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Autore: heliodor    06/11/2014    1 recensioni
Capitan Freedom ― il Capo ― è il supereroe. Liberty Boy ― il Ragazzo Fantastico ― è la sua fedele spalla.
Insieme lottano contro i supercriminali che minacciano la pace nel mondo, in particolare Mantra, il loro arcinemico.
Nella battaglia finale il Capo e Mantra restano intrappolati in una dimensione parallela mentre Liberty Boy perde i suoi poteri.
Anni dopo, il Capo ritorna trasformato nella mente e nello spirito.
Liberty Boy è costretto a indossare di nuovo la maschera, perché adesso è Capitan Freedom il supercattivo...
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fuori dal locale, Steve respira a fatica, una mano appoggiata sul petto. Camminando con passo veloce si avvia in una direzione a caso e al primo incrocio svolta a destra.
Lucy esce dal locale un attimo dopo, la testa che si volta nella stessa direzione imboccata da Steve. Ha di nuovo gli occhiali da sole. Con un dito sfiora la montatura.
― Jimmy?
Una voce metallica risuona in un auricolare posto dietro l'orecchio destro. ― Sono qui. Com'è andata?
― Male. Temo di averlo spaventato.
Jimmy ridacchia. ― Tu ci sai proprio fare con gli uomini. Vai a riprenderlo?
― Per ora no. Lasciamogli credere di aver mollato la presa. Gli ho messo un segnalatore addosso. Hai agganciato il segnale?
― Non lo perderò di vista nemmeno per un secondo.
Lucy si avvia con calma verso l'incrocio.
***
Steve si guarda alle spalle. Cammina veloce sul marciapiede sfiorato da persone che lo degnano appena di uno sguardo.
Una donna che sembra parlare all'aria gli sfiora la spalla. ― Così gli ho detto che non lo voglio più vedere...
Un uomo sulla quarantina gli sbarra il passo, Steve quasi lo investe. ― Attento a dove metti i piedi, amico.
― Mi scusi ― risponde senza alzare la testa.
Steve si infila nel sottopassaggio della metropolitana scendendo le scale a due a due. Arrivato al fondo si guarda le spalle. Un paio di uomini lo superano. Si volta di scatto e prosegue.
***
Le porte automatiche si aprono con uno scatto metallico. Steve passa l'indice della mano destra su di una placca di fianco all'entrata.
― Benvenuto a bordo signor Fraley ― sussurra una voce artificiale.
Subito dopo di lui un uomo di colore appoggia il dito sulla stessa placca.
Steve si guarda attorno. Metà dei posti sono occupati da gente dallo sguardo annoiato o perso nel vuoto. Un adolescente si muove al ritmo di una musica ma non si vedono cuffie nelle sue orecchie. Un paio di donne discutono pacate scambiandosi delle occhiate furtive.
Steve attraversa il vagone e spunta in quello successivo.
Con lo sguardo individua un posto libero vicino al finestrino e vi si accomoda. Trae un profondo sospiro e si piega in due, il viso nascosto tra le mani.
― Gran brutta giornata, eh?
Steve alza la testa di scatto. Un viso rugoso, la pelle macchiata e il sorriso pieno di vuoti, incombe su di lui. Annuisce distratto.
― Ce l'hai un pezzo da dieci, mister? ― chiede il vecchio.
Steve si mette la mano nella tasca e tira fuori un biglietto da cinque dollari tutto sgualcito. ― Ho solo questo ― dice porgendolo al vecchio.
L'uomo allunga una mano e fa sparire il denaro in una tasca dell'impermeabile logoro. ― Grazie mister. ― Si dirige con passo barcollante verso il fondo del vagone.
Steve sospira e chiude gli occhi.
Il treno sobbalza, i freni stridono, le porte si aprono con uno schiocco. Steve alza lo sguardo e vede il vecchio scendere sulla banchina.
Due tizi con il volto nascosto dal bavero della giacca lo seguono. Uno dei due lo afferra per le spalle e lo spinge in avanti. Il vecchio barcolla e ruzzola a terra.
Steve scatta in piedi e si getta fuori dal treno un attimo prima che le porte si chiudano.
I due tizi incombono sul vecchio, che si lamenta.
― Vediamo quanto hai fatto oggi ― dice uno dei due afferrandolo per le spalle.
Il vecchio si fruga le tasche con la mano e ne trae un paio di biglietti d cinque e uno da dieci. Li porge all'uomo.
Il tizio afferra le banconote e le guarda disgustato. ― Tutto qui? Non sai fare più il tuo mestiere?
― Forse lo dobbiamo conciare peggio di quanto non lo sia già.
Il tizio ride, si volta verso Steve in piedi vicino alla linea gialla che separa la banchina dal bordo e torna serio. ― E tu che hai da guardare?
Steve trattiene il fiato, fa per dire qualcosa e scuote la testa. ― Niente ― dice abbassando gli occhi.
― E allora vattene ― dice il tizio.
Steve esita, si volta e fa per allontanarsi. Un'ombra lo sfiora, si lancia verso uno dei due tizi e lo colpisce al fianco mandandolo lungo disteso.
Steve sgrana gli occhi. È il ragazzo di colore che ascoltava la musica nel treno.
Il tizio che ha malmenato il vecchio si volta. Il ragazzo lo colpisce al volto con un pugno, mandandolo al tappeto.
Prima che i due si rialzino il ragazzo afferra il vecchio e lo costringe a rialzarsi. ― Vieni ― dice trascinandolo verso le scale.
Steve si lancia di corsa dietro di loro.
***
Fuori è calato il buio. Le luci basse dei lampioni proiettano ombre lugubri che si allungano sull'asfalto e sulle facciate scrostate degli edifici.
Il ragazzo trascina il vecchio fino al portone di un palazzo. Steve lo segue e si infila nell'apertura subito dietro di lui.
― Sta qui ― dice il ragazzo al vecchio, che si lascia cadere con la schiena appoggiata al muro.
Steve guarda in strada. I due tizi sono emersi dalla metropolitana e si stanno guardando attorno. Dopo essersi scambiati qualche parola, partono in direzioni opposte.
Il ragazzo gli fa cenno di fare silenzio. Quando i due si sono allontanati, torna dal vecchio, che ora respira e si lamenta.
― Come stai? ― chiede chinandosi su di lui.
― Bene ― brontola il vecchio.
― Non la devi più prendere quella linea, hai capito? Quei due te la faranno pagare cara se ti beccano.
Il vecchio annuisce.
Steve si fa avanti. ― Come ti chiami?
Il ragazzo lo squadra dalla testa ai piedi. ― Carter.
― Sei stato molto coraggioso, Carter. E anche molto incauto. Quei due potevano essere armati.
― E allora? Dovevo starmene a guardare come te?
― Io... Non credo che sarei stato molto d'aiuto.
― Dovevi solo fare la cosa giusta. ― Carter agita una mano nell'aria. ― Scusa, amico. Non ti volevo offendere.
Steve scuote la testa. ― Non sono offeso.
Carter si affaccia dal portone. ― La via è sgombra. Io me ne vado a casa. Tu abiti da queste parti?
― Cinque o sei isolati lungo questa strada.
― È una bella scarpinata.
Steve si stringe nelle spalle. ― Ne ho abbastanza della metropolitana.
Carter sorride. ― Ci si vede in giro uno di questi giorni ― dice prima di andarsene con andatura dinoccolata.
Steve lo guarda allontanarsi.
***
Lucy si sporge da un angolo. ― Jimmy, hai registrato?
― Affermativo.
― Poteva farli a pezzi quei due ― dice lei delusa. ― E invece non ha mosso un dito.
― Forse ha detto la verità.
― No ― risponde lei sicura. ― È lui il nostro uomo.
― Che vuoi fare?
Lucy si morde il labbro inferiore. ― Allerta la squadra. Lo preleviamo.

 
  
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