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Autore: L o t t i e    07/11/2014    2 recensioni
«Sei una cretina», iniziò lui accomodandosi sul letto ad una piazza e mezza: aveva ancora la giacca. «Puoi accusarlo di tutto, tranne che non ti voglia bene... a modo suo.»
Ah, ecco.
William sottolineò, a mente, «a modo suo» un paio di volte, in rosso. Ripassandolo più volte.
Quelle semplici frasi stesero un velo scuro sul viso di porcellana della vampira, la quale preferì stare in piedi; se si aspettava la comprensione faceva prima a gettarsi dalla finestra, l'umano. Non dopo aver parlato al cellulare con una fanatica, non dopo aver ricevuto un bacio dal suo creatore ubriaco e con chissà quali sensi di colpa venuti a galla.
«Non ti permetto di parlarmi così», si impose pacatezza, danzando verso l'armadio per prelevare dei vestiti più leggeri. Vide il ragazzo schiudere le labbra, forse per parlare ancora, protestare. Fu più veloce.
[Da revisionare!]
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vampire - the series.'
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Déjà vu.








Correre, correre, correre.
Non faceva altro da quella che pareva un'eternità verso l'enorme cancello nero. Poteva avvertire il suo fiato sul collo, la sua risata. Si voltava ma non c'era, non vi era nessuno lì.
Improvvisamente, però, eccolo il truce dolore al petto ― ah, l'aria.
Le mancava l'aria, non voleva dormire, non voglio morire.
Questo il pensiero fisso che aveva in testa, le iridi cremisi che la scrutavano fin nell'anima con perversa eccitazione. Provò ad urlare, ma solo aria senza tono usciva dall sua gola... fin quando tutto si faceva nero ed il macabro paesaggio le crollava addosso, asfissiandola.


William spalancò gli occhi, battendo velocemente le palpebre aspirando grosse boccate d'aria. Era lì, nel letto, con la fronte, la nuca ― madida di sudore. Sulla colonna vertebrale avvertiva la maglia del pigiama aderire in più punti alla pelle.
Un incubo.
Uno dei tanti.
Non le succedeva da un po'. Ancora il suo petto si abbassava ed alzava ad un ritmo indefinito, frettoloso, mentre aveva trattenuto un urlo in fondo alla gola. Non avrebbe chiuso occhi per il resto della notte, lo sapeva ― oh, quanto avrebbe dato per incontrare lo Yumekui1. Si passò velocemente una mano sulla fronte, spostando i filamenti bianchi appiccicati a questa.
Sentiva, nonostante il grosso spavento, ancora il sonno stuzzicarle la mente ― eppure.
Traballante si alzò dal letto: si sarebbe fatta un bagno caldo per calmarsi.
Quando passò vicino allo specchio, la sua pelle sembrava sfoglia, pronta a sbriciolarsi in un attimo e trasparente. Sembrava uno spettro e se avesse incontrato qualcuno per il corridoio gli avrebbe fatto provare l'esperienza di un mancato infarto. Era già passato un po' di tempo da quando aveva toccato del sangue, presto o tardi la sua mente avrebbe di nuovo vacillato piegandosi alla fame ― stavolta potrebbe essere Samantha, pensò con una nota di sconforto.
Si accigliò e mise il pigiama nella cesta dei panni sporchi, se con due vampiri adulti non si riusciva a risolvere quel problema, doveva fare qualcosa lei. Prendere il toro per le corna.
Quando la vasca si fu riempita, la schiuma arrivata all'orlo e l'odore di lavanda aleggiava in tutta la stanza ― si immerse, beandosi del calore tiepido dell'acqua.







* * *









Alle sette del mattino era già vestita e pettinata, pronta per una giornata scolastica in segno dell'interrogazione di storia.
Aveva i due capitoli stampati in mente grazie al pomeriggio prima, quando si era fermata insieme a Samantha in biblioteca. Onestamente pensava che sarebbe finita parlando e schezando, lasciando i libri da parte.
Fantastico.
Emise uno sbuffo e subito dopo sobbalzò ― Claude era a fianco la porta ed aveva dato sue colpetti sul legno, bussando. Maledizione, non bastava averlo in sogno, pure di presenza nella prima mattinata.
«Perché devi comparire sempre come un fantasma?», si lagnò lanciandogli un'occhiataccia.
«Sempre..?», scettico e con un piccolo sorriso ad increspargli le labbra, avanzò ― odiava quando la vampira partiva già sulla difensiva ed assumeva quell'aria irritata.
O spaventata?
William, seppur già fosse ad una bella distanza da lui, arretrò ancora, avvicinandosi di spalle alla finestra. Rilassò i muscoli, fissandolo dritto negli occhi, aveva deciso. Visionò tutte le scelte che le erano rimaste ― il bagno, nonostante fosse finita sottacqua una volta addormentandosi, l'aveva aiutata a sistemare i pensieri.
«Sempre.» rimbeccò. Lo vide schiudere le labbra, forse per ribattere o dire una delle sue fantastiche cavolate. Fatto sta che se l'avesse interrotta, il suo discorso sarebbe andato perso. «Claude Von Richter», catturò l'attenzione del tedesco, «sono consapevole del», deglutì, «bisogno che hanno i vampiri del sangue.»
Lo vide annuire e farsi più vicino, a braccia conserte.
«Continua», la esortò con voce profonda, un sopracciglio scuro arcuato.
«Michela mi ha detto dove andate ogni sera», mormorò, osservando le labbra dell'altro dare forma ad una piccola smorfia. Le piaceva coglierlo di sorpresa, fargli capire che quella umana con cui aveva avuto a che fare nei mesi prima si era evoluta, che se voleva qualcosa la otteneva.
La maschera d'eleganza del vampiro venne giù tutto d'un tratto. «William, tieni in mente quanto duri la mia pazienza», le intimò con una tale dolcezza da farla rabbrividire.
Annuì velocemente, stringendo le labbra: dritta al punto.
«Voglio essere una vampira a tutti gli effetti», non pensava sarebbe stato così. Avvertiva la tensione scorrerle nelle vene. «Insegnami
Il tedesco ghignò, musica per le sue orecchie. Se lo sentiva nelle ossa che quel giorno sarebbe stato memorabile.
E pensò ad Alexandre, che probabilmente stava rivoltandosi nella tomba ― la sua figliola voleva diventare come quei mostri che uccideva. Ah-ah, quanto se la rideva! Chi era lui, Claude, per negare questo desiderio all'albina? Chi?! Se non un vampiro logorato dal dolore, dalla follia e dalla voglia matta di vendicarsi?
Le avrebbe insegnato tutto ciò che sapeva, l'avrebbe modellata a sua somiglianza, strappata dalla sua inutile vita mortale.
«Volentieri, prinzessin.»
Si sarebbe tolto dai piedi quella petulante Michela.
La risata si fece strada da sola nella sua gola, all'inizio un roco trattenersi, dopo esplose fragorosa nella stanza.
Non poteva dire di essersi pentita, William.
Conosceva Claude, sfortunatamente.
Quella risata le trapanava i timpani ― non capiva il motivo di tale reazione. Si strinse nelle spalle, le sette e venticinque minuti.
«...Io dovrei incamminarmi per andare a scuola», mormorò e tutto tornò silenzio.
«Certamente.» gettò un occhiata al pavimento ― pian piano le avrebbe fatto lasciare anche quegli inutili studi. «Ma prima...», lo sguardo che le rivolse fu eloquente, non aveva bisogno di spiegazioni.
Si era di nuovo gettata a capofitto in un qualcosa che non avrebbe saputo gestire, così viscido ed appiccicoso da non farla più muovere.
Non muoverti o farà più male, si disse, stretta da quella braccia foderate dal cotone nero dellla maglietta.
«Lascia fare a me.»
Trattenne il respiro, tenne ferme le gambe che tremavano inesorabilmente ancorate al pavimento, strinse la stoffa morbida della maglietta ― e attese.
Attese un dolore che non arrivò mai, attese un morso e ricevette un piccolo bacio a fior di pelle sul collo. Troppo impegnata a concentrare la sua attenzione su altro, ingenua, non si accorse dell'ago.
Sentì le forze venirle meno ed un isopportabile stanchezza appesantirle le palpebre, Morfeo stuzzicarla prepotentemente. La testa girare vorticosamente e non capiva cosa, perché stesse succedendo.
«Ohi, ohi.» la risatina di Claude le arrivò lontana alle orecchie mentre le gambe le cedevano, intorpidite, ed era costretta a stringersi a lui per non cadere.
Quel bastardo. Socchiuse le palpebre in preda ad uno sconcertante déjà vu.

«William... William...»
Gradualmente, la voce risuonava più nitida e fastidiosa, quindi increspò la fronte, voltandosi ― battendo il viso contro qualcosa di morbido.
«Fra qualche minuto suona la campanella, vuoi andarci sì o no a questa benedetta scuola?», sbottò.
«Qualche minuto?», biascicò spalancando gli occhi: il sedile in pelle della BMW. Si mise velocemente a sedere portandosi una mano alle fronte. «Cosa schifo mi hai fatto?», sputò con l'amaro in bocca ed uno sconcertante aroma ferroso sul palato.
Il più grande osservava pazientemente il proprio orologio da polso con un mesto sorriso, ad un tratto alzò lo sguardo smeraldino e attraverso lo specchietto retrovisore lo puntò su quello di William.
«O scendi o perdi la giornata», le disse smagliante indicando lo sportello.
«Ti odio», sbuffò l'albina afferrando la borsa con i libri e scendendo.
L'altro si limitò ad intonare una canzoncina, allontanandosi con l'auto.
Fece fatica a stare in piedi ai primi passi. I suoi ricordi si fermavano all'abbraccio con Claude, poi si interrompevano bruscamente.
Accelerò il passo imitando gli altri studenti. Samantha sarà già entrata, pensò stringendosi nelle spalle. Non riusciva a capire, capire cosa diamine le aveva fatto quel mancato Dottor Frankenstein.
Eppure in parte aveva già trovato la soluzione.

«Pssst, Leroy!» l'albina trasalì appena Nicole la chiamò.
«Non girarti», le intimò Samantha accanto a lei.
«Non lo farò», sibilò lei in risposta gettandosi una furtiva occhiata alle spalle.
Per tutta la mattina aveva avuto l'amaro in bocca e la paura di poter vomitare da un momento all'altro ― in classe poi, non voleva nemmeno immaginarselo. Invece, contrariamente ai suoi pensieri, tutto filò liscio.
La Mureau intanto appuntava i compiti alla lavagna, alzandosi ogni tanto sulle punte delle scarpe, facendo un percorso continuo da destra a sinistra.
La classe tutto sommato era tranquilla e l'albina si stupì quando la professoressa le rivolse solo un paio di domande ― alle quali seppe rispondere immediatamente.
«William!», ancora, la voce di Nicole le arrivò forte e chiara alle orecchie insieme ad una pallina di carta ― no, un bigliettino. Che Samantha prese prontamente.
«Dice di girarti.»
«Io dico di continuare ad ignorarla.»
Quindi poggiò il viso sul palmo della mano, soffiando via un ciuffo di capelli bianchi, mentre con l'altra scriveva i compiti. Sentiva ancora le palpebre pesanti, o meglio, come se le avessero incastonato due macigni nelle orbite ― ed ogni tanto un capogiro non tardava a coglierla di sorpresa. Pensò anche di esser stata drogata, in qualche modo.







* * *









Il corvino osservava trionfante la boccetta vuota a metà ― il liquido al suo interno aveva funzionato egregiamente sull'albina. Finalmente avrebbe fatto a modo suo.
Ridacchiò tra sé e sé, poi conservò la boccetta nella tasca della giacca, era ora di eliminare un particolare superfluo. Oscillò il capo a destra e sinistra facendo scrocchiare le ossa del collo, poi iniziò a salire le scale.







* * *









Al cambio dell'ora Nicole si avvicinò prontamente al loro banco, dopo ciò che le aveva detto Samantha, di quella lì si fidava ancora meno di prima. Di seguito anche Melanie si avvicinò, con i suoi capelli neri a caschetto e due treccioline più lunghe davanti ― lo sapevano tutti che portava le lentine colorate per avere gli occhi blu.
«William.»
«Nicole.»
Si guardarono intensamente negli occhi, poi la castana sorrise, alzando un angolo delle labbra, improvvisamente le prese un braccio ― braccio? Sgranò gli occhi, tirandolo subito via, portandoselo al petto.
«Che cavolo fai?», sbottò la rossa alzandosi e spingendola via mentre Melanie, povera ragazza, aggrottava la fronte non capendo un accidente.
«Temae2», ringhiò, che se l'avesse sentita sua madre le avrebbe dato un ceffone. Si alzò anche lei tirando Nicole con sé fuori dall'aula. Samantha la guardò incredula, non avendola mai vista così furiosa, tenne Melanie per mano trattenendola da seguire le due.
«Hey!»
«Ti assicuro che è meglio non intromettersi», le intimò.

«N-non lo dirò a nessuno, giuro!» deglutì pesantemente Nicole addossata alla parete verde pallida del corridoio ― cavolo. Mentre le lacrime inondavano gli occhi non riusciva a distogliere lo sguardo da quello striato rosso della compagna di classe.
«Ti sembra che mi importi?», sbottò l'albina senza allentare la presa al colletto della camicetta beige della castana ― tsk, avrebbe dovuto fare più attenzione. Accidenti! Non aveva battito cardiaco, giustamente e Nicole l'aveva sentito ― anzi. E non avrebbe nemmeno voluto alzare tutto quel polverone, ma doveva. Doveva spaventarla per bene nonostante fosse a scuola, nel corridoio, dove anche gli insegnanti avrebbero potuto vederla. Non doveva far parlare Nicole.
«Volevo solo sapere se eri davvero un―... nhg», mugolò appena la vampira se l'avvicinò al viso.
«Will, c'è il professore di francese», le intimò Samantha poggiandole una mano sulla spalla ― da dove era sbucata? Trasalì e lasciò andare la stoffa. Nicole singhiozzò una volta poi corse dentro la classe, ma non per questo non le risparmiò un ulteriore occhiataccia. Sospirò.
«Sam», si portò una mano al viso, abbassando le palpebre.
«Stai bene? Non hai esagerato?» e dovette ammetterlo a se stessa Samantha, William anche se per un attimo, le fece paura.
«Forse. ...Mi scoppia la testa», mugugnò sospirando nuovamente. «Chiedo se possiamo stare un attimo fuori, okay? 'Sta qua.»
La rossa le diede una pacchetta spalla, poi varcò la porta della classe, immediatamente adocchio Nicole che ancora si soffiava il naso. Ben le sta, abbozzò un sorriso.
«Walsh, perché fuori dalla classe?», le domandò il professore mentre sfogliava il registro per chiamare l'appello.
«Leroy non si sente molto bene, le volevo chiedere se posso stare qualche minuto insieme a lei.»
«Cinque minuti, poi devo iniziare la lezione.»
La rossa annuì, poi si voltò per uscire di nuovo.




Deliri Note dell'autrice:
[...] Yumekui1[...]: il magiatore di sogni; per capire meglio vi consiglio di ascoltare la canzone Yumekui Shirokuro Baku di Len Kagamine, per chi non la conosce. ☆
[...] «Temae2» [...]: sicuramente più conosciuto come “temee” (手前) è tradotto nei vari anime e manga come “bastardo!!11xdxd”, ma è solo un modo maleducato per dare del “tu” a qualcuno ― proprio per questo se la madre la sentisse le laverebbe lavato la bocca con il sapone. ☆

È STATO UN PARTO PUBBLICARE DAL CELLULARE. Non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico. (?) ò___ò" E se vi chiedete perché mi sono inoltrata in questa opera suicida, è morto il pc. *sob* Quindi se ci sono più errori del normale colpa della tastiera. =___="
Bien, ora passiamo ai ringraziamenti! Ringrazio Damon94 e _ALEH_ per aver messo la storia nelle preferite. *manda glitter* ☆ ;____; E come sempre i lettori silenziosi + chiunque lasci una recensione per farmi sapere cosa ne pensa. ☆☆☆
―L o t t i e.
  
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