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Autore: Chaotic Alaska    01/11/2014    2 recensioni
~ Prima classificata e vincitrice del premio "Miglior coppia" al contest "Una canzone d'amore" indetto da corrienonfermarti ~
Hey there Delilah
What's it like in New York City?
I'm a thousand miles away
but girl, tonight you look so pretty.
Genere: Malinconico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Times Square can’t shine as bright as you




Hey there Delilah, what's it like in New York City

I'm a thousand miles away
But girl tonight you look so pretty, yes you do
Times Square can't shine as bright as you, I swear it's true



Camille, le braccia strette intorno al petto come a voler tenere insieme i pezzi di se stessa, fissava le gocce di pioggia che, scivolando lente sul vetro della sua finestra, creavano confusi disegni. Era pronta da almeno un’ora: aveva impiegato un’eternità a scegliere l’abito adatto da indossare, poi si era sistemata con cura i capelli in un’acconciatura semplice, che a Matthew piaceva da impazzire. Aveva anche applicato un leggero velo di trucco al suo volto pallido e sottile, infrangendo una delle loro tacite regole.
«Ti rendi conto che sei già così bella, troppo bella? Se ti truccassi, finirei per sentirmi completamente inadeguato» aveva borbottato Matt, posandole un bacio sulla palpebra, come a voler cancellare la linea nera dell’eye-liner.
Camille aveva sorriso al pensiero di ciò che avrebbe detto il suo ragazzo vedendola. Si osservò un’ultima volta allo specchio, infilandosi la giacca scura e sistemandosi la borsetta a tracolla. Poi uscì dalla sua stanza, senza voltarsi.


Hey there Delilah, don't you worry about the distance
I'm right there if you get lonely give this song another listen
Close your eyes, listen to my voice it's my disguise
I'm by your side


«Camille, ti presento Matthew. Matthew, lei è Camille.»
La voce di Alex, miracolosamente, non tradiva il fatto che fosse già ubriaca. Rimase lì a fissarli ancora un attimo, come a valutare le loro reazioni. Camille rivolse un timido sorriso al ragazzo biondo che aveva davanti: no, non era decisamente il suo tipo. Era il classico belloccio che non l’avrebbe mai degnata di uno sguardo, probabilmente il chitarrista o il batterista di qualche boy-band, la ragazza lo intuiva dalla sua aria compassata, dal look simulatamente trascurato. Appena Alex caracollò via, annoiata dal silenzio che era piombato tra di loro, Camille si aspettava di vederlo allontanarsi, alla ricerca di qualcosa di più interessante. Invece, Matthew le sorrise, un sorriso immenso, infantile, che quasi stonava con il suo viso perfetto e il suo atteggiamento da duro.
«Tu sembri una persona normale e, soprattutto, sobria» le disse, afferrandole la mano come se nulla fosse e trascinandola via con sé «Questo party è una palla. Sono tutti a vomitare in giardino e la musica fa schifo.»
Camille, suo malgrado, rise. Aveva odiato quella festa dal primo istante in cui era entrata nella sala calda e affollata. Nessuno sembrava divertirsi sul serio, erano tutti troppo intenti a bere e a vomitare, come aveva appena riassunto alla perfezione Matthew.
«Ti va di venire con me? Tranquilla, non sono un maniaco o un serial killer psicotico» aggiunse il ragazzo, voltandosi verso di lei.
Erano ormai in giardino. Il suo primo pensiero fu di rifiutare: forse aveva espresso un giudizio affrettato su quel ragazzo e non era poi così male, ma lo conosceva appena. E poi era tardi, sarebbe dovuta tornare a casa. Non poteva seguirlo chissà dove. Dischiuse le labbra per dire che no, non le andava, aveva freddo ed era stanca.
«Va bene, andiamo» rispose invece, e sul volto di Matthew si spalancò il suo sorriso da bambino.


Oh it's what you do to me
Oh it's what you do to me
Oh it's what you do to me
Oh it's what you do to me
What you do to me



Fu l’estate più bella della sua vita.
Ogni mattina, Matthew passava a prenderla con la sua moto e fuggivano via, lontani da tutto e da tutti. Lui portava con sé la chitarra, perché sì, Camille aveva indovinato: era un chitarrista. Matt cominciava ad ulularle canzoni d’amore, facendola ridere; poi le posava la testa in grembo e ripeteva che erano tutte stronzate, roba da film. Nella realtà, non esiste nulla di così romantico e sdolcinato, diceva. Non esiste il vero amore.
«Perché canti queste canzoni, allora?» domandò Camille, accarezzandogli i capelli.
«Perché ci credo. Credo nel vero amore.»
E scoppiava a ridere, tirandosi su e baciandola con irruenza. E a quel punto, non esisteva più nulla al di fuori di loro due, delle mani di Matt che scivolavano lungo il suo viso e delle labbra di lui sulle sue.


 
Hey there Delilah, I know times are getting hard

But just believe me girl, someday I'll pay the bills with this guitar
We'll have it good, we'll have the life we knew we would
My word is good



«Il primo settembre andrò via.»
Matt evitò di guardarla negli occhi, mentre pronunciava quelle parole. Camille non poté far altro che annuire stancamente e gettare un’occhiata al calendario. Ancora due settimane insieme.
«Lo sai che condivido la tua scelta.» La ragazza si sforzò di sorridere, sollevando il viso di lui, in modo da poterlo guardare negli occhi «L’importante è che tu insegua il tuo sogno. E New York è un buon punto di partenza. Cavolo, New York è un buon punto di partenza per tutto!» aggiunse, ridacchiando. Matthew ritrovò, per un attimo, il suo sorriso da bambino. Ma fu subito sostituito da quella maledetta espressione preoccupata, che ormai albergava da giorni sul suo volto.
«E io e te? Come faremo?» chiese, sfiorandole la spalla.
«Matt, un modo lo troveremo. Quando sarai diventato il più grande chitarrista del secolo, magari, non avrai neanche più tempo per me» rispose Camille. Scherzava, certo, ma era anche lei spaventata. Aveva paura che le cose cambiassero, che quel loro rapporto assolutamente unico non reggesse la prova della distanza fisica.
Matthew la strinse a sé, respirando l’odore del suo shampoo alla fragola.
«Tornerò da te ogni settimana.»



Hey there Delilah, I've got so much left to say

If every simple song I wrote to you
Would take your breath away, I'd write it all
Even more in love with me you'd fall, we'd have it all



«Amore, non hai idea di che delirio sia stato ieri sera!»
La voce di Matt era frenetica, su di giri. Camille chiuse gli occhi e immaginò il sorriso gigantesco che doveva avere in quel momento: era felice che la sua boy-band stesse avendo successo, ovvio. Ma una fitta acuta di gelosia, un sentimento a lei estraneo, le attraversò il petto.
«Sono contenta, Matt.» Camille cercò di imporsi un tono tranquillo, allegro, ma la mancanza di entusiasmo la tradì. Era gelosa, ammise a se stessa. Matt riusciva a tornare da lei solo una volta al mese e, spesso, era talmente tanto occupato con le prove della band da trascurarla. Camille, razionalmente, sapeva di non poter attribuire a lui la colpa; avrebbe dovuto essere contenta di quel successo e, ovvio, lo era. Era fiera di lui. Ma detestava quella barriera, quei chilometri che li dividevano: avrebbe dato qualsiasi cosa per essere lì con lui, per cominciare una nuova vita insieme.
«Sai, Camille… Ho scritto una canzone per te» aggiunse Matt, intuendo i suoi pensieri. Posò il cellulare accanto a sé, afferrò la chitarra e cominciò a cantare.



A thousand miles seems pretty far

But they've got planes and trains and cars
I'd walk to you if I had no other way
Our friends would all make fun of us
And we'll just laugh along because we know
That none of them have felt this way



Camille si osservò nervosamente allo specchio. Era in ritardo, ma temporeggiò ancora un attimo, pettinandosi nuovamente i lunghi capelli corvini. Niente trucco: aveva paura che Matt, se l’avesse vista truccata, avrebbe fatto dietrofront e sarebbe tornato direttamente sull’aereo per New York. Sorrise e corse giù per le scale.
Con il passare dei mesi, era diventato più facile accettare la distanza. Camille aveva imparato a fidarsi di Matt, mettendo da parte la gelosia, e avevano trovato un loro equilibrio. Lui riusciva a tornare da lei più spesso, anche due volte al mese, e, quell’estate, Camille l’avrebbe raggiunto a New York, per qualche tempo. Mentre guidava verso l’aeroporto, i finestrini abbassati per far entrare l’aria fresca di marzo, Camille alzò il volume della radio. Era felice, una felicità nuova, esplosiva come fuochi d’artificio. Tra pochi minuti sarebbe volata tra le braccia di Matt, che l’avrebbe stretta a sé, ispirando il profumo del suo shampoo, come faceva sempre. Diceva che era la sua droga personale.
Matt, aspettami.  


Delilah I can promise you
By the time that we get through
The world will never ever be the same
And you're to blame



«Un tour?»
Camille quasi rischiò di sputare l’aranciata che stava bevendo sul tavolino del locale. Matt sorrise, annuendo felice.
«Esatto! Parte a novembre, sarà una cosa epica e meravigliosa, ovviamente ti terrò da parte un biglietto per ogni singola data, se riuscirai a venire…» e attaccò a parlare, velocissimo, gesticolando per l’emozione. Sembrava un bambino la mattina di Natale e Camille sorrise.
«Parti con me.»
Matt si era fatto improvvisamente serio. La ragazza gli rivolse un’occhiata interrogativa.
«Non subito, quando avrai finito con la scuola. La prossima volta, partirai con me» aggiunse lui, annuendo solennemente, come a voler sottoscrivere un accordo.
«Okay, promesso» rispose Camille, scoppiando a ridere e stringendogli la mano.


Hey there Delilah
You be good and don't you miss me
Two more years and you'll be done with school
And I'll be making history like I do


Come potresti non mancarmi? Penso che resterò qui ad aspettarti, in eterno. E so che non mi hai lasciata, so che tornerai a prendermi. Che, in un giorno di pioggia come tanti altri, ti vedrò per strada, all’improvviso. Mi sorriderai, sorpreso perché avrò atteso qui il tuo ritorno, immobile, per tutta una vita. Mi prenderai per mano e mi regalerai uno dei tuoi sorrisi immensi, che oscurano tutto il resto. Poi andremo via, sotto la pioggia, e saremo di nuovo io e te.


You'll know it's all because of you
We can do whatever we want to
Hey there Delilah here's to you
This one's for you


Camille, in piedi sotto la pioggia, ha gli occhi pieni di niente.
Vorrebbe reagire, vorrebbe urlare, prendere a pugni qualcosa. Vorrebbe buttar giù quel cielo lontanissimo, grigio, che sembra fregarsene di lei e del suo dolore.
Invece si limita a fissare la bara di Matt che, lentamente, viene coperta di terra.
E si ripete che lui è ancora lì, assieme a lei. Che si volterà e lo vedrà al suo fianco, mentre la guarda come se non avesse mai visto nulla di più bello.
«Dio, ma perché ti sei truccata? Che seccatura» borbotta Matt e le depone un bacio sulla palpebra, portandosi via l’eye-liner, le sue lacrime salate e le gocce di pioggia.











   
 
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