Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: Nykyo    07/11/2014    5 recensioni
Talia e il piccolo Derek si godono il fresco sotto l’ombra di un ancora foltissimo Nemeton, in un placido pomeriggio primaverile, quando uno Stiles adulto, zuppo come un pulcino e parecchio spaesato, sbuca all’improvviso dal nulla. Derek gli gattona incontro, evitandogli di finire immediatamente sbranato, ma Talia, una volta rinfoderati zanne e artigli, ha comunque da porgli parecchie domande. La prima delle quali è senz’altro: perché Stiles odora come se un Derek ormai adulto passasse il tempo a rotolarglisi addosso?
Genere: Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Talia Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'L'odore della luna.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L'immagine che troverete alla fine del capitolo è la copertina (non è bellissima? Io la adoro!) del fanmix che Eloriee ha creato appositamente per questo racconto. Finora i brani vi hanno accompagnato nella lettura uno per uno, sotto forma di citazioni linkabili, e spero che li abbiate ascoltati, perché sono davvero perfetti e io li amo uno per uno come se fossero figli miei. Mi pareva giusto lasciarvi di nuovo anche il link generale al fanmix e al delizioso libretto che lo completa.

Lori, davvero non so come ringraziarti, adoro questa playlist.

Ancora grazie anche a piratesyebewarned . Le tue illustrazioni sono davvero un'amore e conto di commentartele dettagliatamente e come meritano.

Grazie anche a tutti quelli che hanno voluto leggere e lasciare un commento :)


It's not a question,
but a lesson learned in time
It's something unpredictable,
but in the end is right
(Good Riddance – Green Day)
 
Quando Talia risalì in superficie la luce del sole pomeridiano le parve più brillante che mai, ma non troppo fastidiosa, dato che lei era ancora nella sua forma di lupo. Si rivestì in fretta e, per prima cosa, si guardò intorno alla ricerca di Derek, anche se l’aveva già individuato con il fiuto e non aveva dubbi che il suo piccolo fosse al sicuro. Poco prima l’aveva perfino sentito ululare. Un suono ancora troppo acuto e infantile, che non l’aveva allarmata affatto perché non aveva avuto il tono di una richiesta di aiuto. Talia non aveva percepito nessuna angoscia, anzi, semmai aveva colto contentezza e possessività.
Ora l’olfatto le diceva che Derek continuava a essere sereno e tranquillo, e l’udito le diede modo di constatare che il figlio stava addirittura dormendo. Attenta a non fare rumore Talia scelse di non farsi subito avanti, malgrado fosse tornata umana. Preferiva non interrompere il piccolo idillio che si era appena presentato inatteso ai suoi occhi di madre. Era un quadretto tanto insolito da costringerla ad ammettersi intenerita. Ed era anche stupita e parecchio divertita.
Miguel, quello strambo ragazzo tutto arruffato che le era piovuto tra capo e collo domandandole aiuto e fornendole il proprio odore come involontaria ma affidabilissima credenziale, era sdraiato sotto le fronde del Nemeton, braccia e gambe aperte e distese. Sembrava che si fosse addormentato mentre giocava a fare “l’angelo della neve”, però sull’erba folta e verdissima anziché su un manto candido e gelato. In realtà, a quanto Talia poteva giudicare usando i sensi, Miguel, o comunque diavolo si chiamasse, era ben sveglio. Derek invece stava schiacciando il più classico dei pisolini infantili e lo faceva standosene beatamente raggomitolato sullo stomaco di quello che, per quanto assurdo potesse sembrare, un domani sarebbe diventato il suo compagno.
Talia non poteva giurare che quell’umano arruffato sarebbe stato il fidanzato ideale per Derek, però era speranzosa.
Era assurdo e incredibile starsene lì a ragionare in quei termini quando Derek non aveva che pochi mesi. Era buffo e un po’ imbarazzante. Suo figlio era ancora un lattante e lei si stava ponendo domande che riguardavano una sua relazione nel futuro e il suo orientamento sessuale. Chissà se Derek si sarebbe interessato anche alle ragazze o se invece… ah, era così bizzarro avere di quei pensieri mentre Derek non era altro che un cucciolo con il musetto ancora sporco di latte. Eppure le circostanze costringevano Talia a prendere atto che Derek, da adulto, avrebbe amato qualcuno che non era un licantropo e che apparteneva al suo stesso sesso. Qualcuno che parlava troppo, che si muoveva in modo molto poco coordinato e che viaggiava nel tempo. Sul serio, esisteva nulla di più pazzesco?
Talia non sapeva darsi risposte, ma una cosa la sapeva senza ombra di dubbio: il futuro compagno di suo figlio le piaceva. Era ingegnoso, era sveglio e coraggioso e protettivo. Magari un domani non sarebbe diventato il partner perfetto al cento per cento, ma sarebbe stato un ottimo papà, se mai lui e Derek avessero voluto dei figli. Sarebbe stato un buon padre a prescindere, in effetti, anche nel caso in cui Derek si fosse dimostrato così sciocco da lasciarselo scappare. Era evidente, bastava guardarlo, steso sull’erba a fare da culla a un piccolo lupo mannaro perso nel mondo dei sogni.
Per i licantropi non era insolito affidare i propri bambini a un adulto del branco anche per periodi molto lunghi o delegare ad altri membri della famiglia parte dell’educazione dei più giovani, ma di norma Talia non avrebbe mai confidato così tanto in un umano che del branco non faceva parte. Si era fidata di Miguel solo per via dell’olfatto e della reazione di Derek e ora aveva modo di verificare che non solo non si era sbagliata, ma non avrebbe potuto lasciare suo figlio in mani più amorevoli.
Sì, Miguel era il soprannome più cretino del mondo, ma il giovane uomo che lo portava un giorno avrebbe potuto farsi chiamare papà a testa alta e con meritato orgoglio. Uno che riusciva a far dormire Derek fin dal primo incontro e in una maniera così rilassata non poteva che essere destinato a diventare un genitore con i fiocchi.
Quella considerazione fece sentire Talia davvero toccata, ma le fece anche venire voglia di ridere. Ed era rassicurante. A nessuna madre poteva dispiacere il fatto di avere già la sicurezza matematica che il proprio figlio, una volta diventato adulto, sarebbe stato amato e viziato.
Interrompere quell’attimo di perfetta e pacifica quiete e svegliare Derek pareva un vero peccato, così lei esitò ancora per un momento. Alla fine si fece avanti con lentezza, con la calma più rispettosa possibile. Un po’ perché sentiva che, malgrado ci fosse di mezzo il suo bambino, nel contatto gentile e delicato che si era instaurato tra le due persone che Talia stava osservando c’era qualcosa di molto intimo. Un legame e un affiatamento che la riguardavano solo in minima parte. Poco importava che uno dei due fosse un ragazzo senza nome piovuto dal futuro e che l’altro non fosse che un minuscolo esserino di nemmeno un anno di vita: la connessione che Miguel e Derek condividevano, anche in quel preciso istante, era così evidente da essere innegabile.
Per Talia, data la sua natura di lupo mannaro, era percepibile anche con i sensi. Il respiro di Derek era lento, pacifico, tipico del totale abbandono, e Talia l’aveva ascoltato respirare così nel sonno molte altre volte, ma solo ed esclusivamente mentre era lei a tenerlo tra le braccia.
Quanto a Miguel, beh, perfino mischiato al profumo del prato, dei fiori e della corteccia del Nemeton, l’odore di ciò che provava era così forte da risultare impossibile da equivocare: amore. Venato di una sorta di commozione mista a stupore e tinto di una vasta gamma di emozioni che erano comunque distinguibili. Talia fiutò divertimento, un pizzico di incredulità, speranza e gioia. Forse anche una certa nostalgia, ma non un solo grammo di paura o di dolore. Almeno non nell’immediato.
Lei stessa finì con l’avvertire un senso di calore e di serenità. Era contagioso al punto che le sarebbe piaciuto stendersi sull’erba accanto a quei due, chiudere gli occhi e dormire. Invece mosse l’ultimo passo in avanti, si schiarì la gola il tanto necessario da avvisare della propria presenza e sorrise quando vide un paio di vivacissimi occhi color nocciola aprirsi di scatto per fissarla colmi di subitaneo imbarazzo e confusione.
Qualcosa nel modo in cui Talia aveva iniziato a muoversi per sedersi doveva aver bloccato a metà l’istintivo impeto di Miguel ad alzarsi di scatto. Talia era stata pronta fin dal principio ad acchiappare Derek al volo, se fosse stato necessario. Messa in allerta dai suoi sensi tese subito le mani in avanti, prima ancora di darsi della sciocca. «Te lo dovevi aspettare» si disse «Era prevedibile che un tipo così nervoso si sarebbe spaventato e sarebbe saltato su così. L’hai visto prima come si comporta, è come una molla con le gambe.»
Non era affatto preoccupata, però. Derek comunque non si sarebbe fatto niente e non solo perché era un licantropo. Talia non temeva di non riuscire a prenderlo in tempo. Però non ne ebbe bisogno.
Miguel si era fermato a metà di una specie di balzo. Per riuscirci era finito in ginocchio e dondolava ancora, un po’ sbilanciato all’indietro, destinato a ritrovarsi seduto sui talloni, che lo volesse o meno. Il motivo principale per cui tutto il suo corpo non stava franando in avanti era Derek. Se non ci fosse stato Derek, Miguel avrebbe allungato entrambe le mani verso il suolo, per bilanciarsi nel modo più istintivo di tutti e, in caso di fallimento, sarebbe finito a quattro zampe. Invece le sue braccia erano strette intorno al bambino, in parte per sostenerlo e in parte per proteggerlo da un eventuale urto.
Talia avrebbe dovuto accigliarsi per il pericolo di caduta, scampato giusto per un soffio, anche se in fondo era un po’ colpa sua, invece scoppiò a ridere.
«Mi piaci!» sentenziò, senza fare nulla per sottrarre Derek a quella stretta un po’ maldestra, ma comunque salda e tanto protettiva. «Non puoi non piacermi: il tuo primo istinto è stato di finire lungo disteso a gambe per aria pur di non lasciar cadere mio figlio. Come gesto eroico non sarà stato elegantissimo nell’esecuzione, e tutto sommato non serve a molto, visto che Derek è capacissimo di guarire da cose ben peggiori di un ruzzolone sull’erba, ma resta una delle azioni più adatte a farsi voler bene da una madre. Anche perché saper guarire non significa non provare dolore e non c’è mamma che non sia grata se il suo bambino viene protetto contro la sofferenza di qualunque tipo. Quindi mi piaci, Miguel! Hai ufficialmente tutta la mia approvazione. Quella di Derek, visto come ti sta aggrappato, beh, mi pare che sia anche troppo evidente.»
Poi Talia rise di nuovo, perché non pensava che le sarebbe mai più successo di incontrare un viaggiatore del tempo, ma se anche fosse capitato non ne avrebbe mai più visto uno arrossire con così tanta violenza solo a causa di un suo complimento.
«A parte gli scherzi, e non che io stessi scherzando» aggiunse dopo avergli dato il tempo di ricomporsi, «eravate uno spettacolo voi due, e voglio sapere come hai fatto. A Derek vai davvero a genio e sembra che sarà sempre così, va bene, ma hai idea di quanto tempo ci metto ogni notte prima di convincerlo che è l’ora di chiudere gli occhi e di fare la nanna?»
«Lui… beh, in futuro per certi versi diventerà più… molto più quieto.» Nel dirlo Miguel aveva abbassato per un attimo lo sguardo e a Talia quel dettaglio non era sfuggito. Non indagò con i sensi, ma le rimase un’impressione non del tutto rassicurante e stava per chiedere spiegazioni, ma poi lui prevenne qualunque domanda stirando le labbra in un sorriso e ritornando a guardarla dritta negli occhi. «Vuoi la verità? Per il poco che posso raccontarti, se non altro? Fidati, a Derek un sacco di volte non andrò a genio per niente. No, nemmeno un po’. Ci metterò un sacco di tempo prima di piacergli e, diciamo, anche viceversa, ecco, o… all’incirca. Ma per farlo addormentare ho un trucco che funziona sempre. Anche quando ha quella faccia che, lo vedrai, a volte farà di quelle facce assurde e anche un po’ spaventose, o almeno per me lo saranno. Non ci badare, è… non posso parlare granché, lo so, cavolo. Comunque questo penso di poterlo dire: Derek è… ora è solo un ometto, ma diventerà… lui è una brava persona. Non ha importanza se ogni tanto sembra che voglia sbranarmi e, non per vantarmi, ma perfino quando è di quell’umore assassino, se mi ci metto d’impegno, posso riuscire a calmarlo e a farlo addormentare in pochi minuti. È tutta una questione di massaggiare applicando la giusta pressione sulla giusta vertebra… ah, non posso credere al fatto che lo sto spiegando proprio a te, è folle. Cioè, sei sua madre, non farmici pensare, sei sul serio sua madre e siamo qui a scambiarci dritte su come tenere buono Derek. Non è possibile. Hai idea di quanto sia, Dio!, è troppo strano perfino per i miei soliti standard. È anche un bel po’ imbarazzante, però io adoro questo tipo di cose folli. Vuoi che ti mostri come fare?»
Talia represse l’ennesimo attacco di ilarità e si sforzò di non pensare al lato più surreale della faccenda. Non riuscì comunque a ignorarlo e dovette scuotere il capo, in parte per la comicità involontaria della situazione e in parte perché il destino possedeva davvero un senso dell’ironia molto particolare, ormai era evidente. Tanto valeva prendere il tutto con una bella dose di spirito e approfittare delle opportunità inaspettate che le venivano offerte. Perché no? A Talia, in fin dei conti, un metodo efficace per spedire Derek nel mondo dei sogni avrebbe fatto comodo sul serio.
Con Laura non ce n’era mai stato granché bisogno, non perché fosse una bambina perfetta che non faceva mai i capricci, ma perché possedeva uno spirito d’indipendenza estremamente spiccato. Laura era sempre riuscita a intrattenersi anche da sola, inscenava le sue favole preferite usando i peluche e se proprio era di umore piagnucoloso tendeva ad arrampicarsi come una scimmietta sulle spalle del padre,  piuttosto che a chiamare in soccorso la mamma.
Talia la coccolava, certo, però sapeva che non era da Laura avere paura di andare a dormire per timore di non ritrovare i propri genitori al momento del risveglio. Quel timore lo provavano tutti i bambini, e Laura all’età che aveva ora Derek non si era fatta mancare la consueta “sindrome da abbandono”, solo che a Talia era sempre bastato affacciarsi oltre le sponde della culla o sulla porta della sua cameretta per ottenere che la figlia si tranquillizzasse. Laura aveva usato i suoi sensi al loro meglio e udito, fiuto e vista le avevano sempre detto che non era sola e che non sarebbe stata separata in modo brusco da mamma e da papà.
Talia sapeva che Derek era così piccolo che dipendeva ancora interamente da lei. Era normalissimo. Però era già evidente che Derek aveva necessità di un tipo di rassicurazioni più tattili, rispetto alla sorella.
Cullarlo per ore poteva essere pesante quasi quanto era appagante e piacevole. A una neomamma un piccolo aiuto era comunque utile. Solo che di norma quel tipo di conoscenze  venivano trasmesse da donna a donna, di madre in figlia, di suocera in nuora, di nonna in nipote. Chi altri mai prima di lei si era fatta suggerire come conciliare il sonno del proprio bambino non da un’anziana e amorevole parente ma da un ventenne un po’ nevrotico e spettinato? Non era normale. Specie considerato che quello per Talia era, molto probabilmente, il futuro genero.
«Ah! Insomma» borbottò Talia, in parte tra sé e sé, «un buon consiglio è un buon consiglio. Avanti, fammi vedere. Quale vertebra? Cosa devo fare?»
Nei successivi cinque minuti Miguel le diede un profluvio di informazioni che, sfrondate dalle chiacchiere a vanvera, si dimostrarono tutte utili, anche se in sostanza si limitavano a illustrare soltanto una tecnica di massaggio. Durante tutto quel lasso di tempo Derek, che si era svegliato poco prima, quando aveva rischiato di cadere, si era prestato a fare da cavia per almeno un paio di dimostrazioni pratiche e l’aveva fatto con una docilità davvero inaspettata.
Il metodo proposto da Miguel funzionava così bene che Talia stessa riuscì a far collare il figlio già al secondo tentativo. Ma quando cercò di trasferirlo dalle braccia della sua inusualissima balia alle proprie Derek si sveglio subito e cominciò a strepitare protestando con tanto vigore da farsi spuntare le zanne.
Miguel arrossì di nuovo, anche se Talia non aveva detto niente. Anzi, quando provò a spingere Derek sul suo grembo lei accennò un diniego con il capo. «Tienilo ancora per un po’, se puoi e se ti fa piacere.»
«Non so quanto a lungo posso restare, e quanto è il caso che mi trattenga in un’epoca diversa dalla mia.» L’ammissione di Miguel fu aperta e sincera, ma le sue braccia continuarono ad avvolgere Derek e a sorreggerlo. «Non è solo che non so sul serio se a restare troppo corro qualche rischio, è questione di sicurezza per voi due e per chiunque sia coinvolto. I paradossi, ricordi? Ne abbiamo già discusso. Se non ce li ritrovassimo in mezzo ai piedi sarei tremendamente curioso di fermarmi per qualche giorno, di guardarmi in giro e… no, non mi fraintendere, non sto dicendo che dovresti ospitarmi o chissà cosa, non pretenderei di infilarmi in casa vostra e… no, conoscerei tutti così, io… no, no, è solamente che sarebbe interessante, giusto? Stupidi paradossi, per colpa loro ci sono un sacco di cose che non posso dire e che non posso fare, e mi tocca farmi chiamare con un soprannome idiota. È sul serio tanto più idiota di quanto avessi mai notato, credo che una volta tornato dovrò… oh, lascia stare, non ascoltarmi, è un rischio anche solo blaterare. Capisci? Non posso proprio fermarmi molto a lungo, finirei con il combinare un mare di disastri.»
Talia lo vide rabbuiarsi all’improvviso e chinare di nuovo il capo. Sembrava che, tutto d’un tratto, a Miguel fosse passata la voglia di parlare. Qualcosa lo turbava profondamente, Talia lo avvertiva. Aveva deciso di non usare troppo i suoi sensi e di resistere alla tentazione di indagare sulla reale identità della persona che Deaton e Derek avevano deciso di inviarle addirittura dal futuro. Talia pensava che entrambi dovevano aver avuto le loro ottime ragioni per fare qualcosa di tanto azzardato. Si sarebbe fidata del loro emissario –buffo usare quel termine, ma non ne trovava uno più adatto – anche solo per il fatto che quei due lo facevano. E poi, a sentire Miguel, era stata lei stessa a chiedere che mandassero proprio lui. Inoltre, poco prima, mentre lavorava intorno e sulle radici del Nemeton per collegarlo alla sua famiglia, Talia si era posta diverse domande e si era data almeno qualche risposta.
La sua mente sapeva essere molto logica e schematica, all’occorrenza, e le suggeriva pezzi ancora mancanti del mosaico che rappresentava quella curiosa situazione tanto fuori dal comune. Alcuni tasselli lei non avrebbe mai avuto modo di vederli, se ne rendeva conto, ma altri non era stato poi così complicato ricavarli con il ragionamento per poi sistemarli al loro posto.
Uno tra tanti: Miguel era stato mandato nel passato perché Deaton non sapeva come legare il Nemeton agli Hale, ma credeva che lei invece lo sapesse. Da questa considerazione, a parte il fatto che in effetti Talia conosceva il giusto metodo, discendeva un’altra riflessione: esisteva la sicurezza pressoché matematica che, in seguito, Deaton non le avrebbe chiesto direttamente come apporre il sigillo al Nemeton e che lei non avrebbe mai accennato alla cosa. Era ovvio. Se l’indomani o in un qualunque altro momento del futuro, lei fosse andata a spiegare a Deaton cosa era successo, o meglio cosa sarebbe successo, poi ciò che stava vivendo in quel momento non sarebbe capitato affatto. Oppure no? Era proprio quello il motivo per cui, all’inizio, Miguel le aveva intimato di non dire mai nulla a Derek finché lui stesso non avesse tirato fuori l’argomento.
Ah, se solo  Talia provava a ricominciare con quelle elucubrazioni le veniva mal di testa, e Miguel aveva ragione, dovevano stare attenti, ci voleva cautela o rischiavano di causare reazioni che nemmeno avevano avuto il tempo di prevedere. Ma a lei rimaneva la sensazione poco rassicurante che Miguel sapesse qualcosa di grave e che si stesse dibattendo nell’indecisione, angosciato dall’onere di decidere se rivelarlo o meno. Se così non fosse stato non avrebbe evitato così spesso il suo sguardo. L’aveva fissata occhi negli occhi mentre Talia faceva discorsi che implicavano una chiara allusione sessuale e ora, invece, pur di non voltarsi verso di lei Miguel si osservava a tratti i piedi nudi e a tratti le mani, intrecciate dietro la schiena di Derek. No, il suo comportamento non era normale, doveva pur voler significare qualcosa. Eppure Talia non chiese nulla e nemmeno usò l’olfatto per provare a fiutare le emozioni di Miguel, il cui odore di sicuro aleggiava denso e ben leggibile nella calda aria primaverile.
Derek stava bene, era al sicuro e lo sarebbe stato anche in futuro, Talia lo vedeva con i suoi occhi, come in una sorta di incredibile promessa fatta di carne, ossa e premure verso suo figlio. E lei lo aveva anche sentito addosso a Miguel. Lui era avvolto dall’odore di Derek, vivo, adulto, legato in modo fraterno a un Alpha potentissimo e perfino innamorato e senza ombra di dubbio ricambiato. Se esisteva un pericolo non era Derek quello che ne era minacciato. Talia non era stupida e capiva che il problema di cui Miguel non sapeva se parlarle o no, anche se non era una minaccia per Derek, poteva riguardare lei.
Miguel continuava a non guardarla in viso, giocherellava con il cotone della tutina a righe di Derek. Anche se la sua espressione era ancora tesa, gli angoli delle sue labbra si arricciavano un pochino all’insù ogni volta che Derek emetteva un gorgoglio divertito o che gli premeva la fronte sul petto, strusciando un po’ il visino e sbadigliando come sul punto di riaddormentarsi da un momento all’altro.
Talia sospirò, allungando le mani dietro la schiena per bilanciarsi e per mettersi più comoda. No, non era affatto stupida e intuiva che l’intera faccenda poteva significare che, in un punto imprecisato del futuro, le sarebbe successo qualcosa di brutto e che i suoi figli e il suo branco avrebbero dovuto cavarsela senza di lei, ma non voleva avere nessuna certezza al riguardo e non riusciva a convincersi fino in fondo che il futuro non si potesse cambiare. Però riteneva che non si potesse farlo a tavolino, cercando di ottenere un certo risultato a ogni costo. Pensava, e la presenza di Miguel seduto al suo fianco glielo confermava, che a voler modificare il proprio destino in modo avventato, partendo da informazioni che non avrebbe dovuto avere, quasi certamente avrebbe finito con l’avverare esattamente ciò che temeva. O, peggio ancora, con il modificare proprio le circostanze che un giorno avrebbero condotto a un futuro in cui il suo bambino era un uomo adulto ed era felice con il proprio compagno.
Non era ciò che succedeva nei film che piacevano tanto sia a lei che a Miguel? Se ti affannavi a sfuggire al fato o a un dato avvenimento finivi con l’esserne la causa. Talia preferiva non rischiare, anche se trattenersi dal porre domande era davvero difficile. Cosa avrebbe potuto chiedere, oltre tutto? «Senti, Miguel, per caso vieni da un futuro in cui sono morta? E se sì, come ho fatto a dire a Derek che doveva spedirti qui a parlarmi?» Era paradossale. Molto meglio non compiere mosse azzardate.
Quasi che le avesse appena letto nella mente, Miguel inclinò un po’ il capo, in modo da poterla guardare in viso, anche senza affrontare la prova di un faccia a faccia troppo diretto. «Mi dispiace, lo so che ci sono un sacco di cose che vorresti chiedermi. Anche io vorrei farti una marea di domande su questo piccolo mostriciattolo in tutina da marinaretto. È solo che, pensaci, ho idea che abbiamo appena creato un paradosso anche solamente discutendo di come spedire Derek a nanna più velocemente. Perché, ora che ci penso, la prima volta che gli ho fatto… emh… i grattini, lui mi ha guardato storto, sbadigliava ma giuro che mi ha guardato stortissimo, con quell’espressione che ha la gente quando si meraviglia che tu sappia qualcosa su di loro che dovrebbe essere un segreto. Aveva, sì sul serio, ora che ci penso è probabile che quella fosse una faccia che significava: “come diavolo fai… come diavolo fai tu a sapere dei grattini della mamma?” e, insomma, ti ho appena insegnato io a farglieli, no? È un caos enorme! Dio che casino stratosferico! Oh… ok, scusa, non volevo usare parolacce o dire cose poco adatte alle orecchie di Derek, ma hai capito, vero? Ogni volta che mi muovo o che apro bocca in questa linea temporale rischio di mandare a rotoli la mia. La odio questa cosa, mi manda in pappa il cervello. Dio, la detesto, vorrei poter…»
Anche senza attivare i suoi sensi Talia colse una vena di rabbia e di rimorso davvero profondi in quell’ultima affermazione lasciata in sospeso. Decise di intervenire e di farlo con forza, altrimenti anche la sua volontà avrebbe vacillato e tutti i suoi buoni propositi sarebbero sfumati nel nulla.
«Non dire niente. Sono d’accordo con te: potrebbe essere pericoloso. E qualunque cosa tu sappia che ti preoccupa tanto, se riguarda me sono adulta e so badare a me stessa. Non ho intenzione di vivere la mia vita all’ombra di una specie di profezia e cercando magari di neutralizzarla. Intendo trascorrere il resto della mia esistenza senza paura di niente e di nessuno, voglio vivere e basta. Non voglio sapere niente e non è una tua responsabilità, è mia e solo mia, se anche tu volessi insistere per parlarne non ti ascolterei, ti tapperei la bocca e troverei il modo di farti stare zitto finché sei qui, nella mia epoca. Derek sarà al sicuro con te, tu sei un bravo ragazzo, per me il discorso è chiuso.»
Le parve che Miguel si fosse rilassato un po’, almeno dopo qualche lento respiro e dopo aver scosso un paio di volte il capo. Ma proprio quando Talia si era ormai convinta che avessero messo una grossa pietra sull’intera faccenda, lui si decise finalmente a smetterla con tutte quelle occhiate oblique e cariche di una strana vergogna e lei capì che era sul punto di dire comunque qualcosa.
«No» gli intimò, però si accorse subito che era inutile. Miguel doveva avere le parole incastrate in gola. La cosa, era evidente, lo faceva star male, e a Talia dispiaceva. Non aveva modo di consolarlo e, di conseguenza, fece l’unica cosa che poteva fare e sorrise, provando a infondere in quel semplice gesto ogni grammo della sua convinzione che fosse meglio così, che sapere troppo sarebbe stato sul serio un pericolo per tutti.
Miguel sospirò e arruffò i capelli di Derek che, nel frattempo, gli si era accoccolato addosso e pareva intenzionato a riprendere il suo sonnellino.
«Forse è meglio che provi ad andarmene, ora. Non so nemmeno come funziona nel dettaglio. Cioè, lo so, lo so, però non ho mai provato a farlo prima. Non vado avanti e indietro nel tempo, di solito, non sono sul serio come Marty McFly, non avevo mai viaggiato così prima e non conto di farne un’abitudine, anche se per certi versi resta una delle cose più fantastiche e spettacolari che io abbia mai sperimentato, ma no, grazie, una volta tornato nella mia epoca e, beh, dal mio Derek, conto di rimanerci a lungo, possibilmente fino ad avere i capelli così bianchi da cominciare a confondere i ricordi con le fantasie e chiedermi se davvero ho sproloquiato così davanti alla madre del mio ragazzo e rispondermi che, no, no, forse no, forse era soltanto un sogno. È… meglio che vada, sì, meglio.»
Talia non disse nulla. Non le andava che lui si sentisse spinto via. Era il benvenuto, anche se averlo lì la portava a formulare mentalmente dei dubbi spiacevoli e pur sapendo che la tentazione di saperne di più sarebbe svanita del tutto solo quando fosse sparito anche lui. Perciò Talia non provò nemmeno a tendere le braccia per riprendersi Derek. La scelta doveva essere di Miguel e di nessun altro. Talia preferiva che fosse lui a decidere quando era il momento giusto per dire addio, a lei e specialmente a Derek. Alla fin fine era impossibile che Miguel avesse modo di tenere di nuovo tra le braccia un Derek così piccolo.
Il fatto di avere l’opportunità di conoscere la persona di cui si era innamorati anche in una simile veste, mentre era ancora così vulnerabile e completamente innocente, non poteva che lasciare spiazzati e instillare emozioni fuori dal comune, forse un po’ contrastanti, ma forti e impossibili da dimenticare. A Talia era bastato sin da subito l’istinto materno, senza scomodare quello da lupo mannaro, per notare quando il fatto di essersi trovato di fronte una versione così giovane della persona che amava aveva sorpreso ma anche toccato Miguel. Le era facile scorgere quanto, anche in quel momento,  lui ne era intenerito in maniera evidente. Perciò Talia era convinta che, in un certo senso, Miguel avrebbe sempre provato nostalgia di quell’unico surreale pomeriggio trascorso con Derek in un’epoca che non era la sua. Sì, era più giusto lasciare che fosse Miguel a gestire il distacco. E, in ogni caso, lei conosceva Derek e non si faceva illusioni: allontanarlo da Miguel non sarebbe stato affatto facile.
Giusto per non smentirla, Derek, che fino a un attimo prima era stato sonnacchioso e rilassato, si tese ed emise un piccolo strillo. Miguel stava cercando di porgerglielo, ma Derek si era aggrappato alla sua maglia con entrambe le manine paffute e gli aveva di nuovo affondato il viso nel petto, scuotendo il capo tutto indispettito.
Talia ridacchiò senza ritegno. Miguel disse: «Ehi, ragazzone, cosa ti prende?» e provò di nuovo ad afferrarlo sotto le ascelle per allontanarlo da sé e appoggiarlo sull’erba. Per tutta risposta Derek pesto con i talloni contro le sue gambe e poi tirò ancora la t-shirt, sforzandosi di sollevarsi più che poteva. Stava tentando in ogni modo di tirarsi in piedi per stringere le braccia intorno al collo di Miguel e Talia non ne era stupita, anzi, era ciò che si era aspettata.
«L’idea di lasciarti andare non gli piace» spiegò tranquilla. Doveva ammettere che si stava godendo lo spettacolo. Inoltre non succedeva tutti i giorni che Derek si mostrasse così pronto a interagire con qualcuno che non faceva parte del branco e così interessato a un mero essere umano. Beh, non a un umano qualunque, certo, però era comunque un piacere starsene comoda a osservare la scena. «Pensa che tu sia suo» aggiunse Talia mentre Derek iniziava a piagnucolare, i lineamenti del visino contratti, anche se gli occhi non erano ancora diventati dorati e nessuna minuscola zanna sbucava oltre il bordo delle labbra imbronciate.
Miguel arrossì anche peggio di prima. Un’altra cosa che Talia aveva previsto e che la divertiva. Era un tale peccato sapere che non avrebbe potuto parlarne con nessuno del branco, suo marito compreso, e che avrebbe dovuto astenersi dal raccontarlo a Derek stesso prima che lui e Miguel fossero finiti insieme. Tanto valeva togliersi qualche piccolo, magari non tanto maturo ma del tutto innocuo sfizio, ora che poteva. E poi non stava mentendo.
«Derek è terribilmente possessivo con qualunque cosa consideri di sua proprietà. Diventa una piccola belva se qualcuno prova a togliergli quello che secondo lui gli appartiene. E molto, molto possessivo. Se perde qualcosa a cui tiene o se gliela portiamo via si offende e tira fuori certi bronci e, sì, a volte perfino le zanne. E poi resta immusonito e di pessimo umore per tutto il resto del giorno.»
Per quanto ciò che Talia aveva appena affermato fosse vero, il suo intento era stato scherzoso. Non voleva mettere Miguel a disagio, e invece dispiacere e rimorso furono le due cose che si ritrovò ad annusare di punto in bianco. Erano forti abbastanza da essere entrambi recepiti dai suoi sensi anche se lei stava ancora cercando di non utilizzarli.
Prima ancora che potesse decidere se era il caso di chiedere a Miguel cosa non andava, lui sbuffò e strinse i denti in modo ben visibile. «Ora che mi ci fai pensare» constatò con aria avvilita, «in questo crescendo Derek non è cambiato molto. Il che vuol dire che sono nei guai. Avevo… ah, è frustrante da morire! Sia il fatto di non potermi spiegare fino in fondo sia ciò che sto provando a spiegare, ma avevo con me una cosa che apparteneva a Derek, l’avevo in mano durante il viaggio, per così dire. Derek mi ha dato una cosa prima che partissi e per lui è davvero, davvero importante. È… era preziosa e unica, e io non ce l’ho più. Non l’ho persa nel senso di smarrita e non l’ho fatto apposta, non volevo che svanisse, è successo e basta, però non potrò riportargliela. Non la riavrà mai indietro.»
Talia si strinse nelle spalle. Comprendeva almeno in parte, certo, ma era convinta che Miguel stesse interpretando quello che lei gli aveva raccontato in un modo del tutto sbagliato.
«Immagino che ti dispiaccia» replicò, cercando di tenere un tono gentile e rassicurante, «e che tu conosca il Derek adulto meglio di me, almeno per ora, ma l’hai detto tu stesso: non è colpa tua se non puoi restituirgli l’oggetto che ti aveva affidato, qualunque cosa fosse. E voglio ben sperare che mio figlio non diventerà un prepotente insensibile che se la prende con gli altri anche quando non c’è motivo per biasimarli. Ti posso assicurare che intendo educarlo perché sappia riconoscere l’innocenza perfino in quello che in apparenza può sembrare un torto. Tu dovresti sapere se ci riuscirò, visto che vieni dal futuro. Mi stai dicendo che il Derek da cui stai per tornare ha imparato così poco da me e dalla vita e che sul serio ti farà pesare il fatto che purtroppo stai rientrando a mani vuote?»
Miguel stava di nuovo sviando lo sguardo dal suo. Talia provò un brevissimo moto di esasperazione. Che diavolo c’era adesso nelle sue parole che pareva l’avesse sconvolto più che consolato? Si impose di tapparsi, metaforicamente e non, il naso, per non fiutare nulla che preferiva non sapere, e finse di non aver sentito l’impennata del battito cardiaco di Miguel.
«Oh! Andiamo.» Cercò di concentrarsi solo sul discorso che aveva appena finito di fare, nella speranza di smorzare la tensione. «Sei innamorato di lui, lui è innamorato di te. Non dovrei dirtelo io, ma posso annusarlo lontano un chilometro. Qualunque cosa ti avesse dato e per quanto possa dispiacergli di rinunciarci, se il mio naso funziona ancora a dovere quando tornerai da lui a Derek non importerà di nient’altro. Sono pronta a scommettere che sei tu quello che ci tiene a vedersi restituire, più di qualunque altra cosa al mondo, per quanto inestimabile o simbolica sia stata.» Talia era seria e convinta di ogni sillaba. «Torna indietro tutto intero e vedrai che Derek non avrà bisogno di nient’altro.»
Ormai avrebbe dovuto essere abituata a come le guance di Miguel erano capaci di andare a fuoco, invece dovette trattenere l’ennesima risatina. «Santo cielo, guarda che faccia.» Era più forte di lei, le veniva da ridere e aveva voglia di punzecchiarlo ancora. Ma voleva anche consolarlo. Non sapeva bene perché, però c’era qualcosa in Miguel che, malgrado lui fosse un adulto, smuoveva il suo istinto di licantropo in una maniera molto specifica, risvegliando in lei soprattutto la madre.
Talia si chiese se Miguel avesse i genitori. Era una lupa tanto quanto era una donna e c’era in lei, come in ogni suo simile, soprannaturale o meramente animale che fosse, una spinta ancestrale ad accudire i membri più fragili del branco, i cuccioli per primi. In natura i lupi adottavano quasi sempre i piccoli rimasti senza genitori, anche se provenivano da un branco diverso dal loro.
Miguel non era un licantropo, non era un cucciolo e non faceva parte né del branco né della famiglia Hale, ma era legato a suo figlio e Talia lo sentiva. Miguel era branco per Derek, e c’era un qualcosa in lui che la disarmava, a parte l’evidente constatazione che un domani Derek avrebbe avuto un compagno che lo amava davvero e che, di conseguenza, sarebbe stato in ottime mani.
«Andiamo» lo esortò di nuovo, intestardita com’era a tirarlo su di morale, «non posso credere che pensi sul serio che Derek ti metterà il muso per una colpa di cui sei innocente. Non dirmi che sarò, anzi che sono stata una pessima madre e che, con rispetto parlando, ho davvero cresciuto uno stronzo insensibile ed egoista. Hai detto che Derek è una brava persona, non è così?»
Miguel annuì con una faccia così buffa e una solennità tale che Talia fece davvero fatica a non allungare una mano per scompigliargli i capelli ancora un po’ umidi, proprio come lui aveva fatto con quelli di Derek in precedenza.
«E non guardarmi così solo perché ho detto una parolaccia. Anche le mamme le dicono, soprattutto da giovani, anche se non si dovrebbe mai farlo in presenza di un bambino. Mi è scappata, ok? Quando torni indietro, però, puoi raccontarlo a Derek, se vuoi, non credo che avrà più l’età per scandalizzarsi o per imparare da zero nuove espressioni poco eleganti. E digli anche che se si azzarda a sgridarti perché non gli hai reso quello che ti aveva dato sarò molto delusa, da lui e da me stessa.»
Dalla gola di Miguel sgorgò una risata non troppo audace ma sincera. «Mi sento meglio» disse, confermando ciò che Talia aveva già registrato con l’olfatto. «Che io non possa riportargli quello che mi ha dato è sempre uno schifo e un’ingiustizia cosmica e mi fa inc… ok, magari non è il caso di usare il turpiloquio a ruota libera, comunque è sleale da parte del fato o chi per lui, ecco. Però hai ragione, dubito che Derek proverà a sbranarmi e… fingerà che non sia nulla di grave o forse ammetterà che gli dispiace, ma senza farne una questione di stato, lo so, come so che invece per lui sarà un brutto colpo e non solo un capriccio stupido e possessivo. Però proverà a non farmelo pesare. Non ti preoccupare, sai, riguardo all’averlo educato in una certa maniera e… beh, spero di non aver creato un paradosso anche solo dicendoti questo, ma non credo che, comunque, sarebbe uno di quelli gravi. Derek ha i suoi difetti, ma non serba rancore senza un motivo valido. A nessuno.»
Talia annuì soddisfatta. «Ottimo. Voglio che lui e Laura crescano con un appropriato senso di giustizia. Il fatto che siamo licantropi non implica che dobbiamo essere dei selvaggi e il nostro lato animale dovrebbe sempre guidarci nel capire che è scorretto addossare agli altri responsabilità che non hanno soltanto per sgravare la nostra coscienza o per smaltire la rabbia quando in apparenza ci sembra di aver subito un torto. I lupi sono creature di gran lunga meno rancorose degli umani. Noi siamo entrambe le cose e non è semplice mantenere l’equilibrio, ma voglio che entrambi i miei figli siano capaci di farlo.»
Era una cosa a cui teneva davvero molto ed era lieta di poter dire in anticipo che avrebbe fatto un buon lavoro nel trasmettere i propri principi. Sentiva di volere un po’ di bene a Miguel anche solo per averle dato quel tipo di sicurezza. Fu per quello che le venne in mente una cosa che, forse, avrebbe potuto consolarlo una volta per tutte.
«Ti sentiresti un po’ meglio» chiese, mentre iniziava a frugare nelle tasche dell’ampia gonna del vestito leggero, «se ti affidassi una cosa da portare al Derek del futuro per mio conto?  Non so cosa hai avuto da lui alla partenza, ma forse sia tu che lui vi sentireste meno inclini a rimpiangerlo se tu avessi qualcosa da dargli in cambio e se Derek potesse distrarsi con una cosa eccezionale come un mio regalo che ha addirittura viaggiato nel tempo. Che ne dici?»
Mentre Miguel la studiava con espressione interrogativa lei sorrise e gli mostrò ciò che aveva appena recuperato tra le pieghe del cotone azzurro: un braccialetto di corda e cuoio scuri, intrecciati insieme in maniera semplice e chiusi dal tipo di nodi che avrebbero permesso di regolare la larghezza intorno al polso di chi l’avrebbe indossato. Al centro, poco distanti l’uno dall’altro, erano legati e infilati nella corda due piccoli dischetti di legno piatto, scuro e liscio.
«Avevo intenzione di finirlo oggi» spiegò Talia e se lo rigirò tra le dita perché Miguel potesse vederlo meglio. «Per Derek. Laura ne ha uno simile. Sul legno devono essere incise delle rune o dei simboli di famiglia e la persona per cui è stato creato ne verrà protetta. Deaton ha preparato per me il legno, l’ha preso dal Nemeton. Pensavo di tracciare una runa specifica e di accompagnarla con la triscele e credo…» Prima di terminare Talia dovette fermarsi e tirare il fiato. No, non era affatto certa che fosse un male spedire il talismano nel futuro,  in un momento in cui lei avrebbe potuto non esserci più, anziché legarlo ora attorno al polso minuscolo e morbido del suo bambino. In quel momento, in quello che per loro era il presente, Derek aveva lei e tutto il resto del branco che potevano difenderlo, e se invece nell’epoca da cui proveniva Miguel lui non poteva più contare sulla protezione di una madre, beh, forse era giusto che avesse almeno l’amuleto.
Talia non esternò quelle ultime riflessioni. Miguel ne sarebbe stato di nuovo turbato, non aveva senso farlo stare male proprio quando stava provando a risollevargli il morale. «Sì, vorrei che tu lo portassi a Derek, mi sembra un’ottima idea e al posto della triscele inciderò un’altra runa, così il braccialetto proteggerà anche te.»
Miguel ora la guardava con gli occhi spalancati e un po’ lucidi. «Vuoi…»
Talia lo interruppe prima che potesse rovesciarle addosso un profluvio di parole grate di cui non c’era alcun bisogno. «Esatto, voglio che sia un dono anche per te. Mi pare giusto. Sei stato coraggioso a venire fin qui e, in fondo, diventerai uno di famiglia e… oh, scusa, non dovrei ridacchiare, ma è incredibile quanto diventi rosso ogni volta che lo ripeto. È buffo e sei così carino. Proprio carino… ti si arriccia il naso… scusa…»
Ma non riuscì in nessun modo a smorzare la propria ilarità e non fu poi troppo sorpresa quando Miguel, pur scuotendo il capo con troppo vigore e manifestando il suo imbarazzo con una serie eloquente di smorfie, scoppiò a ridere con lei.
«Sul serio» ribadì Talia sincera, «mi piaci!» Poi si sforzò di tornare seria. «Ora devo sfoderare gli artigli. È meglio avvisarti, anche se dubito che tu ti faccia impressionare facilmente da un lupo mannaro a metà trasformazione. E mi occorre che tu tenga Derek per mano mentre annodo per un momento il bracciale intorno al polso di entrambi. Non sono in grado di fare veri e propri incantesimi, certe cose sono per i druidi e gli stregoni e le fate, ma c’è potere in quelli come me, anche se di un altro tipo, e chi sa come usarlo può fare piccole grandi cose come quella che tu mi hai domandato di fare con il Nemeton o come intrecciare uno di questi, incidere i giusti simboli in modo da trasmettere al bracciale e a chi lo indossa un po’ del mio desiderio di saperlo al sicuro, e soprattutto la forza delle rune. Certo l’effetto sarebbe più potente se fosse un mago a preparare e a donare l’amuleto, ma funzionerà abbastanza bene, vedrai, e ci tengo che lo abbiate tu e Derek. Avanti, porgimi il polso.»
Gli occhi di Miguel si erano fatti così brillanti che osservarli da un lato faceva sentire Talia commossa e dall’altro le metteva allegria. Era curioso vederlo rimanere senza parole, ciarliero com’era.
Talia annuì tra sé e sé, sempre più convinta di stare facendo una cosa giusta, dopodiché premette con un artiglio sul punto più morbido di un polpastrello della sua mano destra. Dalla ferita sgorgò una goccia di sangue scura e tonda come una perla rossa e poi il taglio si rimarginò all’istante.
Miguel disse «Oh!» mentre lei tracciava il primo simbolo sul legno sottile, usando il sangue come se fosse stato inchiostro e la punta di un artiglio per scavare un solco sottile nel legno.
«Ho una runa anche io» spiegò lui, vedendola interessata. «La tengo al collo, è impressa su un ciondolo. È stata disegnata più o meno così. Non esattamente nello stesso modo, ma… è interessante, leggerò tutti i libri che troverò sull’argomento appena sarò tornato a casa, è davvero interessante.»
A Talia piacevano le menti curiose, quindi si punse una seconda volta il polpastrello, visto che la prima minuscola ferita era già svanita, ripeté concentrata l’operazione anche per il secondo simbolo, poi lo mostrò a Miguel e indicando una delle rune enunciò: «Eiwaz, la tredicesima runa».
Lo vide fare una smorfia e poi constatare: «Sembra una grossa “esse”».
Talia scosse il capo. «Ci assomiglia, ma in realtà simboleggia un albero, il tasso divino del mito norreno. Yggdrasil, è…»
«Un albero sacro un po’ come il Nemeton, solo molto, molto più importante di tutti gli altri alberi sacri e molto più grande e, ovviamente, non è un albero vero, è una leggenda» concluse Miguel al suo posto. «Ho letto parecchio al riguardo mentre mi documentavo sul Nemeton» spiegò,« per… ah, per i soliti motivi per cui ci si documenta su un Nemeton, diciamo così, visto che mi tocca tenere sempre la bocca cucita, Dio se è frustrante! Però, ok, non hai bisogno di conoscere i dettagli. So cosa è il Nemeton e so cos’è il Tasso dei Mondi o Albero della Vita. Quella runa lo rappresenta?»
«Sì» ripose Talia, ammirata da quello sfoggio di conoscenza ed entusiasmo per il simbolo che aveva tracciato. «Rappresenta Yggdrasil e anche diverse cose che spero Derek possa imparare, da me e dalla vita. Spero che la runa possa tenere Derek più al sicuro e aiutarlo a rialzarsi da ogni caduta diventando più forte. È questo il significato e mi auguro che non gli serva alcun talismano, ma voglio comunque che tu gli porti l’amuleto e vorrei che lo tenesse sempre con sé. Non ho l’occorrente per farne un altro solo per te, mi dispiace, quindi tu e lui dovrete usarlo a turno o, se vivete insieme, tenerlo in un punto della casa che sia tanto suo che tuo, come il letto oppure…»
«No, no, no, noi non…» Miguel aveva preso a sbracciarsi, tanto che se Derek non gli si fosse di nuovo aggrappato alla maglia forse sarebbe scivolato a sedere sul prato. «Non siamo a quel punto, non ho idea se Derek voglia mai arrivare a quel punto e… oh, accidenti, e dire che mi ero convinto che incontrarti mi avrebbe fornito materiale per far imbarazzare lui al ritorno, invece… ah, mio, suo, non… ne farò un altro bracciale, ok? Non deve essere magico anche il cordoncino, giusto? Separerò le due rune e mi farò un amuleto tutto mio con l’aiuto di Deaton. Andra bene anche così.» Esitò per un istante e poi emise un sospiro fin troppo rumoroso e chiese: «Funzionerà lo stesso, vero?»
Talia non poteva certo passare il tempo a ridacchiare come una sciocchina, quindi fece un ampio cenno di sì con il capo, dopodiché provò a distrarre se stessa e Miguel mostrandogli l’altra runa. «Raido, la quinta runa. È la tua. Mi sembra la più appropriata di tutte. So che sembra una “erre” e so che stavi per dirlo.» Era inutile, non poteva fare a meno di trovare il tutto anche un po’ esilarante.
Per una volta, invece, Miguel rimase serissimo. «Cosa significa? Perché è tanto adatta a me? Ho una runa in un ciondolo, te l’ho detto. Me l’ha data Deaton tempo fa. Non posso dire che non abbia avuto effetti benefici, mi ha aiutato molto, ho avuto i miei guai ultimamente e sarebbero stati più pesanti da sopportare senza il talismano di Deaton, però quella che è comparsa sul mio pendente non è una buona runa, è pessima, per quanto ne so. In effetti avrei un gran bisogno di possederne una che invece fosse fortunata. Ci sono persone, non solo Derek, anche altre persone che mi aspettano e non ho mai provato a tornare nel futuro prima d’ora, non so se è semplice come lo è stato venire nel passato, Dio, semplice è una parola così poco adatta, è stato spaventoso, lo so che un giorno, se tutto va bene, lo ricorderò come un avvenimento spettacolare, è fantastico se ci penso, è così fuori dal comune, è pazzesco, ma se non riuscissi a tornare? Se mi bloccassi qui? Non posso restare. Anche Deaton ha detto che non posso. Questo corpo non è esattamente… non posso, anche se non ci fossero conseguenze fisiche non posso, devo riuscire a raggiungere il futuro. Qui per me è impossibile vivere, è tutto sbagliato, non è il mio mondo, non è la mia vita e tuo figlio è la cosa più… lui… ho solo voglia di stringerlo e di giocare con lui, è piccolo e non lo scorderò mai, so che è così, però non è il mio Derek, Cristo, sto arrossendo di nuovo e non devo imprecare, scusa, scusa, scusami! È solo che ora come ora ho bisogno di un scacco di fortuna e ho una gran paura di perdermi per strada, anche nel caso in cui non rimanessi incastrato qui nel passato. Mi servono eccome una buona runa e magari un pizzico di magia positiva. Ho… credo di avere necessità di sentirmelo dire e di crederci: perché Raido? È così che si chiama? Perché ti sembra la runa giusta per me?»
All’improvviso il senso materno di Talia prudeva di nuovo, sottopelle, trasmettendole il desiderio fortissimo di rasserenare Miguel, di farlo sentire meno smarrito di quanto, stava dimostrando di essere, tanto lontano com’era dalla sua epoca e dai suoi cari.
«È la runa dei viaggiatori» gli disse con tutta la gentilezza possibile e senza tergiversare oltre. «Protegge chi ha il coraggio di viaggiare oltre ogni confine. Non ha importanza se si tratta di un viaggio effettivo, di un’esplorazione del proprio intimo e della propria natura o di un salto da un piano astrale all’altro, tanto per usare le parolone che piacciono molto ai druidi. Direi che è perfetto per te, perché tu sei davvero Marty McFly. Te vai a spasso nel tempo, hai fegato e Raido ti indicherà la strada del ritorno. Arriverai a casa sano e salvo. È la cosa che ti auguro di tutto cuore e non ho dubbi che anche senza amuleti, miei o di Deaton che siano, andrà tutto bene. Sei arrivato fin qui, sei un tipo tosto, ritornerai indietro senza problemi. Il solo fatto che stiamo parlandone lo dimostra. Se non riuscissi a tornare io non potrei chiedere di farti mandare da me qui nel passato, non ti pare? Rune o non rune, tra poco sarai di nuovo a casa.»
Miguel la ricompensò con il primo sorriso vero degli ultimi minuti, e riuscì perfino a non diventare del tutto paonazzo quando Talia annodò per un attimo il bracciale intorno al polso che lui teneva allineato con quello di Derek.
«Ecco fatto» annunciò lei, sciogliendo il nodo provvisorio e porgendogli il talismano. «Ora agisce sia su di te che su di lui. O meglio su di te ha già effetto e ne avrà su Derek nel futuro. Non dovresti avere problemi a farlo arrivare nel futuro con te, sono rune, sono speciali. Quella che hai al collo non si è persa durante il viaggio, altrettanto dovrebbe valere anche per queste. Vuoi che ti aiuti a indossarlo?»
Miguel lo fissò per un lungo istante e poi annuì. «Grazie.»  Fece scorrere di nuovo le dita tra i capelli di Derek e su una delle sue guance lisce e piene e lui ricambiò il gesto afferrandogli la mano e mordicchiandogli le nocche tutto assorto.
Talia iniziò a sgridarlo, ma Miguel intervenne subito in sua difesa. «Lascialo fare. Davvero, non mi sta facendo male, è più un solletico, non sta nemmeno usando i denti è, oddio, ragazzone, sei buffissimo, no, sul serio, Talia, lascialo fare, tuo figlio è tutto gengive e testardaggine, ma non mi da fastidio, in effetti è, beh, è divertente. Ahi! Ok, ok, Derek, ho capito, sai stringere anche senza usare le zanne. Ho capito.» Però non ritrasse la mano e invece il suo sorriso si allargò e diventò più sereno. «Grazie» ripeté rivolto a lei e Talia sollevò le spalle per sottintendere che non c’era bisogno di dirlo.
Derek non aveva mollato la presa e ora era intento anche ad annusare il palmo della mano che stava ancora riempiendo di piccoli morsi innocui. A un tratto gli sfuggì un gorgoglio di apprezzamento così netto che Talia e Miguel scoppiarono per l’ennesima volta a ridere.
«Credo che gli piaccia il tuo sapore» disse lei e fu il suo turno di arrossire. «Non posso credere di averlo detto e suona molto peggio di come intendevo, però è così. E penso che anche il tuo odore adesso gli piaccia perfino più di prima, perché ora è mischiato anche con il suo odore attuale. Per quando sia assurdo, ho idea che Derek sia un po’ geloso del se stesso adulto. È… surreale.»
Miguel sembrava concordare. «Sul serio» le chiese alla fine, con un tono che riuscì a sembrarle sia titubante che sfacciato, «pensi che Derek sia convinto che io… che sono suo?»
«Sì.» Talia non ebbe esitazioni. «Non fraintendermi, non intendo dire suo come un oggetto, è ovvio, e non sto nemmeno parlando di qualcosa come le anime gemelle dei romanzi o del tipo di relazione che esiste in natura tra due lupi che formano una coppia per la vita. Ma parlo del tipo di appartenenza di due persone che si amano e che si scelgono l’un l’altra. Quella Derek la sente. Conosci abbastanza bene i licantropi da sapere come funzionano i nostri sensi e dovresti capire quando ti dico che Derek riesce a fiutarlo. È troppo piccolo per capire il senso esatto di ciò che il suo naso percepisce quando ti annusa, però sono sicura che il suo istinto avverte comunque l’essenza del vostro legame e questo lo spinge a comportarsi in modo possessivo. Quindi sì, a modo suo Derek pensa che tu sia suo e viceversa. E poi il tuo odore gli dice che farai parte del suo branco. Lo dice anche a me.  Piccolo com’è per lui poche altre cose sono così tanto rassicuranti: è come se ti conoscesse da sempre.»
In perfetto accordo con il suo ragionamento Derek si issò di nuovo in piedi, meno incerto sulle gambe di quanto lo sarebbe stato un bambino umano, e cercò di acchiappare una ciocca ribelle e un po’ umida che spioveva sulla fronte di Miguel. Fallì per il troppo entusiasmo e gli crollò sulle ginocchia.
«Ora devo proprio andare.» Nonostante ciò che aveva appena detto, Miguel esitò prima di alzarsi. Si trattenne ancora per un momento, con Derek seduto in braccio. Poi si alzò con lentezza, sollevando con se anche il piccolo e, non appena Talia si fu rimessa anche lei in piedi, tentò di nuovo di restituirle il figlio.
Derek doveva aver previsto le sue intenzioni e non era per niente contento. Strinse con forza le braccia intorno al collo di Miguel, per quanto riusciva, e lo trattenne per il cotone della maglia, con così tanta foga da torcere e slabbrare la stoffa.
«Sta ringhiando?» Miguel lo domandò, ma non attese risposta. «Derek, guardami. Ometto? Ehi? Lascia andare la mia maglia, se fai così… vedi? L’hai rotta… oh, Derek, per favore, lo sai che non è facile farmi sentire in colpa e, no, va bene, sono un bugiardo ed è facilissimo, ma devo andare e tu devi tornare dalla mamma, ok? Forza, non è colpa mia, lo sai, non posso restare. Non lo puoi capire ora, ma se non ti metto giù e se non vado via…. anche se adesso ti sembra una buona idea che rimanga, nel futuro sarai preoccupato e molto scontento perché non mi decido a tornare. Lo sto facendo per venire da te, Derek, sul serio, non posso tornare da te se non fai il bravo e non mi lasci andare. Dio, ti prego, non piangere, piangere non vale, è sleale, smetti, va bene? Ah! Perché devi sempre rendere tutto così difficile e complicato? Sei un bravo ometto, no? Ti prego, Derek…»
Talia intercettò lo sguardo supplice di Miguel e si rese subito conto di quanto era triste. Così decise di intervenire in suo soccorso, anche se non aveva dubbi sul fatto che recuperare Derek non sarebbe stato né semplice né indolore. Perfino dopo aver fatto quella considerazione, però, si ritrovò impreparata quando vide fiorire un graffio rosso sul collo di Miguel. Era riuscita a far sì che Derek aprisse i piccoli pugni serrati in modo spasmodico, ma non aveva potuto impedire che lui provasse a ristabilire la presa con tanto vigore. Non la stupiva che fossero comparsi zanne e artigli e aveva fatto il possibile per evitare che Derek li usasse, solo che lui era stato più veloce.
Ora strillava a pieni polmoni, con le braccia e tutto il tronco protesi in avanti e, per trattenerlo, Talia dovette ricorrere a una forza maggiore di quella che avrebbe usato una madre normale. In quel momento la lupa avrebbe avuto maggiore autorità della donna sul cucciolo disperato e indisciplinato che tentava ancora di sfuggirle. Quindi Talia emise un basso suono gutturale, molto poco umano ma decisamente efficace, e Derek rispose acquietandosi di mala voglia, pur se con le minutissime zanne ancora snudate e le ciglia ancora bagnate di lacrime.
«Mi dispiace» disse Talia, intendendo dimostrare tutta la propria simpatia sia per il lungo graffio – per fortuna non profondo o sanguinante – che deturpava il collo di Miguel sia per la sua aria abbattuta. «Non ci pensare. Vorrebbe che tu restassi, ma gli passerà. Non fartene una colpa. Derek oggi avrà una dose extra di coccole e starà bene. Spero che non ti abbia fatto troppo male.»
Miguel la osservò in silenzio, eppure in maniera fin troppo eloquente. Anche senza usare le parole le trasmise una strana sensazione malinconica e, nello stesso tempo, non solo dolorosa. Era come se le avesse appena confessato che, in realtà, Derek l’aveva ferito altre volte e molto di più a fondo di così, ma che a lui non importava, perché alla fine avevano trovato pace ed equilibrio e ne era valsa la pena. Senza perdere quella specifica luce gli occhi di Miguel si spostarono fino a incontrare quelli di Derek e Talia abbassò lo sguardo per concedergli un secondo di intimità, in modo che potesse dire addio con il cuore più leggero.
Fu guardando verso il prato che notò il ciondolo. Il cordone fatto di cuoio si era spezzato. Derek doveva averlo morso o comunque strappato dal collo di Miguel mentre lottava per rimanergli aggrappato. La cosa doveva essere stata indolore; Miguel non se ne era nemmeno accorto.
«Il talismano di Deaton» lo avvisò Talia, e provò a chinarsi per recuperarlo. Miguel fu più veloce di lei, impacciata com’era dal fagottino ancora imbronciato che stava reggendo tra le braccia. «Meglio così» si disse Talia. Se Derek fosse riuscito a impossessarsene sarebbe stato un ulteriore problema convincerlo a restituirlo. Sul viso di Miguel, intanto, si era stampata un’espressione così perplessa che era quasi come se sospeso sopra il suo capo ci fosse un enorme punto interrogativo.
«Va tutto bene?» domandò Talia, bilanciando Derek per poterselo appoggiare su un fianco, così da avvicinarsi, ma tenendo il bambino abbastanza distante da Miguel onde evitare che ci fosse di nuovo bisogno di separarli e di sedare capricci. La precauzione si rivelò inutile. Derek doveva aver fiutato la confusione di Miguel tanto quanto lei e si era calmato. Era fermo, in attesa, perfino un po’ guardingo.
«La runa» rispose Miguel che, in effetti, stava studiando il pendente con grande stupore. «Il simbolo è al contrario. Giuro, era nel verso opposto quando è apparso per la prima volta ed è sempre stato disegnato in quel modo. Ora è tracciato nell’altro senso, è come specchiato. Sembra che si sia ribaltato. Ma non è possibile, giusto? O sì?»
Talia sbirciò il pezzetto di legno tra le sue dita e rifletté a voce alta. «Perché no? È una runa ed è stata tracciata con un piccolo incantesimo, su un pezzo di legno sacro e magico. E le rune sono sempre state usate in entrambi i versi, per esempio in divinazione o per scagliare incantesimi o per tessere una protezione come ho fatto io poco fa.»
Miguel fece una smorfia e poi un’altra, ansioso e irrequieto. «Sì.» Pareva pronto ad accettare la sua spiegazione, ma non meno dubbioso di prima. «Ok, ho letto qualcosa al riguardo, però cosa vuol dire? Cosa significa? Quest’aggeggio non era un buon segno, anche se in un certo senso mi è stato utile, e ora? Adesso cosa mi devo aspettare? Confesso che non ero molto attento a Hogwarts durante le ore di Divinazione, perciò non ho idea di cosa… devo iniziare a spaventarmi sul serio, secondo te?»
Talia strabuzzò poco elegantemente gli occhi. «Hogw… ah, lascia perdere! Non… non mi preoccuperei se fossi in te, anzi, a essere sinceri e anche se non voglio illuderti, a me sembra piuttosto un’ottima indicazione. Un presagio del fatto che qualunque cosa ti preoccupa tanto si sta risolvendo per il meglio. Hai detto che la runa prima era disegnata al contrario e, per quel che ne so, in quel verso Kenaz simboleggia malattia, perdita, deperimento. Deaton te ne avrà parlato, immagino, visto che è stato lui a dartela e che deve aver avuto una buona ragione per farlo. Ti ha spiegato anche che quello era, per così dire, il verso sbagliato? La runa era al rovescio, ora è al dritto e il suo significato è tornato positivo. Illuminazione è il suo significato principale e…»
«Guarigione?» la interruppe Miguel che poi ripeté: «Guarigione. È il contrario della malattia, avrebbe una logica…» Il tono non era più interrogativo, ma Talia non fu in grado di togliersi la curiosità che aveva appena scoperto di provare, perché lui riprese immediatamente a parlare, la voce venata da una punta di sarcasmo e forse perfino di fastidio. «No, Deaton non me ne ha accennato. Non è particolarmente incline alle spiegazioni dettagliate. A dire il vero non mi ha spiegato proprio un…» Miguel si interruppe, evidentemente sul punto di sputar fuori una parolaccia.
«Davvero?» ne approfittò Talia, sempre più incuriosita. «Con me Deaton è sempre…» Fu lei a quel punto a trattenersi dal pronunciare il resto della frase.
«Lo stiamo facendo di nuovo» annuì Miguel. «Il tipo di discussione che potrebbe generare enormi, mostruosi e pericolosissimi paradossi, lo so, finiamo sempre a bomba senza nemmeno accorgercene. È davvero meglio che vada.»
Talia non trovò nulla da obiettare, anche se iniziava a rendersi conto di quanto le dispiaceva l’idea di un addio, specie perché non aveva modo di sapere per certo se per lei sarebbe stato anche un arrivederci. «Fa buon viaggio» augurò, rinunciando una volta per tutte a ogni domanda rimasta in sospeso.
All’ultimo secondo, prima che Miguel rispondesse, gli tese la mano e lui la strinse con vigore e senza più traccia di soggezione. «È stato un piacere conoscerti.»
«Grazie.» La semplice risposta di Miguel suonò sincera tanto alle orecchie della donna quanto a quelle della lupa. «Di tutto.»
«Grazie a te, Miguel venuto dal futuro. Specialmente per Derek. Continua a occuparti di lui, anche quando sfodera le zanne, ok?»
Miguel aveva la voce roca quando le assicurò: «Certo, è una promessa, puoi contarci». Dopodiché le sue dita si posarono un’ultima volta sulla testolina di Derek. «Fai il bravo ometto finché non arrivo da te, ok, ragazzone? Abbi pazienza e arrivederci, va bene? Non è un addio, quindi non piangere di nuovo, sto tornando. Aspettami.»
Un istante dopo, e giusto un attimo prima che Derek le sfuggisse dalle braccia o che ricominciasse a strillare, Talia vide Miguel allungare un braccio come per toccare il tronco del Nemeton e svanire nel nulla, così come dal nulla era comparso.
Nel guardare il punto in cui fino a un secondo prima lui aveva poggiato i piedi nudi a Talia sfuggì un sospiro. Derek le nascose il faccino nel seno e scoppiò a piangere sconsolato.
«Tornerà» lo rassicurò lei, accarezzandogli la nuca e cullandolo un po’. «A volte nella vita le persone che ci piacciono e che amiamo vanno via e non tornano mai più, ma lui tornerà, lo sappiamo praticamente per certo, ed è bello averne la sicurezza, anche per me. Non è esattamente il tipo di persona che avrei immaginato al tuo fianco, sai? Ma non scherzavo: mi piace. Quindi non piangere, Derek, devi solo aspettare» assentì convinta. «La mamma ti insegnerà ad avere pazienza.»

 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Nykyo