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Autore: Mary P_Stark    03/11/2014    5 recensioni
Autumn Hamilton, Guardiano dell'Aria e fratello ribelle del clan guidato dal serioso Winter, vive ormai stabilmente da tempo a Tulsa, la patria dei Tornado. A guida di un gruppo di Cacciatori di Tornado, studia il sistema di poterli governare, controllare, esaminare senza pericolo. La sua vita procede apparentemente liscia come l'olio, lontana dagli affetti che tanto l'avevano ferito anni addietro, anche se l'incontro recente con Summer ha lasciato strascichi nel suo animo. Possibile che il suo odio per Winter sia stato inutile, vano? Autumn non lo crede, ma il tarlo del sospetto è ormai presente dentro di lui, e sarà Melody ad aiutarlo, in principio in modo del tutto inconsapevole, a venire a capo di questo mistero. E, al tempo stesso, a riportarlo a una vita vera, una vita che vale la pena di essere vissuta. Ma ombre oscure sono in agguato, e per Autumn e Melody non sarà così semplice scoprire la nuova via per la felicità, così come per gli altri gemelli Hamilton. -QUARTA PARTE DELLA SAGA "THE POWER OF THE FOUR" - Riferimenti alla storia presenti nei racconti precedenti.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
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14.
 
 
 
 
 
Il mausoleo della famiglia Hamilton si trovava nel più antico cimitero di Dublino.

In quel luogo di riposo, il giorno seguente la tragica - quanto improvvisa - morte di Shaina Elianor O'Neilly, si tenne il suo funerale in pompa magna.

Ogni membro del Clan si presentò per l’evento e, a officiare il rito, pensò il più alto Prelato della Chiesa Cattolica presente su suolo Irlandese.

Di comune accordo, non vi furono fiori, ma la famiglia si premurò di chiedere donazioni ad associazioni caritatevoli ed enti benefici.

Nessuno domandò nulla sull'improvvisa scomparsa della loro guida, all'interno del Consiglio e, strano a dirsi, gli anziani membri rinunciarono in pianta stabile alle loro cariche.

Winter, in gran segreto, ne fu lieto, pur se non felice per come si fosse arrivati a quelle dimissioni.

Non aveva mai desiderato la morte della nonna, per giungere a un simile risultato.

Quando le celebrazioni terminarono, e i capiclan si diressero all'unisono verso il castello degli Hamilton, Winter si prese un istante per rimanere accanto al nonno.

Piegato dal dolore fin dall'istante della morte dell'amata, non aveva però mosso parola contro i nipoti.

In quel momento, fermo a pochi passi dai cancelli ottonati del mausoleo, osservava perso le insegne di famiglia incise sul blasone di metallo.

A poca distanza dall’anziano e da Winter, Colin e Miranda attendevano con il loro bambino.

Una mano poggiata sulla spalla del nonno, l’uomo mormorò: “Mi spiace non ci siano stati altri modi per fermarla.”

“Ha deciso di se stessa nel momento in cui ha levato la mano contro Spring” sospirò Angus, scuotendo il capo. “Già quello che aveva tentato di fare era grave, ma addirittura andare contro la propria nipote… ma cosa aveva per la mente? Cosa?”

Winter annuì, sapendo perfettamente quanto fossero vere quelle parole. E quanto dovesse pesargli la follia della moglie.

Era chiaro quanto, perdere i suoi poteri, fosse stata una richiesta troppo alta da sopportare, per Shaina.

Se avesse atteso l’Apice, avrebbe avuto gioco facile, ma a quel punto li avrebbe già persi tutti. Le cose erano andate troppo avanti, e lei aveva tentato l’intentabile.

Perdendo la vita nel tentativo di mantenere il controllo sul Clan.

“Starai bene, nonno?” gli domandò premuroso, scuotendolo appena.

“Sarà come la dea vorrà, nipote.”

Winter gli sorrise comprensivo e, dopo essersi voltato un istante per fare segno ai due amici di raggiungerli, mormorò: “Ho pensato di dire a Miranda e Colin di venire a stare da te, assieme al piccolo Anthony. Il castello è enorme e, visto che a Mir’ e Colin serviva una casa più spaziosa, e nei pressi di Dublino...”

Lo fissò speranzoso e, quando i suoi due amici li raggiunsero, diede una pacca sulla spalla al novello papà.

“Come... come le antiche consuetudini vogliono” mormorò Angus, apprezzando il gesto del nipote.

“Mi sono ricordato che, in tempi passati, era uso che il capoclan accogliesse in seno alla famiglia gli amici più cari, perché abitassero tra le pareti del castello del feudatario, perciò…”

Winter non disse altro e Colin, annuendo all’amico, si rivolse infine ad Angus, aggiungendo: “Saremmo davvero onorati di esserle d’aiuto nel mantenimento del castello.”

“Sarà piacevole avere un bambino che scorrazza per i corridoi di palazzo” assentì Angus, battendo una mano sul braccio del nipote e, subito dopo, su quello di Colin. “Ma di certo, non penserete al suo mantenimento, ragazzo. Dovrete pensare al piccolo Anthony, innanzitutto. E lui crescerà in una casa solida, dove sarà protetto e amato.”

“Aiuteremo comunque, per il puro piacere di farlo” sottolineò Miranda, avvolgendo la vita dell’anziano per abbracciarlo teneramente.

Un attimo dopo Anthony, ancora stretto nelle sue braccia, trillò felice e Angus, suo malgrado, si lasciò sfuggire una lacrima.

Colin e Winter sorrisero soddisfatti. La presenza del bambino avrebbe aiutato l’anziano a sopportare la scomparsa traumatica della moglie e, forse, a concedergli un tardivo senso di speranza.

“Una donna volitiva quanto dolce” asserì l'anziano, dando una pacca sul viso a Miranda, che ridacchiò.

Rivolgendosi poi al nipote, aggiunse: “Sarai un Capoclan saggio e rispettato, Winter.”

Saremo. Non guiderò il Clan da solo, ma supportato dall'aiuto dei miei fratelli, oltre che da quello di Miranda, Colin e Sean. Loro saranno le nostre orecchie e i nostri occhi in Irlanda e, se ci sarà bisogno di noi qui, verremo. Ma penso che, d'ora in poi, le cose saranno più semplici per tutti.”

“Verrete comunque a trovarci, vero?”

“Lo faremo, nonno, te lo prometto. Non appena Sunshine sarà in grado di viaggiare per così lunghe tratte, verremo” gli promise Winter, abbracciandolo a sua volta.

“Ora andiamo, figliolo. Non puoi certo perdere la tua investitura.”

Angus ridacchiò e, nel dare una pacca sulla schiena al nipote, lanciò un'ultima occhiata al mausoleo prima di avviarsi verso l'uscita assieme a Win, Miranda, Colin ed il piccolo Anthony.

 
∞∞∞

Ognuno dei capiclan firmò la propria fedeltà ai gemelli Hamilton e, sotto lo sguardo intenso e speranzoso di tutti, Winter eliminò ad aeternam la legge di Primogenitura.

Depennò altresì quella dei candidati al ruolo di Prescelti.

Nessuna Famiglia avrebbe mai più avuto il dubbio diritto di proporre uno dei propri figli – o figlie – ai futuri Guardiani.

Tutto avrebbe dovuto svolgersi nella più assoluta libertà, e la scelta dei propri compagni sarebbe avvenuta anche al di fuori del Clan, d’ora innanzi.

Ai capiclan fu chiesto unicamente di proseguire con il mantenimento dei riti in onore della dea, oltre che al rispetto del segreto sui poteri dei Quattro.

Nessuna delle tenute in mano alle Prime Famiglie sarebbe stata tolta, gli attuali privilegi – ottenuti dai passati matrimoni – non sarebbero stati cancellati.

Tutto sarebbe rimasto al suo posto, ma nulla sarebbe più passato attraverso l’imposizione del Consiglio.

Il fatto non indifferente che la dea si fosse palesata, e niente meno che nel corpo della Guardiana dello Spirito, aiutò non poco a far sì che tutti fossero solidali con un simile accordo.

Mæb, a quel punto, dichiarò solennemente di voler prendere sotto la sua ala il giovane Malcolm, perché cominciasse quanto prima il suo apprendistato.

Di comune accordo con la Dominatrice, ella si sarebbe trasferita nella villetta di Brigidh, che dichiarò di volerla come sua ospite finché la donna l'avesse desiderato.

Winter non dubitava che Mal sarebbe stato felicissimo di una simile decisione.

Mentre i festeggiamenti proseguivano nell’enorme salone delle feste, e libagioni profumate si intervallavano a fiumi di birra, Brigidh sorrise a Winter ed Autumn, venutisi a sedere accanto a lei.

Il contraccolpo psichico ricevuto al suo arrivo al castello l’aveva lasciata stordita, ma i molti giorni di riposo erano serviti a ridarle forza.

Certo, la fine della madre l’aveva comunque colpita, ma Brigidh aveva dimostrato di essere abbastanza forte per sopportare praticamente di tutto.

Stretta una mano per ciascun nipote, dispensò un bacio a testa e, lieta, disse: “Ora che vi rivedo insieme, il mio cuore può finalmente gioire. Le vostre sorelle, inoltre, mi hanno detto che una nuova fiamma si è unita alla famiglia.”

Autumn annuì e, seppure a fatica, le domandò: “So che non è corretto chiedertelo, zia, ma potresti scrutare nella Sfera per Melody?”

Lei gli sorrise, carezzando quel viso dalle guance ruvide di barba, dagli occhi ancora tormentati – ma in cui brillava una fiammella di speranza – e, senza indulgere oltre, parlò.

“Sai che la Vista giunge a me quando Ella lo desidera, a suo piacimento, e che difficilmente potrei sondare le decisioni della dea, se Lei non volesse.”

Autumn sospirò sconsolato, ma Brigidh sorrise maggiormente.

“Ma questo non vuol dire che Lei non mi abbia mostrato nulla.”

“Zia!” esalarono all’unisono i nipoti.

La donna ridacchiò – era così bello udire nuovamente le loro voci mescolate assieme! – e asserì: “Ho scorto una stella e un turbine di vento, ed essi danzavano assieme sotto una densa nevicata.”

Winter ed Autumn si guardarono vicendevolmente per alcuni attimi, prima di aprirsi in un cauto sorriso.

“Dando per scontato che, fino al prossimo inverno, non nevicherà…” iniziò col dire Winter, abbozzando una risatina.

“… oserei dire che è la prima previsione che capisco” terminò di dire Autumn, dando una pacca sulla spalla al gemello.

Brigidh si limitò a scrollare le spalle, senza più dire nulla.

In quel mentre, Summer e Spring giunsero loro accanto e, afferrate le mani dei gemelli, li portarono in pista per ballare una giga.

La zia li osservò con un sorriso agrodolce e, massaggiandosi la mano dove portava uno degli anelli della madre, mormorò: “Era questo a cui dovevi puntare, non all’assolutismo, mathaír.

Suo padre Angus la raggiunse qualche attimo dopo e, nel deporre nelle sue mani un boccale di birra, le domandò: “Come ti senti, tesoro?”

“Meglio di ieri, e domani sarà meglio di oggi” sentenziò lei, sorridendogli.

L’anziano padre annuì e, in silenzio, osservarono la gioia di quella serata di festeggiamenti con un piccolo peso sul cuore.

Ci sarebbe stato il momento per piangere adeguatamente Shaina, ma quello era il momento dei festeggiamenti, dell’allegria, della benedizione di un nuovo futuro.

Ostara non era mai stata festeggiata così degnamente. E apparsa ai loro occhi così triste.

“Non ci saranno più decisioni crudeli da prendere, né imposizioni per nessuno. Seguire la dea sarà un piacere, non più un dovere gravoso, ora che è la sua parola, e non quella degli uomini, ad esserci di guida e ispirazione” asserì Brigidh, carezzando la mano rugosa del padre.

“Avrebbe dovuto essere così fin dall’inizio” sospirò l’uomo, ben conoscendo le colpe di cui si era macchiata la moglie, appoggiata dai Guardiani dell’Aria, dell’Acqua e della Terra.

Le colpe di chi, prima di loro, aveva dato il via a quella lenta, lunga, apparentemente interminabile decadenza.

Ora gli Anziani sedevano composti in un angolo della sala, domi e deposti, e osservavano quei nuovi volti e quella nuova via quasi non comprendendone la vivacità, la brillantezza.

Era forse troppo, per i loro occhi ormai spenti.

 
∞∞∞

Quando infine la cerimonia si fu conclusa e tutti furono pronti per ripartire alla volta degli Stati Uniti, Brigidh si dichiarò più che lieta di tornare, soprattutto ora che aveva potuto rivedere assieme Winter e Autumn.

Il rientro fu tranquillo – anche grazie al tocco leggero del potere del Dominatore dell'Aria – e, quando finalmente atterrarono a Tulsa, i gemelli e Brigidh poterono tirare un sospiro di sollievo.

Senza attendere un minuto di più, si recarono in blocco all'ospedale e lì, dopo aver incontrato Robin in sala d'attesa, si fecero ragguagliare sulle ultime novità.

Robin fu prodigo di risposte e, forse anche grazie al suo immenso sorriso, Autumn non rischiò di morire prematuramente d'infarto.

Trovandosi temporaneamente in terapia intensiva, Autumn rinunciò a entrare per lasciare che i genitori di Melody rimanessero al fianco della figlia ma, con il tocco del suo potere, la visitò ugualmente.

Lo rincuorò percepire il battito forte del suo cuore, così come il suo respiro tranquillo ma, ugualmente, si rifiutò di tornare a casa per aspettare che lei si risvegliasse.

Disse a Spring, Summer e Brigidh di andare a casa sua, dove si trovavano John, Max, Sunshine e Malcolm dopodiché, assieme a Winter, Autumn si recò a far visita a Kimberly.

La giovane, ancora un po' stordita e stanca, se ne stava sdraiata sul fianco buono nel suo letto d'ospedale e, quando li vide entrare assieme, sorrise per un istante prima di liberarsi in una calda risata.

“Oh, Winter... dovevi proprio?”

Win lanciò un'occhiata all'occhio nero del gemello e, con una scrollata di spalle, ammise: “Gli sta ben fatta, ammettiamolo. E poi, sono stato onesto. Ne ha solo uno, di lividi.”

Allungando una mano verso di loro, Kim strinse quella di Winter, a cui si unì quella di Autumn, e disse: “Non avete idea del casino che c'è stato qui. Ero in camera di Melody, quando John è dato quasi di matto. Ha estratto dal mio zaino il pugnale che mi avevi fatto e, all'improvviso, Erin ha fatto la sua comparsa.”

Ridacchiò, e proseguì nel suo racconto.

“Erin si è disposta attorno a noi come una cupola di cristallo mentre John e, suppongo, il suo loa, hanno continuato per tutto il tempo a mormorare litanie in creolo, intervallandole a strani gesti nell'aria. Le pietre del pugnale pulsavano come cuori... è stato stranissimo, lo ammetto. Specialmente quando John si è inciso la mano col pugnale.”

“Supponevo l'avrebbe fatto” assentì Winter, deponendo un bacio sulla fronte della compagna. “E' servito a dargli maggiore controllo sul pugnale. Ricorda che apparteniamo a due correnti di potere diverse. Nei riti vuduisti, il sangue è una componente molto importante.”

“Sul momento, ho solo temuto si facesse troppo male” dichiarò Kim, scrutandoli dubbiosa. “Ma cos'è successo, poi?”

Winter e Autumn, a turno, le spiegarono ciò che era avvenuto in Irlanda e, quando le dissero della dea, la giovane strabuzzò gli occhi, murandosi la bocca.

Era chiaro che la notizia doveva esserle parsa parecchio fuori dagli schemi, nonostante fosse ormai abituata alla sua strana famiglia.

Autumn le sorrise comprensivo e, nel carezzarle il capo di riccioli castano rossicci, le disse: “Grazie per tutto quello che hai fatto, Kimmy. Non potrò mai sdebitarmi a sufficienza con te.”

“Da quel che ho saputo da Erin, sono io che dovrei ringraziare te” gli sorrise lei, sorprendendo entrambi i gemelli. “Mi ha detto che hai deviato quel colpo di AK-47, nello Stretto e che, senza il tuo intervento, sarei stata colpita in tutt'altro modo. Probabilmente, mortale. Perciò, io ringrazio te.”

Autumn arrossì come un peperone maturo, rifuggendo i suoi ringraziamenti come inutili, ma Winter non fu dello stesso avviso.

Abbracciò strettamente il gemello e, con voce rotta dall'emozione, lo ringraziò mille e mille volte, costringendo un sempre più imbarazzo Autumn a scostarlo a forza da sé.

Nessuno dei due parlò più di quell'incidente, ma quell'ultimo tassello servì a sanare anche l'ultima ferita nel cuore di entrambi i gemelli.

 
∞∞∞

Si risvegliò con un sorriso sulle labbra sognanti, e l’impressione di essere stata nel Paese delle Meraviglie fino a un istante prima.

Nello scorgere la bella fata dell’aria, che Autumn le aveva presentato solo alcuni giorni prima, e che in quel momento era assisa su un angolo del suo cuscino in attenta contemplazione, seppe che tutto era a posto.

Nella stanza della terapia intensiva, in quel momento, si trovava sua madre e, nello scorgere il suo volto stanco e riverso sullo schienale della poltrona, si ripromise di non farla agitare mai più a quel modo.

In quei lunghi anni di malattia, lei era stata la vera roccia salda della famiglia e, anche di fronte alle sue richieste più assurde, si era sempre comportata con estrema compostezza.

La sua ultima avventura, però, aveva stroncato anche la sua fibra eccellente, facendola esplodere.

Anche di quello avrebbe dovuto scusarsi con lei ma, forse, vedendola nuovamente in forze, si sarebbe ripresa a sua volta.

Lo sperava davvero.

Quasi come se avesse avvertito su di sé gli occhi chiari della figlia, Sophie si ridestò dal pesante sonno che l’aveva presa e, nel sorriderle, mormorò sonnacchiosa: “Cricetino…”

Melody trovò la forza di ridere, pur se sommessamente e la madre, alzatasi dalla poltrona, la raggiunse accanto al letto per carezzarle il viso con le mani inguantate.

Il lattice del guanto non sminuì la dolcezza della carezza, così come la mascherina che Sophie indossava, non alterò l’amore presente in quell’unica, tenera parola.

“Ciao, mamma…”

“Ciao, tesorino. Come ti senti?”

“Stordita, un po’ confusa ma… tutto sommato, sto bene” le spiegò Melody, allungando una mano per stringere quella madre protesa verso di lei.

Quando le loro dita si fusero in una stretta delicata, Sophie scoppiò in un pianto silenzioso quanto purificatore e la figlia, con un lento sospiro, asserì: “Giuro che non farò mai più nulla di pericoloso. Mi imbottirò di ovatta per il resto dei miei giorni, e non farò nulla di più rischioso di un uovo al tegamino.”

La madre esplose in una risata vagamente isterica, ma scosse il capo.

“Non saresti più tu, e mi spaventeresti per un altro motivo. Penserei che non hai più le forze per farlo, e questo mi farebbe venire mille dubbi. No, ti preferisco scapestrata e matta come sei sempre stata.”

“Lo prenderò come un complimento” celiò Mel, storcendo appena il nasino a punta.

“Lo era, credimi” assentì Sophie, torcendoglielo gentilmente in una strizzatina amorevole.

“Mamma… Autumn è…”

Si bloccò, perché non aveva trovato neppure un attimo di tempo per spiegarle cosa vi fosse tra loro, ma lei si limitò ad annuire e, con mosse misurate, attirò accanto al letto la poltrona per accomodarsi.

Vagamente confusa, Melody la curiosò con lo sguardo e, dinanzi ai suoi occhi sempre più sgranati e sorpresi, Sabrina Emerson Snow, la donna più concreta e con i piedi per terra del mondo, le spiegò tutto su Autumn.

Le parlò di ciò che si erano detti prima della sua partenza per l’Irlanda, ammise con lei la sua sorpresa nell’aver scoperto il loro amore… e rise imbarazzata nel parlare degli strani poteri della famiglia dell’uomo.

Gesticolò per tutto il tempo e, quando la fata andò a posarsi sulla spalla di Sophie, Mel comprese che anche la madre poteva vederla.

E che era lieta e strabiliata in positivo, per un simile evento.

“Questa piccola fatina non ti ha mai abbandonata. E’ sempre stata al tuo fianco, in ogni momento, …immagino anche durante l’operazione.”

L’elementale annuì orgogliosa, e Sabrina allungò un dito per carezzarla sul capo. Appariva come ringiovanita, nei pochi minuti passati dal suo risveglio, e Melody si chiese se non fosse proprio per merito di quella dolce fatina.

“Quindi… sai tutto” mormorò alla fine Mel, lappandosi le labbra secche e screpolate.

“Autumn ha ritenuto giusto che noi sapessimo ogni cosa e, a mio parere, ha dimostrato molto coraggio. Perché ce ne vuole davvero per fidarsi di due perfetti sconosciuti, e mettere nelle loro mani un segreto così pericoloso.”

“Siete i miei genitori. Non poteva che fidarsi” sorrise lei, sentendosi prossima alle lacrime.

Aveva sempre lasciato in sospeso quel pensiero, domandandosi segretamente se e quando ne avrebbe mai parlato con suo padre e sua madre.

E invece, eccolo lì, il suo eroe, a parlare da solo con loro, e di una cosa così determinante per il loro futuro assieme.

Certo, l’operazione era stata basilare. Ma anche quel punto lo era, allo stesso modo.

Sapere che Autumn si era spinto così in là per lei, la portò a dire: “Lo amo, mamma. Tantissimo. Perciò, dimmi… cos’ha detto il dottore?”

“L’operazione, tecnicamente parlando, è andata benissimo. Ora, sarà il tuo corpo a dirci se le cellule di Kimberly basteranno a guarirti. Ma io sono propensa a pensare di sì.”

“Sai, mamma? Anch’io.”

Aveva sfidato la morte, incontrato creature leggendarie e affrontato poteri ancestrali… ed era ancora lì.

Era davvero forte come la tempesta, e avrebbe continuato a dimostrarlo a tutti, ancora per molto tempo a venire.
 




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N.d.A. : siamo quasi giunti al termine. Manca solo l'epilogo e poi potremo dichiarare terminata l'avventura dei quattro gemelli Hamilton. Spero di aver risposto a (quasi) tutte le vostre domande e di non aver deluso nessuno.
Ma, soprattutto, grazie a chi mi ha seguito fin qui... ci rivediamo all'epilogo!
  
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