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Autore: Black_fire    03/11/2014    10 recensioni
Bella potrebbe dirsi una normale diciottenne come tante altre sue coetanee, se non fosse per due particolari non proprio indifferenti: il primo è quello di avere una famiglia adottiva, i Cullen, composta da vampiri ultracentenari. Il secondo, e anche il più pericoloso, quello di essersi perdutamente innamorata di Edward, uno dei suoi fratelli che ormai lei non riesce più a vedere appunto come tale.
L'ennesimo trasferimento della famiglia Cullen, Bella compresa, a Forks vedrà comparire all'orizzonte una svolta decisiva nelle vite di tutti loro.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Buongiorno!
Innanzitutto devo ringraziare tutte le lettrici che hanno inserito questa storia tra preferite/ricordate/seguite perchè non pensavo che sareste state così tante già dall’inizio!
Un particolare grazie va a quelle lettrici che hanno anche deciso di lasciarmi un commento. Mi ha allargato il cuore e rafforzato la mano: nello scrivere questo primo capitolo, infatti, tremava un pochino meno dall’ansia di non sapere che impatto avrebbe avuto sui lettori questa storia.
Come avrete notato sia il prologo, sia questo primo capitolo, si aprono con il testo di una canzone.
Non è un caso! Adoro scrivere ascoltando musica, e mi piace perciò scovare canzoni che possano riassumere il senso del capitolo. O almeno ci provo! Quindi, lo farò per tutti i capitoli di questa storia.
Chiuderei questa introduzione con un’ultima nota: gli aggiornamenti. Non credo di poter “promettere” scadenze regolari, dato che forse non riuscirei a rispettarle, però sicuramente cercherò di far passare massimo una settimana tra un capitolo e l’altro.
Buona lettura… e se vi va, mi farete contenta lasciando un commento
BF
 
 
 


Tu sai difendermi e farmi male

Ammazzarmi e ricominciare
A prendermi vivo
Sei tutti i miei sbagli
A caduta libera
E in cerca di uno schianto
Ma fin tanto che sei qui
Posso dirmi vivo
Tu affogando per respirare
Imparando anche a sanguinare
Nel gioco che sfugge
il tempo reale sei tu
Tu a difendermi a farmi male
Sezionare la notte e il cuore
Per sentirmi vivo
In tutti i miei sbagli
Non m' importa molto se
Niente è ugule a prima
Le parole su di noi
Si dissolvono così


"Tutti i miei sbagli - Subsonica"


 
 



Era stata una serata assolutamente da dimenticare.
Non mi ero mai sentita più fuori luogo, come in mezzo a quel gruppo di ragazzi. I loro scherzi, i loro discorsi, i loro desideri, tutto mi sembrava assolutamente lontano da quello che ero io e che volevo.
Vedevo in loro tutto quello che non avrei mai voluto diventare.
Avevo finto l’allegria necessaria per arrivare sino in fondo alla serata, senza fargli capire che avevo già deciso che non ci sarebbe stata una seconda volta.
Questo pensavo mentre imboccavo la strada che mi portava verso casa, che avrei dovuto trovare una scusa plausibile per rifiutare l’invito che mi era stato rivolto per andare a fare surf sulla spiaggia di La Push il prossimo weekend.
Perché non mi interessava quello che avrebbero voluto per me i miei fratelli, io sapevo che nel mio futuro non c'era spazio per quella vita.
Non era così che sarei stata felice.
Nel frattempo ero arrivata davanti alla villa che era diventata la nostra casa. Era isolata, circondata com'era da fitti boschi e abbastanza lontana da Forks, da poter garantire quella riservatezza di cui la mia famiglia aveva bisogno.
Il buio della notte era rischiarato solo dalle luci accese all’interno. Sicuramente qualcuno stava attendendo il mio rientro, per domandarmi della serata appena trascorsa.
Immaginavo sarebbero state sicuramente Alice e Rosalie. Da quando eravamo tornati da scuola, a quando ero uscita per andare in pizzeria, non avevo più rivolto loro mezza parola.
Anche loro avevano preferito non insistere, sapendo che mi avrebbero solo fatta arrabbiare di più.
Mi conoscevano davvero troppo bene, e sicuramente sapevano che quando fossi tornata, sarei stata più propensa a parlarne.
Ero appena scesa dal mio pick-up, quando un brivido premonitore mi aveva attraversato la schiena.
- Ciao, Bella.
Era qui, era tornato.
Mi ero voltata lentamente, convinta di scoprire che era stata solo la mia immaginazione a farmi sentire quella voce.
Ma non era stato un sogno.
Edward era lì, di fronte a me.
Non era cambiato nulla in lui. Il trascorrere del tempo, come per tutti loro, non lasciava alcun segno.
I lineamenti eleganti, gli occhi dorati, il fisico asciutto, i capelli sempre ribelli... tutto era perfettamente come lo ricordavo.
Ed era stato inevitabile pensare come lui, invece, avrebbe visto su di me i segni del tempo passato.
Erano trascorsi quasi tre anni dall’ultima volta che ci eravamo visti, e io non ero più una ragazzina acerba.
Emmet, Jasper, lo stesso Carlisle, mi avevano più volte detto quanto mi fossi trasformata in una giovane donna. Si erano mostrati gelosi, come spesso succede ai padri e ai fratelli, delle occhiate ammirate che a volte gli uomini mi riservavano. Mi dicevano spesso che faticavano a capacitarsi che fossi cresciuta così tanto, che non fossi più quella bambina ingenua dai lunghi codini e la faccia sporca di marmellata.
E lui? Come mi vedeva ora? Avrebbe visto che la bambina stava diventando una giovane donna?
Cercavo nel suo sguardo qualcosa che potesse rivelarmi le risposte alle mie domande, ma era indecifrabile nel suo osservarmi.
- Ciao, Edward.
Il suo arrivo improvviso aveva acceso dentro di me sentimenti contrastanti.
Rabbia, felicità, odio, amore, confusione.
Mi sentivo annegare in quel mare di emozioni che non riuscivo ad imbrigliare. Avrei voluto, nello stesso momento, gettarmi tra le sue braccia e fuggire lontano.
Lo amavo, ma al tempo stesso lo odiavo con tutta me stessa.
- Quando… quando sei arrivato?
Non sapevo dove avevo trovato la forza di parlargli. Sapevo solo che dovevo rompere quel silenzio in cui sentivo, sempre più insistente, ogni fibra del mio essere gridare di abbracciarlo e, forse, anche di baciarlo.
- Qualche ora fa. L’aereo era in ritardo, altrimenti sarei arrivato prima.
Prima che io uscissi per andare ad un appuntamento con un altro ragazzo, magari impedendomelo?
Ma sapevo bene che non era questo che mi stava dicendo. Stava semplicemente rispondendo alla mia domanda.
- Nessuno mi ha detto che saresti arrivato.
Mi era stato impossibile non formulare quelle parole accusatorie, perchè era stata la prima cosa che avevo pensato.
Mi avevano volutamente tenuta tutti all'oscuro del suo arrivo finchè non me lo fossi trovato di fronte, forse per rendermi meno difficile questo momento.
Essere lì con lui, divisi solo da qualche passo, eppure distanti come fossimo due sconosciuti che si incontravano per la prima volta.
- Non arrabbiarti con gli altri. Sono stato io a volere così.
La sua voce.
Dio, come mi mancava il sentirla parlarmi come aveva fatto in passato. Calda, amorevole, serena.
Non con quel tono freddo ed impersonale che aveva contraddistinto le sue telefonate in questi anni, e che aveva anche ora.
- Perchè, Edward?
Stavo cercando di vincere una dura battaglia con me stessa, perchè sentivo gli occhi pizzicarmi nello sforzo di trattenere quelle lacrime che avrebbero voluto sgorgare copiose.
Avevamo parlato tante volte del fatto che lui non riuscisse a leggere i miei pensieri. Una stranezza a cui non eravamo mai riusciti a dare un perchè. Era così, e basta.
Mai come adesso, però, ne ero contenta: che non potesse davvero sapere come e quanto stavo male per lui.
Anche se sapevo che avrebbe potuto intuire lo stesso il mio stato d'animo dai mille altri segnali che il mio corpo umano gli inviava.
Segnali che lui interpretava così bene, perchè ero sempre stata come un libro aperto per lui, anche senza poter leggere i miei pensieri.
- Non volevo che il mio arrivo ti turbasse prima del dovuto.
La sua risposta era stata la conferma di quanto avevo appena pensato: ero un libro aperto per lui. E la rabbia che avevo provato nel sentirmi così mi aveva quasi paralizzato.
Vedere che lui, invece, riusciva ad essere così padrone di se, mi stava facendo impazzire. Dove era finito tutto l'affetto che aveva sempre provato per me? Perchè mi trattava così? Perchè non si era precipitato ad abbracciarmi, dicendomi che questi tre anni senza di me, erano stati un inferno anche per lui?
Perchè non lo erano stati, questa era la realtà. Lo erano stati per me, come lo sarebbero stati tutti quelli futuri, ma per lui no.
Solo questo mi aveva spinto a sforzarmi di reagire come mai avrei pensato di poter fare.
- Turbarmi? Non credo proprio. Come vedi, questa sera avevo un appuntamento. Non ci avrei rinunciato nemmeno se avessi saputo prima del tuo arrivo.
La sua espressione non era cambiata, era rimasta indecifrabile, estranea.
Ed era stato come se mille lame affilate lacerassero la mia carne. Che cosa era successo? Perchè lo avevo perso così? Cosa avevo fatto per meritarlo?
- Alice e Rosalie, mi hanno detto che eri uscita con dei compagni di scuola.
- Ti hanno informato male. Sono uscita con un ragazzo, Mike, oltre che con dei compagni di scuola.
Lo avevo fatto davvero, avevo seguito quella voce dentro di me che mi spronava a cercare di scalfire in ogni modo possibile quella sua espressione distaccata.
Volevo che tornasse l'Edward che ricordavo, ad ogni costo, anche quello di mentire, facendogli credere che esistesse qualcosa tra me e Mike.
Perchè quel ragazzo non era niente per me, e mai sarebbe potuto esserlo. Lo avevo capito proprio stasera e senza possibilità che mi stessi sbagliando.
- Spero ti sia divertita con loro.
Non potevo più sopportare quello che stava accadendo tra di noi. Quell’ abisso che improvvisamente ci divideva.
- Sì, assolutamente. Infatti sono molto stanca... anzi, spero non ti offenderai se me ne vado subito a letto, ma sto davvero crollando dal sonno... domani avrò anche una giornata impegnativa a scuola...
L'ombra di un sorriso aveva fatto capolino sulle sue labbra. E il mio cuore aveva perso un battito.
Avevo rivisto quel volto così come ricordavo mi avesse sempre guardata.
- Avevo dimenticato quanto i tuoi ritmi fossero "d'intralcio" ai nostri...
E se aveva perso un battito per quello sguardo, ora il mio cuore minacciava di volersi fermare del tutto davanti al tono affettuoso con cui aveva pronunciato quelle parole.
Quante volte mi aveva preso in giro così, in passato, per il mio umanissimo bisogno di dormire? Quasi tutte le sere, quando avevamo dovuto interrompere qualsiasi gioco o attività in cui eravamo impegnati, perchè io non ero più riuscita quasi a tenere gli occhi aperti.
Quante volte, prendendomi in braccio per portarmi nella mia stanza, mi era bastato per crollare immediatamente nel sonno? O quante volte era rimasto sdraiato accanto a me, sino a che non mi ero addormentata serena, grazie alla sua presenza?
Infinite volte, perchè c'era sempre stato nella mia vita di bambina e poi di ragazzina.
E come sarebbe stato averlo accanto, adesso, nel mio letto? Cosa avremmo sentito entrambi, se mi avesse stretto ora contro di lui, per portarmi in braccio?
Avevo scacciato il pensiero nell'unica maniera possibile: negare che ci fosse stato. Sostituendolo con uno che potesse ferire lui, e non me.
- Già...  infatti, sono molto contenta di aver incontrato Mike... non avrò mai questo problema con lui: i sui ritmi coincideranno sempre con i miei...
Non ero rimasta in attesa di una sua reazione o risposta. Ero certa, certissima, che non sarebbe mai stata quella che avrei voluto.
Così avevo aggiunto solo un frettoloso "a domani" ed ero entrata svelta in casa.
Rosalie ed Alice, come avevo previsto, le avevo trovate sedute sul divano, in attesa. Sapevo che avevano sentito tutto, come sapevo che Edward avrebbe sentito qualsiasi cosa avessi detto loro.
Così, sforzandomi come una brava attrice, ero riuscita anche a sorridere di rimando alle loro espressioni ansiose.
- Rosalie, Alice... grazie. Ho passato una serata bellissima. Ed è solo merito vostro, perchè se non avessi seguito il vostro consiglio me la sarei persa.
Avevo intuito che stessero per dirmi qualcosa riguardo all'arrivo di Edward, e non avrei avuto la forza di affrontarlo. Così le avevo precedute.
- Però, adesso, sono davvero stanca... ma giuro che domani vi racconterò tutto, a scuola.
Mi ero chinata a baciare entrambe, un'abitudine che non avevo mai perso, quella di salutarli prima di andare a dormire.
Avevano ricambiato entrambe affettuosamente, ed era stato sufficiente quello per farmi capire che avevano compreso benissimo come mi sentissi in quel momento.
Confusa, addolorata, arrabbiata.
 
 
 
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La mattina dopo mi ero svegliata con un terribile mal di testa.
Non ero riuscita a chiudere occhio, se non per un'ora scarsa. Per tutto il tempo mi ero sforzata di trattenere il pianto in cui mi sarei voluta sciogliere. Ma non volevo assolutamente che nessuno di loro mi sentisse, tanto meno lui, e si facessero un'idea di quanto ero sconvolta da quell'arrivo inaspettato.
Perchè era qui? Era tornato, o era semplicemente una visita la sua? Avrebbe preferito evitarmi? Non provava davvero più nulla per me? Era riuscito a cancellarmi dalla sua vita? Ero diventata davvero un'estranea per lui?
Queste e mille altre domande mi avevano tormentato tutta notte. Il viso soffocato nel cuscino, i pugni contratti a stringere la coperta.
Avevo persino male alla mascella, tanto avevo stretto i denti per non cedere alla marea che minacciava di travolgermi ad ogni momento.
Nello specchio, l'immagine riflessa, era quella di un viso pallido, gli occhi cerchiati da ombre scure e le labbra leggermente gonfie. Non so quante volte le avevo morse per impedirmi di gridare tutta la rabbia e il dolore che avevo dentro.
Non potevo mostrarmi così, o sarebbe stato tutto inutile, si sarebbero accorti immediatamente del mio stato d'animo.
Mi ero buttata sotto la doccia, aprendo l'acqua calda al massimo. Probabilmente una doccia bollente non avrebbe lavato via totalmente l'aria sciupata del mio viso, ma l'avrebbe mitigata quel tanto che bastava da attribuirla alla stanchezza dell'essere andata a letto più tardi del solito.
Forse avrei anche potuto mentire un poco, dicendo che mi ero concessa un paio di birre e che non essendo abituata, quello era l'effetto che avevano avuto su di me.
Ingannare dei vampiri non era facile, se non quasi impossibile. Ma qualche volta ci ero riuscita, grazie al fatto che sapevo appunto di doverlo fare in maniera molto più credibile.
Quando ero tornata in camera, Alice era già seduta sul mio letto sfatto. Nonostante avrebbero potuto farlo sempre, grazie alle loro capacità, poche volte i miei familiari si erano permessi di entrare in camera mia, senza che io me ne accorgessi. Bussavano, per avvisarmi della loro presenza e poi entravano.
Stamattina Alice non lo aveva fatto, forse convinta che non avrei voluto vederla subito. E non aveva sbagliato. Le avrei detto che sarei scesa subito, di aspettarmi giù.
- Fai schifo, sorellina.
Nel dirmelo, non aveva usato i modi che le erano abituali, ed era stato il segnale che il mio mentire sarebbe dovuto essere più convincente che mai, perchè era qui per sapere la verità da me.
- Grazie, Alice. Sentirmelo dire, renderà ancora più piacevole il mio dovermi mostrare a scuola.
Avvolta nell'accappatoio le avevo dato le spalle per aprire il cassetto della biancheria intima.
- Tranquilla. Se è per quello, sono sicura che Mike ti troverà bellissima lo stesso.
Era l'occasione giusta da cogliere per seminare il dubbio.
- Vai avanti così, Alice, e la mia autostima toccherà davvero livelli record.
Ero arrivata a guardarla negli occhi, cercando di sorridere davvero.
- Potrei arrivare a chiederti la tua trousse con i trucchi, di questo passo.
Non sapevo se intuisse la verità dietro questo mio chiacchierare quasi allegro, però non avevo altra scelta. Non le avrei permesso di strapparmi la verità.
- Sarebbe davvero un giorno storico. Forse potrei insistere davvero...
Mi ero infilata nel frattempo un coordinato intimo che proprio lei mi aveva regalato e che non avevo mai indossato prima. Lo avevo fatto nella certezza che non le sarebbe sfuggito.
- Ti sta molto bene. Anche se ritengo tu sia un pò troppo magra... qualche chiletto in più, non ti starebbe male...
Ero sempre più preoccupata, perchè questa conversazione con Alice aveva tutte le premesse per diventare un vero campo minato.
Il fatto che non mi avesse ancora parlato del vero motivo per cui l'avevo trovata già nella mia stanza, senza che si fosse annunciata, faceva intendere che stesse studiando ogni mio movimento, o espressione, o tono di voce, a caccia di indizi sul mio reale stato d'animo.
- Terrò presente i tuoi consigli... e ti ringrazio per essere stata meno... diretta nel dirmelo!.
Ci eravamo concesse un sorriso entrambe, probabilmente sincero, all'idea che di conversazioni così ne avevamo già fatte a centinaia.
Alice, da quando mi ero affacciata nell'adolescenza, aveva cercato di trasmettere anche a me il suo amore per il bello. Potevano essere vestiti, automobili, arredi, accessori, persino quel cibo che mangiavo solo io, ma per lei tutto doveva essere gradevole alla vista. Aveva un'eleganza e una grazia innata, che andava oltre il suo essere vampira, qualcosa che probabilmente era stato dentro di lei anche da umana.
Io, però, continuavo a rimanere il suo esatto opposto: a volte quasi goffa, non mi curavo particolarmente di ciò che indossavo o di quello che mi circondava. Per me, tutto doveva essere pratico e comodo.
Ricordavo la discussione avuta proprio per il letto su cui adesso era seduta: quando l'avevo trovato nella mia stanza, quasi non ci potevo credere.
Aveva pensato lei, ovviamente, all'arredo della nostra nuova casa, e come sempre, anche a quello per la mia stanza. Sapeva dei miei gusti semplici, e quella volta aveva deciso di ignorarli, facendomi trovare questo letto matrimoniale immenso, in ferro battuto, con tanto di baldacchino e tende per oscurarlo completamente.
Passata la sorpresa iniziale, le avevo detto che mi sembrava un pò eccessivo per dormirci da sola. Il solito letto ad un piazza, sarebbe stato più che sufficiente.
Ma lei aveva insistito che per una volta avrei potuto accettare un suo regalo e basta, senza dover sempre sottolineare i nostri diversi modi di essere. Avevo capito di averla ferita, ed avevo fatto marcia indietro.
Mi ero scusata, sinceramente dispiaciuta. Ed era bastato perchè ci ritrovassimo abbracciate, ridendo commosse come due stupide.
- Io non metterei quel colore, se davvero ti interessa il tuo aspetto stamattina...
Avevo infilato un paio di jeans, una camicia bianca e stavo indossando un semplice maglione grigio.
- Pallida come sei e con quelle occhiaie che ti ritrovi, penseranno che tu sia una zombie...
Se non fossi stata così tesa, all'idea che il mio aspetto fosse comunque così evidente, avrei apprezzato in maniera diversa la battuta di Alice. Che un vampiro desse dello "zombie" ad un'umana... conteneva davvero un'evidente ironia!
- In effetti... temo di aver bevuto un pò troppo ieri sera. Mike Newton, si è rivelato un tipo davvero diverso, sai? Evidentemente a scuola, presenti tutti voi, si sentiva meno sicuro...
Ecco, non avevo mentito del tutto in questo caso. In effetti, Mike si era decisamente mostrato più spigliato ieri sera nei miei confronti. Aveva chiacchierato e scherzato, forse anche un pò flirtato esplicitamente con me, senza mai mostrarsi imbarazzato.
- Mi stai dicendo che Mike è un ubriacone?
Era ovviamente ironica la domanda di Alice, dal momento che poteva benissimo immaginare che così non fosse.
- No, ovviamente. Dico solo che ieri sera, l'atmosfera era molto rilassata tra di noi... così, non ho rifiutato la seconda birra che mi ha gentilmente offerto!
Mi ero nuovamente rivolta verso lo specchio, aggiustandomi il colletto della camicia e constatando che Alice non aveva tutti i torti: il grigio del maglione donava al mio viso una sfumatura leggermente azzurrognola.
- Bella, Edward in questo momento non è in casa.
Le parole di Alice avevano avuto lo stesso effetto di una doccia gelata.
Concentrata sul fatto di apparire normale ad Alice, non avevo pensato che lui potesse essere in ascolto.
Oppure, come stava insinuando la stessa Alice, inconsciamente avevo iniziato a parlare di ieri sera in quella maniera, perchè anche lui si facesse un'idea ben precisa del mio rapporto con Mike?
- E allora, Alice?
Ero riuscita a rimanere lucida quel tanto che bastava per evitare di dare a vedere che la sua domanda aveva colpito nel segno.
- Dico solo che puoi dirmi la verità, Bella. Che quella faccia è il risultato di una notte insonne provocata dall'arrivo di Edward.
Merda. Decisamente aveva deciso di passare al contrattacco. Ora dovevo davvero stare attenta a soppesare ogni parola e gesto.
Mi ero voltata, tornando a fissarla direttamente negli occhi non più attraverso lo specchio.
- Non posso negare che il suo arrivo sia stato alquanto... inaspettato, ma da qui, ad esserne sconvolta... direi proprio di no.
“Attacca a tua volta, Bella.”
Ecco quello che dovevo fare.
- Piuttosto, sorellina, non è che sia il tuo senso di colpa a farti preoccupare così del mio aspetto? Forse, perchè tu, o gli altri, avete eseguito alla lettera le istruzioni di Edward e non mi avete detto nulla del suo arrivo?
Non le avevo dato il tempo di rispondere e avevo ripreso.
- Magari, ora sei preoccupata che io sia molto seccata, o magari molto arrabbiata, per il fatto che non abbiate pensato prima a me, piuttosto che a lui.
Mi stavo arrabbiando sul serio.
Perchè mentre lo dicevo, avevo realizzato che le cose forse stavano davvero così. Sapevano che sarei rimasta molto più sconvolta io del suo arrivo, piuttosto che lui nel rivedermi. Eppure avevano rispettato la sua richiesta di non dirmi niente.
- E magari, adesso sei qui per sapere come sto, solo per attenuare questo senso di colpa. Sempre magari, sei venuta in avanscoperta anche a nome degli altri, che hanno egualmente preso parte a questa congiura...
Era difficile riuscire a capire se stavo colpendo nel segno con lei, dato che la sua natura l'aiutava nel non tradirsi con quei segnali che negli umani erano così evidenti: arrossire, o agitarsi nervosamente, o stare sulla difensiva.
Lei mi ascoltava perfettamente immobile, seduta a gambe incrociate sul letto come l'avevo trovata.
- Okay. Che ne dici di un compromesso? Potrei ammettere il mio senso di colpa, se tu ammettessi che la tua aria distrutta è la conseguenza dell'arrivo di Edward, e non della tua serata con Mike & company.
Eccolo il momento decisivo: volevo trovare in Alice una spalla su cui piangere, nonostante mi sentissi ora un pò tradita anche da lei, o volevo continuare a tenere per me la tempesta che avevo dentro per l'arrivo di Edward?
Avevo cercato in questi due ultimi anni di far credere a tutti loro che le cose stessero andando meglio, che avessi iniziato a non provare più quel tipo di "amore" verso Edward, ma che stessi ritornando a vederlo come un fratello.
E poi c'era lo stesso Edward. Se avessi confessato di essere così turbata dal suo ritorno, lui avrebbe saputo quanto ancora lo amavo. E visto come mi aveva accolto ieri sera, sarei stata ancora io l'unica a mostrare la sofferenza che provavo.
- Non capisco, Alice. Sembra quasi che tu sia dispiaciuta del fatto che mi sia divertita in compagnia di ragazzi come me.
Avevo scelto di mentire a tutti, perchè prima di tutto volevo mentire a lui. Non volevo fargli sapere quanto ancora lo amassi, per magari vedere un'altra volta la sua pietà, o peggio la sua indifferenza.
Dopotutto se ne era andato senza nemmeno avere il coraggio di affrontarmi per dirmi che lui non avrebbe mai provato per me nient’altro al di fuori di un sentimento fraterno,
Aveva lasciato che fossero Carlisle, Esme, Alice, Rosalie, Jasper, Emmet a dirmelo. Ognuno di loro mi aveva consolato, parlato, ascoltato. Ognuno di loro mi aveva ribadito quanto mi volesse bene Edward, ma come fratello, e di come avesse preferito allontanarsi per darmi modo di capire i miei sentimenti, di capire che ero solamente confusa.
Ma lui, non era mai stato confuso. Anzi lui, lontano da me, aveva capito che non ero poi così importante nella sua vita.
E adesso, volevo che anche lui pensasse che per me era lo stesso. Che avessi scoperto che, senza di lui, potevo continuare a vivere anch'io.
- Bella, ma se neanche ci volevi uscire con Mike...
- E' vero, Alice. Inizialmente l'ho fatto perchè volevo darvi una lezione... pensavo che vi sareste pentiti di sapere che mi avevate costretto a passare una serata d'inferno... ma poi non è stato così! Mi sono divertita davvero.
Solo per un momento mi era balenata l'idea che qualcuno di loro, magari Emmet o Jasper, potessero essere venuti a spiarmi fuori dalla pizzeria. Magari davvero preoccupati che potessi trovarmi in difficoltà.
Ma poi avevo deciso di rischiare e continuare a mentire.
- Penso che uscirò ancora con loro. Mi hanno invitato per questo weekend ad andare con loro alla spiaggia di La Push. I ragazzi faranno surf, noi ragazze ne approfitteremo per sfotterli un pò...
Avevo imboccato quella strada senza nemmeno fermarmi a riflettere. Così, mi ero incastrata da sola nel dover frequentare ancora compagnie che avevo deciso non facessero per me.
- E l'arrivo di Edward? Ieri sera, e tu sai quanto ci dispiaccia la nostra invasione forzata, ti abbiamo sentito molto turbata nel parlare con lui. Anzi, per essere del tutto sincera, il tuo cuore sembrava sul punto di esplodere, Bella.
Sapevo davvero quanto fossero sinceramente dispiaciuti che non ci fosse una vera privacy per me, grazie ai loro poteri di vampiro.
- Alice, come volevi che reagissi, scusa? Mi trovo di fronte mio fratello, dopo tre anni che lo sento solo al telefono... mi sembra logico che un certo effetto me lo abbia fatto!
Ero stata abbastanza accorta da chiamarlo fratello e non Edward, nella speranza che il mio pronunciarlo suonasse naturale.
Perchè a me non era sembrato affatto così. Proprio da tre anni a questa parte, non avevo mai più pensato a lui come ad un "fratello".
Ma sempre e soltanto come Edward. Il vampiro di cui ero innamorata.
- E' davvero così, Bella? Lo sai che non hai bisogno di mentire con noi...
- Sì, è così. Mi fa piacere che Edward sia qui. Finalmente avrò modo di farvi capire che va tutto bene... e spero che lo capisca anche lui.
Ero certa che quello che stavo affermando sarebbe stato difficile da realizzare per me, ma ero altrettanto certa che non avrei mai voluto dover vedere Edward fuggire di nuovo davanti al mio amore per lui.
Non lo avrei sopportato un'altra volta.
E allora, avrei sofferto in silenzio. Cercando davvero delle alternative che mi aiutassero a portare avanti questa mia scelta. Avrei, perciò, davvero cercato di nuovo la compagnia di altri ragazzi come me.
Mi avrebbe permesso di rimanere lontano da lui, con una scusa plausibile.
Ero salita anch'io sul letto, sedendomi di fronte ad Alice e prendendole le mani.
Le volevo molto bene, era davvero una sorella per me. Come del resto gli altri, come del resto Esme e Carlisle erano diventati quei genitori amorevoli che diversamente non avrei avuto.
Alice aveva guardato prima le nostre mani intrecciate, poi me.
- Questo vuol dire che c'è la remota possibilità che mi , e ci, perdonerai perchè non ti abbiamo detto prima dell'arrivo di Edward?
Non sapevo se avesse creduto davvero alle mie parole, però non avevo scelta.
- Ovvio che sì, Alice. Credo di capire perchè lo abbiate fatto. E perchè Edward ve lo abbia chiesto. Forse, se lo avessi saputo prima, un pò di paranoie me le sarei fatte...
Alice mi aveva sorriso.
- Sai che il tuo modo di parlare mi sembra già diverso?
Qualunque cosa stesse pensando veramente, avevo capito che era intenzionata ad accontentarsi per il momento.
- Cioè?
- Cioè, "paranoie" è il termine più usato da Jessica Stanley! In questi due anni a scuola, non so quante volte gliel'ho sentito dire!
- Sai che non me ne ero accorta? Certo che diventare come Jessica...
- Ah, no, Bella! Come la Stanley, no! Caspita, penso che non riuscirebbe ad azzeccare un abbinamento di buon gusto, neanche se glielo mettessero davanti al naso!
E con questo, Alice era scoppiata nella sua risata melodiosa e cristallina, un suono che era sempre in grado di suscitare anche la mia, come di fatto era avvenuto.
 
 
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Le voci divertite di Emmet, Jasper ed Edward, mi avevano raggiunto in cucina, mentre stavo facendo colazione.
Esme aveva subito sollevato lo sguardo dal giornale per scrutare la mia reazione. Sicuramente aveva sentito la mia conversazione con Alice, e quando ci eravamo viste, io per prima le avevo ribadito che andava tutto bene. Ero contenta che Edward fosse finalmente di nuovo con noi.
Lei mi aveva abbracciato, e mi aveva detto che ero davvero una ragazza speciale. Poi, come sempre, eravamo andate in cucina, io per fare colazione, lei per tenermi compagnia.
Così, ora, non avevo alzato lo sguardo dal libro di biologia che avevo aperto per ripassare. Solo con la coda dell'occhio avevo colto il gesto di Esme.
Non era stato facile cercare di evitare che il cuore iniziasse a battermi all'impazzata al suono della risata di Edward, ma anni di esercizio con Carlisle, mi erano venuti in aiuto.
Carlisle aveva voluto che imparassi a controllare meglio il mio corpo e le mie reazioni, per quelle rare volte che qualche vampiro loro amico, fosse venuto in visita da noi.
Erano state veramente rare eccezioni, e in piena sicurezza per me, però un maggiore controllo da parte mia sul mio fisico, avrebbe potuto aiutare a non stimolare maggiormente l'istinto degli altri vampiri.
Carlisle mi aveva spiegato che più calma rimanevo, più il mio sangue circolava lentamente e più il suo profumo diventava meno aggressivo.
Così, mi ero concentrata su quegli esercizi che sapevo aiutarmi a rilassare il mio corpo, riuscendoci in parte.
- Tesoro, che ne dici se per stasera ti preparo le lasagne?
Da sempre, erano il mio piatto preferito. Esme, era sempre stato con i piccoli gesti, le piccole attenzioni, che aveva sottolineato quanto davvero mi avesse amato come se fossi stata davvero una figlia per lei. E proprio in questa giornata, lo aveva fatto una volta di più, con la sua proposta.
- Direi che sarebbe fantas...
Non avevo fatto in tempo a finire, perchè mi ero ritrovata stritolata tra le braccia di Emmet, mentre mi scoccava anche un sonoro bacio sulla guancia.
- Buongiorno, sorellina!
Il suo saluto rischiava ogni mattina di vedermi vittima di traumi fisici, specie se era su di giri, come lo era in quel momento.
- Emmet, potrebbe esserlo un buon giorno, se non rischiassi di perdere l'uso di entrambe le braccia però!
Era scoppiato a ridere, lasciandomi andare e nel contempo girando verso di lui lo sgabello su cui ero seduta per guardarmi in faccia.
Avevo incontrato i suoi occhi dorati, sorridenti e particolarmente dilatati.
- Adesso si spiega questo eccesso di esuberanza... sei andato a caccia stanotte!
- Già! E l'orso più grande, ovviamente, l'ho bevuto io!
Avevo iniziato a percepire su di lui l'odore del bosco. Muschio, legno bagnato, terra. Un mix che c'era sempre stato nei miei ricordi, ma che solo ad un certo punto aveva assunto la giusta collocazione: il momento della caccia, quando si nutrivano di sangue animale.
Non era stato facile per me accettare che vivessero così, ma poi avevo realizzato cosa comportasse davvero la loro scelta: non diventare dei mostri assassini.
- Il bello è che mente, sapendo di mentire!
Mi ero sporta oltre la spalla di Emmet, per vedere Jasper che mi strizzava l'occhio.
- Infatti, sono io il cacciatore migliore in famiglia, ma ancora non si rassegna...
Mi sentivo a mio agio in mezzo a conversazioni del genere, e nessuno avrebbe mai potuto capirlo. Nessuno di umano, ovviamente.
- A mentire siete in due, a quanto pare. Vi stavate dimenticando di me...
Edward, era apparso sulla soglia della cucina e a me era sembrato che tutto il resto scomparisse.
L'avevo solo intravisto, ieri sera, nella scarsa luce fuori casa.
Ma ora che lo vedevo bene, era stato come ricevere un pugno in pieno stomaco. Infatti, era proprio lì che si era formato un nodo stretto e doloroso.
Era bello, ma non per la sua bellezza perfetta, era bello perchè era lui, con i suoi lineamenti familiari, i suoi occhi espressivi, il suo sorriso disteso.
Nonostante avesse incrociato anche il mio, di sguardo, non aveva cambiato espressione.
Stava guardando anche me divertito e rilassato.
- Potremmo far giudicare a Bella.
Emmet si era voltato parzialmente verso di loro, sghignazzando.
- Chi meglio di lei, per farlo? Conosce bene tutti e tre.
- Io ci sto.
- Io anche...
Spesso era successo che mi eleggessero giudice per derimere questioni "vampiresche", come le chiamavano loro. Era successo anche che fossi stata male per un giorno intero, quando avevano deciso che dovessi stabilire chi di loro correva più veloce. Ottenendo di non scoprirlo, proprio perchè mi aveva colto una nausea violenta, ma di beccarsi tutti quanti una ramanzina coi fiocchi da parte di Carlisle e, soprattutto, di Esme perchè correre con me in spalla, l'aveva fatta davvero infuriare.
- Quindi, sorellina, secondo te, chi è il migliore tra noi tre?
A questo punto, in passato, lo sguardo di Edward si sarebbe fatto complice nei miei confronti. Perchè aveva sempre saputo di essere il "fratello" preferito, per certi versi, e lo sfruttava per influenzarmi.
Ma quella mattina, non avevo avuto modo di scoprire come avrebbe reagito, perchè la voce irritata di Rosalie era intervenuta.
- Ma voi, ancora con queste scemenze la tormentate? Perchè, piuttosto, non vi preparate per andare a scuola? Passi per noi, ma Bella non si può permettere di saltare il compito di biologia!
Il cipiglio di Rosalie aveva avuto sempre un certo effetto su tutti loro. Quando voleva, sapeva davvero fare paura, e quello era uno di quei momenti, mentre guardava i loro vestiti bagnati ed infangati.
- O volete che il suo diploma vada a farsi benedire?
Si erano praticamente dileguati Emmet e Jasper, solo Edward si era appoggiato al frigorifero, un'espressione ancora più divertita.
- Rose, mica mi ricordavo l'ascendente che avevi su Emmet e Jasper...
Per tutta risposta, lei aveva ringhiato un gentile "vaffanculo", mentre lasciava la cucina, seguita da Esme che le ricordava come non gradisse molto quel genere di linguaggio tra noi fratelli.
In cucina, a quel punto, eravamo rimasti solo noi due, e non sapendo bene come affrontare la cosa, mi ero rifugiata nello sciacquare tazza e pentolino per dargli le spalle.
- Simulazione della prova d'esame?
La voce di Edward mi era giunta da più vicino, probabilmente si era spostato da dove era.
- Sì, biologia avanzata.
- Sei preparata?
Quante volte mi aveva fatto quella domanda? Quasi sempre la sera prima di qualche verifica, o interrogazione, quando mi aveva aiutato a prepararmi.
Questa volta avevo studiato da sola, come del resto era successo spesso in questi tre anni. Avevo spesso rifiutato l'aiuto degli altri, quasi nel tentativo di non sovrapporre ricordi che non fossero solo con lui.
- Diciamo di sì. Non amo molto biologia, anche se il prof. Molina è un bravo insegnante, ma dato che è indispensabile per ottenere questo benedetto diploma... me la sono fatta piacere!
Avevo quasi finito di riordinare, e l'idea che mi sarei dovuta voltare mi metteva in difficoltà.
- Andrà bene, ne sono sicuro. Sei sempre stata brava con lo studio...
Avrei voluto dirgli che non poteva sapere se in questi ultimi tre anni le cose non fossero cambiate. Lui non c'era stato realmente, e non poteva sapere se "io" non fossi cambiata.
- Speriamo, altrimenti mi toccheranno altre due settimane di studio intenso per recuperare...
Avevo già asciugato due volte il lavandino, non potevo farlo ancora, o avrebbe capito. Così mi ero girata e mi ci ero appoggiata, come in cerca di sostegno.
E avevo fatto bene, perchè Edward era solo a qualche passo da me, il suo profumo che già si faceva più penetrante.
- Se dovesse accadere, potrei sempre aiutarti.
Mi si era seccata la gola, davanti a quell'offerta. Perchè era stata sincera, come sincero sembrava lui nel guardarmi.
Tutto ciò era in netto contrasto con il suo atteggiamento di ieri sera. Quando era stato freddo e distante.
- Terrò presente, grazie. Ora sarà meglio che finisca di prepararmi... l'hai sentita anche tu Rose.
Non ero sicura che le gambe mi avrebbero sostenuta, ma dovevo per forza andarmene di lì o sarei crollata.
Mi sentivo in balia della sua presenza, del suo profumo e temevo che non sarei stata capace di trattenermi dal dirgli quanto lo amavo ancora.
Mi ero staccata, avevo fatto due passi, lo avevo quasi superato, quando la sua mano mi aveva afferrato per un polso, trattenendomi gentilmente.
Era come se una scarica elettrica mi avesse attraversato, partendo dal punto in cui le sue dita gelide mi avevano toccato.
- Posso accompagnarti a scuola, Bella?
Non so come, ma ero riuscita a sollevare il viso da quella mano che mi stringeva ancora, e lo avevo guardato negli occhi.
- Ora guido, Edward. Ho la mia macchina...
Avevo una tale confusione in testa, da dire la prima cosa che mi era venuta in mente. Forse la più ovvia e la più stupida, dato che sapeva benissimo che ora ero in grado di spostarmi in piena autonomia.
- E' vero, non sei più una ragazzina.
Davvero se ne era accorto? O semplicemente lo "sapeva" perchè lo diceva la mia età anagrafica?
La confusione stava raggiungendo vette sempre più alte, e il respiro iniziava a mancarmi.
Perchè si stava comportando così? Cosa nascondeva la sua offerta di accompagnarmi?
- Però, mi farebbe piacere accompagnarti lo stesso. Sempre che faccia piacere anche a te.
L'idea che mi stesse mettendo alla prova si era affacciata improvvisa e mi aveva spinto ad accettare, dimostrandogli che non avevo alcun problema a rimanere sola con lui.
- Certo che mi fa piacere.
Mi ero ritrovata libera, ma la pelle del polso mi sembrava stesse andando a fuoco dove mi aveva stretto.
- Allora, finisco di prepararmi e ci vediamo giù in garage.
Mi ero sforzata di avere un tono davvero scherzoso e lo avevo liquidato con un'ultima battuta.
- Però, mi dispiace per te, ma dovrai accontentarti di guidare un semplice pick-up. Lo sai che i miei gusti, anche in fatto di macchine, sono sempre stati pessimi.
 
 
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Il test di biologia si era rivelato piuttosto semplice, ma io ero convinta di aver combinato lo stesso un disastro.
Non ero riuscita a concentrarmi neanche sulle domande più scontate, barrando le crocette quasi a caso. Volevo solo poter uscire il prima possibile da quell'aula, chiudermi in bagno, e lasciare i miei pensieri liberi di vagare sul quel tragitto in macchina con Edward.
Così, avevo compilato la prova in solo mezz'ora, contro le due ore che avevamo a disposizione. Tutti i compagni mi avevano guardato invidiosi, scambiando la mia velocità in sicurezza.
Anche il Prof. Molina era rimasto piuttosto stupito, ma non aveva potuto fare altro che accordarmi il permesso ad uscire dalla classe.
Lungo il corridoio avevo quasi temuto di incontrare uno dei miei fratelli, magari riconoscendo il passaggio del mio profumo, ma fortunatamente non era avvenuto.
Mi ero barricata nel primo bagno libero, le immagini che già si rincorrevano nella mia mente.
 
- Sei sicura che riuscirà ad arrivare sino a scuola?
Edward, avviando il motore, aveva dovuto alzare la voce per farsi sentire. Il mio pick-up era davvero un mezzo catorcio, ma io avevo insistito per avere quello e basta.
Già non amavo essere al centro dell'attenzione, anche se era inevitabile esserlo arrivando con quattro "fratelli" belli come dei, se in più fossi scesa anche da un'automobile appariscente come la jeep di Emmet, o la decappottabile rossa fiammante di Rosalie, la situazione sarebbe notevolmente peggiorata.
Così, invece, si erano fatti tutti l'idea che io fossi la "Cullen meno snob e più alla mano".
- Mi ci porta tutte le mattine da un anno.
La musica aveva invaso l'abitacolo due secondi dopo, facendomi maledire il mio vizio di non spegnerla. Le note di "Claire de Lune" avevano riempito l'abitacolo prima che mi affrettassi ad abbassare.
- L'autoradio, per contro, vale più di tutto il furgoncino. E' stato il regalo di compleanno di Emmet...
Avevo parlato velocemente, sperando che evitasse qualsiasi commento.
- E' tanto che non la ascoltavo.
Non avevo saputo dire nulla, così mi ero limitata ad annuire, guardando il paesaggio scorrere di fianco a noi più lentamente di quanto avrei voluto.
- Bella, non c'è nulla di cui vergognarsi. So quanto ti piaccia questa canzone, è quella che ti suonavo sempre da bambina.
Lo aveva fatto. Aveva aperto quella porta che io cercavo di tenere chiusa: il nostro passato insieme.
- A volte, minacciavi persino di non dormire, se prima non te l'avessi suonata.
Sapevo che era vero, solo che non mi ricordavo quanto facesse male ricordarmelo. E non andava bene. Dovevo reagire.
- Ora mi rifiuto di andare a dormire se Emmet non smette di cantare sotto la doccia... negli ultimi anni ha sviluppato questa insana abitudine.
Non aveva sorriso, anzi avevo sentito il suo sguardo sondarmi ancora con più insistenza.
- E' bello vedere te ed Emmet andare così d'accordo, sai? Rosalie mi ha detto che è quasi diventato la tua ombra...
- Già... d'altronde le persone cambiano, e magari capiscono i propri errori.
Con Emmet c'era stato un periodo in cui non riuscivamo a trovare un giusto equilibrio. Entrambi testardi ed orgogliosi, spesso finivamo con il litigare, rimanendo intere settimane senza parlarci.
- Non sempre è facile farlo, Bella.
Quella sua affermazione aveva provocato in me una scintilla di rabbia, ma avevo cercato di ignorarla.
- Sono contenta, però, di esserci riuscita con Emmet. Sto scoprendo una parte di lui, che mi aveva sempre tenuto nascosto.
- Immagino che ti riferisca al fatto che dietro quell'aria spavalda, si nasconde un animo tenero e fragile.
Poteva sembrare uno scherzo, eppure era così: per quanto Emmet apparisse il più minaccioso tra loro, in realtà era il meno pericoloso.
Avevo visto perdere il controllo molto più spesso a Jasper, o ad Edward stesso, piuttosto che a lui.
- Sì, appunto. Ora che ho capito per che verso prenderlo, i nostri attriti si sono notevolmente ridotti.
Era tornato il silenzio tra di noi, e avrei voluto essere già arrivata a scuola.
Ero stata una stupida ad accettare che mi accompagnasse. Tra di noi non poteva più essere come prima.
Ma poi, Edward aveva accostato lungo il ciglio, spegnendo il motore.
- Sono tornato per restare, Bella.
Ogni parola mi era sembrata rimbombare dentro di me.
- So che non sarà facile, nè per me, nè per te.
Oh, non immaginava nemmeno lontanamente quanto fosse vero per me.
- Ma vorrei tanto che le cose tra di noi potessero tornare a funzionare.
Cosa avrei dovuto dirgli a questo punto? Certo, Edward, farò come se non fosse mai successo niente. Io non mi sono innamorata di te, tu non te ne sei andato senza neanche dirmi mezza parola, e adesso non siamo qui, quasi incapaci di parlarci.
- E ti prometto che farò di tutto perchè avvenga.
Avevo fatto l'errore di guardarlo. Essere lì, con lui, veramente soli, aveva fatto crollare le mie difese.
- Ho sofferto tanto, Edward.
E ancora era così. Soffrivo nel vedere che lui avrebbe voluto tornare ad essere quello che era sempre stato. E non credevo di potercela fare a sopportarlo.
- Forse ho sbagliato con te, Bella. Ma se l'ho fatto, è stato solo perchè volevo aiutarti a capire...
Ed infatti, avevo capito benissimo: io lo amavo, e lui no. Anche adesso era così.
- Ho capito, infatti. Ma non riesco a perdonarti lo stesso.
L'avevo detto. Avevo davvero dato voce ad una parte di quel dolore che mi fioriva dentro ad ogni sua parola.
- Lo so. E non ti sto chiedendo di farlo ora. Ti sto solo chiedendo di darmi una possibilità.
Mi aveva scostato con delicatezza una ciocca di capelli dal volto. Un gesto pieno di tenerezza, che mi aveva colpito direttamente al cuore.
- Perchè dovrei farlo, Edward?
Sapevo già la risposta, l'avevo sempre saputa. E mi avrebbe ferito per sempre.
- Perchè ti ho voluto bene, e sempre te ne vorrò, Bella.
Mi voleva bene, ma non mi amava.
Si trattava di questo, di decidere se mi sarebbe bastato.
Ma davvero non riuscivo a capirlo, avevo bisogno di fare chiarezza dentro di me, ora che lui era tornato davvero.
- Non lo so cosa voglio, Edward.
Mi aveva sorriso, nonostante la mia risposta.
- Forse posso considerarlo già un passo avanti, Bella.
Non aveva aggiunto altro, aveva rimesso in moto e alzato il volume della radio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spoiler Capitolo 2
 
 
Entrando in casa, la prima cosa che mi aveva raggiunto era stato il profumo di lasagne.
Esme era sempre stata un’ottima cuoca, nonostante non potesse davvero capire se il cibo cucinato fosse ben riuscito.
La sua percezione rimaneva quella di un sapore disgustoso, che si era sforzata di gradire in passato, quando anche lei mangiava qualcosa in mia presenza.
Da quando mi avevano rivelato la verità, ognuno di loro e con enorme sollievo, non aveva più toccato nemmeno una briciola di pane durante i miei pasti.
Arrivando a tenermi compagnia molto più volentieri, dato che non era più quel supplizio che era stato in passato.
Così, come in una vera famiglia umana, era diventata un’abitudine piacevole tra me e chi, tra loro, condivideva quel momento della giornata.
Avevo guardato l’ora, le cinque e trenta. Ci avevo messo più del solito per tornare a casa, ma avevo volutamente guidato più lentamente.
Nell’abitacolo del mio pick-up era rimasto persistente il profumo di Edward, quasi a ricordarmi che c’era stato davvero.
E mi aveva detto che avrebbe voluto che tra di noi le cose tornassero a funzionare.
- Ciao, tesoro.
Carlisle era sbucato dal suo studio e mi aveva salutato con un bacio affettuoso.
L’avevo istintivamente abbracciato, come facevo da bambina quando mi rifugiavo nella sua stretta comprensiva e rassicurante.
- Ehi, devo ricordarmi di farmi trovare a casa più spesso fuori orario, se questo è l’effetto!
In effetti, qui a Forks, i suoi turni in ospedale erano abbastanza regolari e di solito a quell’ora non era mai in casa.
Tornando da scuola, infatti, se i miei fratelli non rientravano con me, concedendosi un po’ di libertà da abitudini “umane” che gli stavano strette, c’era Esme ad attendermi.
Anche adesso che ero più grande, capitava raramente che non ci fosse nessuno in casa con me. Avevo l’impressione che faticassero a credere che potevo anche cavarmela da sola.
In questo momento ero contenta, però, che fosse così. Non avrei voluto rimanere ancora sola con i miei pensieri, ed avevo sollevato il viso per sorridere a Carlisle.
- In effetti è stata una bella sorpresa. Ultimamente sei stato molto impegnato…
- Avviare il nuovo reparto di chirurgia è stato in effetti più impegnativo di quanto avessi pensato. Però, adesso, dovrebbe essere tutto a posto.
- Così ti sei concesso un po’ di relax?
- Diciamo qualcosa di più. Due settimane di ferie.
- Fantastico! Allora avremo un po’ di tempo in più per stare insieme.
Ma la sua espressione aveva immediatamente smorzato il mio entusiasmo.
- Mi spiace, tesoro, ma in realtà dovrò partire…
- Partire?
Da che ricordavo, Carlisle era stato via senza di noi, solo due volte. Ed entrambe le volte, avevo avuto la sensazione che non mi avesse detto la verità su dove fosse andato e perché.
Però, non avevo avuto il coraggio di chiedere spiegazione. Alla fine erano state solo due volte, ed era stato davvero per un breve periodo, sempre una o due settimane.
- Già… io ed Esme andremo in Italia…
Mi ero leggermente allontanata, troppo sorpresa da quella novità.
- In Italia?! Ma lo sapete che viene chiamato il “paese del sole”?
Carlisle aveva sorriso davanti alla mia espressione incredula.
- Sì, hai ragione, non è proprio una meta ideale per noi… però, questioni improrogabili ci vedono costretti ad andare.
Adesso mi stavo preoccupando, perché non era riuscito a mascherare del tutto un’espressione preoccupata.
- Carlisle?
Si era reso conto, forse, di aver esternato troppo ed era tornato a sorridermi con più convinzione.
- Tranquilla, tesoro. Niente per cui ti debba preoccupare. Questioni “vampiresche” in sospeso e che è giunto il momento di risolvere.
- E non dovrei preoccuparmi?
Mi ero bruscamente allontanata. Perché di colpo avevo realizzato che questa partenza era coincisa con un ritorno.
Quello di Edward.
- Carlisle, voglio sapere la verità!
Era stato quasi un ordine il mio, me ne rendevo conto, ma ero improvvisamente troppo arrabbiata con tutti loro.
- Avevate promesso che non mi avreste detto più bugie, e invece lo state facendo di nuovo!
Carlisle mi aveva accarezzato prima una guancia, per poi tornare ad abbracciarmi.
- Lo so, Bella. Ma non sempre è così facile rivelare la verità a chi si ama.
Mi aveva stretto con più forza, dandomi l’impressione che avesse paura di vedermi svanire da un momento all’altro.
- E noi, piccola mia, ti amiamo tutti così tanto…
  
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