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Autore: Elle Douglas    04/11/2014    1 recensioni
'Ci facciamo sedici foto, e cerchiamo di cambiare espressione e posa in ognuna per renderle diverse.
Alla fine davanti a quella camera diamo anche la testimonianza del nostro amore, e a quello dedichiamo più foto.
Usciamo da lì, e la macchinetta ci da quelle foto un po’ sceme, un po’ serie, un po’ pazze, un po’ innamorate, un po’ noi.
Io le guardo con il mento sul suo braccio mentre lui le tiene in entrambe le mani.
‘Tu quale vuoi?’, dice tenendole in mano ed esaminandole insieme a me.
‘Non posso prenderle’, gli dico affranta.
Lui mi osserva, poi intuisce.
‘Ah, già. A volte dimentico…’, fa lui tra il serio e il dispiaciuto.
‘Specie in serate come questa’, aggiungo io. ‘… in cui tutto sembra perfetto. Noi siamo perfetti’.
-
*Seguito in parte di 'My life with you (Simply Dream).
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci qui ad un nuovo capitolo.
Non so ben cosa dire in quanto a questa storia non sto avendo tantissimi riscontri tranne qualcuno.
Ci tengo comunque a ringraziare tutti coloro che entrano e lasciano un 'Mi piace' attraverso i bottoni social sopra, e che l'aggiungono alle seguite.
Come sempre, vi dico che mi farebbe piacere ricevere i vostri pareri in merito tutto qui.
Ora, come sempre, vi lascio al capitolo sperando che vi piaccia.

:*

 


4. AZIONE!

‘Vuoi davvero continuare a vivere nell’infelicità nella speranza di cosa? Non provi più nulla per lui, e ti stai solo sforzando di farlo. Questa cos’è secondo te? Non è amore, e sforzandoti nel volerlo non ne uscirà nulla. Non puoi vivere così. Non puoi costringerti. Il tuo cuore non è qui, in questa stanza, in questa città. E’ altrove e lo sai benissimo. Non vedi cosa questa situazione ti sta facendo, ti stai trattenendo con lui sacrificandoti, per affetto, per ciò che è stato e non per ciò che è. Stai con lui mentre pensi ad un altro e porti un peso addosso simile ad un macigno. Nemmeno lui ti riconoscerà quando ti vedrà così, sei dimagrita, troppo. Da quando non mangi e da quanto non sei tranquilla? Glielo hai detto almeno? Non trascinare avanti una relazione come un peso morto, non puoi andare avanti così con il pensiero di cosa succederebbe se lo lasciassi. Non va più, è finita. Non puoi farla funzionare nuovamente’.
Erano dure parole quelle che la mia migliore amica mi stava rivolgendo.
Lei era sempre quella che diceva le cose come stanno tra le due, la coscienza.
La coscienza di quella vita, e di quella relazione che stava andando a rotoli.
Che si trascinava avanti a fatica e a sforzi.
Ed ora era lì di fronte a me ad accusarmi e a preoccuparsi per me, mentre io crollavo a pezzi e fingevo di stare bene con tutti.
Con Rob, a cui dicevo che era l’ansia per il nuovo cammino che avrei intrapreso a non farmi avere fame e piangere, mentre a Colin… beh a lui non avevo detto niente di niente.
Era lontano e non volevo si preoccupasse.
Non volevo si precipitasse lì a salvarmi, sarebbe stata ancora più dura.
Solo a lei avevo concesso i miei dolori, i miei pensieri e le mie confessioni ed era lei che era corsa da me ora a vedere realmente le cose come stavano.
Non mangiavo da settimane, e non dormivo da quanto?
Avevo perso il conto.
Ero vuota, senza la minima emozione, senza il minimo sorriso.
Nell’ultimo mese pur essendo presente fisicamente, ero assente.
Se mi addormentavo avevo gli incubi.
Mi irritavano tutti i contatti con Rob, e ogni minimo bacio era uno sforzo disumano per me, figuriamoci quando c’era altro.
Lui si faceva avanti malizioso, io dal canto mio m’inventavo mille scuse e da quando ero tornata non era successo niente e nonostante tutto lui continuava ad avere premure e attenzioni nei miei confronti che io non riuscivo ad avere nei suoi.
Mi alzavo in piena notte solo per poter parlare con lui, il mio irlandese.
Solo allora, mi riaccendevo e rianimavo.
Lo pensavo costantemente. Nella mia testa pareva esserci spazio solo per lui.
Esistevo per lui, lui esisteva in me, in ogni gesto, in ogni sorriso, in ogni pensiero eravamo una sola persona.
 
Non potevo portare avanti due vite, due relazioni, due spaccati di vita.
Mi sentivo a metà e non faceva per me.
Non ero abituata a tutto questo.
Ero stressata e sempre nervosa con un peso enorme sullo stomaco.
‘Quanto sei dimagrita?, domandò cauta lei.
Ci pensai rapidamente, ma non ne venni a capo.
‘Non lo so…’, esplosi stufa.
‘A giudicare da quel maglione tanto, o è di Rob?’, chiese a braccia incrociate mentre mi fissava.
La guardai fulminandola.
Non indossavo roba di Robert da tanto, tutto ciò che era suo m’irritava ultimamente.
Lei capii e rincarò la dose.
‘Appunto. E vuoi vivere così? Guardati, sentiti! Sei irascibile. Questa relazione non è più buona, non è più salutare. Lo sai meglio di me. Sta diventando nociva, e per quello che devi intraprendere non è buono per te. Accettalo’.
E tutte quelle parole erano vere, verissime.
Il mio posto non era lì, non più.
Mi caddero addosso come macigni, e scoppiai a piangere per il dolore.
Noemi venne da me, sul letto e mi abbracciò forte.
‘Devi chiudere con lui Vane. E’ l’unica soluzione’.
 
Passai l’ultima settimana che mi rimaneva prima della partenza per Vancouver con la mia amica che m’incoraggiava nel mangiare, mentre a me ogni boccone dava la nausea.
Io e Robert eravamo lontani, ed era più una lontananza mia che coprivo con le solite storie.
Dovevo decidere, ne andava di me, ma prima dovevo vederlo.
 
Le riprese iniziarono Lunedì alle sei del mattino, io non avevo dormito per niente.
Ero arrivata a Vancouver il giorno prima, e ancora non l’avevo visto.
Per ora vivevo in albergo in cerca ancora di una sistemazione stabile lì vicino.
Mi presentai quella mattina nell’ufficio di Edward Kitsis, dentro il set, e quasi tutti erano presenti, e chiacchieravano tra loro.
Li conoscevo a malapena ancora, scambiai un rapido saluto e qualche parola, avevo avuto poche scene con loro e poche chiacchierate, e ancora dovevo memorizzare i nomi di qualcuno, e conoscerli al meglio.
Ma ce l’avrei fatta, mi convinsi.
Intanto ero tesa, tesa per la parte, per ciò che avevano in serbo per me e non conoscevo.
Tesa perché non sapevo se questo ruolo sarebbe stato apprezzato, se lo avrei interpretato al meglio.
Non ero un attrice io, insomma e ciò che avevo fatto nella stagione precedente non era nulla in confronto a ciò che si preannunciava essere la mia parte in questa.
E se non fossi andata bene, e se non fossi piaciuta in quel ruolo e avessi causato il flop dello show?
Avevo mille cose in testa che girovagano aggrovigliandosi.
E tesa per tutto il resto di cose che mi attanagliavano lo stomaco da un mese.
‘Ehi!’, una voce familiare, troppo familiare era alle mie spalle.
Avevo paura di girarmi e scoprire che fosse un altro dei miei sogni, paura che non avrebbe accettato quel cambiamento fisico.
Paura anche solo di incrociare i suoi occhi e vederci uno sguardo diverso.
Ma deglutii e mi feci forza.
Mi voltai e il suo sorriso sghembo era lì ad accogliermi in quel panico, in quelle mille preoccupazioni che mi serravano lo stomaco.
Il suo sguardo la mia medicina.
‘Ehi…’, dissi titubante cercando di mantenere un basso profilo.
Dentro morivo.
Lui mi guardò in modo attento e scrupoloso.
Alzò un sopracciglio con fare interrogatorio.
‘Sei dimagrita? Perché sei dimagrita?’, la sua voce era sopra di un ottava, sembrava quasi spaventato, come se captasse qualcosa, come se immaginasse il motivo.
Mi avvicinai di più a lui, appoggiandomi con la schiena al suo petto. Non volevo che gli altri sentissero e che cominciassero a fare domande a riguardo.
Cercavo di mantenere un basso profilo.
Lui pensò fosse una scusa per avvicinarmi a lui, data la lontananza e tutto il resto, quando in realtà non lo volevo davvero.
Anche perché ogni minimo, insulso contatto avrebbe fatto saltare in aria la mia copertura.
Mi prese la mano, e la intrecciò alla sua.
Quel contatto improvviso scatenò mille e più farfalle nel mio stomaco ed un brivido dietro la schiena.
Alzai leggermente il capo per guardare il suo viso al di sopra del mio.
‘Ne parliamo dopo?’, chiesi tremolante.
Lui annui con lo stesso sorriso di prima che non faceva altro che aumentare le farfalle e restammo così.
Io appoggiata a lui, sul suo petto, e le nostre mani intrecciate celate agli altri.
Non era granché forse come momento, ma io mi sentivo in paradiso, e non volevo abbandonarlo.
 
Edward ci parlò nuovamente dell’andazzo della nuova stagione, della sua storia, e dei suoi nuovi personaggi.
I copioni per ognuno di noi ci vennero dati, dopodiché ci mandò tutti al trucco e ai costumi per il photoshoot e le riprese iniziali.
 
[…]
 
Ero nella roulotte che mi era stata assegnata.
Avevo passato quasi tre ore tra capelli, trucco, abiti e ora avevo addosso anche quelle lenti verde smeraldo.
Non avevo mai messo lenti in vita mia, e ora capivo perché molti se ne lamentavano.
I miei occhi erano un lacrimare continuo che non riuscivo a fermare.
Misi le gocce che mi erano state date, e dopo una decina di minuti le cose tornarono normali.
Mi parai davanti allo specchio e mi osservai attentamente.
Una fascia fucsia mi circondava il capo e un paio di orecchini a cerchio penzolavano da ambo i lati.
Una gonna lunga sul prugna insieme a un top che scopriva le spalle facevano il resto.
Ai polsi vari bracciali e anelli che sembravano pesare anche troppo.
E un lunga collana sul davanti, ma nascosta, richiamava la collana di Esmeralda nel cartone.
Chiusi gli occhi, li riapri e mi sembravo quasi lei.
Era un look, diverso da me, più nomade e folkloristico, ma più adatto a lei.
L’abito rifletteva ciò che era da nomade, ma non ciò che era all’epoca di Killian Jones.
L’epoca in cui lei aveva viaggiato sulla sua nave prima di diventare una gitana.
Quelle scene le avremo girate dopo, e avrei dovuto nuovamente cambiarmi.
Praticamente, in tutto mi erano stati dati due cambi ufficiali e uno più moderno e adatto sia a me che alla cittadina di Storybrooke, in cui mi trovavo decisamente meglio.
Oggi tutto puntava sulla reazione di Esmeralda al bacio tra Emma e Killian avvenuto nella season finale, e che prevedeva un bacio tra Killian e quest’ultima.
L’avrebbe visto di sfuggita, mentre spaesata usciva da Granny’s dove alloggiava, per cercare Killian, l’uomo che aveva sempre amato e che ora l’aveva salvata.
L’aveva visto seduto pensieroso dietro una balconata, immerso nelle sue preoccupazioni.
Con un sorriso enorme, decise di andare da lui, di buttarsi. Alla fine ne aveva passate così tante in quella vita da zingara, in quella vita in cui non aveva fatto altro che cercarlo invano senza nessun risultato fino quasi a rassegnarsi, che un abbraccio sarebbe stato ciò che più desiderava e bramava.
Ma una donna uscì dalla porta e gli andò incontro. Gli siede accanto, al suo stesso tavolo lì fuori, parlano tra loro, e alla fine si baciano.
In un bacio in cui anche Killian la cerca, e sembrava non aspettare altro.
Qualcosa in Esmeralda si spezza di fronte a quell’evidenza.
 
Un bussare ripetuto arrivò dalla porta.
Posai il copione sul divanetto su cui ero seduta a studiarlo e andai ad aprire.
Uno dei capitani più belli della storia delle fiabe mi era davanti.
Sorrisi inavvertitamente maliziosa.
‘Scusate, vi conosco?’, dissi divertita.
‘Ma certo che mi conoscete, amore’, ammiccò con un gran sorriso stando al gioco. ‘Vi ricordo che siete stata mia prigioniera sulla mia nave’.
‘Mh, prigioniera è un parolone…’, ammetto fingendomi Esmeralda.
Ridiamo insieme.
E la sua risata è qualcosa di magnifico alle mie orecchie.
‘Posso entrare?’, chiese educatamente sulla porta ritornando Colin.
Mi faccio da parte e lo lascio entrare.
Chiusi la porta, mentre lui da dietro avanzò quasi ad abbracciarmi nell’intento di girare due mandate.
Il suo odore mi invase.
Lo guardai confusa.
‘Così non ci disturbano. Qui il segreto è questo: se non vuoi essere disturbata chiuditi dentro’.
E si girò a perlustrare la… roulotte, io gli andai indietro.
Subito dopo guardò me, attentamente.
‘Sei dimagrita tantissimo’, osservò con disapprovazione.
‘Lo so, me l’hanno detto in molti, persino il costumista’, sbuffai. ‘Ma è stato un mese terribile’.
I suoi occhi diventarono più azzurri, preoccupato.
‘Ti ha fatto..’, azzardò.
‘NO! Sono io piuttosto che gli ho fatto qualcosa’, abbassai lo sguardo. ‘Mangio a stento, ecco perché sono così!’ e mi indicai.
‘Che significa che mangi a stento? Perché?’.
‘Perché mi sei mancato e non sopportavo più quella situazione. Avrei voluto dirtelo, ma al telefono eri così tranquillo che non volevo rovinare nulla buttandoti una cosa del tipo: Ehi Col! Sai non sto mangiando affatto, sto uno schifo perché mi manchi. Sarebbe stato… egoista’.
‘Sarei corso da te..’
‘incappando in guai peggiori? Ecco perché non te lo detto.’ Mi avvicinai a lui e gli misi una mano su quella camicia che ne scopriva il petto. ‘Ma non importa, ho resistito, e ora sono qui. Siamo qui’.
‘Non dovevi resistere da sola’, dice lui avvolgendomi. ‘Potevo aiutarti, potevo salvarti’.
‘Non c’è bisogno di salvarmi quando lo hai già fatto.’.
Mi alzai in punta di piedi e lo baciai dolcemente.
Il sapore, la morbidezza delle sue labbra mi riportò in vita.
Quasi come se fino ad allora non fossi stata io.
Quasi come se lui avesse spezzato la mia maledizione.
E’ una sensazione assurda ciò che sto provando. Una sensazione nuova.
‘Abbiamo un po’ di tempo?’, chiedo impaziente mentre afferro il colletto di quel lungo cappotto nero e lo tiro a me.
‘Abbiamo mezz’ora’, dice lui sulle mie labbra.
Cinge i miei fianchi e mi sposta in un angolo più nascosto.
Io, noi, non smettiamo di baciarci un attimo.
Le sue labbra sulle mie mi danno vita, mi danno aria, mi danno amore.
E lo sento circolare nelle vene quell’amore con la quale mi nutre.
Mi stringe forte e quasi non respiro o forse saranno quei baci?
Mi bacia il collo ed ho un lungo brivido.
Lui sorride, soddisfatto, di nuovo come la prima volta e non mi lascia un attimo.
La sua barba punge contro il mio viso, ma la sopporto perché la amo.
Amo tutto ciò che fa parte di lui, tutto ciò che è lui e quasi non ci credo di averlo in quel modo.
Scende sul mio collo e mi fa morire, letteralmente.
Mi mordo le labbra per trattenere un gemito, prima che lui ritorni a farsi strada sulle mie labbra.
Devo cercare di calmarmi e non perdere completamente i sensi a tutto questo.
Le sue mani, calde e possenti, alzano di poco il mio top sui fianchi.
Lo abbraccio più forte e lo bacio ancora più intensamente di quanto già non facessi.
Il top si alza ancora attraverso la sua mano, e sto combattendo con me stessa, perché non so se lo voglio davvero in quel momento.
Mi blocco e lo fisso.
‘Non ora’, lo supplico.
Lui mi guarda attentamente mentre cerca di calmarsi.
‘Hai ragione. Non voglio metterti nei guai’.
Mi schiocca un bacio e si allontana per riprendersi.
Non gli lascio la mano, non voglio.
‘Sei arrabbiato?’
‘Per cosa?’, mi guarda perplesso.
‘Per averti fermato…’, e abbassò lo sguardo imbarazzata.
‘E che capisco le tue ragioni, sono stato io avventato, mi dispiace. Ma sei tu che mi fai perdere la testa!’, confessa dolcemente.
M’imbarazzo a quelle parole e quasi mi emoziono.
Sono una dalla lacrima facile io.
Me lo avvicino di nuove e lo bacio, in un bacio fugace e veloce, lui non ci sta e si trattiene nuovamente tenendomi la nuca e facendomi impazzire.
Gli mordo un labbro, e lo ribacio.
Poi si stacca e alza entrambe le mani, appena intuisce che piega stia prendendo la situazione.
‘Okay, mi stacco altrimenti sono capace di non lasciarti più andare’.
Rido divertita.
‘Allora? Ti va di ripassare un po’ le battute prima di quelle ufficiali?’, chiede sedendosi e prendendo in mano il suo copione.
‘In verità sono tesissima, ti avverto’, dico mentre gli siedo accanto.
Lui pondera un po’ su questa affermazione e poi tira fuori: ‘Beh, veramente non sembrava affatto!’, mi schernisce.
Faccio una finta risatina per stare al gioco, e lui ride.
Ride con quella risata, con quella sonorità che riempie la stanza e ti entra dentro, alla fine mi ritrovo a ridere con lui.
Ripetiamo la parte e più e più volte ci ritroviamo a riprendere la stessa più volte perché non so bene come pormi.
L’intonazione della voce è giusta nelle battute, ma qualcosa che non mi convince.                                                                                    
E lui mi sta dietro paziente ad aiutarmi, a dirigermi, a correggermi.
 
Hook dopo quel bacio la intravede e la segue fino a prenderla e a farla voltare.
Lei scaccia quella presa in modo brusco e violento.
Discutono.
Lei si sente ferita e butta giù tutta la sua rabbia, il suo rancore.
Gli urla contro.
Non capisce perché sia lì.
Colin è dall’altra parte della strada, a due passi da me, che mi guarda dispiaciuto.
Cerco di convincermi che è Hook e non Colin, così da tenere a bada il mio istinto di correre da lui.
Una telecamera ci è addosso.
Cerco di non badarci, cerco di immedesimarmi al meglio nel personaggio così da farlo uscire al meglio, per dare l’impressione che sia davvero Esmeralda.
Gli urlo contro.
Esmeralda piange dalla rabbia e dal dolore, e io con lei.
Hook la guarda con il suo sguardo dispiaciuto di chi vorrebbe fare di più ma non ci riesce.
Si avvicina e la prende per mano dolcemente, le chiede scusa.
‘Scusa per tutto ciò che non ha saputo fare’, e quasi piange con lei, ma in modo diverso.
Dopo poco mi è accanto, troppo accanto.
E’ vicinissimo.
Con attenzione misurata mi sfiora le labbra, dolcemente.
Ed io sono come Esmeralda, o meglio Esmeralda è come me: immobilizzata.
Lo tengo ancora per mano e la stringo più forte.
Mi da un bacio, poi due, poi tre così da farsi strada nel suo cuore, fino a quando la passione non entra nelle mie vene, in quelle di Esmeralda.
Gli lascio la mano e l’appoggio sul petto.
Lui mi tira di più verso di sé.
Deve essere un bacio casto, non devo andare oltre.
Devo mantenere il controllo per non far si che degeneri e io con lei.
Sto recitando, mi ripeto. Non sono io.
Non devo.
Non devo andare oltre, so che non ho limiti quando sono con lui, così.
Sono vulnerabile.
Ma avvinghiati in quel modo nessuno lo nota, e lui osa, osa e dolcemente gioca con il mio autocontrollo, perché sa che non voglio e non oso respingerlo.
Le nostre lingue si toccano, si rincorrono spingono e giocano, e io faccio quasi un balzo, perché non me l’aspetto, ma cerco di non darlo a vedere. Mi tira ancor più verso di lui, più di quanto già non sia.
Sento le su dita premere sulla mia schiena.
E’ con me, e non posso respingerlo.
Non ora.
Non posso.
Non devo.
Non voglio.
E mi lascio prendere e mi lascio andare assaporando quel momento.
Mettendoci tutta me stessa.
Lui va oltre, e diventa un bacio che può fare del male, perché è vero.
Non sta recitando, e nemmeno io.
Siamo noi quelli dentro quel bacio.
E quasi mi riesce difficile credere che lo sto baciando davanti a tutti.
‘STOP!’, grida il regista imponendomi a uno stacco brusco dalle sue labbra.
Lui mi lascia andare, mi stacco e nel mentre cerco di riprendermi da quel momento.
Deglutisco, tossisco, riprendendo fiato.
‘Cioè ragazzi è stata perfetta! Sembravate davvero Hook ed Esmeralda. E quel bacio poi… WOW!’ esclama soddisfatto con gli occhi che gli brillano. ‘Sembrava quasi vero’.
E incrocia le mani sotto il mento sognante.
‘Sicura Vanessa, che sia la prima volta in una scena del genere?’, si rivolge a me.
Io ancora sono sconvolta da ciò che è appena successo, ma non voglio farlo notare.
‘Si, sicurissimo!’, rispondo entusiasta. Troppo entusiasta.
Se si accorgono di qualcosa sono fritta.
Lancio un occhiata fulminea a Colin, che mi fissa divertito.
Appena incrocia il mio sguardo sorride e alza un sopracciglio malizioso.
Maledizione a lui e a ciò che mi sta combinando dentro.
‘Ripetiamo la scena!’, urla Kitsis.
Sono sconvolta, e probabilmente se ne accorgono.
‘Dobbiamo riprenderla da tutte le angolazioni, da ogni prospettiva’, spiega Adam.
Annuisco rassegnata.  Non ce la farò, lo sento.
Mi avvicino furtivamente a Colin e gli sussurro: ‘Sei un bastardo’, fingendomi incazzata.
Lui a sua volta fa lo stesso con me.
‘Però mi ami’, risponde.
‘In posizione!’, e mi prende di nuovo le mani.
Sto già ribollendo.
Lui ritorna Hook in quell’espressione seria e rammaricata, ma il suo fascino resta e io ne sono vittima.
‘AZIONE!’.
E di nuovo le sue labbra sono sulle mie, di nuovo lui s’impadronisce di me facendomi dimenticare tutto.
Di nuovo mi tira a sé e sento la sua mano e il suo uncino addosso che premono.
Le mie mani tra i suoi capelli, e lui che non mi lascia andare.
Il suo petto contro il mio.
Il suo uncino sulla mia schiena, attento a non farmi male.
Ho i brividi.
 
Alla fine ripetiamo quella scena una decina di volte, e ne esco stordita.
Cammino perché lo devo fare, ripeto le altre battute e sembra andare per il meglio.
Esmeralda ha di nuovo le farfalle nello stomaco per quel bacio, e io con lei, perché non è stato solo un bacio per me, ma tanti baci che mi hanno divorato l’animo.
Lascio il set e Colin ad altre scene con Jennifer e altri e mi ritiro nella mia roulotte.
Un po’ per riprendermi, un po’ perché le mie riprese sono terminate per oggi.
Sono quasi le 18.
Smetto gli abiti di Esmeralda e riprendo i miei.
Una canotta bianca, quasi trasparente con un top nero sotto e dei jeans skinny con un paio di converse.
Lego i capelli in una coda.
Ho caldo, e intuisco facilmente il perché.
Mi siedo sugli scalini e ripenso a tutto.
A tutti quei dettagli, quella voglia sulle sue labbra che non era solo mia.
L’ho sentita in ogni fibra del suo corpo come nella mia.
E’ tutto, è stato assurdo.
Assolutamente perfetto.
Il modo in cui mi ha fatta sentire, anche se dietro Esmeralda.
Anche se alla fin fine non eravamo tanto i nostri personaggi stasera, ma noi. E’ strano dirlo, ma è ciò che siamo.
Il suo sussurrarmi e tirarmi a sé, il suo provarci sul serio, nonostante tra due colleghi dovesse essere un bacio casto.
E’ per quello che è stato perfetto.
Perché eravamo noi e non Esmeralda e Hook.
Sorrido a quella deduzione.
Sorrido a quell’amore che mi corrode e mi solletica lo stomaco.
   
 
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