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Autore: Ella Rogers    01/11/2014    5 recensioni
La giovane si sporse sul corpo del biondo, in modo da proteggere il suo bel viso dalla debole pioggia incessante.
"Steve, non farmi questo, ti prego."
Gli carezzò la fronte. La pelle del ragazzo era fredda, gelida.
"Apri gli occhi, Steve, avanti" pregò con voce tremante, sotto lo sguardo indecifrabile di Stark.
Cercò di trasferire la propria forza vitale in lui, ma ormai era tardi.
"È colpa mia. È soltanto colpa mia. Se solo fossi stata più forte, invece di crollare in quel modo. Ti ho lasciato da solo, non ti ho protetto e adesso … adesso …"
Prese a scuoterlo per le spalle, disperata.
"Steve, svegliati, ti scongiuro."
Lo baciò e le labbra erano fredde, non più calde e morbide.
Posò la fronte sul suo torace e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Mi assicurerò che continui a battere, te lo prometto, a qualsiasi costo."
Era stata la muta promessa fatta a lui e a sé stessa, dopo averlo amato, dopo aver sperimentato con lui cosa significasse essere una cosa sola sia nell'anima sia nella carne.
E lei lo aveva tradito. Perché quel cuore aveva smesso di battere.
Lo aveva ucciso.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Loki
 
“Chi diavolo è Loki?”
 
Una nota isterica dipinse il tono della sua voce, che risuonò nel silenzio tombale sopraggiunto a quelle quattro lettere messe insieme.
Ma quel silenzio era solo il preludio di una tempesta che ben presto avrebbe invaso l’interno di quella stanza, diventata improvvisamente stretta e soffocante.
Anthea pensò che, se solo il suo nome era riuscito a provocare un temporaneo mutismo, allora quel tizio doveva essere davvero potente. Era curiosa di sapere chi fosse Loki, ma dalle vibrazioni negative che riusciva a percepire intorno a sé, dedusse che c’era dell’odio e della rabbia nei confronti di quell’entità, il cui solo ricordo alleggiava sui presenti come una nube oscura e opprimente.
 
La ragazza si mosse a disagio sulla sedia, mentre cercava con lo sguardo gli occhi chiari di Steve, che sembrava essere sul punto di perdere conoscenza, talmente era pallido. Era normale che il ragazzo fosse in quelle condizioni pietose, visto che poche ore prima lo aveva strappato dalle braccia della morte, donandogli parte della propria forza vitale.
Tornare indietro, verso la vita, era un’esperienza fortemente destabilizzante sia a livello spirituale, sia e soprattutto a livello fisico.
Anthea ne era pienamente consapevole. Aveva percorso quel sentiero, che dal buio conduceva di nuovo alla luce, troppe volte e sapeva quale intenso dolore si era costretti a sopportare. Ma per lei era diverso, perché era il suo stesso corpo a infliggerle quella sofferenza, costringendola a raggiungere una meta indesiderata.
Avrebbe preferito morire, poiché la vita era diventata per lei un pesante fardello, un alternarsi di dolore, sangue, sofferenza e rabbia verso l’umanità, che l’aveva trasformata in una cavia da laboratorio, rendendole l’esistenza un inferno ed un incubo da cui non poteva fuggire.
Un impeto di rabbia le infiammò il corpo ed affondò le unghie nei palmi, graffiandoli e facendoli sanguinare, per frenare l’istinto di colpire e distruggere la prima cosa che le fosse capitata a tiro.
Sbuffò fuori l’aria che le comprimeva il petto, tornando a focalizzare la sua attenzione su Steve e sussultando quando incontrò quegli occhi chiari, che le mettevano a nudo l’anima, svestendola di quel telo scuro che nascondeva il marciume che la ricopriva.
Anthea si abbracciò il ventre, come per cercare di coprire quella momentanea nudità interiore.
L’espressione del Capitano era seria e tesa ed il suo viso pallido era segnato dalla stanchezza e da una certa agitazione.

“Loki è …”
Steve tentava di trovare le parole appropriate per descriverlo, ma fu preceduto da Stark, ripresosi dal momentaneo sbigottimento.

“Loki è un folle megalomane, portatore di caos e distruzione, causa di sventura per l’umanità o per qualunque cosa incontri sulla sua strada. Nessuno come lui è capace di farmi venire esaurimenti nervosi, che non sono un bene per il mio cervello. Il mio cervello è prezioso, quindi non posso metterlo a rischio. Loki è un problema per la mia salute mentale e Point Break, molto probabilmente, sta tramando la rovina del sottoscritto per motivazioni ignote.”

“Stark è partito” borbottò Natasha, sporgendo il capo all’indietro e rilasciando un profondo sospiro.
 
Thor aveva la fronte aggrottata, in parte per il modo il cui l’uomo di metallo aveva parlato di suo fratello, ed in parte perché non era riuscito a seguire il fiume di parole fuoriuscito dalla bocca del miliardario.
Batté con vigore una mano sul tavolo, che rischiò di venire spezzato in due come se fosse stato una morbida tavoletta di creta.
Gli sguardi dei presenti saettarono sull’asgardiano.
“Miei amici, se la giovane midgardiana ha bisogno di un conoscitore di magia, allora che mio fratello sia condotto qui per istruirla. So che voi dubitate di Loki, ma abbiate fiducia in me. Posso garantirvi che saprò badare a lui e alla sua indole oscura.”
 
Clint scosse il capo, affatto convinto dalle parole incoraggianti di Thor.
“Loki fa rima con guai e noi di guai ne abbiamo già fin troppi.”

“Non sarebbe conveniente mettere nello stesso posto due soggetti mentalmente instabili e arrabbiati con l’umanità, senza offesa piccola. Sarebbe come segnare con le nostre mani la fine del mondo” convenne Tony, sperando con tutto sé stesso che gli altri fossero d’accordo con lui.
 
Anthea si strinse nelle spalle e un lucido pensiero le affiorò alla mente, ridestandola dall’intorpidimento che aveva avvolto il suo corpo.
Parlò senza guardare nessuno, ma tenendo lo sguardo fisso sui palmi macchiati di sangue fresco.
“Per favore, se questo Loki può aiutarmi, concedetemi una possibilità. Thor ha detto che non gli permetterà di causare problemi. Allora proviamo, vi prego. Lo so che non avrei nemmeno il diritto di parlare, soprattutto perché non ho fatto altro che causare problemi da quando vi ho incontrati, ma se non riesco a controllarmi vi garantisco che non basterà nemmeno una prigione ultratecnologica a fermarmi ed io sono stufa di essere sempre e solo un impiccio. Vorrei aiutarvi a combattere contro i Demoni della notte, anche perché devo dirne quattro a quei bastardi. Quindi, per favore, concedetemi una sola possibilità ed io cercherò di non deludervi.”
 
“Premettendo che Thor non è mai lucido quando si tratta di suo fratello, resto dell’opinione che questa sia una vera e propria follia e quel tuo cercherò non è affatto rassicurante, ragazzina” ribatté Stark, con tono duro.

Il dio, abbastanza infastidito, fulminò - per fortuna metaforicamente - con lo sguardo il miliardario, ma prima che potesse aprir bocca per dire la sua, qualcuno lo precedette.
“Osserviamo i Pro e i Contro. Se la ragazzina non impara a controllare il suo potere, diventerà un serio problema per l’umanità, forse al pari di Loki stesso. Ma se riesce ad imparare a gestire quel potere, potrebbe diventare una sicurezza stabile per la Terra.”
Fury analizzò con cura le sue stesse parole, conscio che quello era un vero e proprio azzardo, un azzardo che avrebbe potuto condannare tutti loro e l’intero pianeta Terra. Ma Nick era consapevole del fatto che avere dalla propria parte le straordinarie capacità di Anthea - almeno da ciò che gli era stato raccontato dalla Romanoff poteva desumere che la ragazza fosse davvero speciale -, sarebbe stato un estremo vantaggio contro eventuali e molto probabili attacchi alieni.
“Allora Thor, cosa ti fa pensare che una volta libero, Loki non tenterà di ammazzarci tutti? Sappiamo che ne sarebbe capace.”
Il dio norreno assunse uno sguardo fiero e deciso.
“Non ne sono certo. Ma sento che potremo in qualche modo convincere Loki a collaborare, poiché pur di uscire dall’eterna prigionia a cui è stato condannato, metterebbe da parte il suo odio e la sua sete di potere.”
 
“Oh, fermi un secondo. State pensando davvero di portare Loki qui? E Thor servirebbero più certezze, no astrazioni basate su ciò che senti.”
Clint incrociò le braccia al petto e i lineamenti del suo viso si indurirono di colpo, riflettendo un certo nervosismo.
 
Ciò che stava accadendo poteva sembrare surreale e chi non si era ancora pronunciato a favore o contro quell’assurda proposta, se ne rimaneva in silenzio a riflettere sulle eventualità di quella decisione spinosa.
Bruce capiva Anthea, perché loro erano più simili di quanto sembrasse, e voleva aiutarla, anche se ciò avrebbe significato accettare la presenza di Loki.
 
“In fondo abbiamo sconfitto Loki già una volta e in quell’occasione aveva un esercito. Adesso sarebbe da solo contro tutti noi. Possiamo gestirlo. E ricordate che dopotutto dobbiamo ad Anthea le nostre vite, perciò penso che sia giusto offrirle quest’occasione, pur correndo dei rischi.”
La decisa affermazione di Steve creò un momento di smarrimento ed incredulità.
Capitan America si era schierato dalla parte proLoki.
 
“Conosco un bravo psicologo, Cap. Vuoi che ti prenoti una seduta?”
Stark incrociò le braccia al petto e storse il naso.
La piega che stava prendendo la situazione non gli piaceva affatto.
“Non avrai paura di Loki, Stark.”
Colpito nel punto dolente. L’orgoglio.
“Non ho paura di quello psicopatico. Vorrei solo evitare ulteriori problemi, ma fate come vi pare. Non vi lamentate se qualcosa andrà sicuramente storta.”
 
Steve si alzò dalla sedia e osservò, uno ad uno, i presenti.
“Allora è deciso. Loki verrà sulla Terra per insegnare ad Anthea a gestire il suo potere.”
Rogers fece una breve pausa e riprese fiato.
“Allo stesso tempo, cercheremo di scoprire qualcosa in più riguardo i Demoni della notte.”
 
Nessuno cercò di ribattere.
Solo Fury storse appena il naso per il modo in cui Capitan America gli aveva sottratto il comando, ponendo fine alla discussione.
 
La decisione era stata presa.
Avrebbero rincontrato Loki.
 
 

                                                      ***
 
 

L’acqua scorreva sul suo corpo perfettamente scolpito, arrossando ogni lembo di pelle e facendo scivolare via terra, polvere, sangue e stanchezza.
Il forte getto caldo scioglieva, poco a poco, quell’orribile sensazione di morte che ancora permaneva su di lui.
I capelli biondo cenere erano schiacciati sulla fronte, dove era ben visibile un taglio abbastanza profondo e ancora fresco.
Il vapore aveva invaso l’intero bagno e Steve si rese conto di essere rimasto nella doccia per troppo tempo. A confermarlo era la pelle raggrinzita delle mani.
Sospirò, abbandonando controvoglia il getto caldo e rilassante dell’acqua.
Quando venne fuori dal bagno, era coperto solo da un candido asciugamano avvolto attorno ai fianchi stretti.
Raggiunse il letto a due piazze e si lasciò cadere sulle lenzuola fresche di bucato. Chiuse gli occhi, affondando il viso nel cuscino e pensando che i letti delle camere dello SHIELD non erano mai stati tanto morbidi e comodi, quasi al pari di quello che aveva alla Tower.
La stanza era abbastanza piccola e l’arredamento essenziale. C’era un letto affiancato da un piccolo comodino, un armadio contenente alcuni vestiti e un cassettone quasi completamente vuoto. Il Capitano utilizzava quella camera soprattutto quando doveva svolgere per lo SHIELD missioni che duravano più giorni.
Si poteva dire che l’Helicarrier fosse la sua seconda casa, dopo la Stark Tower.
Prima o poi, però, aveva intenzione di prendere un appartamento a Brooklyn, la sua città natale. Sì, gli sarebbe davvero piaciuto tornare dove tutte era cominciato e forse proprio lì avrebbe potuto ricominciare.
 
Gli sembrava passata un’eternità da quando quell’assurda storia era cominciata, ovvero dal momento in cui Anthea era entrata in lui, costruendo un legame tra le loro menti, senza chiedergli il permesso.
Steve non riusciva a ricordare l’ultima volta che si era fermato a riposare o anche solo a riflettere sul casino che in parte lui stesso aveva creato.
Non dormiva davvero da una decina di giorni, ormai.
La schiena nuda venne percorsa da numerosi brividi e cominciò a sentire freddo, mentre un conato di vomito gli risaliva la gola. Scattò in piedi e si precipitò ai piedi del water, in cui riversò anche l’anima.
Per fortuna in ogni stanza c’era un piccolo bagno e Steve fu davvero sollevato del fatto che, in quel momento, nessuno potesse vederlo.
Tremante, con le mani strette attorno alla tavoletta del wc e inginocchiato sulle piastrelle bianche, ebbe la sensazione di essere tornato all’epoca in cui era un ragazzetto rachitico, asmatico ed estremamente debole.
Odiava sentirsi così, anche se non riusciva a capirne il perché. Forse, semplicemente, non voleva più sentirsi inutile, invisibile e fragile.
Si fece forza, costringendo le gambe a sostenerlo di nuovo e a condurlo davanti il lavandino. Aprì l’acqua, si sciacquò il viso e la bocca per far sparire il saporaccio che ancora vi alleggiava.
Stava davvero male e ciò lo preoccupava non poco, visto che una nuova missione stava per iniziare: stanare e rendere innocui i Demoni della notte.
Ed in più ci sarebbe stato Loki.
 
Thor era partito qualche ora prima, attivando il Bifrost.
Dovevano solo attendere, adesso, e prepararsi al peggio.
Il dio, prima di lasciarli, aveva anche confessato che molto probabilmente Odino si sarebbe opposto alla decisione di portare Loki sulla Terra.
Non avrebbe tollerato nemmeno vederlo fuori dalla sua cella, figuriamoci a piede libero su Midgard. Ma Thor aveva assicurato loro che avrebbe convinto il Padre degli Dei, illustrandogli le giuste cause che richiedevano quell’azione sconsiderata.
E Steve si fidava di Thor. Ciecamente.
 
Si era appena infilato i pantaloni di cotone grigio che solitamente usava per andare a correre e una maglietta bianca, quando un violento capogiro rischiò di farlo capitolare a terra.
Ringhiò frustrato e amareggiato dalle sue pessime condizioni fisiche.
Non capiva per quale motivo il suo organismo tardava a recuperare.

“Non devi preoccuparti.”

Steve sussultò, voltandosi in direzione dell’ingresso della stanza.
Anthea era appoggiata con la schiena alla porta chiusa e lo fissava con un certo interesse.
Si sorprese di non averla minimamente sentita entrare.
“Da quanto sei lì?” chiese, non riuscendo a nascondere del tutto la nota di agitazione nella voce.
La ragazza fece qualche passo verso il centro della stanza.
La piccola sfera che pendeva dal soffitto irradiava una luce pallida, che andava a riflettersi sulle pareti di un grigio metallo opaco.
“Da un po’ di tempo” rispose enigmatica, non staccando mai gli occhi dalla figura del Capitano.
 
Un paio di pantaloncini neri ed attillati lasciavano scoperte le lunghe gambe snelle ed evidenziavano i glutei tondi e sodi. Una canotta nera, anch’essa aderente - i vestiti dovevano essere un prestito della Vedova Nera -, le fasciava e le metteva in risalto le curve sinuose dei fianchi e dei seni. Le braccia e le spalle possedevano muscoli tonici ed elastici.
Chiunque avrebbe potuto affermare che aveva davvero un bel corpo, armonioso e adeguatamente muscolato.
Nessuno avrebbe mai pensato che quel corpo era anche una macchina assassina.
Steve, però, continuava ad ammirare il volto della ragazza.
Il naso piccolo e leggermente all’insù, le labbra rosee e i lunghissimi capelli ondulati color miele, erano la perfetta cornice per quei grandi occhi blu dall’enorme potere magnetico.
Lo attiravano come calamite e lui si lasciava affondare in quell’oceano apparentemente calmo, luminoso ed infinito.
 
La distanza tra di loro si era improvvisamente ridotta ad un passo.
Anthea era costretta a tenere la testa leggermente inclinata indietro per poterlo guardare in viso, dato che gli arrivava all’altezza del petto.
“Quella non ti dona affatto. Meglio farla sparire” disse lei, mordendosi il labbro inferiore per sopprimere una voglia indefinita, che come un fuoco le ardeva dentro.
“Che cosa-”
Steve ammutolì, quando la ragazza si sollevò sulle punte dei piedi e gli prese il volto tra le mani.
Le dita esili percorsero i lineamenti marcati del suo viso e si soffermarono sulla fronte spaziosa.
Percepì un calore diffondersi dal punto in cui lei premeva i polpastrelli e dopo attimi che parvero infiniti, Anthea si fece indietro, lasciandolo intontito e perplesso.
“Così va molto meglio” affermò la ragazza, con convinzione.
Steve, come un automa, si portò le dita alla fronte e la percepì liscia e calda.
Poi l’illuminazione.
Il profondo taglio era sparito.
Balbettò un grazie, arrossendo appena.
Anthea scoppiò a ridere e la sua era una risata cristallina e melodiosa.
Rogers mise il broncio, conscio che quello scoppio di ilarità era stato causato dalla propria goffaggine.

“Sei così buffo. Ti immaginavo diverso.”
La ragazza smise di ridere e un triste sorriso gli incurvò le labbra.
Si allontanò da lui per raggiungere i piedi del letto. Un lieve cigolio infranse il silenzio, quando il materasso si piegò appena sotto il peso del suo corpo.
Anthea, con un cenno del capo, invitò Steve a sedersi al proprio fianco e il ragazzo la raggiunse senza esitare.
I loro corpi erano separati da un solo palmo di distanza, uno spazio tanto piccolo quanto difficile da riempire.
 
“Sai” esordì lei “ti avevo visto arrivare già da bambina. Nelle notti in cui la disperazione diventava insopportabile, ti sognavo. Sognavo un giovane soldato che accorreva in mio aiuto, che mi strappava dalle mani del dolore e mi portava con sé, sussurrandomi che era tutto finito. Ti ho aspettato, Steve, perché credevo che prima o poi saresti venuto a prendermi e alla fine sei arrivato. Per tutti questi anni non ho fatto altro che aggrapparmi con forza alla tua immagine, che potevo ammirare solo nei sogni.”
 
Steve non sapeva cosa dire e perciò decise di rimanere in silenzio.
Anthea si stava aprendo con lui e con lui stava condividendo il proprio dolore e le proprie speranze.
 
“Solo qualche mese fa ti ho sentito davvero. Ho sentito il tuo spirito, la tua forza, il tuo calore. L’immagine del soldato ha preso improvvisamente consistenza.”
 
 

                                                        ***
 
 

Diversi mesi prima

“Per oggi abbiamo finito. Riportatela nella sua stanza.”

Un uomo grande e grosso serrò una mano attorno al suo polso esile e prese a trascinarla per i corridoi grigi e spogli della base.
La spessa porta di metallo si aprì e si chiuse con un suono stridente ed Anthea si ritrovò nuovamente rinchiusa in quella stanzetta di acciaio, riempita solo da un piccolo letto.
Sospirò e si appoggiò con la schiena alla porta sbarrata, lasciandosi scivolare fino a terra. Avvolse le braccia attorno alle ginocchia e se le strinse al petto, lasciando il capo ciondolare da un lato.
Aveva la mente svuotata e ormai non provava più nemmeno la rabbia e la disperazione che l’avevano assalita ogni volta, dopo essere stata sottoposta a nuovi test ed esperimenti.
Un vuoto simile ad un’enorme voragine si apriva in lei, rendendola un fragile guscio, un corpo privo di anima.

Poi tutto cambiò in un battito di ciglia.

Nell’istante di un respiro, si sentì riempire, mentre il battito furioso di un cuore appena risvegliato le rimbombava nella testa, stordendola e facendola sentire viva allo stesso tempo.
Un calore piacevole le esplose nel petto e improvvisamente cominciò ad ansimare, come se si fosse lanciata in una corsa sfrenata.
Vide automobili, persone, insegne luminose, sfrecciarle accanto, mentre la mente correva in una città che non aveva mai visto.
Centinaia di voci creavano nella sua testa una sconvolgente cacofonia.
Infine sopraggiunse il silenzio, seguito da una voce chiara e calda.
 
Avevo un appuntamento.”
 
In quel momento Anthea lo vide davvero per la prima volta.
Bellissimo, così come bellissimi erano i suoi occhi azzurrissimi.
Si inebriò della sua forza vitale, tremando a causa dell’ondata di emozioni che la investirono con una violenza inaudita.
Poteva ricominciare a sperare, sicura che lui sarebbe arrivato.
Lui l’avrebbe salvata.
Quella notte, rannicchiata nel suo letto, sussurrò all’infinito quell’unica parola come fosse una preghiera.
 
Steve.
 
 

                                                         ***
 
 

“Alla fine sei arrivato davvero.”
“Mi dispiace.”
Anthea rimase palesemente stupita.
“E per cosa?”
“Per il clamoroso ritardo.”
La ragazza sorrise, intenerita dall’espressione di rammarico nata sul viso di Capitan America.
“Meglio tardi che mai, no?” scherzò, ma subito dopo si fece seria, preoccupando non poco il ragazzo.
“Sei puro, Steve, ed io rischio di macchiare questa tua purezza con l’oscurità che mi porto dentro.”
 
Si morse nuovamente il labbro inferiore, ma questa volta non riuscì a reprimere la forte voglia, che le stava infiammando piacevolmente ogni fibra del corpo.
Prese il volto di Steve fra le mani e lo avvicinò al proprio, tanto da poter sentire il suo respiro caldo sulle guance.
Con foga si impossessò delle labbra morbide del Capitano, baciandole e mordendole. Le sentì gonfiarsi, mentre continuava a torturarle e ne assaggiava il sapore.
Sapevano di buono.
Steve rimase immobile, completamente spiazzato da quel gesto improvviso. Percepiva le dita affusolate della ragazza affondare nei suoi capelli e scendere lentamente sul collo, provocandogli intensi brividi.
Gemette di dolore, quando i denti di lei affondarono con troppa violenza nella morbida carne delle sue labbra, facendole sanguinare.
Anthea si tirò indietro di colpo, tremante. Aveva gli occhi lucidi e spalancati, come se si fosse appena resa conto del proprio gesto. Il sapore ferroso del sangue di Steve le impregnava la lingua ed il palato.
 
“Io non intendevo, scusami!”
La ragazza si era coperta il viso con le mani, con l’intento di nascondere il rossore che sentiva ardere sulle guance.
Che diavolo le era saltato in testa?
 
Steve le afferrò i polsi e la costrinse a scoprire il volto, così da poterla guardare direttamente negli occhi, ora brillanti come zaffiri.
“Ehi, andiamo, è tutto okay.”
Ma la voce roca e tremula del Capitano parlava da sé.
Era abbastanza sconvolto e scioccato e incredulo. Non riusciva ancora a metabolizzare ciò che era appena accaduto.
 
Passarono attimi infiniti di silenzioso imbarazzo.
 
“Senti” ricominciò Steve, ma fu interrotto dalla porta che veniva spalancata con esagerato impeto.
La figura di Clint Barton si materializzò sull’uscio, assieme a quell’espressione tipica di chi aveva già capito tutto.
Rogers sperò di non essere arrossito troppo e scattò in piedi, come un soldato al passaggio del comandante.
 
“Thor è tornato. Mi dispiace aver disturbato, ma il direttore richiede la presenza di tutti i Vendicatore e naturalmente della ragazza.”
Clint ghignò e Steve lo maledì mentalmente, prima di tornare a concentrarsi su ciò che in quel momento era più importante.
“Loki è …”
“Qui” terminò Occhio di Falco, facendosi di colpo serio.
Rogers annuì solamente, per poi precipitarsi ad indossare una delle divise dello SHIELD appese nell’armadio.
Infilò una di quelle nere, sulla quale spiccava una stella argentea all’altezza del petto.

“Andiamo, allora” disse, passandosi una mano tra i capelli ancora umidi.
Si incamminarono tutti e tre nella sezione dell’Helicarrier dedicata alle palestre, perfettamente attrezzate per l’addestramento delle reclute e abbastanza spaziose per poter combattere senza intralci, in caso il pazzo megalomane avesse deciso di giocare uno dei suoi tiri mancini.
 
Anthea si teneva a qualche passo di distanza, dietro i due Vendicatori.
Un unico pensiero le occupava l’intero cervello, in quel momento.
Steve sapeva di buono.
 
 

                                                  ***
 
 

Prima.
Asgard.
 
Quando Thor era arrivato su Asgard, aveva respirato a pieni polmoni l’aria di casa.
Heimdall lo aveva salutato con quel solito stereotipo di sorriso, ma il dio del tuono, ogni volta, sapeva leggere l’affetto che vi si celava dietro.
Aveva raggiunto l’enorme palazzo dorato in pochi secondi, trasportato dal fedele Mjolnir.
Frigga lo aveva accolto con un caloroso abbraccio, mentre Odino, seduto sul proprio trono, si era limitato a un cenno del capo e Thor si era subito accorto dell’ombra scura che alleggiava sul volto del Padre degli Dei.
 
Odino già sapeva.
 
“Allora, figlio mio,”  esordì il re “cosa ti conduce ad Asgard? Ci sono problemi su Midgard?”
Thor assunse lo sguardo fiero e deciso, tipico del guerriero che era.
“Padre, nuovi nemici minacciano la stabilità di Midgard e noi Vendicatori siamo giunti alla conclusione che c’è un unico modo per evitare un’ennesima guerra, che porterebbe soltanto altra morte e distruzione.”
Il principe asgardiano si concesse una pausa, prima sganciare la bomba.
“Loki deve essere condotto su Midgard, per addestrare una giovane donna dalle grandi potenzialità. Lui conosce ogni sorta di magia e perciò è l’unico adatto a svolgere questo delicato e fondamentale compito.”
 
A sentir nominare Loki, Odino si alzò dal trono e raggiunse il figlio, a cui rivolse uno sguardo indecifrabile e che non prometteva niente di buono.
“Sei consapevole dell’entità della tua richiesta, figlio? Vuoi condurre Loki nel mondo che ha cercato di conquistare e che lo ha condotto alla rovina, aspettandoti che collabori per salvarlo? Questa è follia.”

“Ma è l’unico modo, padre. Io mi farò carico di ogni responsabilità. Prometto di badare a Loki per tutto il tempo che rimarrà su Midgard.”

Il Padre degli Dei esitava. Aveva fiducia in Thor, ma Loki era pur sempre Loki.

“Quel folle riesce a raggirarti troppo facilmente, figlio mio. Non negarlo.”

Thor incassò il colpo in silenzio, perché suo padre aveva detto il vero.
 
“Mio re, lascia che Loki ripaghi le vite che ha preso su Midgard, aiutando gli umani a combattere la nuova minaccia. Thor e i suoi valorosi compagni non gli permetteranno di scatenare di nuovo il caos.”
Le parole di Frigga attirarono l’attenzione del re e Thor sfruttò quel momento propizio.
“Padre, capisco la vostra ostilità nei confronti di colui che una volta chiamavate figlio, ma Midgard potrebbe ricadere nel caos se non agisco in fretta. Abbiamo bisogno delle capacità di Loki e confesso che abbiamo a lungo discusso, prima di prendere questa delicata decisione. Ma è l’unico modo, non abbiamo altra scelta. Quindi concedici questa possibilità.”
 
Odino guardò il figlio intensamente, prima di sospirare con fare stanco.
“Non appena Loki avrà portato a termine il suo compito, dovrai riportarlo ad Asgard. Sono stato chiaro?”

“Si padre” rispose Thor, sorridendo.
 
 

                                                       ***
 
 

Non era cambiato affatto.
La faccia da stronzo era sempre la stessa e a Tony prudevano parecchio le mani, in quel momento.
Quanto avrebbe voluto cancellare quel ghigno strafottente con un bel pugno, ma era costretto a trattenersi, così come stavano facendo tutti gli altri.
 
La palestra era davvero grande. Le pareti in acciaio stonavano abbastanza con il parquet del pavimento, ma se si metteva da parte l’estetica, bisognava ammettere che quella era davvero una struttura con i fiocchi.
Vi erano tutti i possibili ed immaginabili attrezzi per il perfetto ed accurato addestramento, a cui venivano sottoposte le new entry dello SHIELD. L’impianto possedeva una postazione con bersagli per imparare ad utilizzare pistole, fucili e qualunque arma a proiettili, poi c’era una postazione per il lancio dei coltelli e per il tiro con l’arco ed un’altra era occupata da un enorme scaffale di metallo contenente ogni sorta di gingillo utile per il combattimento corpo a corpo.
Nel mezzo stazionava un ring, dove gli agenti solevano darsele di santa ragione.
Dall’alto soffitto pendevano funi annodate attorno a spesse travi d’acciaio e lunghe lampade irradiavano una luce decisamente troppo accesa e che dava l’impressione di trovarsi all’aperto, durante un pomeriggio assolato.
 
Thor era tornato e aveva portato compagnia.
La figura alta e slanciata di Loki si stagliava al suo fianco, attirando come una calamita gli sguardi dei presenti.
Il dio del caos aveva i polsi bloccati da due cilindri di un grigio lucente, uniti tra loro. L’espressione accattivante ed il ghigno strafottente stonavano abbastanza, se si pensava che era lui quello in catene. I capelli nerissimi oscillavano appena più in basso delle spalle e creavano un forte contrasto con il pallore del volto.
Indossava le solite vesti asgardiane, identiche a quelle con cui si era presentato sulla Terra la prima volta.
Le tensione era palpabile, ma Loki pareva tranquillo e completamente a suo agio, anche se circondato da quelli che erano i nemici colpevoli di averlo mandato in rovina.
 
“Attendiamo qualcuno?”

Il tono tagliente e sarcastico fece corrugare più di qualche fronte.
Ma più che una domanda, quella del dio era una constatazione.
Loki sapeva bene che la squadra non era al completo e quali erano i componenti che mancavano all’appello.
Come dimenticarsi dell’Uomo senza tempo e di quella che era stata la sua migliore marionetta, quando aveva dato avvio al piano di invasione di Midgard.
Non era presente nemmeno il mostro, ma Loki dubitava sarebbe arrivato.
Ed eccoli infine, Barton e Rogers, varcare l’entrata della palestra e venire dritti verso di lui, con in faccia stampato il piacere di rivederlo.
 
“Ehi, vi eravate persi per caso?”
Clint lanciò un’occhiata di fuoco a Stark, facendogli capire chiaramente di non rompere le palle, perché in quel momento avrebbe volentieri preso a pugni qualcuno per placare il fastidioso prurito, provocato dalla presenza di quel bastardo manipolatore.
Steve si limitò a incrociare le braccia al petto, attendendo che Fury prendesse la parola.
 
“Thor ti avrà sicuramente spiegato il motivo per il quale ora ti trovi qui e non a marcire nella tua prigione, così come dovrebbe essere. Ti avverto Loki …”
 
“Sapere il motivo non implica il fatto che abbia deciso di collaborare. Thor si è limitato a trascinarmi qui, anche se io non ho nessuna intenzione di aiutare voi. Perché dovrei farlo? E poi quale assurdità è mai questa! Insegnare ad un debole umano l’arte della magia è come cercare di insegnare ad un asino ad essere cavallo. Impossibile, signori miei.”
Loki incurvò le labbra in un sadico sorriso e gli occhi chiari brillarono.

“Non sta a te decidere cosa è o non è possibile. E non mi importa niente di quali siano le tue intenzioni. Collaborerai, che tu lo voglia o no, Loki.”
Steve avanzò verso il dio del caos, con gli occhi ridotti a due fessure.
“Credi di intimorirmi, soldato? Sei solo un povero sciocco se pensi di riuscire a piegare la mia volontà. Tutti voi siete degli idioti, per il semplice fatto di aver creduto che io avrei collaborato. Poveri illusi, mi fate pena. Dovete essere davvero disperati.”
 
“Un’altra parola e giuro che ti trapasso il cranio con una freccia.”
Barton aveva messo mano all’arco, ma Loki non parve minimamente turbato dalla minaccia, anzi scoppiò a ridere, infuocando gli animi dei presenti.
 
“Non c’era bisogno di tutte quelle storie per dire che sei incapace ad insegnare le arti magiche, Loki. Da quello che ho visto durante la battaglia contro i Chitauri, non sei un asso con la magia. Abbiamo sbagliato a rivolgerci a te, perché anche se avessi collaborato, saresti stato del tutto inutile. Stark potrebbe fare di meglio.”
Natasha si voltò in direzione di Tony, sorridendo enigmatica e subito dopo tornò a rivolgere la propria attenzione a Loki, che aveva smesso di ridere dal momento in cui la rossa aveva preso la parola.
“Sai sono d’accordo con te, Romanoff. Penso che il mio genio possa trovare una soluzione e a quel punto nemmeno la magia sarà più un segreto per me.”
Loki ringhiò, mentre la vena sul collo acquistava un certo spessore.
“Voi non avete la minima idea di cosa significhi avere a che fare con forze che vanno al di là della ragione. E tu, donna, nemmeno immagini la portata del mio potere e della mia conoscenza.”
Natasha ancheggiò verso il dio e si fermò a meno di un passo da lui.
“Io so solo quel che vedo. Le tue sono solo chiacchiere inutili. Non ci sono azioni concrete che dimostrino ciò che dici.”
Soffiò quelle parole ad un palmo dal suo naso.
Di colpo, Loki scattò in avanti, gettandosi di peso sulla Romanoff, che capitolò a terra, impreparata a quella reazione violenta.
Il dio era su di lei e con le ginocchia le bloccava i polsi sul pavimento. Ma prima che potesse fare anche solo un’altra mossa, Thor lo afferrò per la collottola e lo tirò indietro con forza, liberando Natasha.

Loki non ebbe il tempo di rimettersi in piedi che era già piegato in due, a causa del poderoso pugno nello stomaco infertogli da Barton.
“Fallo di nuovo e ti uccido” lo minacciò l’arciere, con voce tremante di rabbia.
Poi Clint raggiunse Natasha e le offrì una mano, che lei afferrò subito per rimettersi in piedi, ancora abbastanza scossa.
“Tutto okay, Nat?” le sussurrò Occhio di Falco.
Lei si limitò ad annuire e strinse con forza la mano dell’uomo, prima di lasciarla andare.
 
Loki digrignò i denti, mentre riacquistava la posizione eretta.
Sotto lo sguardo allucinato dei Vendicatori, le manette scomparvero in un brillio verde.
L’attimo dopo, si ritrovarono tutti scaraventati a terra dalla potente magia del dio, che attraverso una forza invisibile, ora, li teneva pressati sul pavimento, impedendo loro ogni movimento.
“Voi, luridi vermi, avete osato insultarmi. Pensavate di potermi controllare, invece sono io che possiedo il controllo su di voi. È stato un grosso errore il vostro e vi ringrazio di avermi reso la libertà.”
Loki si lasciò andare ad una risata sguaiata.
“Ora è tempo di vendetta, cari Vendicatori. Da chi cominciamo? Vediamo, mio fratello avrà l’onore di essere l’ultimo a lasciare questo mondo, mentre il primo-”
 
“Non ci sarà né un primo né tantomeno un ultimo.”

Il dio del caos si ritrovò a specchiarsi in due pozzi scuri ma brillanti. Percepì le viscere contrarsi e un brivido attraversargli la schiena, mentre una ragazzina che mai aveva visto - perché avrebbe sicuramente ricordato quello sguardo magnetico, se lo avesse visto in precedenza - si avvicinava a lui, emanando un forza spirituale talmente intensa da intontirgli i sensi.
Loki, completamente spiazzato da quella presenza che prima non aveva minimamente notato, fece qualche passo indietro per allontanarsi dall’influsso di quel potere così particolare.
“E tu chi diavolo saresti?”
La voce del dio tradiva una certa agitazione.
La ragazza sorrise beffarda, continuando ad avanzare verso di lui.
“Io sono l’asino che vuole diventare cavallo.”
 
Passò qualche secondo di silenzio, prima che Loki tornasse ad assumere quello che era l’atteggiamento che lo caratterizzava. Il sorriso sadico tornò incurvargli le labbra, mentre con disinvoltura andava incontro alla giovane midgardiana.
Entrambi si fermarono, quando la distanza tra i loro corpi fu ridotta a pochi ed insignificanti centimetri.
 
Steve guardava la scena allarmato, mentre provava e riprovava a combattere quella forza oscura che lo teneva ancorato al pavimento.
Ma i suoi sforzi erano vani. Riusciva a malapena a muovere le dita delle mani.
Ti prego fa’ attenzione.
Quelle erano le parole che si ripeteva nella testa, sperando che lei le sentisse.
 
“Loki non fare pazzie e liberaci da questo incantesimo, o giuro che-”
“Non sei nella posizione che ti consente di fare minacce, fratello” affermò il dio del caos, usando un tono assai velenoso e tagliente.
Ma gli occhi chiari del dio non si erano mai spostati da quelli bui di Anthea, che continuava a fronteggiarlo senza mostrare alcuna paura.
Loki decise in quel momento che la ragazza gli piaceva. Stuzzicava parecchio il suo interesse.
Avrebbe ucciso prima quegli scocchi terrestri, poi suo fratello e infine avrebbe pensato a cosa farne di lei.
 
“Liberali.”
“Non dovresti darmi ordini, ragazzina. Potresti fare una brutta fine” sibilò il dio, soffiandole in faccia ogni parola.
Anthea lo guardò contrariata, mentre il sorriso beffardo di poco prima lasciava il posto ad una linea dura.
“Lasciali andare, ora.”
Loki rise.
“Sai, sono riuscito a sviluppare oltremisura le mie capacità, mentre ero confinato nelle segrete di Asgard. Potrei dartene una dimostrazione che non scorderesti molto facilmente.”
 
“Allontanati da quel pazzo!” gridò Tony a fatica.
“Scappa prima che sia troppo tardi per farlo!” aggiunse Clint, ansimando.
 
Anthea si voltò a guardarli, commettendo un grosso errore.
Approfittando di quell’attimo di distrazione, Loki le afferrò il viso tra le mani e la avvicinò a sé.
“Vediamo cosa nascondi.”
La ragazza cercò di divincolarsi, ma le forze vennero a mancarle improvvisamente, mentre scariche di dolore le riempivano la testa.
Chiuse gli occhi, gemendo forte.
“Non … entrerai … nella … mia mente.”
Faticava a parlare o anche solo a respirare.
“E chi me lo impedirà? Tu? Oppure loro?”
Anthea lanciò un grido acuto, percependo l’essenza di Loki entrare con forza in lei, distruggendo ogni sua difesa.
Ma qualcosa fece esitare il dio, che rivolse uno sguardo sorpreso oltre le spalle della ragazza.

“Hai condiviso?”
La sua era più una constatazione che una domanda.
L’attenzione di Loki era ferma sulla figura di Steve.
Il soldato aveva chiuso gli occhi con forza e digrignava i denti a causa del forte dolore che stava provando. Se avesse avuto la possibilità di muoversi, avrebbe cominciato a battere la testa sul pavimento, nel tentativo di sopprimere quelle fitte intense al cervello.
 
“Condividi con un debole ed insignificante umano la tua essenza. Per quale assurdo motivo? In questo modo il tuo vero potere viene ridotto, lo sai questo?”
“Sì” gemette la ragazza.
“Quindi se uccido lui, libero tutto il tuo potere, giusto?”
Gli occhi di Loki brillarono pericolosamente.
“Non-”
 
Loki stramazzò al suolo, fulminato.
Thor era finalmente in piedi e stringeva nella mano destra il suo fedele martello.
L’influsso del dio del caos svanì, senza lasciare alcuna traccia di sé.
Il resto dei Vendicatori e Fury furono di nuovo liberi di muoversi.
 
“Lo hai ammazzato?” chiese Stark, avvicinandosi al corpo di Loki.
“Solo stordito” rispose Thor.
“Peccato” fu il commento sarcastico del miliardario.
 
“Va tutto bene?”
Natasha raggiunse Anthea e le poggiò le mani sulle spalle esili.
La ragazza annuì soltanto, mentre osservava, oltre le spalle della rossa, Steve rialzarsi con fatica e raggiungere il gruppo formatosi intorno a Loki.
 
“Io ve lo avevo detto che qualcosa sarebbe andata storta.”
“Stark, non è il momento.”
Steve si passò una mano tra i capelli, sospirando.
“Cosa facciamo adesso?” chiese Barton, trattenendo la voglia di prendere a calci Loki in quell’esatto momento.
“Non lo so. Non lo so più” ammise il Capitano.
 
“Loki insegnerà a Lady Anthea appena avrà ripreso conoscenza. Così era stato deciso e così sarà. Lo costringerò con la forza, se ce ne sarà bisogno.”
Questa volta era stato Thor a dissipare quasi ogni dubbio e Nick pensò che avrebbe dovuto fare qualcosa per evitare queste continue prese di comando da parte dei Vendicatori.
 
 

                                                     ***
 
 

Loki era stato rinchiuso in un delle celle anti-Hulk.
Ormai era calata la notte, perciò si era deciso di rimandare ogni cosa all’indomani mattina.
Non erano passate nemmeno ventiquattro ore dall’attacco di Thanatos, eppure sembrava essere trascorsa un’eternità.
Erano tornati tutti nelle camere che lo SHIELD aveva messo a loro disposizione sull’Helicarrier, ad eccezione di Anthea.
La ragazza condivideva la sua stanza con Natasha - Fury doveva pur tenerla sotto controllo in qualche modo e fra tutti la Romanoff era la più affidabile -, ma aveva deciso di dare un’occhiata a Steve prima di raggiungere la sua nuova coinquilina.
 
Arrivata davanti la porta della stanza del Capitano, ebbe un istante di esitazione, spaventata dall’idea di poter essere guardata diversamente da quegli occhi limpidi, a causa di ciò che lei, in preda a quella smisurata voglia, aveva fatto.
Lo aveva baciato, senza sapere se lui lo volesse davvero quel bacio.
Con la mano ferma a mezz’aria, attese ancora qualche secondo prima di bussare. Questa volta avrebbe evitato di intrufolarsi come una ladra all’interno della camera.
Le nocche picchiarono sulla superficie della porta, ma non vi fu alcuna risposta proveniente dall’interno.
Provò ancora, ma a risponderle fu solo il silenzio.
 
E se gli fosse successo qualcosa?
 
Con il cuore in gola, aprì la porta ed entrò nella stanza.
Anthea percepì nascere un leggero sorriso sulle proprie labbra, mentre osservava la scena che le si era presentata davanti.
Abbandonata a terra, c’era la divisa nera, che ora appariva una massa scomposta di tessuto scuro.
Steve dormiva placidamente tra le lenzuola, con indosso solo un paio di boxer azzurri e una maglietta bianca. Era disteso prono, aveva il braccio sinistro sotto il cuscino, mentre l’altro era abbandonato lungo il fianco.
Il viso era rivolto verso destra, perciò Anthea riusciva a contemplarlo anche rimanendo vicino la porta.
Dalla bocca schiusa venivano fuori profondi respiri ed il volto completamente rilassato lo faceva sembrare un ragazzino appena maggiorenne.
 
Era bello Steve e sapeva di buono.
 
Lentamente e senza fare il minimo rumore, si avvicinò a lui e quando fu abbastanza vicina, si chinò in avanti e sfiorò con le labbra la tempia destra del ragazzo, il cui profumo la inebriava oltremisura.
 
“Mi dispiace, Steve. Per tutto” bisbigliò pianissimo e subito dopo tornò sui propri passi.
Spense la luce che il Capitano aveva dimenticato accesa, prima di lasciare la camera e raggiungere la propria.
 
 

                                                        ***
 
 

“Padrone, le Ombre sono pronte. Quando-”
 
“Presto. Agiremo al tramonto del nuovo giorno. Non possiamo permettere che lei apprenda o non riusciremo a fermarla.”
 
“Ai suoi ordini, Padrone.”
 
 
 
 
 

Note
Prima di tutto SCUSATE l’enorme ritardo, ma questo è stato davvero un periodo di fuoco.
Ho dimenticato cosa significa il verbo dormire ultimamente!
Ma da oggi tornerà tutto regolare, salvo imprevisti :D
Spero che il nuovo capitolo vi piaccia e che continuerete a seguirmi, anche se vi ho fatto aspettare davvero parecchio.
Grazie sempre a coloro che continuano a recensire questa storia e a chi l’ha inserita in una della liste speciali.

Un abbraccio <3
Ella
   
 
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