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Autore: finnicksahero    06/11/2014    0 recensioni
Chi era la madre di Katniss? Come ha conosciuto il signor Everdeen?
Io ho provato a rispondere a queste domande.
Dal testo:
'Le strade del giacimento erano deserte, si sentivano i canti dei bambini e qualche rumore di stoviglia, ma per il resto il silenzio era assordante, neanche gli uccellini cantavano, il cielo da azzurro era diventato nuvoloso. Rendendo l'ambiente ancora più grigio, i miei stivali alzavano la cenere argentea per aria, creando delle piccole nuvole che stancamente si riposava a terra. Era così folle alzarla, dargli della speranza, facendogli credere di poter volare, quando in realtà si sarebbe schiantata al suo suolo da li a poco. Mi ritrovai a pensare che prima o poi tutti diventavamo polvere.
Polvere alla polvere.
Cenere alla cenere.'
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maysilee Donner, Mr. Everdeen, Mr. Mellark, Mrs. Everdeen, Mrs. Undersee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I'm in love with you ...'
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Capitolo dodici.


Tenni fra le braccia un corpo. Un corpo troppo scosso per poter reggersi in piedi. Un corpo che preferirebbe essere morto. Singhiozzava forte, nel fango, il tempo grigio stava piangendo lacrime piovane, che lavavano le nostre lacrime salate dalle nostre guance. La strinsi forte, sentivo le sue spalla muoversi disperate. I gemiti di dolore gli uscivano come versi di un'animale selvatico, aveva il viso contratto in una smorfia di dolore, per quel
grido che era risalito fino alla gola, ma mai uscito.

Page, la mia amica Page, stava piangendo disperata fra le mie braccia, la piazza prima ghermita di gente era deserta, la pioggia aveva fatto scappare tutti i curiosi nelle loro abitazioni, tutti egoisticamente felici perché i loro figli erano con loro, nelle loro case, al calduccio. Mi facevano schifo, ma li capivo, anche io ero felice per il piccolo Mike, mio fratello, lui era vivo, speravo che non venisse mai estratto. Nella piazza sotto la pioggia erano rimaste solo quattro persone. I genitori di Maysilee, sua  che stava inginocchio con le mani strette intorno ad una piccola coperta, sopra incise le lettere MD, suo padre, bianco come un cencio fissava il televisore, fermo e immobile, come se non ci credesse. Come se non credesse a quello che aveva appena visto.

Ma invece doveva crederci. May era morta, e con lei suo figlio e una parte di Haymitch, che in quel momento, stava correndo, con le mani sporche di sangue e le lacrime agli occhi. Stava anche peggio di me. Lui l'aveva vista morire fra le proprie braccia, aveva stretto la sua mano, quando nessuno c'era. Non l'aveva fatta morire da sola. Lui aveva capito, capito che tutti noi non dovremmo morire da soli. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci stringe la mano, o che semplicemente ci guardi, prima di morire.

E lui l'aveva fatto. Aveva onorato il suo essere, lasciando quella margherita, quel fiore bianco e piccolo, sul ventre appena appena gonfio della mia amica.

Le lacrime scesero veloci lungo le mie guance, fino a cadere sui capelli biondi e zuppi di Page. Avevo appena perso la mia migliore amica, avevo appena perso il fiore più bello, strappato dalla mano invisibile di un dio troppo crudele per permettere ad un essere così bello di poter vivere.

Alzai lo sguardo, dal terreno fangoso dove l'acqua cadeva a ritmo continuo, creando dei bei disegni nel fango liquido. Strinsi più forte Page, cercando di rimettere insieme i suoi pezzi, che ormai erano sparsi ovunque, mentre cercavo di tenere i miei insieme. Ma era difficile, avevo intorno persone spaccate. Che stavano cadendo giù, giù nell'abisso nero e profondo, atterrando con uno schianto, senza più la forza di tornare su.

Ma lo sanno tutti, quando vedi una persona che sta cadendo, cerchi di afferrarla, per tenerla su. Ma non riesci, e lei ti trascina giù, giù, giù fino a farti perdere la speranza, e così, cadi con lui, e nessuno dei due, riesce poi, a tornare su, e aspettate soltanto la fine, senza mai più riuscire a vedere la luce del sole.

Ma era diverso, per me doveva essere diverso. Io sarei riuscita a tenere su Page, senza farmi trascinare giù, lei era spaccata.

Vuota.

Persa.

La pioggia cessò, ma le nuvole rimasero, e tirai ad indovinare, non se ne sarebbero mai andate. Il sole cercò di far capolinea, da dietro a quelle grosse persone che sorridevano in maniera cattiva a noi mortali. Vidi Page alzare lo sguardo, sembrava implorare il cielo di altra pioggia, di altra tristezza. Ma lui, cattivo, aveva deciso di negargliela. Guardò intensamente quell'unico raggio di sole, sapevo cosa stava pensando. Come osava, quel calore arrivare a noi, comuni mortali, quando il freddo non era solo esterno, il freddo ci era entrato dentro, nel cuore, non potevamo farlo uscire.

Come osava, il sole, cercare di asciugare quel posto fatto di lacrime, sperava  forse che con una sua carezza, un semplice bacio colorato,  potesse asciugare tutto? No, non poteva sperarlo.

Forse però, quel raggio di sole, era una lacrima dorata, di qualche strano essere che  voleva farci capire, che non eravamo sole. Che anche il cielo, come il sole, piangeva con noi. Per la perdita di qualcuno, nel loro caso, una stella spenta, che non brillerà più nel cielo.

Ecco cos'era lei, una stella, che spegnendosi ci aveva privato del suo calore, del suo essere così luminoso. Perché non è vero che quando una stella muore, nessuno lo sente e non fa male. Si sente, e fa male, fa più male di qualsiasi altra cosa.

Page guardò il mio viso, e strinse gli occhi, le labbra che stavano tornando del loro normale rosso, si mossero appena, mi sporsi verso di lei, per afferrare le parole, dette in un sussurro -Anse, ma May è morta?- chiese, sembrava una bambina, ma dai suoi occhi capii voleva sentirsi dire il contrario, la strinsi al petto, mentre cercai di controllare la voce.

-Si, si è spenta come una stella.

  
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