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Autore: Evil_Queen2291    06/11/2014    6 recensioni
[Traduzione] Quando Snow realizza che Gold vuole fare del male alle figlie di Emma e Regina, prodotto del Vero Amore, la famiglia farà tutto quanto in suo potere per tenerle al sicuro-compreso mandarle indietro nel tempo, affidandole alle cure delle loro versioni del passato [Sequel (più o meno) di "Desperate Measures."]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Last Resort '
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Regina camminava lungo il marciapiede di Main Street, Storybrooke. Non era sicura del perché continuasse a far visita alla tomba di sua madre a quelle assurde ore della notte. Forse, pensò, era dovuto al fatto che a quell’ora le strade erano vuote quanto la sua vita.
 
A prescindere dalle ragioni, non sembrava in grado di smettere – continuava a ritrovarsi lì, senza eccezioni, tutte le sere.
 
Era un rituale inutile, lo sapeva. Non avrebbe cambiato nulla. Non avrebbe cambiato il fatto che Cora era morta e che lei, ancora una volta, non aveva nessuno. Non avrebbe cambiato il fatto che Henry era, ancora una volta, con la maledetta famiglia Charming.
 
Ma non per molto, promise a se stessa. Perché aveva stretto il cuore di Snow White tra le mani – ed era nero come il cielo notturno. Doveva solo aspettare ancora un po’.
 
Ma, dannazione, era così stufa di aspettare.
 
In particolare, quella sera, pioveva a dirotto e si maledisse per non aver preso la macchina. Camminava sotto l’ombrello – ma il vento stava aumentando ed era ancora piuttosto lontana da casa.
 
Con la coda dell’occhio, notò una figura minuta in piedi sotto la tenda di un negozio. Era decisamente un’ora insolita, pensò, per aspettare in piena tempesta.
 
Avvicinandosi vide che la figura era una ragazzina, che stringeva tra le braccia una bambina addormentata. Regina si guardò attorno velocemente, cercando una qualche traccia dei genitori – ma le due ragazze sembravano esser proprio come lei: completamente e totalmente sole.
 
“Stai bene, cara?” chiese, avvicinandosi.
 
La ragazza non le rispose. Ma i suoi occhi la osservarono, scrutandola in ogni dettaglio, quasi nutrendosi della sua sola immagine. Alla fine, i loro occhi si incrociarono ed il sindaco non riuscì a leggere l’espressione della sconosciuta. Ma un brivido intenso le corse lungo la schiena.
 
“Cosa fai in giro a quest’ora di notte con questo tempo?”
 
Di nuovo, nessuna risposta. Per un momento, Regina si chiese se la ragazza avesse paura di lei. Ma non sembrava esserci neppure una briciola di paura sul suo viso. Quello che vedeva, invece, era sofferenza, probabilmente per il peso della bambina addormentata tra le sue braccia e dello zaino sulle sue spalle – o forse per qualcos’altro.
 
Regina guardò la ragazza e non poté fare a meno di pensare alla sera in cui Henry era scappato di casa. Pensò a quanto fosse terrorizzata – queste due ragazze, sapeva, erano figlie di qualcuno. E non poteva, non voleva, lasciarle lì.
 
“È tua sorella?”
 
“Sì” rispose finalmente la ragazza – la sua voce poco più che un sussurro.
 
“Vi siete perse?”
 
“Non ne sono sicura.”
 
“Bene, siete di Storybrooke? Perché è qui che vi trovate.”
 
La ragazza sospirò – e Regina non aveva idea del perché si stesse comportando come se quella fosse una domanda difficile.
 
“Presumo che tua madre ti abbia insegnato a non parlare con gli sconosciuti.”
 
“Sì” le sorrise velocemente. “Lo ha fatto.”
 
“Bene, normalmente è un ottimo consiglio – ho insegnato a mio figlio la stessa cosa. Tuttavia non potete stare lì tutta la notte, altrimenti tu e tua sorella vi ammalereste. E non vogliamo questo, non è vero?”
 
“No, infatti.”
 
“Io sono Regina”
 
“Io sono Charlotte. E mia sorella è Amelia.”
 
“Piacere di conoscerti, cara. Ora, c’è qualcuno che posso chiamare per te?”
 
“Um,” meditò Charlotte. “Conosci Emma Swan? È lo sceriffo, giusto?”
 
“Sì, conosco lo Sceriffo” Regina rabbrividì al solo nome della salvatrice – ma cercò di rimanere concentrata su quello che stava facendo. “Hai bisogno della polizia?”
 
“Forse.”
 
“Sei ferita? Qualcuno ti ha fatto del male? È successo qualcosa ai tuoi genitori?”
 
“Non sono ferita” le assicurò Charlotte. “Sono solo molto confusa e voglio andare a casa.”
 
“Okay” le rispose Regina. “Vuoi andare alla stazione dello sceriffo?”
 
“Solo se…”
 
“Se cosa, Charlotte? Di cosa hai bisogno?”
 
“Vieni con noi?”
 
“Certo” la rassicurò Regina. “Credo tu abbia bisogno di una pausa. Perché non lasci a me Amelia mentre tu porti l’ombrello? Va bene per te?”
 
“Grazie.”
 
Charlotte passò sua sorella, addormentata, a Regina -  il cui cuore si illuminò immediatamente al contatto. Era passato tanto tempo da quando aveva stretto un bambino tra le braccia in quel modo – e non sapeva quanto le fosse mancato. Le mancava che qualcuno avesse bisogno di lei. Le mancava essere amata.
 
“Ti assicuro che non è affatto un problema.”
 
 
 
 
L’ultima persona che Emma si aspettava di vedere alla stazione in piena notte era Regina Mills. Quando il sindaco entrò con una bambina addormentata tra le braccia ed una ragazzina accanto, lo Sceriffo saltò giù dalla scrivania per la sorpresa.
 
Regina?
 
Non aveva idea di cosa significasse quella scena. Ma era perfettamente consapevole che la madre adottiva di suo figlio era in pieno lutto, arrabbiata e potenzialmente pericolosa.
 
“Signorina Swan, sembra proprio che questa sera sia una di quelle rare circostanze in cui ho bisogno del suo aiuto.”
 
“Che succede?” chiese, completamente spiazzata. Emma non sapeva perché Regina fosse andata da lei per chiedere aiuto, soprattutto considerando gli eventi dell’ultima settimana.
 
“Ho trovato queste due giovani signorine senza supervisione sul marciapiedi, sotto la pioggia. Saresti capace di trovare i loro genitori?”
 
“Okay.” Emma annuì, mantenendo alta la guardia.
 
“Non è un tranello” le confermò freddamente Regina, percependo il suo livello di disagio. “Voglio davvero aiutarle.”
 
L’istinto diceva ad Emma che Regina non stava mentendo. E l’aspetto esausto della ragazzina completamente a disagio rendeva la storia piuttosto credibile.
 
“Io sono Emma” si presentò alla ragazza. “Perché non metti giù lo zaino e ti siedi alla mia scrivania?”
 
La ragazza annuì mentre eseguì le istruzioni.
 
“Siete ferite?”
 
“No,” rispose Regina, mentre si sedeva su di una panca lì vicino, la bambina ancora addormentata tra le braccia. “Non lo sono.”
 
“Son piuttosto sicura che non abbia bisogno che tu risponda per lei – ma grazie.”
 
Emma osservò da vicino come la ragazza divenne tesa ed incrociò le braccia, trasalendo al commento. Ma continuò con le sue domande, con l’intenzione di risolvere la cosa il più velocemente possibile. “Allora, vi siete perse? Vivete a Storybrooke?”
 
Ma non ottenne nessuna risposta.
 
“Okay” sospirò Emma, già frustrata. “Possiamo cominciare piano se vuoi – puoi dirmi almeno il tuo nome?”
 
La ragazza abbassò la testa, verso il pavimento, evitando di guardarla negli occhi.
 
“Regina?” Emma guardò verso la bruna. “Conosci i loro nomi?”
 
“Pensavo non volessi che parlassi per loro.”
 
“Beh, non vado da nessuna parte se non so nulla su di loro.”
 
“Charlotte,” Regina cedette più velocemente di quanto Emma si aspettasse. “Ed ho in braccio Amelia.”
 
“Cognome?”
 
“Se lo avessi saputo ovviamente non sarei dovuta venire da te, dal momento che so come funziona una guida telefonica” le rispose. “Pensavo che trovare le persone dovesse essere una caratteristica di famiglia.”
 
“Charlotte,” Emma ignorò la risposta sarcastica, “Puoi dirmi il tuo cognome?”
 
“No,” le braccia della ragazza rimasero incrociate. “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.”
 
Regina rise internamente per la risposta insolente, ma lanciò verso Charlotte uno sguardo di disapprovazione.
 
“Ragazzina, non è così che funziona il diritto al silenzio. Se ti sei persa, non ti posso aiutare se non so dove riportarti.”
 
Mentre Emma parlava, Amelia si mosse tra le braccia di Regina ed aprì gli occhi. “Mammina,” mormorò la bambina. “Ho lasciato la mia coperta a casa.”
 
“Amelia,” ringhiò Charlotte, alzandosi di scatto dalla sedia, “Chiuditi la bocca.
 
Hey” la rimproverò Regina. “Non credo sia appropriato dire a tua sorella di chiudersi la bocca.”
“È solo stanca, ignorala; non sa quello che dice.”
 
“Non preoccuparti, Amelia,” la rassicurò Regina. “Ti riporteremo presto a casa e sono sicura che potrai avere la tua coperta. Tua sorella deve solo collaborare.”
 
Emma improvvisamente notò che quando Charlotte si era alzata, era caduta una lettera dalla tasca della sua giacca, finendo sul pavimento. Emma la prese, rimanendo piuttosto confusa nel trovare sull’intestazione due nomi decisamente familiari.
 
“Cosa diavolo è questa?” chiese.
 
“Dammela,” Charlotte strappò violentemente l’oggetto dalle mani di Emma. “Non è per te.”
 
“Allora perché c’è il mio nome scritto sopra? E perché c’è anche quello di Regina?”
“C’è il mio nome?” chiese con curiosità Regina, mentre cercava di mantenere Amelia occupata.
 
“Conosciamo i tuoi genitori o qualcosa del genere?”
 
“No.”
 
“Stai mentendo. So sempre quando le persone mentono.”
 
“No, non puoi. Pensi di poterlo fare.”
 
“Come, ragazzina?”
 
“Lascia stare,” Charlotte fece marcia indietro. “Solo, fidati, non sai niente di me o della mia famiglia. È la verità.”
 
“Vai a scuola con Henry?” chiese Regina. “Devo ammetterlo, hai un aspetto…familiare.”
 
Henry!” Amelia si illuminò, mentre giocava con i capelli di Regina. “Quando arriva Henry?”
 
“Amelia!” urlò di nuovo Charlotte, sbattendo un piede a terra. “Ti ho detto di smetterla di parlare
 
“Quindi lo conosci,” concluse Regina, confusa da quel comportamento. “Significa che vivete a Storybrooke.”
 
“E quindi probabilmente noi conosciamo i tuoi genitori.” Concluse Emma.
 
“Non ne voglio parlare,” Charlotte prese un profondo respiro, portandosi le mani alla fronte. Emma la osservò – non potendo fare a meno di notare come gli occhi della ragazza continuassero a posarsi sul sindaco.
 
“Saresti più tranquilla se, uhm, lei andasse via?” chiese Emma, chiedendosi se la ex regina cattiva potesse essere una fonte di intimidazione. “Puoi parlare solo con me, se vuoi.”
 
“Credi che abbia paura di lei?”
 
“Beh, metà della città ha paura di lei. Non è poi così folle come ipotesi.”
 
“Non ho paura di lei – mi piace. Ed è stata più gentile di te.”
 
Emma si sentiva persa. Non aveva idea di come procedere. La sua esperienza con i bambini era limitata ad Henry – ed Henry non le aveva mai dato questo genere di problemi.
 
“Charlotte, per favore,” la pregò Regina. “Dove sono i tuoi genitori?”
 
“Non capite, tutto questo è sbagliato. Non è qui che dovevamo arrivare. Ho bisogno di capire cos’è successo. Dovete lasciarci andare immediatamente.”
 
“Non posso certo farvi vagare da sole in piena notte; siete minorenni.”
 
“Sì, ragazzina…non vai da nessuna parte fino a quando non ci dici chi sono i tuoi genitori.”
 
“Non mi credereste se ve lo dicessi.”
 
“Mettimi alla prova,” insistette Emma. “Saresti sorpresa delle cose in cui credo di recente.”
 
“Per questa volta passo.”
 
“Ed io passerò tutta la notte facendoti la stessa dannata domanda,” la salvatrice si rifiutava di arrendersi. “Quindi, riproviamoci. Come si chiamano i tuoi genitori.”
 
“Regina ed Emma.”
 
“Molto divertente; prova di nuovo, su.”
 
“Ti sto dicendo la verità.”
 
“Non sono dell’umore giusto per giocare con una ragazzina saputella che non vuole collaborare, okay? Stai parlando con qualcuno che ha passato un bel po’ di tempo nel sistema di affidamento, il che significa che mi dispiacerebbe davvero esser costretta a mandarci anche te.”
 
Emma notò come le sue parole dure colpirono Charlotte. Aveva sperato che un po’ di ‘carota-e-bastone’ la spaventasse al punto di farla parlare – ma riuscì solo a farla piangere.
 
Le vane minacce non sembrano necessarie, Sceriffo Swan.” Intervenne Regina. “Non succederà nulla del genere, Charlotte, te lo prometto.”
 
“Mammina?” la ragazza guardò Regina uno sguardo disperato e senza speranza. “Questo significa che tu mi credi?”
 
“No, io…” il sindaco balbetto. “Crederti su cosa?”
 
“Sai,” iniziò Charlotte, le lacrime ancora negli occhi, “mi hai detto che hai sempre voluto chiamare tua figlia Charlotte, perché…”
 
“Significa libertà,” completò Regina – ed Emma vide come tutto il colore le abbandonasse il viso.
 
“Mi hai detto che è quello che hai sempre voluto per me perché tu non l’avevi mai avuta con Nonna Cora.”
 
“Io no…non capisco.”
 
“Voi ci avete mandate qui per proteggerci.”
 
Da cosa?
 
“Regina,” la interruppe Emma, “perché stai ancora parlando? Questo è sicuramente una sorta di scherzo terribilmente crudele.”
 
“Non sto scherzando! Lo giuro.”
 
All’improvviso, Emma ebbe un’idea distorta. “È stata Cora?”
 
“Mia madre è morta tra le mie braccia.” Regina era furente. Ed Emma sapeva che se la regina non avesse avuto una bambina seduta in braccio, avrebbe urlato a pieni polmoni. “Ha smesso di respirare ed io ho sepolto il suo corpo freddo. Pensi che sia ritornata in vita per ucciderti assumendo la forma di due ragazzine perse?”
 
“Ho visto tua madre metter su delle cose piuttosto fuori di testa. E non l’ho vista morire, ok? Non ero lì.”
 
“Sai una cosa? È stato un errore da parte mia venire qui e pensare che potessi essere utile a qualcosa.”
 
“Semplicemente non voglio che tu venga manipolata più di quanto non sia già successo, okay? Come diavolo hai fatto a cascarci da principio? A tua madre non importava nulla di te. Voleva solo più potere e ti ha usata per cercare di ottenerlo.”
 
“Sarebbe stata capace di preoccuparsi per me, se il suo cuore non fosse già stato avvelenato quando l’ho riportato nel suo petto. E dov’era la tua preoccupazione sull’esser manipolata quando tua madre ha fatto in modo che uccidessi la mia?”
 
“Basta!” urlò Charlotte. “Sapevo che non andavate d’accordo ma non pensavo che andasse davvero così male”
 
“Non siamo i tuoi genitori, ragazzina. Non so cos’altro dirti se non che l’unica cosa che io e Regina abbiamo in comune è che abbiamo passato entrambe delle settimane orribili. Quindi, chiunque ti ha convinta a fare questo ha davvero un pessimo senso dell’umorismo.”
 
“Ho mentito.” Charlotte ignorò Emma e marciò verso Regina. Prese Amelia e le diete in cambio la lettera, “La lettera è per voi. La leggerai almeno?”
 
Regina osservò la busta da vicino prima di aprirla. Tenne le due pagine tra le mani. I suoi occhi esaminarono le parole per pochi secondi prima di parlare. “Questa è…è la mia grafia.”
 
Guardò di nuovo verso le due ragazze, che erano in piedi, tenendosi per mano.
 
“Dimmi che lo vedi quando ci guardi.” La supplicò Charlotte.
 
“Vedere cosa?”
 
“Solo…ti prego, provaci.”
 
“Tu…credo che tu mi somigli.”
 
“Sì, è quello che dicono tutti.”
 
“Regina, andiamo,” insistette Emma. “Cora aveva il tuo aspetto quando ha ucciso Archie, o chiunque abbia ucciso sul serio, ok? Le cose non sono sempre quel che sembrano.”
 
“Hai detto che non è qui che dovevate arrivare,” Regina si rivolse a Charlotte. “Dove sareste dovute andare?”
 
“Smettila,” continuò la bionda. “Per favore, non cascarci; finiresti solo con il farti del male.”
 
“È tutto scritto nella lettera ma…Storybrooke non è sicura per noi in questo momento. Avete cercato di mandarci indietro nel tempo, a quando vi eravate già sposate ma prima di avere me.”
 
“Scusami,” Regina scosse la testa, “hai detto sposate?”
 
“Pensavi di aver avuto due figlie con lei per divertimento?”
 
“Mi hanno fatto una lobotomia prima?”
 
“Dev’esser stata una procedura congiunta,” aggiunse Emma. “Nessuno in questa stanza sa che non l’ho gli organi giusti per avere un figlio con la Regina Cattiva? O non hai ancora fatto educazione sessuale a scuola?”
 
“Non è cattiva” sbottò Charlotte. “Ed io sono il frutto del vero amore.”
 
“Gesù Cristo” lo Sceriffo rise, “le cose migliorano minuto per minuto.”
 
Emma era ufficialmente oltre il divertito ed in parte si chiedeva se fosse in una sorta di sogno assurdo. Quindi prese lo zaino che Charlotte aveva lasciato accanto alla sua scrivania, lo mise sulle sue gambe e cominciò ad aprirlo.
 
“Dammi lo zaino! Non puoi aprirlo, è mio.”
 
“Sono lo Sceriffo ed ora è sotto sequestro.” Emma fece spallucce. “Potresti avere della droga qui. Anzi, ne sono piuttosto sicura dal momento che devi essere completamente fatta per tirar fuori una storia del genere.”
 
“Charlotte,” proseguì Regina, “Perché Storybrooke non è sicura per voi due?”
 
“Rumpelstiltskin.”
 
“Si, ragazzina – questo è davvero originale. Sai, quando scopro chi sei davvero, stai sicura che…” si fermò a metà frase nel momento in cui tirò fuori una foto dallo zaino bagnato. L’immagine era abbastanza per far girare la stanza.
 
“Cosa c’è che non va?” sentì Regina chiederle. “Che cos’è?”
 
“Come hai fatto?” chiese Emma imperiosamente. “La foto sembra vera.”
 
“Perché è vera.” Le disse Charlotte.
 
“Quale foto?” Regina si avvicinò alla scrivania della salvatrice. “Sembra…”
 
“Il vostro matrimonio.”
 
“Photoshop?” Emma guardò verso Regina.
 
“No,” rispose Charlotte. La ragazza mise le mani nello zaino e prese una seconda foto. “Questa è di Natale dello scorso anno.”
 
“Photoshop” ripeté Emma, questa volta meno sicura.
 
“Charlotte,” chiese Regina. “Cosa sta luccicando sotto la tua maglia?”
 
“Oh, giusto” – tirò fuori la catenina e la tenne tra le dita. “L’anello di matrimonio della Nonna. Me lo ha dato prima di partire. Nonno lo ha usato per trovare lei, così ha detto che quanto voi due sareste venute a prendermi per portarmi a casa, vi avrebbe aiutato a trovarci.”
 
“È lo stesso anello” Regina annaspò. “È l’anello di Mary-Margaret.”
 
“Ho usato photoshop anche per questo?”
 
“Non può essere lo stesso anello,” protestò Emma. “Perché quell’anello è al dito di Mary-Margaret.”
 
“Mi dispiace ufficialmente per Henry, quando ha dovuto convincerti che la maledizione fosse reale. Ho sempre pensato che stesse esagerando su quanto irritante fosse stato ma non vedo l’ora di dirgli che mi rimangio tutto, non appena arrivo a casa dalle mie vere mamme.”
 
“Henry,” sussurrò Regina. “Se Storybrooke non è sicura…lui sta bene?”
 
“Henry è al sicuro perché tecnicamente non è frutto del vero amore. Mamma lo è per via di Nonna e Nonno…Io per voi due…lo stesso vale per Amelia. Ma Henry no per…insomma, Neal. Poi Henry non vi avrebbe mai lasciate da sole a vedervela con Gold.”
 
“Vero Amore,” ripeté Emma ad alta voce, mentre le sue guance diventavano rosse. “Sei figlia del vero amore perché la me del futuro sposa la Regina Cattiva – una donna che ha cercato di uccidermi più di una volta e che al momento vuole uccidere mia madre che ha ucciso sua madre?”
 
“Non è cattiva.”
 
“Quel che ti pare,” Emma si alzò. “Lascia perdere – ho bisogno d’aria.”
 
La salvatrice uscì teatralmente dalla stanza.
 
 
 
“Non penso che mi creda,” Charlotte guardò Regina, ancora scioccata. “E penso che ora mi odi.”
 
“Credo che sicuramente le hai fatto venire un attacco di panico.”
 
“Ne ho fatto venire uno anche a te?”
 
“Non lo so. Forse il mio comincerà tra un minuto.”
 
“Ma mi credi?”
 
“Io…non so a cosa credere in questo momento,” ammise. “Non ha senso…ma somigli molto a me quando avevo la tua età. Non so come ho fatto a non notarlo subito.”
 
“Forse non volevi notarlo.”
 
“Forse, cara.”
 
“Forse non avrei dovuto dirvelo. Pensi che mam – scusa, Emma – starà bene?”
 
“Penso…penso che dovrei portarti a casa.” Concluse Regina. “Tu e tua sorella avete bisogno di mangiare qualcosa e di andare a letto.”
 
Casa” l’intero volto di Charlotte si illuminò all’idea. “Non hai idea di quanto sia allettante.”
 
 
   
 
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