Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Sofyflora98    31/10/2014    2 recensioni
Sofia è una ragazza apparentemente comune, ma un incidente avvenuto in un pomeriggio di settembre, dopo la scuola, le svelerà la sua vera natura: lei è un'Astral, una persona che riesce a rendere reale ciò che non esiste. E' stato in seguito a quell'incidente che venne coinvolta nell'Astral project, l'associazione che gestisce e tiene sotto controllo questo strano fenomeno. Tra maggiordomi diabolici, dei della morte fiammeggianti e creature mostruose, Sofia scoprirà un mondo interamente nuovo, iniziando a comprendere meglio la vera natura della fantasia umana e dei sentimenti che si può provare per qualcosa che non esiste. O almeno, che fino a poco prima non esisteva.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grell Sutcliff, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Era una fortuna che fossi preparata ad una reazione del genere da parte dello shinigami, altrimenti temo sarei morta dalla paura. Non credo sia necessario spiegare quanto sia inquietante vedere qualcuno che ti minaccia di morte, scoprendo denti da squalo, in una fabbrica abbandonata di notte. Specie de questo qualcuno è un serial killer.
Potevo chiaramente vedere i suoi occhi guizzare in ogni direzione, come per analizzare la situazione prima di fare mosse azzardate. Io non battei ciglio, e fece ancora qualche passo avanti, che causò subito una n uova serie di ringhi e sibili da parte del rosso.
Feci di nuovo per parlare, quando lui scattò in avanti sfoderando la sua famosa Death Schyte  a forma di motosega. Lo schivai, preparandomi a contrattaccare, e notai che il piano che avevo pensato anticipatamente aveva già qualche piccolo risultato: nel momento in cui mi era stato più vicino, aveva assunto un’espressione sorpresa, abbandonando l’espressione da psicopatico di poco prima.  Mi rivolse un altro sguardo simile a quello, ma ora ci lessi anche una punta di curiosità.
La tenuta rossa mi fa proprio comodo! pensai, soddisfatta di quelle reazioni.
Già, perché in verità non stava semplicemente guardando me, ma l’armatura (sempre che si potesse davvero chiamarla così) che indossavo. La sua passione per il colore rosso non va mai sottovalutata, e nemmeno in quel caso fece cilecca.
Dopo qualche istante, però, si riscosse, tornando ad attaccarmi.
Mulinò la falce come per mozzarmi la testa, costringendomi a lasciarmi cadere di peso sul pavimento per non farmi decapitare, e rotolai sul fianco per togliermi dalla sua portata.
- Ora calma – dissi lentamente ad alta voce – Non voglio farti del male, d’accordo? Voglio solo parlart… -
Fiato sprecato. Grell mi aggredì ancora, ed ancora dovetti limitarmi a togliermi di mezzo: l’idea di colpirlo non mi andava a genio, e stavo ancora studiando le sue mosse per capire come metterlo al tappeto senza fargli troppo male. Ammetto che c’è un limite anche all’essere otaku e fangirl, ma dover ferire il proprio personaggio preferito dubito sia facile da accettare per chiunque.
- Che stai facendo? – urlò il signor Simon, preoccupato.
- Tutto a posto! – gli risposi, mentre Grell si preparava a tornare alla carica – Non avvicinatevi! –
Stavolta non guardai dove puntava la motosega, ma il suo sguardo. Non era arrabbiato, né perverso, e neppure freddo. In realtà, il suo sguardo era… spaventato. Aveva gli occhi spalancati, e le labbra gli tremavano. Non era attento a ciò che facevo, ma si buttava su di me quasi a casaccio, proprio come un animale ferito che cerca di salvarsi.
L’avevo previsto.
Sapevo che probabilmente il trauma dell’improvviso passaggio in questo mondo l’avrebbe terrorizzato e reso violento e aggressivo come non mai, ma qui c’era anche il mio vantaggio. Un nemico che attacca brutalmente è disattento. Dovevo coglierlo di sorpresa e fermarlo in un colpo solo.
Il momento giusto venne quando nella foga di provare ad uccidermi di nuovo, il dio della morte s’impigliò con il tacco dello stivaletto sul cappotto.
Pulsante numero cinque.
Grell era di nuovo rivolto nella mia direzione, e aveva le labbra tirate in un ghigno.
L’arma che avevo focalizzato nella mia mente mi prese forma tra le mani.
Voglio sconfiggerlo in un colpo solo.
La spranga di metallo lo colpì dritto alla fronte, fermando la sua corsa. Colsi subito l’occasione per assestargli un altro colpo, stavolta alla nuca.
Era successo talmente in fretta che non me ne resi conto fino a che non lo vidi accasciarsi ai miei piedi, la testa sanguinante. Tenevo ancora la sbarra in mano, sollevata. Improvvisamente ci fu silenzio, ora che non si sentiva più il rumore della motosega.
- Uao – disse la voce di qualcuno della squadra che in teoria doveva partecipare alla lotta. Il resto del gruppo non disse nulla, tanto erano rimasti spiazzati dalla maniera con cui lo avevo steso.
- Sofia… - disse debolmente il signor Simon alla fine – Hai appena fatto perdere i sensi ad un dio della morte. Con una comune spranga di ferro, per di più… -
L’asta si dissolse, lasciandomi libere le mani. Non è che l’avessi pensato, di colpirlo in quel modo. Mi è sembrato naturale, facile. L’ho fatto istintivamente. Nemmeno l’arma l’avevo scelta prima; l’avevo immaginata e basta nel momento in cui l’avevo visto ghignare.
Mi guardai le mani, scombussolata: come diavolo avevo fatto?
- Beh, ora non avrete problemi, no? L’ho recuperato – dissi a bassa voce. Gli altri si affrettarono a confermare la cosa.
Mentre uscivamo, prima di entrare nel portale che mi avrebbe ricondotta a casa, diedi un’ultima occhiata al viso dello shinigami.
Sentii una lieve fitta allo stomaco.
 
Dopo aver dormito quel poco che riuscii, agitata com’ero all’idea di aver praticamente preso a bastonate il mio idolo, ed aver affrontato ben sei ore di lezioni a scuola (che seguii molto relativamente), finalmente giunse l’ora di recarmi di nuovo alla sede dell’ associazione Astral Project.
Sebastian aveva un’aria decisamente abbattuta, dovuta suppongo alla prospettiva del ritorno del suo stalker più accanito.
L’associazione era in gran fermento, ma l’atmosfera era generalmente allegra. Sì, notai che c’era più luce, un certo senso.  Feci appena in tempo a mettere piede nella sala d’entrata, quando fui assalita da un orda i Astral di età varia. Mi sentii quasi schiacciare, mentre Sebastian si toglieva discretamente di mezzo, quel diavolo che non è altro.
- Insomma, state zitti! – tuonò una dei più grandi, mettendo a tacere la massa. Si fece avanti una ragazza circa della mia età, con capelli castano scuro che le arrivavano alle spalle, appena ondulati, e occhi neri. Era poco più alta di me, e più magra. Sì, forse aveva un annetto di più.
- Scusa l’aggressione – mi disse, sorridendo – ma è un mese che speravamo di parlare con la nuova recluta super dotata di cui tutti parlano, e dopo aver sentito dell’impresa di ieri sera, chi riuscirebbe a trattenerli? – ed accenno scherzosamente ai più giovani.
Io mi sforzai di sorridere a mia volta, nonostante l’idea di essere circondata da tutta quella gente mi mettesse a disagio. Non ho mai amato le folle, né tantomeno essere al centro dell’attenzione (tranne quando si tratta di recite teatrali, ma quella è un’altra storia).
- Grazie, ma davvero, non ho fa… - il signor Simon si fece largo nella calca, schiarendosi rumorosamente la voce, e mi afferrò il polso, trascinandomi via di lì.
- Scusate l’interruzione, ma le presentazioni e la socializzazione saranno rimandate a dopo. Ora Sofia ci serve di là – e detto questo mi portò con lui in una delle varie aree dell’associazione, che per me era ancora un labirinto, perlopiù.
- Cos’è questa fretta? – gli domandai, mentre scendevamo delle gradinate che portavano alle stanze sotterranee; che poi erano più o meno uguali a quelle al piano terra, solo che erano frequentate unicamente dalla squadra scientifica e dai veterani, invece che da cani e porci.
- Grell, ovviamente – rispose l’uomo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
- Ah, già. Grell. Se mi dessi qualche particolare in più forse capirei – commentai, sarcastica.
- Beh, si è svegliato. Non in condizioni ottime, in verità. Nonostante l’aspetto innocuo, picchi davvero duro, ragazza! –
Cercai di ignorare l’accenno all’aspetto innocuo, e lo esortai a continuare.
- Siamo riusciti a spiegargli la situazione. C’erano anche gli altri shinigami con noi, quindi si è calmato e ci ha ascoltati senza provare a linciarci, comunque non è stato semplice convincerlo. All’inizio ringhiava, urlava e ci dava dei bugiardi, quando gli abbiamo spiegato che fino a neanche un anno fa lui non era che un disegno. Alla fine, grazie al cielo, ce l’abbiamo fatta. E la prima cosa che ha chiesto è stata… - poi si fermò, sfidandomi ad indovinare.
- Se gli lasciavate farsi Sebastian? – tentai, un po’ irritata. Non avevo mai sopportato quando la gente non arrivava dritta al punto. Simon ridacchiò, ma scosse la testa.
- No, mia cara. Ha chiesto chi era la fanciulla in rosso. E quando gliel’abbiamo detto, ha voluto sapere se l’avrebbe vista di nuovo –
Persi un battito, sentendo questo.
Dovetti fare appello a tutta la mia buona volontà per non perdere la testa. Mi sentii il viso andare in fiamme, e credo che Simon se ne fosse accorto, da come mi guardò. Ma, beh, chi se ne importava!
Feci una piroetta su un piede, alzando le mani in aria ed esultando.
- Vuoi incontrarlo subito, o preferisci calmarti un po’? –
- Adesso, adesso! – strillai impaziente, l’umore alle stelle.
Nei piani sotterranei c’era un’area di stanze isolate a blindate, dove mi avevano spiegato tenessero i “personaggi cattivi” che non volevano collaborare, e che invece provavano ad aggredire i membri dell’associazione. Era anche il luogo provvisorio nel quale anche gli altri erano tenuto fino a che non fossero stati certi che non avrebbero avuto crisi isteriche o roba simile; insomma per il tempo necessario ad assicurarsi che non sarebbero stati pericolosi. In realtà i più restavano lì solo qualche ora, perché erano pochi i soggetti che davvero avrebbero potuto impazzire, e ancora meno quelli che sarebbero stati anche in grado di nuocere a qualcuno, dato che erano in maggioranza umani anche negli altri mondi.
- Ha provato ad uccidervi quando si è svegliato, eh? –
Simon annuì – Ha reagito meglio rispetto alle nostre previsioni, però. Abbiamo verificato le sue condizioni, e siamo giunti alla conclusione che il trasferimento si è svolto perfettamente, e sia il suo fisico che le sue abilità sovrannaturali non ne sono stati danneggiati. Non ci sono sbilanciamenti psichici, ne null’altro. Non è ostile verso di noi, e non se l’è presa per essere stato catapultato qui – mi elencò, grattandosi la nuca.
- E come mai è ancora nelle celle, allora? –
- Non vuole uscire, anche se gli abbiamo detto che non era nostro prigioniero. Si è rintanato in un angolo, con le ginocchia strette al petto come l’abbiamo trovato nella fabbrica. Non vuole parlare neanche con gli altri shinigami, né nessun altro. L’unica cosa che gli abbiamo cavato di bocca dopo avergli raccontato cos’era successo è stata la domanda su di te. Non siamo noi a rinchiuderlo, ma è lui a non volersi muovere – il giovane uomo si voltò verso di me, con uno sguardo d’intesa. Io gli risposi con un’occhiata interrogativa, senza capire dove volesse andare a parare.
Di fronte alla mia reazione, lui sospirò – Forse tu riuscirai a farlo uscire dalla sua tana, eh? –
Mi indicò la stanza dove si trovava lui. A differenza di tutte le altre ad essere occupate, che erano sigillate ben bene, dato che i mostri e i malvagi non volevano saperne di fare i bravi su questo mondo, la porta era spalancata. Simon rimase indietro, mentre io mi avvicinai e sbirciai all’interno.
Era proprio come aveva detto lui: nell’angolino più in fondo c’era una figura rannicchiata su se stessa, coperta quasi del tutto da una coltre di capelli scarlatti. Non appena sentì il rumore dei miei passi, il dio della morte sollevò la testa di quel che bastava a vedere chi fossi.
- Lasciami stare – disse con voce flebile. Quando lo ignorai, alzò del tutto il capo, e riuscii a vedere gli occhi arrossati – Ho già detto che non voglio parlare con nessuno! – mi gridò contro – Vattene via! –
- Volevo solo assicurarmi che non ce l’avessi con me per averti preso a bastonate in testa ieri sera – dissi semplicemente. Grell sgranò gli occhi, e il suo labbro inferiore tremò.
- Sei la ragazza in rosso – non era una domanda, ma una constatazione. Beh, per lo meno non era più appallottolato come un bambino.
- Scusami – gli dissi – Ma stavi cercando di uccidermi, capisci… –
Lui rimase in silenzio, osservandomi. Alla fine mise il broncio e voltò lo sguardo dall’altra parte – Hai rischiato di rovinare il mio viso – borbottò con un tono che voleva essere accusatorio, ma che risultava solo infantile e buffo.
- Impossibile. Se è rimasto illeso dopo essere stato schiacciato da Sebastian, allora non sarà certo un’umana come me a deformarlo in maniera irreversibile – lo contraddissi.
Fece per controbattere, ma alla fine cambiò idea, e si richiuse su se stesso di nuovo. Probabilmente qualcun altro sarebbe stato infastidito da questo suo atteggiamento, ma naturalmente è di una otaku che stiamo parlando, e i miei pensieri vanno contro quelli dei più. A mio parere, infatti, era semplicemente adorabile.
Senza esitare mi avvicinai al rosso, e gli afferrai con forza il viso, costringendolo a guardarmi. Con mio grande stupore, Grell non oppose resistenza.
- Tu ora vieni fuori di qui, o ti mutilo, intesi? – gli intimai. Non ottenni alcuna risposta, ma dal modo in cui mi guardava capii che il messaggio era stato recepito. Capii anche che la mia resistenza al suo volersi isolare era qualcosa che non si aspettava assolutamente.
E mi fissava. Non fece altro che fissarmi, ed io feci altrettanto. Qui vorrei mettere in chiaro una cosa: il loro aspetto nella realtà può cogliere impreparati. Per quanto si sappia che Sebastian è figo, Ciel è tenero, eccetera eccetera, ci sarà sempre qualcosa di inaspettato in loro, qualcosa che va anche contro l’idea che avrebbero dovuto dare all’inizio. E Grell avrebbe dovuto essere buffo e inquietante, suppongo, dalla maniera in cui era disegnato. Ma nella realtà non era così. O meglio, lo era solo in piccola parte.
Era bellissimo. Non si trattava delle bellezza misteriosa e oscura di Sebastian, né di quella composta e gelida di William, o di quella giovanile e più solare e frizzante di Ronald. Perché innanzitutto loro tre erano abbastanza coerenti a ciò che l’opinione pubblica delle fans di Black Butler pensava di loro. Lui era diverso da come ce lo si aspettava.
I suoi occhi erano molto più grandi di quanto apparissero nei disegni, e di un verde assoluto, sgargiante e splendente, molto più che negli altri shinigami. In questo momento non indossava le ciglia finte, ma ciononostante erano già di loro molto lunghe, ed ogni volta che batteva le palpebre queste gli sfioravano gli zigomi delicati. Le labbra erano modellate in una linea morbida e sensuale, ed erano di un rosa che non avevo mai creduto possibile in un maschio, e che faceva venire una gran voglia di baciarle. Il nasino sembrava semplicemente troppo ben disegnato per essere vero, e la pelle era candida e liscia come la porcellana, appena più rosata sulle gote. Non una lente o un difetto di qualunque tipo la intaccava. E i capelli, oh, i capelli! Rossi come i fiori di liquirizia, soffici e leggeri come le seta! Per non parlare della totale assenza di doppie punte!
Era perfetto, semplicemente perfetto.
- Come ti chiami? – mormorò alla fine.
- Sofia. E tu sei Grell Sutcliff, il fiammeggiante shinigami scarlatto che ha ammazzato Angelina Durless e che passa la maggior parte del tempo a molestare sessualmente Sebas-chan  e Will. Ho dimenticato qualcosa? –
Lui annuì, con un sorrisetto malizioso – Hai dimenticato di dire “Il bellissimo shinigami scarlatto” –
- Il bellissimo shinigami scarlatto – mi corressi. Lui parve sorpreso. Probabilmente era la prima volta che qualcuno gli dava ragione in proposito. Mi segnai mentalmente di far fare un esame della vista a Sebastian, ed uno ulteriore a William. Temo che, per essere sempre stati così rigidi nel rifiutare ripetutamente quel trionfo di splendore che avevo di fronte, ad entrambi manchino molte diottrie e gli occhiali di Wiru non siano più adatti alla sua vista.
- Allora, vuoi smetterla di rintanarti, sì o no? – lo rimproverai, puntandogli il dito contro – Se devo essere franca, avere un peso morto non è nelle nostre priorità, e facendo così ci sei d’intralcio. Non ero venuta a cercarti in quella fabbrica abbandonata perché tu facessi scena muta. E onestamente, preferisco di gran lunga il tuo carattere abituale – aggiunsi infine, dandogli un buffetto.
In quel momento mi resi conto di comportarmi esattamente come a scuola: un’apparenza autoritaria e forte, senza alcun timore di sbattere in faccia alla gente ciò che penso di loro, sicura e determinata. In verità, proprio come con i miei compagni, stavo cercando con tutte le mie forze di sembrare così, mentre dentro di me ero emozionata come mai in vita mia, ed incantata da quella creatura.
Gli ho toccato il viso, gli ho toccato il viso! mi ritrovai a pensare, le guance che mi andavano in fiamme.
- Quindi va bene se sono come al solito? Davvero? – la sua voce mi fece tornare nel mondo reale quasi di soprassalto, ma in quel momento la realtà era decisamente meglio della fantasia, in effetti.
Io gli sorrisi nella maniera più amichevole e tranquillizzante che mi riusciva, e gli tesi la mano, prontamente afferrata dalle sue dita. Erano tiepide, lunghe e affusolate. La sua presa era salda ma gentile.
Lo aiutai ad alzarsi in piedi, e gli sistemai i capelli sulla fronte.
- Ora vieni fuori. Non sei abbandonato in un luogo estraneo, ci sono anche gli altri del tuo mondo, no? –
Lo tirai delicatamente fuori dalla porta, dove poco distante il signor Simon mi stava ancora pazientemente attendendo. Quando ci vide assieme mimò un applauso e fece un breve inchino al rosso, che rispose con una riverenza da vera lady d’alta classe.
- Questa fanciulla fa miracoli! – disse il dirigente dell’associazione, indicandomi – Credo che andrete molto d’accordo, voi due. Grell-san, spero che ti abbia tranquillizzato. So che non è una cosa semplice, ma gli altri si sono ambientati benissimo, e pare che in molti richiedessero la tua presenza –
In quel frangente ebbi il privilegio di assistere alla trasformazione. Grell raddrizzò la schiena, mulinando la sua chioma rosso cremisi, e sbatté le ciglia in maniera molto femminile.
- Beh, come avrebbero potuto fare senza l’idolo di tutti? –
Per poco non mi soffocai dalle risate. Non è che fosse brutta come immagine, vederlo atteggiarsi da donna (cioè tornare al suo solito), ma pensando che fino a poco prima si comportava come un cucciolo indifeso… troppo assurdo!
Vidi lo scintillare dei suoi dentini da squalo, e mi chiesi improvvisamente se fossero davvero affilati come sembravano. Subito dopo mi dissi che era una cosa piuttosto idiota da chiedersi in un momento simile, ma non riuscii ad evitare di fantasticare sulle varie tecniche che avrei potuto utilizzare per verificarlo.
- Preferisci prima parlare con William, o qualcun altro dei tuoi compagni, o…? – iniziò a dire Simon, ma io lo zittii con un’occhiata eloquente, e afferrai saldamente il polso del mio shinigami.
- Per niente – dissi – Lui ora viene nella stanza che gli abbiamo assegnato al piano di sopra, si da un ripulita da tutto questo sangue che ha accumulato da quando è finito nel nostro mondo e per finire si fa una bella riposata. La socializzazione a dopo. Da questa parte, Grell-san! –
Penso che l’uomo abbia alzato gli occhi al cielo, mentre me la filavo tirandomi dietro il rosso. Beh, affari suoi: non l’ha obbligato nessuno a partecipare ad un’associazione che prevede la presenza di otaku e fangirls. E comunque, ormai, ci avrà fatto anche l’abitudine.
Mentre ripercorrevo le scale da cui ero scesa per arrivare lì, e imboccavamo quelle che portavano al primo piano, iniziai a rimuginare sulle mie prime impressioni del dio della morte. Non è che avessi potuto vedere il suo comportamento in situazioni normali, quindi ancora nulla era sicuro, ma mi sembrava anche nel carattere abbastanza differente da come avrebbe dovuto. Non avrei mai pensato che fosse il tipo che si raggomitola in un angolo e fa musetti da cucciolo, né che si lasciasse toccare da una perfetta sconosciuta che prima gli sbatte una spranga di ferro in testa e poi gli dice che è stato trascinato in un altro mondo. Insomma, sarebbe stato molto più probabile che avesse tentato di ammazzarmi, o qualcosa del genere, conoscendolo. Mi era sembrato, invece… dolce. Tenero. Adorabile.
Mi venne un dubbio: possibile che anche le personalità dipendessero solo dal punto di vista dei protagonisti del manga? Dato che sia Ciel che Sebastian detestavano Grell, allora magari nella storia appariva più folle e perverso della realtà. Mentre se fosse stato William il protagonista, sarebbe stato visto più come uno sciocco fannullone effemminato e rompiscatole.
- Sofia? – la sua voce mi giunse alle orecchie come musica, tanto ero persa nelle mie fantasticherie.
- Sì? –
- Dove stiamo andando? –
- Al primo piano c’è la parte dell’associazione dove sono state create le stanze dove risiedete tutti voi. Ce ne sono anche per quelli come me che stanno qui anche alcune notti. Ti avverto: dato che se lasciati per gli affari vostri per gli umani finirebbe male, siete tenuti a vivere qui. Chi prova ad aggredire qualche membro dell’associazione o degli umani, pur essendo consapevole della situazione, viene arrestato, più o meno. Non possiamo permetterci di avere individui pericolosi che girano senza controllo – vidi il suo sguardo farsi intimorito. Era talmente buffo e al tempo stesso carino, che non riuscii a trattenere una mezza risata – Tranquillo. Tu non sapevi nulla di tutta questa storia, quindi anche se hai ammazzato umani, adesso sei giustificato. Ma alcuni pare che vogliano continuare a fare i cattivi anche da questa parte, e sapendo benissimo del luogo e delle circostanze in cui si trovano –
Alle mie parole si rilassò. Il corridoio delle camere appariva stretto, ma in realtà sapevo che i poteri di noi Astral faceva sì che le stanze fossero molto grandi, a dispetto della vicinanza tra le porte. Guardai il numero scritto sulle chiavi che mi ero fatta dare dalla direzione. Entro poco tempo non sarebbe più servito: nel momento in cui una stanza veniva occupata si adattava subito alla persona. Naturalmente lo stesso valeva per la porta, che assumeva forme e colore adatti. Poteva essere impossibile da aprire per certe persone indesiderate, o nel caso anche per tutti, e si chiudeva la serratura in maniera automatica. Bastava pensarlo insomma.
Aprii al porta fischiettando la sigla d’apertura di Book of Circus, invitandolo a farsi avanti.
Appena mise piede all’interno l’intera stanza iniziò a rimodellarsi. Ad operazione completata, come prevedibile, quasi tutto era di varie gradazioni di rosso, e nero. Lo stile era abbastanza vittoriano, ma con quel tocco di “grelloso” che rendeva il tutto splendidamente cupo e vivace allo stesso tempo.
Ah, quasi dimenticavo di dire che per motivi di privacy, ogni stanza era dotata anche del suo bagno. Devo dire che quando si tratta di queste cose, l’associazione Astral Project non ha nulla da invidiare a nessuno. Per non dire che è la migliore che ci sia. Credo che la magia aiuti parecchio in ciò.
Lo spinsi dolcemente sulla schiena, e lui si sedette al bordo del letto scarlatto. Si guardò le ginocchia, mordicchiandosi il labbro. Io andai a sedermi vicino a lui, e mi chinai per guardarlo in volto.
- Tutto a posto? –
Lui incurvò le sopracciglia nella sua classica maniera, e appoggiò il mento sulle mani – Non capisco perché ci avete portati qui. E in che senso fino a circa un anno fa noi non esistevamo… -
- Già, ci ho messo un po’ anch’io a capirlo – mentii, sapendo che magari così si sarebbe sentito meno sperduto – Beh… immagina di leggere un libro di magia, e immagina di adorarlo a livelli estremi –
Lui annuì, ascoltandomi attentamente – Voi siete i personaggi di quel libro, in un certo senso, solo che nel vostro caso è una sequenza di immagini con i dialoghi scritti in dei cerchi bianchi. Noi che adoriamo voi, ad un certo punto, abbiamo acquisito la capacità di fare sì che voi esistiate nella realtà. Noi che possiamo fare questo veniamo chiamati Astral. Voi siete gli Esterni –
- Quindi io ero solo un personaggio di una storia illustrata, più o meno? – lo vidi sconcertato – Me l’ha già spiegato quel tipo di prima stanotte, ma… l’ha detto in maniera molto più complicata –
- Già, lui parla come un professore di fisica. Indecifrabile ed incomprensibile, a meno che non glielo si faccia notare –
Lui scoppiò a ridere. Non l’avevo mai visto ridere in quel modo nelle vignette. Risi con lui, non sapendo che altro fare. E soprattutto, non sapendo come avrei potuto non ridere se lui lo faceva. Non è che mi sforzai di ridere, ma la sua risata fece ridere anche me. Era contagioso.
- Penso che dovresti toglierti quei vestiti pieni di sangue – dissi – E lavarti le ferite –
Andai nel bagno, e presi la spugna (rossa) che era appoggiata sul lavandino. Grell era ancora esitante nel muoversi lì dentro, quindi cercai di essere il più naturale possibile, e non pensare al fatto che per pulire le ferite avrebbe dovuto togliersi la camicia. E come ovvio, più cercavo di non pensarci e più ci pensavo.
In qualche modo riuscii ad apparire disinvolta, e gli feci cenno di togliere il cappotto, che appoggiai su una sedia. Ai vestiti insanguinati ci avremo pensato dopo.
Al cappotto seguirono velocemente il gilet e il nastro bianco e rosso che portava al collo.
Già da così riuscii ad intravedere meglio i punti in cui da quando era nel nostro mondo aveva tagli e lividi. Dovevano essere recenti, perché la sua razza guariva in fretta.
Grazie al cielo quelli riuscirono a prendermi una sufficiente percentuale dei pensieri, cosicché restai abbastanza ferma anche quando vidi con la coda dell’occhio, mentre riempivo il lavandino d’acqua tiepida, la camicia bianca scivolargli dalle spalle.
- Mi fido di te – disse all’improvviso – So che non ne ho motivo, che non sono nemmeno sicuro se ciò che mi avete raccontato sia vero, e che ti conosco appena. Però tu mi ispiri fiducia – il sorriso che mi rivolse a quel punto, era uno di quei sorrisi che ti rimangono stampati per sempre. Era come se tutta la luce della stanza si fosse catalizzata sul suo viso. Pensai che mai avrei visto qualcosa di più bello. Avevo un nodo in gola, il cuore mi batteva all’impazzata.
- Forse è perché vestivi di rosso – aggiunse poi, con un sorrisetto furbo che mi salvò letteralmente. Anche così lo trovavo stupendo, però.
- Già – mormorai – E a te piace il rosso –
Lo capii già allora, anche se essendo carente di esperienza nel campo non me rendevo veramente conto, e in un certo senso non volevo ammetterlo. Ma quello che provai non era l’ossessione di un’otaku, né l’infatuazione esplosiva e in gran parte dovuta al semplice aspetto fisico di una fangirl.
Mi stavo veramente innamorando.
 
*****
 
Cella di manicomio:
Ho provato a dire ai carcerieri che non volevo scrivere le note, ma mi hanno detto che dopo aver scritto il combattimento con Grell in maniera così scialba, dovevo perlomeno porgere le mie scuse. Davvero, non so descrivere i combattimenti. Non ho abbastanza pazienza per farlo. Beh, ora inizia la prima vera parte della storia, le cose più serie. Quello che volevo fare da quando ho cominciato, in poche parole.
In realtà avrei dovuto metterci qualche giorno in più per pubblicare, ma dato che è Halloween, e che sono carica di energia dopo essere andata a scuola vestita da darkettona (con  il cappotto in pelle fino alle caviglie, i Martins, gonna e camicetta di pizzo nere, calze nere, guanti neri di pizzo, matita e mascara neri e righe verticali nere sulla bocca) ho deciso di mettermi sotto e finirlo. Ho pure fatto un disegno a tema! *si sente importante*
Grazie a chi legge, segue, recensisce, eccetera!
Kiss<3
 
 
 
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