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Autore: Notteinfinita    06/11/2014    3 recensioni
Una scommessa può essere una cosa piacevole ma si rischia di mettere in gioco più di quel che si crede...
*****
La ff è ambientata ad Halloween, non sono riuscita a finirla e pubblicarla in tempo, spero l'apprezzerete comunque.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billy, Diana Lombard, Martin Mystère
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La scommessa


«È arrivato Halloween, stasera si fa festa!» canticchiò Martin, improvvisando un balletto nel cortile della scuola.

«Non capisco il tuo entusiasmo; durante le missioni abbiamo continuamente a che fare con mostri di ogni tipo quindi non vedo che attrazione puoi provare per una festa del genere.» disse Diana, perplessa.

«Come sei ingenua!» l'apostrofò lui, cingendole le spalle con un braccio. «Halloween vuol dire anche belle ragazze travestite da streghette o graziose pulzelle impaurite dalle case degli orrori che io posso salvare e consolare.»

«Ma vuol dire anche trucchi e maschere che possono celare ed ingannare, cosicché puoi pensare di avere accanto una dea e trovarci un troll una volta tolto il travestimento.»

«Mmh, non mi farei mai ingannare così facilmente!» protestò Martin.

«Scommettiamo?» propose Diana.

«Ok, ci sto.» ribatté Martin, piccato.

«Ci incontreremo direttamente alla festa. Se mi farai il filo avrò vinto io, altrimenti avrai vinto tu.»

«Chi perde offre all'altro un frullato, ok?» specificò Martin, ghignando con la certezza di vincere.

«Perfetto, allora ci vediamo stasera alla festa...se riuscirai a riconoscermi...» disse Diana, salutandolo con un gesto della mano e avviandosi verso il dormitorio.



Arrivata nella sua stanza, Diana mollò a terra la borsa e si portò le mani alla testa.

Da dove gli era venuta quell'assurda idea di ammaliare Martin?

Certo, le dava fastidio che facesse il cascamorto con tutte le ragazze ma non sarebbe mai riuscita ad attirare la sua attenzione.

Sconsolata, si disse che doveva trovare un bel costume e doveva farlo in fretta.

Mollati i libri in camera uscì nuovamente.

Per fortuna il centro del paese non era lontano dalla Torrington così, in pochi minuti, poté raggiungere il negozio di costumi che aveva aperto da poco.

«Buon pomeriggio!» disse entrando e guardandosi attorno titubante.

«Buon pomeriggio a lei» rispose il proprietario con voce melliflua.

Non seppe perché ma, sentendolo parlare, un brivido diaccio le attraversò la schiena.

«Posso esserle utile?»

Avrebbe voluto gridare “No!” e fuggire ma sapeva che non c'erano altri negozi del genere nelle vicinanze così, sospirando, si rassegnò ad accettare il suo aiuto, aveva poco tempo a disposizione prima dell'inizio della festa e le ci sarebbe voluto un miracolo per vincere la scommessa.

«Cercavo un costume per stasera.» spiegò.

«Purtroppo è un po' tardi, non è rimasto molto ma vederemo di trovare qualcosa. Che taglia porta?»

«Una small.»

Dopo averla osservata per un po', il negoziante si avvicinò ad una rastrelliera ed iniziò a tirare fuori costumi da mostro o da animale uno più assurdo dell'altro.

«No a dire il vero...» cercò di protestare Diana.

«Ah, ho capito!» esclamò l'uomo, spostandosi verso un altro espositore e tirando fuori un magnifico vestito da principessa.

Diana lo accarezzò con occhi sognanti ma scrollò il capo. Se voleva attirare l'attenzione di Martin avrebbe dovuto puntare su qualcosa di diverso.

«È stupendo ma cercavo qualcosa di...» tentò di spiegare la ragazza, arrossendo, non poteva mica dirgli che cercava un costume capace di far cadere il suo migliore amico ai suoi piedi.

«Stavolta credo di aver capito davvero.» affermò l'uomo, ammiccando complice e facendo sentire Diana ancora più a disagio.

Entrato nel retro del negozio ne uscì con una scatola da cui tirò fuori un lungo abito nero, attillato, ricco di trasparenze, quasi impalpabile e con un profondo spacco laterale.

Al solo vederlo la ragazza divenne rossa come un peperone: era troppo audace, non avrebbe mai avuto il coraggio di metterlo!...eppure se voleva riuscire nella sua impresa avrebbe dovuto trovare il coraggio d'indossarlo.

«Bene, lo prendo.» annunciò, prima di cedere all'imbarazzo.

Giunta davanti alla cassa, proprio sul punto di pagare, scorse in un angolo delle graziose ali nere e scintillanti, seguendo l'istinto poggiò anche quelle sul bancone.

«Le includa nel conto.» disse al negoziante.

Pagato il costume uscì dal negozio e si affrettò a tornare a scuola.

Il tempo correva e c'era ancora molto da fare.

Arrivata nella sua stanza, vi si barricò dentro e diede inizio ai preparativi.

Una lunga doccia calda ed un massaggio con la sua crema profumata preferita le permisero di rilassarsi un po'.

Asciugati i capelli si dedicò al trucco. Non si era mai impegnata tanto per prepararsi.

Aspettando che lo smalto finisse di asciugarsi diede un'occhiata ai suoi acquisti e non poté fare a meno di chiedersi se davvero sarebbe stata abbastanza spavalda da indossarli ed uscire.

Finito di vestirsi, si guardò allo specchio con occhio critico.

Il vestito la fasciava stupendamente lasciandole la schiena scoperta e le piccole ali anziché coprirla contribuivano ad esaltarne la sensualità mentre lo spacco e le scarpe col tacco alto slanciavano la sua figura e facevano risaltare le gambe lunghe e toniche. Le lievi trasparenze sul davanti lasciavo appena intravvedere l'incavo dei seni, quel tanto che bastava perché qualsiasi ragazzo desiderasse poter scoprire di più.

Diana sorrise al suo riflesso, compiaciuta e imbarazzata.

Nella fretta della scelta però non si era resa conto che quel costume non celava la sua identità.

Dopo aver riflettuto un po', rovistò nel suo armadio tirando fuori una parrucca con capelli neri, lunghi e ricci ed una mascherina nera e argento, residui di un vecchio costume usato durante una recita a scuola.

Martin l'aveva vista indossarli ma dubitava che il ragazzo ne avesse memoria o che li avrebbe notati mentre lei indossava quell'abito così inusuale per lei.

Finito di prepararsi, si avvolse in una nube di profumo ed uscì dalla stanza.

La festa si svolgeva nel giardino della scuola.

Preso un bel respiro per darsi coraggio, uscì dai dormitori e si mescolò alla folla.

Sentiva su di se gli occhi di tutti i ragazzi e dai bisbigli che percepiva sembrava aver destato l'interesse di tutti.

Felice e imbarazzata Diana si diresse al tavolo dei rinfreschi per prendersi qualcosa da bere.

«Ciao Billy!» salutò, notando l'alieno, nella sua forma umana, appoggiato al tavolo.

Lui la guardò perplesso, poi un lampo di comprensione gli illuminò lo sguardo.

«Diana, sei stupenda!» esclamò, esterrefatto.

«Oh, grazie.» rispose la ragazza, arrossendo.

«Hai intenzione di fare strage di cuori?» la punzecchiò

«Solo di uno.» rispose lei, criptica. «Invece tu come mai non indossi un costume?» chiese, osservando che il suo amico portava solo una mascherina.

«Bé, per me questo è già un travestimento!» esclamò l'alieno, indicando il dispositivo che gli permetteva di assumere una forma umana.

«Hai ragione!» ammise Diana, ridendo.

«Ciao Billy, non mi presenti la tua deliziosa amica?» chiese una voce a lei familiare.

Ancora prima di voltarsi seppe che a parlare era stato Martin.

«Piacere, sono Martin Mystere.» disse un Martin travestito da zombie, porgendole la mano.

«Per stasera puoi chiamarmi Lady Night.» rispose Diana, con fare enigmatico. «E non avercela col tuo amico se non ci ha presentato, anche con lui ci siamo appena conosciuti.» continuò, guadagnandosi un'occhiata perplessa dall'alieno che Martin non notò perché intento ad esibirsi in un baciamano.

«Se non è già impegnata posso invitarla a ballare, Lady Night?»

«Con molto piacere.» acconsentì, trattenendo la voglia di ridacchiare.

Trascinata da Martin si ritrovò a ballare al centro della pista. Non era da lei, ma, in fondo, lei quella sera non era Diana.

Dopo alcuni balli, ridendo, fece cenno a Martin di essere stremata e si avviò verso il margine del giardino, dove iniziava la zona alberata.

Assicuratasi che Martin la seguisse, s'inoltrò verso l'interno.

Ad ogni passo sentiva il cuore batterle un po' più forte; quella sua fuga nell'ombra era un chiaro invito ad appartarsi e il pensiero di come Martin avrebbe potuto reagire la incuriosiva e la innervosiva al tempo stesso.

Sopratutto si chiedeva cosa avrebbe detto Martin quando avesse scoperto chi era. È vero, avevano fatto una scommessa ma non poteva fare a meno di domandarsi se non stessero portando avanti un gioco pericolo che avrebbe messo a rischio la loro amicizia.

Giunta nel punto in cui la vegetazione era più folta si fermò e appoggiò la schiena al tronco di un albero per riposarsi, non pensava che camminare sul terreno con i tacchi fosse così faticoso.

Approfittando della sua sosta, Martin la raggiunse e si appoggiò a sua volta all'albero, bloccandola così col suo corpo.

«Mia bella e misteriosa dama, che ne dici di rivelami la tua identità? Ti assicuro che è un segreto che terrò per me.» flirtò Martin.

Diana si sentì arrossire, non era abituata a vederlo comportasi così con lei.

Il suo profumo l'aveva avvolta, stordendola e il fatto che fosse truccato da zombie non riusciva a guastare la sua bellezza.

Diana prese fiato, era il momento di rivelargli chi fosse ma il suo viso che si faceva sempre più vicino le impediva di ragionare con lucidità e di emettere alcun suono.

Ormai pochi millimetri separavano le loro labbra e dentro di se Diana si incitava a fermarlo prima che fosse troppo tardi ma una parte di lei le diceva che in fondo era proprio ciò che voleva.

Incapace di reagire, chiuse gli occhi per far si che la regione fosse messa al bando lasciando spazio alle emozioni.

Tremava di paura ed emozione al pensiero di ciò che stava per accadere. Avvertì la mano di Martin che le sfiorava una guancia e un sospiro le sfuggì dalle labbra mentre il suo cuore perdeva un battito. D'un tratto, un'improvvisa raffica di vento, forte come un uragano, li fece crollare a terra.

Massaggiandosi la testa dolorante per averla sbattuta, Diana si mise a sedere, confusa.

«Martin!» chiamò, vedendo il compagno a terra.

Sentendosi chiamare, il ragazzo si alzò a sua volta.

In lui c'era qualcosa di strano, sembrava improvvisamente incapace di coordinare i movimenti, Diana si chiese se non avesse riportato una commozione cerebrale a causa della caduta ma appena ebbe voltato il viso verso di lei comprese che ciò che era accaduto era ben più grave: la pelle del viso era grigiastra e putrescente, gli occhi gialli e vacui.

Quello che aveva d'avanti non era più un ragazzo travestito da zombie ma un vero zombie.

Appena Martin l'ebbe inquadrata, si scagliò verso di lei.

Con un movimento convulso Diana cercò di alzarsi, in un secondo si ritrovò ad alcuni metri da terra.

Nonostante non potesse guardarsi la schiena ebbe la certezza che anche le sue ali fossero diventate vere.

Appollaiatasi su un albero cercò di riprendere fiato e riflettere.

A quanto pareva le maschere erano diventate vere, il che voleva dire che non avrebbe potuto fare affidamento su Martin e che doveva sbrigarsi perché lupi mannari, vampiri ed ogni sorta di mostri era in circolazione.

Da sola non avrebbe potuto bloccarli tutti, doveva chiamare il Centro.

Fruttando la capacità di volare, scese in picchiata su Martin, gli strappò l'U-watch dal polso e si nascose di nuovo tra gli alberi.

«Agente Mystere, a cosa debbo la sua chiamata?» chiese M.o.m appena risposto.

«Sono Diana. A scuola tutti gli studenti si sono trasformati nei mostri da cui erano mascherati. Ho bisogno di una squadra d'intervento e di molte dosi di sonnifero.»

«L'agente Mystere?»

«È diventato uno zombie.»

«Cerchi di tenerli a bada, arriveremo il prima possibile.» la esortò M.o.m prima di chiudere la comunicazione.

Sorvolato il campus si rese conto che la situazione stava degenerando, presto qualcuno sarebbe stato morso o sarebbe finito sbranato.

Tentando di non perdere la calma, pensò a cosa avrebbe potuto fare. Era un angelo nero, doveva pur avere dei poteri.

D'un tratto si ricordò di un'antica leggenda secondo cui gli angeli neri fossero gli angeli della morte scagliati da Dio contro i cattivi affinché al momento del trapasso fossero trascinati negli Inferi.

Chi aveva fatto questo “scherzetto” delle maschere di certo non era una brava persona.

Concentrandosi riuscì a percepire delle onde negative provenire dal limitare del campus. In un battito d'ali fu lì e, avvistato un uomo dal volto mascherato, gli planò davanti bloccandogli il passaggio.

«Si fermi!» intimò.

L'uomo cercò di battere in ritirata ma Diana, ricordando di avere con se l'U-watch, gli lanciò contro l' X-Rod imprigionandolo quindi gli si avvicinò.

Strappatagli la maschera riconobbe il proprietario del negozio di costumi.

«Grazie!» bisbigliò l'uomo prima di svenire.

Avvistati quelli del Centro, gli consegnò l'uomo e la maschera.

In quell'attimo vide avvicinarsi Martin e Billi, tornati normali e sicuramente attratti lì dalla vista degli uomini del Centro.

«Ottimo lavoro agente Lombard.» disse M.o.m, giungendole alle spalle.

Gettato uno sguardo su Martin ebbe l'impressione di vedergli sgranare gli occhi nel sentirla chiamata per nome. Per un attimo aveva pensato di non rivelargli chi fosse, anche a costo di perdere la scommessa ma adesso non avrebbe più potuto farlo.

«Tutto bene Diana?» chiese Billi, arrivando di corsa.

«Si, tutto ok.» rispose la ragazza togliendo la maschera, orma inutile.

«Tutto sembra rientrato nella norma. Tornate pure alla festa, appena saprò qualcosa di più vi avviserò.»

«Martin, il tuo orologio.» disse Diana, porgendogli l'U-watch.

Il ragazzo lo prese senza dire una parola, il viso turbato. Diana si sentì morire, quella stupida scommessa aveva rovinato il loro rapporto.

Gli agenti del Centro, M.o.m e il prigioniero andarono via lasciando soli Diana, Martin e Billi.

«Allora si torna in pista?» chiese l'alieno.

«A dire il vero preferisco andare a dormire. Scusami.» rispose Diana, avviandosi verso il dormitorio.

«Essere uno zombie mi ha sfinito, mi dispiace.» disse Martin.

«Ok!» esclamò Billi, un po' deluso e confuso dal comportamento dei suoi amici per poi ritornare alla festa.

I due, ognuno per conto proprio, rientrarono nella propria camera.

Appena entrata Diana si lasciò andare sul letto scoppiando in un pianto dirotto.

La sua amicizia con Martin era finita?

Sarebbe potuto tornare tutto come prima dopo quel quasi bacio?

Cosa pensava Martin di quanto era successo?

Mille pensieri le affollavano la mente ma le era impossibile dargli risposta.

Sfilatosi il costume e le scarpe s'infilò sotto le coperte.

Quando il sonno la colse le sue guance erano ancora bagnate di lacrime.

Intanto chiuso nella sua stanza, Martin si lasciò scivolare a terra prendendosi la testa tra le mani.

Aveva quasi baciato Diana.

Se chiudeva gli occhi poteva rivederla col suo costume da angelo nero, le curve maliziosamente evidenziate, il sorriso dolce, gli occhi ridenti mentre gli sfuggiva nascondendosi tra gli alberi.

Sospirando si rialzò ed andò in bagno. Una lunga doccia calda riuscì a cancellare ogni traccia dal travestimento ma non le sensazioni che quella serata con Diana gli aveva procurato.

Tornato in camera, indossò un paio di boxer e si mise a letto.

Doveva fare qualcosa, non avrebbe lasciato che la sua amicizia con Diana si rovinasse per una stupidaggine.

Presa questa decisione sembrò trovare pace e con essa il sonno.


La nuova mattina arrivò e con essa il momento di agire per Martin.

Appena alzato si vestì e corse al dormitorio femminile.

Era piuttosto presto e, visto che non c'erano lezioni, in giro c'era poca gente.

Arrivato davanti alla camera di Diana iniziò a bussare a ripetizione, non sarebbe andato via senza averle parlato.

«Arrivo!» urlò un'assonnata Diana con un diavolo per capello per essere stata svegliata così bruscamente.

Appena ebbe aperto, trovatasi davanti Martin, richiuse la porta con un tonfo.

Il ragazzo ebbe appena il tempo di avvistare un ciuffo di capelli castani prima che la porta si richiudesse.

«Diana, apri!» urlò Martin, innervosendosi.

La ragazza, appoggiata alla parete di fianco all'ingresso, si strinse nella vestaglia scuotendo la testa in risposta al richiamo dell'amico. Non ce la faceva ad affrontarlo.

Dopo aver bussato ancora un po', sempre più nervosamente, si fermò. Doveva cambiare tattica, così non l'avrebbe convinta ad uscire.

«Diana, ho vinto la scommessa, è inutile che ti barrichi in camera, mi devi un frullato!» urlò, cercando di mantenere un tono di voce allegro e rilassato.

Sentendo quelle parole, Diana si ritrovò a fissare la porta, stupita. Possibile che avesse sentito bene? Martin voleva solo il suo frullato?

Un sorriso le spuntò in viso, l'amicizia era salva, anche se non poteva scacciare un lieve senso di delusione, sapeva che per lei non sarebbe più stato lo stesso.

«Martin io devo ancora vestirmi.» disse Diana attraverso la porta. «Adesso apro la porta, tu aspetti un minuto ed entri, ma ti prego, non svegliare tutto il dormitorio!»

«Ok!» rispose Martin, sorridendo ed esibendosi in un balletto di vittoria.

Come promesso, Diana fece scattare la serratura quindi, afferrati i vestiti, corse in bagno a cambiarsi.

Dopo aver atteso, come da accordi, Martin entrò in camera e si sedette alla scrivania facendo girare la sedia. Mentre si guardava in giro, l'occhio gli cadde su una nuvola di tessuto nero abbandonato a terra. Dopo aver gettato uno sguardo alla porta del bagno per accertarsi che Diana non stesse uscendo, si chinò a raccoglierlo e lo annusò, era ancora impregnato del suo profumo: vaniglia e miele.

Dolce e delicato, proprio come lei.

La voglia di baciarla tornò a galla, prepotentemente.

Quasi si fosse scottato, Martin lasciò andare l'abito.

Doveva mettere a tacere quei pensieri ma era più difficile di quel che pensava.

Sentendo la porta del bagno aprirsi tornò a sedersi, sperando che lei non notasse la sua agitazione.

«Allora, andiamo?» propose Diana.

«Non dimenticare il portafoglio.» le ricordò Martin.

«Vedremo, devi ancora spiegarmi come mi hai riconosciuto.» ribatté Diana, ghignando.

Lungo il tragitto fino al bar rimasero in silenzio, nessuno dei due sembrava interessato ad avviare un discorso, attraversare il cortile, costeggiare la zona alberata li riportava alla sera precedente e impediva loro di comportarsi in maniera spensierata.

Giunta al bancone Diana ordinò per entrambi e pagò quindi consegnò a Martin il suo frullato ed uscì dal locale.

«Come mai hai pagato anche il mio? Non ti ho ancora spiegato come ti ho riconosciuto.» chiese Martin, raggiungendola.

«Intanto godiamoci il frullato, poi mi spiegherai.» rispose Diana prendendo posto su di una panchina un po' isolata del parco.

Consumarono la bevanda in silenzio, finché Diana non lo guardò scoppiando a ridere.

«Che ti prende?» chiese il ragazzo, perplesso.

Incapace di parlare per il troppo ridere, Diana si limitò ad asciugargli col dito uno sbafo di frullato ed a mostrarglielo.

Ridacchiando, Martin le afferrò il polso e le prese il dito tra le labbra.

«Come sei dolce!» esclamò, succhiando via le tracce di frullato dal dito di Diana.

La ragazza sgranò gli occhi mentre l'aria sembrava crepitare d'imbarazzo e d'attesa.

Martin si diede mentalmente dello stupido, come aveva potuto fare una cosa del genere?

Il suono dell'U-watch li riportò al presente.

«Ci chiamano.» disse Diana, ritraendo la mano.

Ebbero appena il tempo di alzarsi dalla panchina che un portale si aprì sotto i loro piedi catapultandoli all'ingresso del Centro.

Dopo l'identificazione di rito andarono nell'ufficio di M.o.m.

«Ben arrivati.» disse la donna, senza staccare gli occhi dal computer e facendo loro segno di sedersi. «Il proprietario del negozio è stato molto collaborativo ma abbiamo faticato un po' per rendere inoffensivo il demone. Per questo vi ho convocato solo adesso.»

«Il demone?» chiese Martin, incuriosito.

«Il signor Wilson aveva acquistato la maschera ad un'asta, circa un mese fa, pensava stesse bene nel suo negozio. Purtroppo però la maschera era il rifugio di un demone del male, appena venuto in contatto con lui lo ha posseduto e costretto ad eseguire il rito che rendeva i travestimenti reali. Il demone si nutriva della paura.» spiegò M.o.m « Adesso è stato reso innocuo mentre il signor Wilson è stato liberato, era solo una vittima.»

«Ne sono felice per lui!» esclamò Diana, adesso comprendeva il senso di repulsione che aveva provato nei confronti di quell'uomo, era dovuto unicamente alla possessione demoniaca.

«Andate pure a godervi il resto della giornata.» disse la donna, congedandoli con un cenno del capo.

Salutata la donna i due tornarono all'ingresso e si fecero aprire un portale che li riportasse al campus.

Appena usciti si accorsero di essere nello stesso posto in cui la sera prima stavano per baciarsi.

Accelerando il passo, Diana si diresse verso il cortile.

«Aspetta!» esclamò Martin, trattenendola per un braccio. «Non ti ho ancora detto come ti ho riconosciuto ieri.»

«Non ha importanza.» rispose lei, sfuggendo il suo sguardo.

«Il tuo profumo, vaniglia e miele.»

Diana alzò la testa, fissando i suoi occhi in quelli del ragazzo.

«Finalmente mi guardi in faccia!» esclamò, sorridendo.

Per un attimo pensò di non dire altro, di cogliere l'occasione ma non sarebbe stato giusto, tra di loro erano sempre stati sinceri.

«No, non è vero. L'ho scoperto prima di poter sentire il tuo profumo, ho sentito Billi che ti salutava.» confessò.

Diana fu sul punto di tirare fuori il suo solito martello per colpirlo ma un dubbio si fece strada dentro lei. Se sapeva chi era, perché aveva ballato con lei, perché non le aveva rivelato di averla scoperta, perché aveva tentato di baciarla?

Insomma, perché aveva continuato a flirtare?

«Martin ma se sapevi chi ero perché hai continuato a comportarti come se non lo sapessi?»

«All'inizio volevo solo prenderti un po' in giro, ballare un po' con te per poi smascherarti ma era così piacevole stare insieme che ho desiderato godermi la serata in tua compagnia, anche a costo di fingere di non averti riconosciuto.» confessò Martin, abbassando lo sguardo.

«Ma stavi per baciarmi!» sbottò la ragazza, arrossendo.

«Sarebbe stato tanto tremendo?» chiese Martin avvicinandosi e costringendola ad appoggiare la schiena ad un tronco mentre portava il viso a pochi millimetri dal suo.

«No!» urlò Diana, spingendolo via.

«Scusami, non volevo farti del male.» disse Martin, dispiaciuto, vedendo i suoi occhi farsi lucidi.

«Non voglio rovinare la nostra amicizia per una stupida scommessa, io non sono quella che hai visto ieri sera, non sono Lady Night, sono solo Diana!» esclamò, scoppiando a piangere.

Intenerito, Martin la strinse tra le braccia. Diana avrebbe voluto allontanarlo ma non ebbe la forza di staccarsi da lui, così nascose il viso sul suo petto, singhiozzando.

«Lo so che tu non sei Lady Night, non ho trovato piacevole stare con lei ma stare con te solo che grazie al travestimento ho potuto guardare oltre l'amica d'infanzia e vedere la ragazza...una splendida ragazza.»

Diana alzò la testa di scatto, imbarazzata.

«Quindi tu volevi...» disse, senza il coraggio di completare la frase.

«Volevo passare la serata con te, non con Lady Night.» confessò, grattandosi la testa, a disagio.

Diana gli sorrise, felice ed emozionata da quelle parole.

Facendosi coraggio, Martin le accarezzò una guancia, sfiorandole le labbra e vedendola trattenere il respiro.

«Sarebbe così tremendo se ti baciassi adesso?» le sussurrò a fior di labbra.

Incapace di rispondere, Diana si limitò a scrollare il capo.

Sorridendo, Martin le si avvicinò, il suo profumo avvolse Diana e un attimo dopo le sue labbra la sfiorarono facendola tremare nel profondo.

Avevano temuto di aver perso la loro amicizia, avevano creduto fosse meglio fingere, avevano scoperto che la sincerità poteva regalare la felicità.

«È stato strano.» affermò Martin appena smesso di baciare Diana. «Ma uno strano piacevole.» aggiunse ridendo.

Anche Diana scoppiò a ridere, la paura che tra loro potesse cambiare tutto si era dileguata, Martin era sempre il solito, l'unico e il solo, il suo Martin.

  
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