardandolo per la prima volta con odio e disprezzo.
“Ti prego!” la implorò Severus.
“Io ho studiato un incantesimo per portarti qui, non per rimandarti nell’aldilà. Penso che tu non abbia altra scelta.” Disse, facendo comparire dal nulla un pugnale con una lunga lama affilata.
“Così ucciderò anche questo poveretto!” ribatté Severus, stringendo i pugni.
Alika si limitò ad una alzata di spalle: sperava fortemente che rinunciasse ai suoi propositi, che non trovasse il coraggio per compiere un gesto, ai suoi occhi, assurdo.
Nell’animo di Severus si combatté una tremenda battaglia: da una parte il desiderio prepotente di ritrovare la pace, dall’altra il senso di colpa opprimente e ben conosciuto nei confronti di quell’anima ignota che era stata condannata a morte. Il tormento fu breve: di fronte al sollievo dell’oblio, ogni altra cosa perdeva d’importanza.
A passi lenti, Severus si avvicinò ad Alika che reggeva il pugnale.
“Mi dispiace.” Sussurrò.
“Non lo farai.” Rispose lei, con un filo di voce.
“E invece sì.”
Afferrò il pugnale dalla lama, ferendosi il palmo della mano. Alika cercò di sottrarglielo ma non ebbe abbastanza forza e il manico le scivolò.
“No, ti pregò!” urlò, mentre Severus osservava quasi ipnotizzato il sangue che gli colava lungo l’avambraccio.
“Altro sangue innocente versato per colpa mia.”
Con queste ultime, parole affondò la lama nel petto, all’altezza del cuore. Un gemito soffocato uscì dalla sua gola, mentre Alika urlava disperata.
Il mago cadde sulle ginocchia e il dolore gli deformò il viso; si accasciò quindi sul pavimento e ad Alika non restò che osservare, con odio e disperazione, il sorriso che increspava le labbra di quel corpo abbandonato.
Si inginocchiò accanto a lui, piangendo e chiamando l’uomo che amava. Restò così per lungo tempo, fino a quando la pallida luce dell’aurora iniziò a filtrare dalla finestra. Il giorno di Ognissanti stava per iniziare e Alika si sentì persa: che cosa avrebbe fatto d’ora in poi? Non trovò una risposta. Guardò ancora una volta il corpo straziato, ma sorridente disteso accanto a lei: il manico del pugnale, intarsiato di gemme, brillava nella semioscurità. Alika lo afferrò e lo tirò con forza. La lama grondante di sangue le balenò davanti agli occhi.
“Se non vuoi stare con me da vivo, allora condivideremo l’Inferno.”
La lama penetrò a fondo, lacerando la carne morbida e sottile della strega; Alika graffiò con le unghie il pavimento, mentre l’ultimo soffio vitale l’abbandonava. I capelli nascosero la bocca distorta per il dolore. Un ultimo pensiero le attraversò la mente mentre moriva: avrebbe potuto trovare un altro motivo per vivere? Oramai, era troppo tardi. L’anima l’abbandonò, vagando in cerca della luce.
  
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