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Autore: arangirl    08/11/2014    1 recensioni
Jaime è un ex atleta che dopo la perdita della mano destra ha perso anche se stesso. Brienne è una soldatessa al fronte, senza nessuno ad aspettarla a casa.
Un programma di scambio lettere farà incontrare (o forse scontrare) le loro vite, ma forse non tutto il male viene per nuocere...
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Loras Tyrell, Renly Baratheon, Tyrion Lannister
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia segnava le 7.57, tre minuti esatti prima del suono dell'allarme, eppure lei era sveglia da almeno un'ora. Era rimasta a fissare il soffitto color senape del bed&breakfast per tutto quel tempo, nell'animo l'inquietudine dei sogni della note precedente, l'angosciante ricordo delle urla degli uomini che le riempivano le orecchie mescolate alle parole che Jaime le aveva rivolta la sera prima, al suo sorriso che riusciva ad emozionarla in modi che non avrebbe mai creduto possibili. La sveglia risuonò nel silenzio della stanza e lei mosse un braccio lentamente per spegnerla, senza preoccuparsi troppo del rumore; era quasi certa di essere capitata nell'unico ostello in tutta San Francisco senza alcun cliente.


 
Si alzò stiracchiandosi pigramente, la calda luce del sole che entrava dalla finestra spalancata; non riusciva più a dormire con le imposte chiuse, aveva passato troppo tempo al buio per disprezzare qualsiasi minima fonte di luce. Jaime aveva detto che sarebbe venuto a prenderla per le 12, e fin dal momento in cui aveva lasciato casa sua la sera prima non era riuscita a pensare ad altro che a quanto si sentisse inadeguata per quello che l'aspettava. Dove l'avrebbe portata Jaime? Fissò di nuovo (quante volte l'aveva guardata da ieri, dieci, venti?) la valigia con i pochi averi che si era portata dietro da Los Angeles, ridendo fra se perché era probabilmente la prima volta in vita sua che non sapeva cosa fare, come comportarsi, come vestirsi. Il suo corpo vibrava di energia repressa, come sempre faceva quando non era in servizio, costretta a correre di qua e di là per il campo, così si mise la tuta in velocità, raccattando dal comodino il lettore mp3 che aveva usato la sera prima cercando di calmarsi e si precipitò fuori dalla stanza. 



Le scale di legno scricchiolarono al suo passaggio mentre il rumore rimbombava nella casa apparentemente vuota, eppure Brienne avvertì una presenza al piano di sotto. Infatti, non appena arrivò si scontrò con la stravagante padrona di casa, intenta a riparare qualcosa di grosso e polveroso nel bel mezzo del salotto "Oh, buongiorno Brienne!" Brienne la salutò con un sorriso incerto, studiandola come aveva fatto la sera prima. Quando era arrivata nel suo b&b, il Vento Nero, Asha Greyjoy era stata più che felice di accoglierla, darle del tu senza essere invitata a farlo, e Brienne sospettava lo facesse con chiunque, e costringere il fratello minore, tutt'altro che contento, a saltare l'uscita serale per prepararle la camera. "Sto andando a correre, dovrei tornare fra poco." Asha la guardò con espressione confusa "Ma non era oggi? Il grande giorno? Non devi prepararti?" Ecco, un'altra cosa che Asha era riuscita a fare benissimo era stato insinuarsi nella sua vita nel tempo di una cena, cosa che aveva lasciato Brienne allibita e sorpresa "E' presto... E poi davvero, non è una cosa così importante..." "Ma sai già come vestirti? Dove ti porta? Capisci subito il carettere di un uomo dal primo appuntamento, e se allunga le mani allora..." Brienne non riuscì più a sentire nemmeno una parola, indecisa se arrossire ancora più violentemente di quanto non stesse già facendo o se scoppiare a ridere per il gioco di parole involontario di Asha; così si limitò a sgattaiolare fuori lasciando la donna alle sue riparazioni.




Jaime fissava Onore e Onore fissava Jaime.
Erano in quella posizione catatonica da circa mezz'ora e nessuno dei due sembrava intenzionato a muoversi. "E' inutile che mi guardi così gatto, devo farlo. Devo annullare. Ora la chiamo e le dico che non vado." Il gatto si limitò a sbadigliare e l'uomo si passò una mano fra i capelli "Non capisci, non sono più abituato a queste cose... E se poi faccio pena? E se lei non vuole più rivedermi?" Jaime si alzò in piedi, camminando avanti e indietro per il salotto "E solo che... l'hai vista. Non è come tutte le altre, lei è... è speciale." Guardò il gatto e questo si limitò a fissarlo con la classica espressione felina di disgusto per la razza umana. "Hai ragione, non posso disdire. Ma dove la porto, cosa organizzo? Perché mi vengono in mente queste idee." Jaime si lasciò nuovamente cadare sul divano, in preda allo sconforto.



Guardò il telefono indeciso, come aveva fatto probabilmente altre dieci volte prima di quel momento. Era davvero irritante dover chiedere consigli, ma in quel momento non sapeva davvero da che parte girarsi. Il telefono squillò a vuoto più volte prima che la profonda voce di Tyrion si facesse sentire "Pronto?" Nonostante il leggero senso di vergogna che Jaime sentiva alla bocca dello stomaco per aver chiamato suo fratelli minore in cerca d'aiuto, non potè fare a meno di notare il tono addormentato della sua voce "Tyrion, stavi ancora dormendo?" "Già, strana cosa da fare alle 9 di sabato mattina... A cosa devo il piacere di questa chiamata?" Jaime esito per qualche momento, conscio che quello era l'ultimo momento disponibile per tirarsi indietro "Io... io ho invitato Brienne ad uscire." Dall'altra parte della linea Tyrion scoppiò a ridere "Sapevo che non te la saresti fatta scappare vecchio volpone! Posso dirti che l'adoro? Non è da tutti riuscire a tenere testa a Cersei in quel modo!" Jaime non riuscì ad impedirsi di sorridere a sua volta "Lo so... Proprio per questo ho bisogno del tuo aiuto. Lei, insomma, voglio fare le cose per bene, il problema è che non so da che parte iniziare." Il silenzio riempì per qualche secondo l'atmosfera "Quindi mi stai dicendo che hai chiamato per avere un consiglio? Da me?" "Tyrion..." "No aspetta, devo assaporare il momento." "Tyrion..." "Solo un altro secondo... Ok, dimmi cosa avevi in mente." 



Jaime si passò distrattamente la mano sulla barba che si era dimenticato di radere quella mattina "Non saprei, forse un ristorante di quelli eleganti?" Tyron sbuffò "Ehi, stiamo parlando della stessa donna? Non pensi che si annoierebbe a morte in un posto del genere? Non è nostra sorella." "Hai ragione... ma allora cosa?" Tyrion rimase in silenzio per qualche secondo, ma a Jaime sembrava di sentire gl ingranaggi del suo cervello al lavoro "Hai detto che non si fermerà molto in città giusto? Perché non la porti a vedere San Francisco?" "Devo farle da guida turistica?" "Si, cioè, no.. Portala a vedere i tuoi posti preferiti della città, così imparerà a conoscerti. Capisco che non sia facile visto anche il modo in cui vi siete conosciuti, ma credo davvero che tu le piaccia... non incasinare tutto, ok?" La voce di Tyrion suonava allegra, come se il consiglio fosse solo un'amichevole presa in giro, eppure Jaime riusciva ad intuire una nota di serietà nella voce del fratello; diceva sul serio. "Cercherò di non farlo, promesso."




Brienne tornò dalla corsa trafelata e accaldata, le gambe che si facevano più molli ad ogni passo che faceva; forse aveva esagerato giusto un pochino. Aveva corso come una forsennata, cercando di lasciare tutti i pensieri negativi, l'ansia, il senso di inadeguatezza continua alle sue spalle, conscia che avrebbero continuato a seguirla ovunque, pronti a travolgerla nel momento stesso in cui si sarebbe bloccata. Alla fine il suo corpo le aveva intimato di fermarsi e, nonostante fosse ancora intera, sentiva l'angoscia dietro l'angolo come una vecchia nemica pronta a coglierla. Stava salendo le scale con estrema lentezza quando Asha la chiamò dalla piccola reception "Brienne! Un uomo è passato di qui poco fa e ha lasciato una cosa per te.." "Un uomo?" Asha sorrise in modo malizioso "Anche un bel bocconcino se posso dirlo... peccato per la mano." 



Brienne, dimenticata la stanchezza, si lanciò giù per la scale con il cuore in gola; che Jaime ci avesse ripensato, che avesse deciso di annullare tutto? "Ohhh ma allora avevo ragione, è una persona speciale." "Asha ti prego, dammi quello che ti ha lasciato!" Asha roteò gli occhi ma si limitò ad andare dietro la scrivania. Non appena Brienne riuscì a vedere cosa le stava porgendo la donna sentì incredibilmente più leggera; era un fiore, un giglio bianco e luminoso e quando lo prese in mano fu sorpresa da quanto fosse profumato. Asha alzò le spalle "Da parte mia devo dire che avrei preferito un bel diamante, ma non c'è male... Ti ha lasciato anche un biglietto." Brienne lo lesse senza riuscire a nascondere il sorriso che le stava nascendo in volto.
-Fanciulla, ti aspetto al bar in cui ci siamo incontrati alle 12 in punto, mi raccomando, vestiti comoda!-
Era la stessa calligrafia contorta e un po' disordinata che aveva imparato a leggere ed apprezzare nel corso dei mesi. "Chissà cos'ha in mente il nostro uomo.." Asha la guardava piena di curiosità, come se si aspettasse di sentirsi raccontare tutta la storia da un momento all'altro "Bene, buona giornata Asha." "Daiiii Brienne, voglio sentire tutta la storia!" Ma Brienne aveva decisamente altro da fare.




Più il tempo passava, più Brienne si rendeva conto di vivere la giornata più bella della sua vita. Jaime l'aveva aspettata al bar, raggiante come il sole, l'aveva presa sottobraccio ed erano partiti per esplorare la città. Jaime abitava piuttosto distante dal centro, ma più si avvicinavano più Brienne riusciva a vedere i tratti che caratterizzavano la famosa città, le strade sinuose, e colline, l'alto Transamerican Pyramid che svettava su tutti gli edifici e si sentiva piena di gioia solo a vedere tutte quelle cose. L'aveva portata a visitare tutti i quartieri più famosi, il Castro con le bandiere arcobaleno e il grande teatro in cui la madre, appassionata di cinema e opera, lo portava quand'era bambino; la profumata Chinatown, che serbava nell'aria aromi che Brienne non aveva mai nemmeno immaginato e sapori strabilianti che la lasciavano senza fiato mentre Jaime rideva e le raccontava del suo primo capodanno cinese e della sbronza epocale che aveva preso quella notte, e poi ancora il quartiere italiano, l'immenso Golden Gate Park di cui erano riusciti a vedere solo una minima parte, tra cui lo stadio in cui Jaime aveva giocato la sua prima partita da professionista. 



Brienne si sentiva una bambina, gli occhi illuminati dalle meraviglie che vedeva intorno a se; aveva vissuto tre quarti della sua vita in basi militari, ordinate e pulite, ma grigie e tristi rispetto a quella città rilucente. Jaime la guardava ogni tanto, lanciandole occhiate di nascosto quando lei era troppo occupata a riempirsi lo sguardo e sorrideva, rendendosi conto con sorpresa di come cose per lui banali e scontate potevano risultare meravigliose per qualcun altro, per lei tra tutti. Brienne non riuscì a smettere di ridere per un buon minuto quando nel museo dello stadio vide le foto di Jaime da giovane, cosa che lui trovò stranamente divertente nonostante tutto. 



Jaime alla fine fu costretto a trascinarla via dal museo "Non è ancora arrivata la parte migliore della giornata." "Faccio fatica a crederlo." disse lei senza fiato, ma poi lui la prese per mano e qualsiasi protesta le morì tra le labbra. La portò al Fisherman’s Wharf, nella zona nord della città, pieno di piccole bancarelle piene di frutti di mare e crostacei, e finirono nel Pier 39, il grande centro commerciale sul molo mentre il tramonto si specchiava sull'acqua con i suoi colori cangianti e lungo la passerella di legno umido artisti per strada si esibivano negli spettacoli più disparati, tra cui un mangiatore di fuoco che Brienne trovò assolutamente fantastico. 



Alla fine finirono per passeggiare al chiaro di luna accanto alla giostra veneziana  rallegrata dalle risate dei bambini mangiando zucchero filato che Jaime aveva comprato di nascosto mentre Brienne era distratta; ad un certo punto Brienne vide qualcosa che catturò la sua attenzione e strinse il braccio di Jaime "Vediamo se non ho dimenticato come si fa..." Era uno di quei giochi che si trovavano alle fiere di paese, con un usurato fucile a pompa con cui si doveva sparare a vecchie lattine. Jaime sorrise e la guardo affascinato mentre prendeva la mira con fare esperto, abbattendo lattine come se lo facesse altro nella vita. Alla fine il padrone del banco, lo sguardo pieno di ammirazione, le disse che poteva scegliere qualsiasi premio in esposizione; lei si girò con un sorriso malizioso verso Jaime "Chiudi gli occhi" Jaime obbedì paziente e dopo qualche secondo si sentì sfiorare la mano da qualcosa di sorprendentemente morbido. Quando guardò si ritrovò faccia a faccia con un grosso leoncino di peluche "Fanciulla, stai scherzando spero!" Brienne sorrise "Per niente! Un leone per il Giovane Leone." Lui sorrise e insieme andarono verso l'uscita, entrambi incredibilmente felici.



Jaime l'accompagnò fino alla porta del Vento Nero, e con ogni passo che l'avvicinava alla soglia sentiva il battito del suo cuore diventare sempre più veloce e più profondo allo stesso tempo; era stato tutto perfetto, ma come si sarebbe conclusa la serata? Solo il cielo sapeva quanto desiderava che Jaime si facesse avanti per baciarla, e quanto allo stesso tempo ne avesse paura. Lui la guardò e per un attimo perse il filo dei suoi pensieri: in che momento aveva perso completamente la testa per quell'uomo? Non era saggio, non era prudente, sicuramente non era da lei, eppure era succeso. "E' stata davvero una bella giornata" disse lui piano e lei cercò di trovare parole adatte per rispondergli "Jaime... sono così felice di averti conosciuto. Sei davvero un uomo speciale." 



Lo sguardo di lui si rabbuiò per qualche secondo, gli occhi verdi ridotti a fessure, e lei capì di aver detto qualcosa di sbagliato; troppo presto forse? O semplicemente troppo? "Scusami io... io volevo solo dire che sei un brav'uomo, sei dolce anche se con un cinismo che uccide, sei sincero, anche troppo forse.." "Brienne basta!" Aveva quasi urlato e Brienne lo guardò colta completamente di sorpresa da quell'improvviso cambio d'umore "Jaime, cosa succede?" Jaime allungò la mano sana verso di lei, il palmo aperto "Io.. io scusami Brienne, ma non ci riesco." E con quelle parole la lasciò sola e confusa, con il cuore pieno di dolore.




Jaime era seduto sul divano, le ginocchia strette al petto da quasi mezz'ora quando sentì qualcuno bussare alla porta; non rispose, non voleva vedere nessuno, non in quel momento. "Jaime Lannister, apri subito questa porta o giuro che la butto giù! Sai che posso farlo!" Jaime aspettò qualche altro secondo, sperando semplicemente che Brienne se ne andasse, ma alla fine, vinto dall'insistenza della donna, si alzò e aprì la porta. Lei era terribilmente pallida e sembrava terribilmente arrabbiata "Mi devi delle spiegazioni. Me le devi. Sono venuta fin qui dall'altra parte del mondo per vederti, per conoscerti, mi hai illuso con le tue parole e con questa giornata stupenda, mi hai fatto pensare a cose che non avrei mai osato immaginare per me, mai. E poi ti comporti così.. Se non mi volevi nella tua vita bastava dirlo, me ne sarei andata senza farmi tutte queste illusioni. Volevo rimanere nella mia camera a piangermi addosso, ma ho deciso che merito una spiegazione, e tu me la darai." 



Jaime abbassò lo sguardo, pieno di vergogna "Non è questo Brienne, te lo giuro..." "E allora cosa? Ti prego, non riesco a capirlo." Erano ancora sulla soglia e Jaime capì che Brienne stava tremando dal freddo. Si fece da parte per farla entrare e lei lo seguì con passi incerti. Non sapeva cosa dirle, come dirle ciò che portava da anni dentro come un fardello? "Era tutto così bello.." disse in un sussurro "Averti qui, in carne ed ossa, farti vedere i luoghi della mia vita... Che per un momento mi sono dimenticato chi sono... che cosa ho fatto." Lei lo guardò confusa, cercando di avvicinarsi, ma lui si allontanava ogni volta che lei faceva un passo nella sua direzione "Jaime..." "Ti hanno parlato del mio incidente, di quando... di quando ho perso la mano." Alzò il moncherino con sguardo triste "Ti hanno detto del bambino, di Bran Stark." Brienne annuì, senza capire cosa stava cercando di dirle "Tu mi hai detto che sono un brav'uomo... un uomo sincero, ma non è vero. Nessuno sa la verità su quell'incidente." Brienne rimase in silenzio, attendendo l'inevitabile verità. "Non ho mai detto a nessuno cos'è successo veramente quella notte. Avevo bevuto, ero ubriaco, fuori di me... E' stata colpa mia, colpa mia se non ho più la mano, colpa mia se quel bambino non può più camminare.. Sono un mostro." 



Note: Mi scuso di nuovo per il ritardo (non odiatemi), volevo dirvi che io non sono mai stata a San Francisco (purtroppo), quindi tutto quello che ho scritto deriva da internet e dal mio insanissimo desiderio di vedere quella città perciò possono esserci incongruenze con la realtà, scusatemi! Ci sono ancora molti punti da chiarire, ma nel prossimo capitolo arriveranno chiarimenti, promesso! Alla prossima, grazie per tutto il sostegno!
  
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