<< Ciao, Pepsi.>> dico prendendolo in mano<< Anche tu devi essere pulito per la mietitura.>>.
Sorrido, ma è un sorriso triste. Potrei essere pescata e non poter più tornare. Alla gente non importerebbe, ma a me sì. Io amo la vita, inoltre sono una fifona, un coniglio rosso ruggine che a nessuno mancherebbe.
Pepsi mi guarda con gli occhietto rossi da ratto albino qual'è. Lo copro di schiuma e gli tolgo tutta la polvere in modo che il suo manto bianco torni a splendere come la mattina. Forse non mancherei proprio a nessuno, forse a Pepsi mancherei. Usciamo e ci asciughiamo in un vecchio accappatoio infeltrito. L'ho lavato tante volte, ma nessuno toglierà mai l'odore di mia madre da questo tessuto. Pepsi è dentro al cappuccio che si fa trasportare come un bambino sulla schiena della mamma mentre sento i capelli bagnati sulla schiena. Vado nella mia camera, quella che è da sempre e mi butto sul letto di pancia. Ho cambiato le lenzuola la mattina prima del lavoro, proprio perché domani sarà il grande giorno. L'odore di pulito mi fa sperare bene. Sono due anni che vengono estratti ragazzi più grandi di me, magari sarò così fortunata anche quest'anno. Mi alzò lasciando l'accappatoio bagnato sul letto e mi stiracchio, poi prendo la camicia da notte sotto il letto e me la metto. Pepsi spunta con il pelo tutto arruffato. Lo prendo sulla mano, lo coccolo e lo faccio salire sulla spalla.
<< Andiamo a mangiare.>> dico pensando “Potrebbe essere l'ultimo pasto.”.
La sveglia mi trapana letteralmente le orecchie. La spengo buttandola giù dal comodino. Pepsi mi da un morso sull'orecchio, io grido e mi alzo a sedere. Non lo sopporto quando fa così, ma è vero. Oggi devo fare le consegne prima del solito perché c'è la mietitura. Mi alzò, mangio una fetta di pane raffermo al volo, mi vesto ed esco in pattini. La strada è deserta e buia, mentre il sole tarda ad arrivare. Accendo la torcia da postina che ho in cintura e raggiungo la posta. È un grande atrio di marmo bianco e vetro, ma non il buio sembra una ferrovia abbandonata. Mi hanno preparato il sacco da consegnare e come sempre non vedo nessun impiegato. A volte mi chiedo se sono i Pacificatori a metterlo lì, se non sono l'unica a lavorare alle poste.
Seguo la numerazione e le strade cercando di fare il più in fretta possibile. Quando torno alla posta il sole è ormai alto. Ho ancora tempo per rinfrescarmi e cambiarmi, poi arriveranno le procedure che hanno portato alla morte tanti tributi. Il più eclatante credo sia stata Katniss Everdeen, Distretto 12. È stato tre anni fa, se non sbaglio. All'ultimo è stata uccisa dal Distretto 1 che successivamente è stato ucciso dal ragazzo del Distretto 12. Peeta Mellark credo si sia suicidato dopo l'Edizione della Memoria, ma non ne sono sicura. Hanno estratto i tributi da chi avevano compiuto più di diciotto anni per ricordare che “Dalle colpe del passato non si può scappare”. Dei nostri è andato un vecchietto ed una ragazza appena diciottenne rinomata per la sua agilità. Non è sopravvissuto nessuno dei due.
Entro in casa. Mi faccio nuovamente la doccia, ma essendomi lavata bene il giorno prima ed essendo freddo non ne ho troppo bisogno. Mi asciugo velocemente e cerco tra gli abiti di mia madre. Ormai mi vanno bene, anche se ho quindici anni. Decido per un delicato abito color verde pallido e decorato di quadrifogli, qualcuno sostiene che portino bene. Anche le scarpe di mia madre vanno bene, ma sono anche un po' rialzate. Sarò leggera sui pattini, ma sono un disastro con le scarpe eleganti. Quando sono a casa da sola faccio le sfilate di moda davanti allo specchio e a Pepsi che mi guarda sempre accoccolato sul letto.
Il vestito ha le tasche, così il mio amico peloso s'infila dentro, avido del calore del mio fianco. Sorrido appena, poi lo tiro fuori, gli do un bacetto sulla fronte e lo appoggio nuovamente sul letto.
<< Lo sai, tu non puoi venire.>> dico accarezzandolo, poi mi alzo e vado verso la porta<< Dai, poi torno.>>.
Esco. Le strade si stanno riempiendo di tributi e di loro parenti. C'è chi prega già adesso, e stanno solo pendendo i nomi. M'incolonno, do il mio sangue, impronte digitali, nome e cognome. Il cognome sarebbe inutile, ma lascio stare. Meglio non contraddire i Pacificatori del Distretto 7.
Mi sistemo nella piazza, davanti a me c'è una ragazza dai capelli neri e lisci. Mi fulmina non gli occhi verde foglia, come a chiedersi perché sono lì. Sono lì come lo è lei, ma molte persone pensano che sarebbe inutile che io ci andassi. Molti sono convinti che fare la postina tolga il mio nome da quelle palle di foglietti svolazzanti, non lo sopporto. Io ci sono in mezzo come ci sono loro.
<< Un attimo d'attenzione!>> trilla la voce di Pasadena Shell, la nostra referente da Capitol City. Porta un abito viola prugna tutto di pon pon di lana che mi fa caldo solo a vederlo. La testa è un vero e proprio alveare arancione con tanto di apine di polistirolo come fosse una giostra per neonati. Scarpe con il tacco sedici che mi supererebbe anche se avessi dei moster track al posto dei pattini che sembrano d'ambra<< Ora estrarremo i nomi per il Distretto 7.>> “Ma va?!” penso<< Iniziamo dalle fanciulle, la fortunata è...>> “Chiamala fortunata!”<< Selena Hopespring.>>.
Una bambina minuta si sposta dalle prime file. Deve avere dodici anni, i capelli castani e gli occhi azzurro pallido. Trema e guarda ovunque come a sperare che si siano sbagliati, deglutisce e si dirige verso il palco. La guardo nel suo vestito rosa confetto stretto in vita da un nastro fucsia che le fa un simpatico fiocco sul sedere.
<< Ed ora i maschietti.>> continua Pasadena mettendo una mano affettuosa sulla testa della bambina che trema ancora di più e diventa rossa<< Il fortunato è... Jason Cancer.>> si allontana un ragazzo di diciassette anni, i capelli neri e gli occhi verdi. La ragazza davanti a me lo guarda seria, per un attimo mi è sembrato che singhiozzasse dallo stupore. Vedo la sua mano partire, poi sento << Mi offro volontaria!>>.
Conosco bene quella voce, la conosco troppo bene.
Quella voce è la mia.