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Autore: mattmary15    09/11/2014    7 recensioni
Lei allungò una mano e gli spostò una ciocca di capelli dal viso. Lui inspirò cercando di raccogliere il profumo della sua pelle, la guardò dritta negli occhi azzurri come il mare e disse solo poche parole. Sempre quelle.
“Saori, lo sai”
Le disse con un sospiro, come se una malinconia antica di mille anni volesse farsi largo improvvisamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino di una vita intera'
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Piccole note:
Questo capitolo è lunghissimo. Chiedo venia ma non controllo più gli eventi. La storia ha deciso davvero di volgere al termine. Non mancano molti capitoli anche se tante cose devono ancora accadere. Ringrazio tutti coloro che leggono e soprattutto quelli che commentano e mi scrivono in privato. sto ricevendo tantissimi commenti. cerco di rispondere a tutti. Anche se qualcosa non vi piace, ditemelo lo stesso. Grazie di cuore.
Vi lascio alla seconda parte del capitolo. Qualcosa che si conclude c'è... disperata vi lascio alla lettura.
 

La vita salvata da Eden
Seconda parte



Eden non riusciva a credere ai propri occhi. Il regno del dio del mare era meraviglioso. Il cielo era costituito da un’incredibile massa d’acqua trasparente che lasciava filtrare una luce calda ed intensa. Non avrebbe saputo dire che profumo fosse quello che si diffondeva nell’aria ma si sentiva inebriato. Stringeva ancora il corno che suo zio gli aveva affidato, quello che secondo la regina di Asgaard avrebbe potuto destare Hyoga dall’incantesimo del Ragnarock. Il suono di un flauto lo fece voltare.
Un uomo dai capelli chiari e dall’armatura dorata suonava appoggiato ad una colonna. Shun gli posò una mano sulla spalla.
“Se lo ascolti con troppa attenzione, finirai con lo strisciare ai suoi piedi. Il suo flauto ha il medesimo effetto del canto delle sirene.” Il suono cessò.
“Il mio nome è Sirya e anche se percepisco un’energia spaventosa provenire da voi, non vi lascerò girare indisturbati nel regno del mio signore Poseidone.”
“Deponi ogni bellicosa intenzione, Sirya. Non intendo battermi con te. Non l’ho fatto quando ce n’era motivo, non lo farò ora. Siamo venuti a chiedere udienza al re dei mari. Giungiamo da Asgaard dove abbiamo fatto cadere tutte le accuse di tradimento contro la principessa Flare. Abbiamo restituito il Ragnarock al tesoro di Odino.” Disse Shun.
“E in cambio avete preso il suo leggendario corno?” chiese Sirya indicando con il capo l’oggetto tra le mani di Eden.
“Ho chiesto con gentilezza di vedere Nettuno, Sirya. Il resto non ti riguarda.” Gli rispose Shun.
“Mi dispiace cavaliere di Andromeda. Sono al corrente del fatto che ti sei riunito allo spirito di Hades. Non posso condurti innanzi a Nettuno. Sono disposto a battermi per impedirti di arrecare danno al mio signore.”
“Vedi, Eden, il valore di un cavaliere equivalente a quelli d’oro del grande tempio? Un’estrema fedeltà lega questo generale al suo signore. Un simile sentimento nasce dall’amore, non dalla paura o dal rispetto. Non è vero, Sirya?”
Eden fissò il suo sguardo sul generale che si affrettò ad imbracciare di nuovo il suo flauto.
“Non avverto alcuna malvagità in lui, zio.” Fece Eden posando una mano sull’avambraccio destro di Shun. Ormai aveva imparato ad avvertire il momento in cui suo zio Shun lasciava il posto a suo zio Hades. Temette per la vita di quel cavaliere dall’anima gentile.
“Avevo chiesto gentilmente, Sirya.” Disse il cavaliere di Andromeda mentre l’aura chiara della nebulosa si andava piano piano scurendo “Probabilmente le mie parole non sono state abbastanza chiare. Sono venuto qui per vedere mio fratello. Non c’è negoziazione in questo. A te la scelta. Puoi condurmi a lui senza arrecare danno ad alcuno o posso inaridire questo luogo senza che per secoli la vita torni a manifestarsi qui. Tu sarai il primo a morire.”
“Ti prego di rivedere la tua disposizione d’animo, sommo Hades.” Disse Sirya inginocchiandosi e chinando il capo “Puoi uccidermi se vuoi, ma ritirati. Non c’è nulla di cui voi e il mio signore potete discutere senza combattere.”
“Ora ti stai immischiando in affari che non ti riguardano, cavaliere!” urlò Hades sollevando una mano ma il suo potere non si sprigionò. Il cosmo dorato di Nettuno aveva già avvolto Sirya.
“Mio signore!” esclamò il generale degli abissi.
“Sirya, mio fratello ha ragione. Ti stai immischiando in cose che non ti riguardano. Dietro di me. Ora!” urlò Julian e Shun rise.
“Pensi di proteggerlo da me?” gli domandò.
“Proteggerlo? Non capisco di che parli. Lo punisco e basta.”
“Come credi. Non sono qui per prendere la vita di Sirya.”
“Sei qui per me?”
“Sono qui per il Titanium. Rendimelo.”
“Apparteneva a me e ora è tornato nelle mie mani.” Fece Julian con tono sicuro.
“Non avresti dovuto adoperarlo. Il Kraken è figlio dei Titani. I Titani sono dei antichi che odiano la nostra discendenza. Hai scatenato un flagello degli dei.”
“Può essere fermato e tu lo sai. Lo abbiamo fatto in passato, possiamo farlo ancora.”
“La folgore di Zeus lo fermò. Né io, ne te abbiamo questo potere.”
“Atena ce l’ha! Sul suo scudo non dorme lo sguardo della Medusa che tutto può imprigionare nella pietra?”
Hades guardò verso il cielo e proruppe in una fragorosa risata.
“Il tuo piano non era liberarti di Marte! Non solo. Hai preventivato questo fin dal principio, non è così?”
“Voglio solo chiudere questa vicenda una volta per tutte. Marte non avrebbe dovuto risvegliarsi in quest’epoca. L’ho ridestato io.”
“Ma non sarai tu ad affrontarlo! Seiya si batterà per Atena!”
“Come ha sempre fatto!” ironizzò Nettuno.
“Ed è su questo che tu hai puntato tutto, sì?”
“Ora sei tu ad immischiarti in affari non tuoi. Da quando ti preme la vita del cavaliere che ti ha privato del tuo vero corpo? Guardati, un’eco lontana di ciò che eri!” esclamò Nettuno mettendo però tra quella eco e se stesso il suo poderoso tridente. L’iraconda reazione che Julian aveva temuto però non giunse. La voce del signore degli Inferi era calma e decisa.
“I tuoi piani si sfalderanno sotto i tuoi stessi occhi. In questo momento Marte marcia su Atene. Porterà il Kraken contro il tempio ed esso devasterà ogni cosa. Atena non ha sufficiente forza per imbracciare il suo scudo. Ordinerai ai tuoi generali di unirsi ai cavalieri d’oro per difendere il santuario.”
“Tu osi darmi ordini?”
“Io suggerisco il modo più ragionevole per te di agire. Diversamente incorrerai nell’ira di Atena e nella mia.”
“Tu, dalla parte di Atena?”
“Lo hai detto tu. Io sono l’eco di un tempo che giunge al termine. Eden custodisce il futuro del mio retaggio. Egli abbraccia la luce dorata dell’olimpo di Atena e il baluginio della luna infera. Non ho più ragione ad aggrapparmi ad una guerra senza senso.” Disse Hades lasciando il corpo di Shun. Gli occhi del cavaliere tornarono chiari.
“Come mi minaccerai ora, cavaliere di Andromeda?” chiese Nettuno abbassando il tridente.
“Non ho più bisogno di minacciarti. Ora sai che Saori rischia la vita. La lascerai alla mercé di Mars?”
“Andrò in aiuto di Saori. Sirya, prepara i generali. Andrete a difendere i confini del santuario. Raggiungerete Kanon. L’ultima volta che si è recato al tempio, lo ha fatto senza il mio permesso. Ora non ha più importanza. Questa è la mia scelta.” Concluse Julian. Il suo cosmo ora si agitava forte e fiero e Shun ne rimase affascinato.
“Andiamo Eden, ora possiamo tornare al santuario.”
“Zio, posso farti una domanda?”
“Dimmi.”
“Hades ti ha controllato finora o sei stato tu ad usare il suo potere fino ad adesso?”Shun sorrise mestamente.
“Sei un degno figlio di Ikki e Pandora. Non esiste una risposta a questa domanda. Anche se non mi piace ammetterlo, siamo una cosa sola ormai.”
“Avete molto da parlare voi due?” chiese Nettuno sollevando il suo scettro e facendo scuotere la volta del cielo marino. Il mare prese a vorticare e, dal centro verso il bordo del vortice, il mare si ritirò lasciando libero un passaggio. “Andiamo, ora. Atena aspetta!”
Nettuno avanzò per prima nel passaggio aperto e Shun ed Eden si affrettarono a seguirlo.

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Seiya aveva detto addio ad Atena ma non poteva lasciare il santuario senza aver fatto un’ultima cosa.
Aprì lentamente la porta della stanza riservata alle guardie della tredicesima casa e li vide.
Kouga dormiva fra Ryhuo e Soma. Più in là riposava Yuna. Sembravano sereni.
Si chinò sui loro corpi e scostò una ciocca di capelli dal viso di Kouga. Erano mai sembrati così lui, Shun, Hyoga e Shiryu? Indifesi? Innocenti?
“Ti avevo promesso che ti avrei aiutato a ritrovare i tuoi genitori. Scusami ragazzo mio ma devo fare questa cosa. Sono certo che diventerai più grande e più forte di tuo padre, Ko-chan. Supera la tristezza che ti porti nel cuore.” Con il rovescio di una delle mani gli carezzò una guancia. “Sii forte. Sii forte e proteggi tua madre.”
Seiya si alzò e raggiunse la porta. Un dolore al petto lo colpì come gli era accaduto la mattina prima e cerco di prendere un respiro più profondo. Fu per questo che non si accorse di lui.
“Seiya.”
“Kouga, ti ho svegliato?”
“Dove stai andando?” chiese il ragazzo strofinandosi gli occhi con una mano.
“Torna a dormire. Domani sarà una lunga giornata.”
“E tu?”
“Io devo andare adesso.” Kouga sgranò gli occhi come se il suo sesto senso si fosse improvvisamente svegliato.
“No! Aspetta! Fammi venire con te! Voglio combattere anche io!”Seiya si inginocchiò e gli prese le spalle.
“Ti ho detto non adesso. Domani il grande sacerdote ti dirà quali compiti ti aspettano.”
“Credi che non sia all’altezza? Fammi provare!” Seiya scosse il capo e sorrise dolcemente.
“Io credo in te. Più che in qualunque altro cavaliere di Atena, più che in me stesso. Io so che tu sarai molto più forte di quanto io lo sia mai stato, Kouga. Però questa è la mia battaglia. Devi lasciare che l’affronti io.” Kouga sentì il proprio cosmo entrare in risonanza con quello di Seiya e i suoi occhi si gonfiarono di lacrime.
“Tornerai?”
“Non lo so. Sinceramente.” Rispose il cavaliere d’oro abbassando il capo senza smettere di sorridere.
“Come faremo tutti senza di te? Tu sei il cavaliere leggendario!”
“Come avete fatto negli ultimi tredici anni!” esclamò Seiya ridendo “Non mi sembra che in molti abbiano sentito la mia mancanza!”
“Saori l’ha sentita. Ti ha sempre aspettato. E anche io, quando volavi via, aspettavo sempre il momento di rivederti. Come faremo se non dovessi tornare?”
“Andrete avanti perché sarete insieme e anche se mi dovesse accadere qualcosa, il mio spirito sarà sempre con voi. Anzi devi promettermi che se non fossi in grado di tornare, tu proteggerai Saori a costo della tua stessa vita!”
“Ha mille cavalieri più valorosi di me!” disse Kouga divincolandosi dalla stretta di Seiya che scosse il capo.
“Tu hai ereditato Pegasus. Pegasus protegge Atena dall’epoca del mito. Se ti dovessi smarrire, se dovessi perdere il tuo coraggio e la tua forza, affidati a lui. Tocca le tredici stelle di Pegasus.” Sussurrò Seiya e una lacrima gli cadde dagli occhi profondi “Ricordatelo Kouga, capito?”
Kouga sentì qualcosa spezzarsi nel petto. Come quando l’ultimo anello di una catena si rompe e qualche cosa di potente viene liberato, Kouga sentì fluire ricordi sopiti. Ricordò il tocco di mani forti e gentili che lo sostenevano nel muovere i primi passi. Ricordò il calore di braccia che lo stringevano durante le febbri alte dei primi anni di vita. Ricordò la voce che gli chiedeva di fidarsi delle tredici stelle di Pegasus durante il torneo che chiudeva le Panatenee. Ricordò e non riuscì più ad arginare sentimenti e lacrime. Si lanciò tra le braccia di Seiya e pianse singhiozzando.
“Non lasciarmi ora.” disse stringendosi spasmodicamente a Seiya.
“Io non ti lascerò mai. Mi sono unito a quelle tredici stelle tanto tempo fa. Tra esse tu mi troverai sempre. Sono il nostro retaggio, Kouga. Nel loro nome io ho combattuto e ho protetto il tuo futuro. Ora tocca a te. Proteggerai Saori?”
Kouga si staccò, un’ardente determinazione negli occhi.
“Te lo prometto. La proteggerò io, sta tranquillo. Noi proteggiamo, non è così?”
“Bravo, il mio ragazzo! Sono orgoglioso di te, non lo scordare, va bene?”Kouga annuì. Seiya si alzò e si voltò. Doveva andarsene subito. Improvvisamente si rese conto di essere bloccato. Le braccia di Kouga lo circondavano, il suo viso attaccato alla schiena.
“Se avessi potuto scegliere tra tutti i cavalieri un padre, io senza sapere, avrei scelto te!” disse il ragazzo sottovoce.
“Se avessi potuto crescere un figlio, avrei voluto avere la possibilità di crescere te. Avrei detto a tutti con orgoglio quanto amore provo per mio figlio.”
Kouga aveva in animo tanti sentimenti contrastanti ma le parole uscirono sicure. Ora ne conosceva il vero significato.
“Seiya, lo sai.” Il cuore di Seiya perse un battito poi il cavaliere sorrise.
“Lo so, Kouga. Anche io.”
Il ragazzo lasciò la presa e il cavaliere corse via nella notte. Neppure il cielo avrebbe potuto contenere l’esplosione dentro al suo cuore.
Kouga rimase in piedi a guardare il corridoio che, come un buco nero, s’era mangiato una delle due persone più importanti della sua vita poi s’incamminò per raggiungere l’altra.

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Shaina corse a perdifiato abbattendo nemici fino alla casa dell’Ariete. Lì il cavaliere d’oro non c’era ma Kiki presidiava la casa in sua vece.
“Shaina, che ci fai fuori dal tempio? Seiya ha ordinato il coprifuoco. Mur è rimasto a vegliare su Atena.”
“Devo vedere Seiya. E’ alla tredicesima casa?” chiese il cavaliere d’argento.
Kiki annuì.
“Posso passare?” chiese Shaina che sapeva quanto Mur tenesse in considerazione il ragazzo. Probabilmente sarebbe stato il suo successore.
“Non sono il custode della casa. Ad ogni modo, puoi passare a condizione che tu mi dica perché hai liberato Kanon.”Shaina sussultò.
“Non ti mentirò Kiki anche se non so come tu faccia a sapere sempre tutto, dannato ragazzo! Ad ogni modo, credo in lui. Non chiedermi perché. Ho i miei motivi.”
“Quando sono stato nella sua cella, non ho percepito malvagità in lui. Ti sei messa contro il grane sacerdote però. Sarai punita.”
“Kanon dice che c’è un modo di fermare il Kraken. Devo parlarne a Seiya.”
“Fa in fretta allora. C’è stato un consiglio di guerra. Se i cavalieri d’oro si muovono, Seiya di certo li guiderà.”
“Corro allora. Grazie, Kiki.”
Il ragazzo la vide sparire oltre l’ampio colonnato della casa dell’Ariete. Quante cose avevano visto quelle colonne di pietra. Possibile che fosse passato così tanto tempo da quando, bambino, si teletrasportava qui e là per il santuario facendo ammattire tutti? Ora che era cresciuto, somigliava a Mur molto più di quanto non volesse ammettere con se stesso. Agli altri diceva sempre che tutti gli eredi delle terre perdute si somigliavano. Il saggio Hakurei, il sommo Sage, l’indomito Shion, la bella Yuzuriha, il grande Mur e persino quella bimbetta che Saori aveva accolto nell’orfanotrofio di Rodorio, la piccola Raki. Kiki sorrise pensando che in quella lunga lista di nobili cavalieri lui non aveva trovato ancora un collocamento. Mur non aveva voluto che si battesse per un’armatura. Diceva che il suo destino era l’armatura dell’Ariete. Kiki, tuttavia, non si sentiva neppure lontanamente all’altezza di un simile destino e non era il confronto con Mur a spaventarlo. Era il confronto con Seiya. Quando lo aveva incontrato la prima volta, Seiya era un ragazzino impertinente e spavaldo come lui. Gli anni erano passati e quel ragazzino era diventato un uomo, una leggenda. Lui, invece, cos’era diventato?
Un boato tremendo squarciò l’aria e Kiki corse fuori. L’immagine che vide fu terrificante. Un manipolo di cavalieri di bronzo e d’argento giaceva in terra senza vita. Una donna vestita di rosso e avorio riluceva di un sinistro cosmo.
“Chi sei tu?” chiese Kiki con un tono calmo e deciso che non avrebbe saputo attribuirsi.
“Il mio nome è Medea, sacerdotessa di Marte.”
“Hai oltrepassato la barriera divina di Atena che ha fermato tutti i soldati del dio della guerra. Come hai potuto farlo?”
I capelli neri della donna ondeggiavano insieme alle sue vesti. I suoi piedi non toccavano terra. Nella mano destra impugnava un asta acuminata ad entrambe le estremità.
“Io sono una strega. Posso molte cose che gli esseri umani non immaginano neppure!”
Kiki innalzò senza fare un gesto il muro di cristallo come gli aveva insegnato Mur. La donna sorrise.
“Credi che quella sfoglia di vetro possa fermarmi?”
“Non ne ho idea, ma proverò con tutto il mio cosmo a fermarti, Medea. Non sottovalutarmi perché non indosso un’armatura. La mia volontà è forte.” Fece Kiki assumendo una posizione di difesa.
“Non basterà la tua volontà a fermarmi. Io vi evoco pietre della pioggia! Lapis Manalis!”gridò Medea sollevando la lancia e un tuono simile al boato che Kiki aveva udito poco prima riempì di nuovo l’aria. Una pioggia di quarzo precipitò dal cielo infrangendo il crystal wall e colpendo Kiki.
“Non credere che ti risparmierò! Anche se sei un ragazzino. Il mio signore mi ha ordinato di uccidere tutti! Lapis Manalis!” 
Kiki svanì dalla sua vista e fermò alcuni cristalli a mezz’aria con la sua telecinesi.
“Non sono un ragazzino, Medea. E non puoi pensare di sorprendere due volte un cavaliere con lo stesso colpo!”
“E tu saresti un cavaliere?” gridò la strega lanciando altri colpi contro di lui.
Kiki cadde più volte sotto i colpi di Medea ma tutte le volte si rialzò e difese l’ingresso alle dodici case.
“Te lo riconosco, sei determinato! Eppure non posso trattenermi con te.” Disse ridendo Medea e concentrò il suo potere sulla punta della sua lancia “Ti lascerò in compagnia dei miei adorati figli. Tessalo, Alcimene, Tisandro, venite a me!”
Kiki vide tre spiriti apparire alle spalle della donna.
“Non ti lascerò comunque passare, Medea!”
“Vedi ragazzo, i miei figli non hanno più un corpo. Erano i tre generali dell’esercito del mio signore. Li ho sacrificati affinché le loro carni e il loro sangue rigenerassero il corpo mortale di Marte, affinché le loro armature riparassero lo squarcio fatto dalla freccia di Sagitter nell’armatura divina del mio signore! Coraggio, figli miei! Prendetevi le carni di questo giovane!”
Gli spettri tremarono alle spalle della strega e poi si fiondarono su Kiki. Medea ne approfittò per superare la casa dell’Ariete. Kiki invece rimase a terra mentre gli spettri lo torturavano. Fu allora, mentre odiava se stesso per essere stato incapace di proteggere la casa di Mur, che udì la dolce voce di Saori.
“Kiki, non arrenderti. I cavalieri di Atena non cedono mai allo sconforto. Non lasciarti vincere dall’angoscia di questi spiriti. La luce che porti dentro di te è più forte del loro dolore.”
“Io non sono un cavaliere, non lo sono mai diventato. Non sono all’altezza. In tutto questo tempo non ho mai combinato nulla di buono!”
“Kiki, non è così. Chi ha vegliato su di me quando la freccia di Arles mi ha colpita? Chi ha pregato con me perché i ghiacci di Asgaard non si sciogliessero? Chi ha portato ai cavalieri le armi per abbattere le colonne di Nettuno? Chi ha scoperto che l’incendio nell’orfanotrofio di Rodorio era una trappola di Marte? Chi ha salvato la piccola Raki? Chi ha portato per tutti questi anni notizie del piccolo Kouga a Seiya? Chi sta difendendo ora la prima casa del santuario dai miei nemici? Così come tu sei sempre giunto in mio soccorso, ora io vengo nel tuo. Alzati cavaliere e indossa l’armatura del cavaliere più vicino alla dea Atena!”
La voce di Saori svanì e una luce immensa si sprigionò sulla testa di Kiki. Gli spettri indietreggiarono davanti ad una splendente armatura d’argento.
“Saori, davvero? Grazie Atena. Proteggerò il santuario dai tuoi nemici usando tutto il potere che ho e questa sacra armatura dell’Altare!” urlò Kiki sprigionando il suo cosmo. L’armatura che un tempo era appartenuta al suo antenato Hakuerei, si dispose dal corpo di Kiki e tra le sue mani di materializzò la spada di Atena.
“Sparite, ombre! Onda degli spiriti!” gridò il cavaliere senza sapere come avesse fatto ad evocare un colpo segreto che nessuno gli aveva insegnato e le anime dei generali di Marte sacrificati da Medea furono assorbiti dall’armatura dell’Altare. Un silenzio irreale riempì la casa dell’Ariete e Kiki si guardò le mani prima di vedere l’immagine trasparente del suo antenato che tremolava di fronte a lui.
“Grazie, maestro Hakurei per questo dono.” Disse e l’uomo sorrise.
“Non dire grazie, figlio di Mu. Tu sarai ciò che sono stato. Usa la sacra Altare fino a che non ti sarà chiesto, come fu chiesto a me, di scambiarla con un’armatura d’oro.” Kiki lo guardò perplesso. Hakurei si congedò. “Tu sei nato sotto le stelle dell’Ariete. Cresci in potere e forza perché dovrai prendere il posto di un uomo destinato ad indossare maschera di gloria in tempo di pace.”
Kiki si chiese cosa significassero quelle parole poi però vide apparire un manipolo di soldati di Marte.
“Non vi lascerò passare! Se non vi ritirerete, perirete ai piedi dell’Altare!” disse il cavaliere e il cosmo contenuto dentro ad una rivoluzione stellare spazzò via i nemici di Atena.

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Saga strinse il corpo di Saori mentre questo si svuotava dal cosmo che l’aveva riempito fino ad un attimo prima. Aveva levato il suo sigillo dalla sacra armatura dell’Altare per mandarla a Kiki che si trovava in difficoltà alla prima casa. La macchia sulla spalla dovuta alla maledizione di Marte si era ormai estesa fino al petto e al collo e aveva raggiunto il polso sinistro. Il grande sacerdote la sollevò e la condusse sul letto.
“Come posso restare qui a guardarti lentamente morire?” disse sottovoce convinto che l’incarnazione di Atena fosse svenuta.
“Non ricordavo questa sensazione.” Disse lei aprendo piano gli occhi.
“Quale?” chiese Saga tremando per il timore della risposta.
“Questo senso di abbandono. Mi sento come se lentamente, i rumori, gli odori, ogni cosa si allontanasse da me. E il freddo. Comincio a sentire freddo.” Saga le prese istintivamente le mani.
“Abbiamo ancora bisogno di Atena.” Disse cercando l’unico appiglio che credeva l’avrebbe tenuta attaccata alla vita. Lei scosse il capo e sorrise.
“Oggi ho visto dodici cavalieri determinati a difendere le loro case. Non intendo le case dello zodiaco ma quelle dove vivono le persone che amano. Mur vuole proteggere Kiki e Raki, Aldebaran i suoi allievi, Death Mask ha Sybilla e Aphrodite, Aioria vuole proteggere Marin e Soma, Shaka ha a cuore i poveri di Rodorio, Milo tiene ad Ilio, Lucina ed Elena, Shura ha nel cuore i soldati della tredicesima casa che ha addestrato e che ogni giorno lo accompagnano, Camus intende difendere Hyoga e i suoi allievi e Aphrodite vuole evitare che Death Mask si sacrifichi per lui. Poi ci sei tu. Tu che hai così tanta determinazione nel voler proteggere tutti. Soprattutto me. Sono certa che sapreste bastarvi a vicenda. L’eufonia dei vostri cosmi potrebbe fare miracoli. Probabilmente non avete più bisogno di me.”
“Questo non è vero!” esclamò Saga “Noi non siamo niente senza di te. Viviamo per te!”
“Non arrabbiarti, Saga. E’ che sento il cosmo di Medea avvicinarsi e io non sono abbastanza forte.”
“Ci sono io. Ci sono altri dieci cavalieri d’oro a difesa del tempio, lo hai detto tu stessa. E non dimenticare che hai da badare a quel marmocchio. Non pensare neppure lontanamente di affidarlo a me! Non ho alcuna voglia di avere in giro un altro cavaliere di Pegasus. O intendi farmi morire tra i più atroci tormenti?” ironizzò Gemini e ottenne di farla sorridere.
Bussarono alla porta e Shura si affacciò timidamente nella stanza. Il cavaliere di Capricorn aveva sempre servito fedelmente. Al punto da aver attaccato Aiolos su ordine di Saga nascosto dietro la maschera del gran sacerdote. Per lunghi anni, dopo la battaglia contro Marte e nonostante avesse accettato la scelta di Atena di fare di Saga un vero gran sacerdote, Shura si era limitato a concedergli solo il suo silenzio. Per anni, tutte le volte che aveva obbedito ad un suo ordine, gli aveva velocemente voltato le spalle. Poi però aveva visto il modo in cui Saga aveva preso a soffrire per quella fragile dea, per le sue condizioni di salute. I cavalieri d’oro non ne parlavano ma, dopo l’attacco di Marte al santuario il giorno che il dio aveva dato fuoco all’orfanotrofio di Rodorio e Atena aveva corso un pericolo mortale, era trascorso un periodo triste e silenzioso. L’incarnazione di Atena aveva passato mesi chiusa nelle sue stanze. Solo poche persone erano ammesse alla sua presenza. Saga non se ne allontanava mai. In quei mesi lui aveva temuto che il cavaliere dei Gemelli stesse di nuovo macchinando qualcosa. Per questo rimaneva di guardia alle porte della tredicesima casa. Non voleva rischiare di nuovo di fare la scelta sbagliata, lui il braccio armato della dea. In quei mesi però aveva scoperto che Saga non avrebbe mai più potuto levare un dito contro Saori Kido poiché se ne era innamorato e ne ebbe compassione. Compassione poiché Atena gli aveva già concesso tutto ciò che poteva offrirgli. Beffardo destino! Quando aveva ottenuto ciò per cui aveva ingannato, tradito e assassinato, lui ne era rimasto impigliato come un insetto nella tela di un ragno. Quella maschera che aveva strappato a Shion per il potere ora nascondeva il volto dell’uomo che era alla donna che amava. Ne aveva compassione poiché la donna che amava, quant’anche avesse deciso di abbandonarsi al calore di un uomo, avrebbe scelto Sagitter, l’odiato Sagitter. Davvero destino beffardo! Prima Aiolos e poi Seiya lo avevano relegato al ruolo di comparsa. Shura non aveva mai amato una donna così e in nome di quel sentimento aveva deciso di rispettarlo. Parlò piano senza alzare lo sguardo su di loro, senza violare quel loro spazio.
“Shaka chiede il permesso di Atena di affrontare la strega Medea.” Disse. Saori si mise a sedere sul letto e il suo viso fu attraversato da una smorfia di dolore. 
“No. Adesso tocca a me.” Fece la fanciulla.
“Non siamo ancora a quel punto.” Disse Saga alzandosi in piedi. “Shura, di a Mur di venire qui. Vegliate Atena insieme. Se la sacerdotessa di Marte attacca Atena sarà il sacerdote di Atena a respingerla!”Saori s’incupì.
“Va, Shura.” Ordinò Saori. Il cavaliere d’oro si accomiatò con un leggero cenno del capo e Saga fece per seguirlo. Saori lo trattenne per un braccio. “Saga, fa attenzione, te ne prego. Ora che Seiya si è allontanato, non sappiamo cosa ne sarà della barriera.”
“E’ per questo che vado. Le impedirò di colpirla ancora. La barriera non difende solo il santuario. Nasconde a chiunque il potere che si cela all’interno del santuario. Con Marte in arrivo ci manca solo che gli dei scoprano ciò che stiamo nascondendo.” Saori si guardò il grembo e poi sollevò lo sguardo su Saga.
“Io devo fare qualcosa.”
“Tu devi vivere.” disse Saga inginocchiandosi davanti a lei. “Seiya lo vuole con tutte le sue forze, io te lo chiedo disperatamente. Vivi per coloro che ti amano. Vivi per Kouga che ha ancora bisogno di te.” Saori si chinò su di lui e lo tirò a sé.
“Saga, io voglio vivere ma sono stanca di vedere cavalieri morire nel mio nome. Questa battaglia contro Mars non è nata per uno scontro di ideali tra Atena e il suo antico avversario. E’ nata dal folle desiderio di Mars Kreutz, dalla gelosia di Julian, dai miei sentimenti per un uomo che non avrei dovuto neppure guardare. Ora come posso accettare di restare qui e vederti andare in battaglia sapendo che rischi la vita per cose simili? E come te, Shura, Shaka, Kiki. Come posso?” Lui le strinse i fianchi senza sollevare lo sguardo, il viso nascosto nella sua veste.
“Accettalo e basta. Accetta noi piccoli uomini che siamo disposti a morire per amore. Vale di meno questo sacrificio perché non viene durante una guerra sacra? Oggi tutti noi vogliamo difendere coloro che amiamo. Io voglio difendere te.” Concluse alzandosi. Saori si sentì sovrastata e comprese perché quell’uomo era stato venerato come un dio. Il suo cosmo doppio era immenso e forte. Non era caldo come quello di Seiya ma sfavillava di potere.
“Lo accetto. Con tutto il cuore.” Disse stringendogli una mano. Saga si staccò da lei e raggiunse la porta. Si voltò a guardarla un’ultima volta e sorrise di sfida.
“Non so cosa tu abbia visto in quel maledetto ronzino ma sono felice di aver vegliato su di voi fino ad ora. Spero che, almeno in questo, non ti abbia mai deluso.” Disse uscendo e Saori pianse. Ora che anche Saga andava verso la battaglia, perché lei, dea della guerra, veniva costretta a rimanerne ai margini?
Alla porta bussarono di nuovo. Si aspettava che fosse Mur ma apparve Pandora.
“Ti chiedo scusa. Ho bisogno di parlarti solo per un momento.” Saori si strofinò gli occhi e la invitò ad entrare.
“Dimmi pure.”
“Medea è giunta.” Fece la sorella mortale di Hades.
“Lo so.” rispose Saori dandole le spalle e guardando la grande statua di Atena.
“Non è avversario da sottovalutare. L’ho incontrata molto tempo fa. E’ temibile e possiede molta magia oscura.”
“So anche questo. Saga intende affrontarla. Gli ho dato il mio permesso di combattere.” Pandora le si avvicinò.
“Siamo state nemiche io e te. Dall’epoca del mito. Ho sempre nutrito molta gelosia nei tuoi confronti poiché sapevo che, per quanto Hades bramasse ucciderti, mio fratello era affascinato dall’amore che gli uomini provano per te. Ho dovuto conoscere anche io quell’amore per capire. Per questo sono qui. E’ giunto il tempo che faccia qualcosa per fare ammenda. Lasciami combattere contro Medea. So che il mio potere potrebbe aggravare le tue condizioni, ma posso sconfiggere Medea e se Medea muore, il potere di Marte diminuirà.” Saori la guardò negli occhi.
“Abbiamo avuto molte dispute. Ti ho lasciato Ikki ma tu hai dovuto riportare Hades nel corpo di Shun. Non posso perdonartelo. Usando il Ragnarock hai condannato Hyoga. Eden ha quasi ucciso Kouga. Ogni volta che provo a darti un’altra possibilità, quella mi si ritorce contro.”
“Lo so. E’ dall’età dell’oro che porto sciagure tra gli uomini che tu proteggi.” Disse sorridendo “Stavolta però combatterò per difendere proprio quegli uomini. Non  fallirò.”
Pandora prese le mani di Saori nelle proprie e la guardò dritto negli occhi. La dea ricambiò lo sguardo e sorrise dolcemente.
“E sia. Fa ciò che a quanto pare i miei cavalieri non voglio che io faccia. Combatti. Stringo un’alleanza con te anche se questo significherà inimicarmi Ikki. Lui non accetterà che tu ti batta.”
“Lo so. Si batterà con me. L’ho accettato tanto tempo fa. La sua volontà ha superato anche quella di Hypnos e Thanatos. Per questo non mi accadrà nulla.”
La donna vestita di nero si allontanò verso l’uscita.
“Pandora!” La richiamò Saori “Hai perduto la tua lancia. Come ti batterai?”
“Sono ancora la sacerdotessa di Hades! Non sottovalutarmi, Atena!” le ripose la donna sorridendo minacciosa e uscendo lasciò entrare Shaina.
“Saori! Dov’è Seiya?” chiese la guerriera trafelata. Saori avrebbe voluto nasconderle la verità ma Shaina non lo meritava. Si era battuta molte volte per salvare Seiya e se desiderava ancora rischiare la vita per lui come a lei era proibito, come poteva impedirglielo?
“Ha lasciato il tempio all’alba per intercettare Marte e tenerlo lontano dal santuario.” Disse risoluta.
“Da solo?”
“Sì.” Solo una parola secca. La verità.
“Come hai potuto mandarlo incontro a Marte da solo nelle sue condizioni? Regge ancora il peso della fiamma che regge la barriera!”
“Lo so.” Ancora solo due parole pronunciate quasi con indifferenza.
“Vuoi che muoia?” urlò Shaina furiosa.
“No.” Di nuovo indifferenza.
“Non te ne importa niente? Quell’uomo morirà nel tentativo di proteggerti ancora una volta e tu? Tu che hai da dire? Niente! T’importa forse solo di tenere al sicuro Kouga?”
“No.” Silenzio.
“T’importa solo di Kouga adesso?” la incalzò sempre più arrabbiata Shaina.
“No.” Dolore.
Shaina le fu addosso e la prese per le spalle. Quella ferita pulsò dolorosamente ma il volto di Saori non cambiò espressione.
“Tu devi fare qualcosa! Non può farcela da solo stavolta!”
“Devo vivere.” Silenzio.
“Cosa? Te lo ricordi ora che sei una dea? In tutti questi anni in cui ti sei divertita a crescere Kouga giocando alla famiglia perfetta, dov’era questa integrità?” gridò ancora Shaina scuotendola. “E Saga? Anche lui è una pedina sacrificabile?”
“No.” Dolore.
“Maledizione! Che ti prende?”
“Lasciala stare!” L’urlò arrivò dalla finestra che dava sulla statua della dea. Shaina percepì un cosmo caldo e avvolgente e credette di vedere Seiya. La figura slanciata nell’armatura, i capelli scuri e la voce profonda, un cosmo forte di tredici luminose stelle che gli ricordavano un abbraccio di tanto tempo prima.
Quando la tenda di velo bianco si scostò, Shaina mollò la presa.
“Kouga!”
“Lasciala stare. Le fai male. Non permetterò a nessuno di farle male. Neppure a te!”
Saori sentì il cuore esploderle nel petto e una lacrima le cadde dagli occhi. Kouga camminò fino a mettersi al centro tra le due donne che lo avevano cresciuto. Shaina lo osservò. Era identico a Seiya tranne che per quei due occhi chiari che aveva rubato a sua madre.
“Hai cominciato presto, moccioso! Non credi di essere ancora un po’ troppo piccolo per queste sceneggiate?”
Kouga sostenne lo sguardo della sua maestra e sorrise. Quel sorriso tagliò Shaina in due. La donna sanguinò senza essere ferita.
“La difenderò da chiunque a qualunque costo.” Disse il ragazzo.
“Non dirlo!” urlò Shaina “Non anche tu! Non anche tu questa follia!”
“Soprattutto io!” gridò il ragazzo ancora di più “E’ parte di ciò che sono!”
A quelle parole Shaina indietreggiò e Saori sgranò gli occhi. La sacerdotessa strinse i pugni.
“Che avete tutti, dannazione? Seiya si sacrifica, Kanon si sacrifica, Saga si sacrifica e adesso anche tu! Si deve lottare non morire! Esiste un modo per fermare il Kraken! Non vogliamo provarci invece di lasciare che le persone che amiamo muoiano?”
“Shaina!” esclamò Saori “Ora basta! Ritirati.”
“Ma!”
“Niente ma! Vai.” Shaina lasciò la stanza sbattendo la porta. Kouga, che non aveva osato ancora guardare Saori in volto, sollevò lo sguardo sulla donna.
“Hai me. Io sono qui.” Disse piano. Saori sollevò le mani fino a portarle all’altezza del suo viso senza toccarlo. Gli occhi di Kouga si fecero liquidi ma non pianse. Voleva essere cavaliere poiché non era pronto per nient’altro. Lei glielo lesse negli occhi e non lo abbracciò.
“Sei davvero Kouga di Pegasus. Lo vedo nei tuoi occhi. Grazie, Kouga per avere capito.”
“E’ il mio retaggio. Io proteggo.”
Saori si voltò di scatto. Non poteva crollare di fronte alla determinazione di quel ragazzino.
“Va’ ora, Kouga, devo organizzare la difesa del tempio.”
Pegasus uscì da dove era entrato e tornò nella sua stanza. Saori invece uscì e guardò verso il cielo. Ora sapeva cosa doveva fare. Tutti si stavano disponendo al loro posto nel disegno del destino. Ora lei avrebbe assunto il proprio. Si ferì un palmo e toccò la statua che raffigurava la sua essenza. La statua svanì e lei si sentì invincibile e sfinita allo stesso tempo. Si diresse verso le stanze di Shaina.
“Cosa vuoi adesso?” le chiese la guerriera in malo modo vedendola sull’uscio.
“Combattere.” Rispose Atena e gli occhi di Shaina brillarono come quelli del cobra incantatore.

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Marte raggiunse la grande cupola della barriera di Atena e preparò la lancia per colpirla. Finalmente avrebbe ottenuto ciò che voleva. In più Medea gli stava preparando il cammino e Deimos e Phobos sarebbero giunti presto con il pomo delle Esperidi.
Sollevò l’arma e la lanciò contro la barriera. Una luce accecante riempì il cielo e la lancia deviò dalla sua traiettoria intercettata da una freccia d’oro.
“Non così in fretta, Mars!” fece Seiya forte delle sue ali dorate volando contro il dio e atterrando di fronte a lui.
“Seiya! Sei prevedibile! Immagino tu sia giunto fino a qui dal tempio di Atena con l’intento di impedirmi di giungere al cospetto di Saori!”
“Prevedibile, come dici. Non andrai oltre questo punto. Non poserai neppure lo sguardo
su Saori.”
“Ho fatto ben altro prima che tu ti mettessi di mezzo tredici anni fa!” Seiya strinse i pugni e Mars sorrise “Non vedo l’ora di stringere di nuovo il suo corpo caldo!”
Seiya si sforzò di rimanere concentrato. Non doveva cedere alle provocazioni. Finché Marte parlava, perdeva tempo prezioso e il Kraken si avvicinava. Seiya sapeva di non avere la forza di battere il dio. Poteva però trattenerlo fino all’arrivo del Kraken. Allora il mostro li avrebbe divorati entrambi e avrebbe perlomeno contribuito a tenere al sicuro la sua gente dal dio della guerra.
“Non dici niente, Seiya? Ti batterai e basta? Sei sempre stato così noioso! Proteggere, proteggere e ancora proteggere! Se avessi voluto, avresti potuto prendere quella donna mille volte!”
“Tu non sai ciò che dici!” gridò Seiya.
“Invece lo so benissimo. A quest’ora, se tu non ti fossi messo in mezzo, sarei stato il signore dell’Olimpo. Atena avrebbe partorito un degno erede del mio potere. Immagini un dio generato da simili progenitori? Ora sarebbe stato adulto! Dinanzi ad una simile divinità persino Zeus, si sarebbe fatto da parte!”
“Tu sei pazzo! E comunque ti ho fermato allora e ti fermerò adesso!”
“Sì è vero!” riconobbe Mars “All’epoca mi hai fermato. Ora però non ne hai più la forza. Cancellerò persino il tuo ricordo con il potere che Medea ha infuso in me! Ha sacrificato i suoi figli, i miei generali per donarmi nuova linfa vitale!”
“E tu osi immaginarti padre?” chiese Seiya sdegnato “Un padre antepone la vita di suo figlio a qualunque altra cosa! Non accetterebbe mai di vedere morire il proprio figlio pur di salvarsi! Sei un mostro, non un dio. Non sei migliore del Kraken dal quale cerchi di fuggire!”
“Quindi sarebbe questo il tuo piano? Intrattenermi fino all’arrivo del Kraken?”
Seiya ritrovò un sorriso sfacciato che aveva conservato dentro di sé quasi vent’anni prima. Marte richiamò tra le proprie mani la sua lancia e attaccò. Sagitter fronteggiò l’assalto incrociando gli avambracci. Il clangore dell’arma divina contro la sacra armatura d’oro fu assordante.
“Non hai speranze, Seiya!”
“Ti sbagli, Mars. Tra tutte le cose che ho perduto, di certo non c’è la speranza! Essa è sempre con me. Non mi ha mai abbandonato, neppure per un istante!”
“Sei uno stupido! Sei solo un piccolo uomo pieno di paure!”
“Sono sempre stato solo un uomo ma questo non è un limite per me. Lo proverò ancora una volta. Non mi fai paura.”
“Invece sei terrorizzato. Hai paura altrimenti non avresti lasciato il santuario per venirmi incontro. Hai paura di perdere e vedere Saori tra le mie braccia!”
I due si allontanarono non potendo sostenere oltre l’attacco e Seiya si rimise in posizione per lanciare il suo colpo.
“Ti sbagli, Mars. Ti ho intercettato qui perché voglio difendere la mia gente. Anche se dovessi morire ora, tu non avrai ciò che vuoi. Ci sono amici fidati, cavalieri devoti che proteggeranno Saori dopo di me. C’è Pegasus che brilla di una nuova luce proprio al suo fianco. La mia eredità è il mio coraggio. Tu non hai mai conosciuto l’amore. Non puoi sapere quanto vale. Ora preparati alla battaglia poiché non sono pronto ancora a cedere il passo! Pegasus Sui sei ken!”
I mille pugni di Seiya si concentrarono in un solo, splendente colpo. Mars sollevò lo scudo e sorrise. La battaglia sarebbe finita presto. Molto presto.

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Shun avvertì il cosmo di Seiya e quello di Mars scontrarsi e invitò Eden a muoversi più velocemente. Ormai sentiva chiaramente il gelo del cosmo di Hyoga avvicinarsi. Ciò significava che anche il Kraken era vicino. Guardò dentro il suo cuore e sentì che Hades lo invitava ad essere deciso. Nessuna debolezza o il Kraken lo avrebbe divorato per primo. Possibile che non si potesse fare nulla per risvegliare Hyoga? Eden impugnava ancora il corno di Odino però Shun sapeva che se lo avesse usato sul suo compagno questo si sarebbe addormentato per sempre. Doveva fermarlo ma era pronto a fargli del male? Shun cercò di ricordare il calore che gli aveva dato l’abbraccio di Crystal l’ultima notte che avevano dormito insieme. Non gli riuscì. In lui lo spirito di Hades era ormai troppo forte e Hades conosceva solo il freddo della morte tanto diverso da quello trasmesso dalle braccia del cavaliere del cigno.
“Zio, guarda!” esclamò improvvisamente Eden indicando la spiaggia.
Un’onda scura si sollevò gigantesca e, dalle profondità del mare, si levò una creatura mostruosa. Il Kraken si allungò fuori dalle acque e annunciò la sua  presenza con un verso straziante. Con il colpo di uno degli arti distrusse alcune case che facevano da capanno per le barche da pesca. Shun si voltò a guardare Julian Solo.
“Difendi Rodorio e raggiungi Atena. Io proverò a far ragionare Hyoga.”
“Mi dispiace ammetterlo, ma credo sia rimasto poco da fare per lui.” Fece Nettuno senza guardare il cavaliere di Andromeda in viso “Comunque se il Kraken è qui, anche Mars lo è. Ti prometto che riuscirò a farmi perdonare da Saori. Syria, prendi gli altri e difendi il villaggio ai piedi della cupola. Lascio a te il comando.”
Il cavaliere della Sirena si allontanò con i generali degli abissi e Julian prese la direzione del tempio lasciando Shun ed Eden davanti al Kraken.
“Zio, che intenzioni hai? Credi davvero di poter risvegliare Hyoga?”
Shun scosse il capo e chiuse gli occhi. Quando li riaprì erano di nuovo scuri.
“Eden, ascoltami bene. Le nostre strade si dividono qui.”
“Zio, ti prego lasciami combattere insieme a te!”
“Tu combatterai ma non qui con me. Tieni, prendi questa.” Disse Shun aprendo il palmo della mano destra. Un tridente nero apparve nel suo pugno. “Questa è l’arma della divina Pandora. La falce di luna. L’ho tolta a tua madre quando lei mi ha tradita per favorire tuo padre. Riportagliela. Ora gli spetta di nuovo. Dille che suo fratello l’ha perdonata e vuole che torni ad usarla. Raggiungila in fretta poiché la troverai a combattere contro Medea, la sacerdotessa di Marte. Medea nutre molto rancore nei suoi confronti poiché dai tempi del mito tua madre fu sempre in grado di sconfiggerla. Io però l’ho privata della sua armatura e di molti dei suoi poteri. Se si batte in queste condizioni con Medea, morirà. Va da lei.”
“Ti rivedrò zio?” chiese Eden impugnando il tridente. Ikki gli aveva trasmesso il suo senso pratico delle cose e sapeva che un inutile tentativo di convincere Shun o Hades a desistere dai propri propositi, avrebbe solo fatto perdere tempo prezioso.
“Eden, ogni essere vivente, umano o divino, ha un proprio tempo e spazio del mondo. Non so se quello di Shun è ormai passato. Il mio lo è di certo. Ho accettato che non camminerò più nel mondo degli uomini. Essi si ricorderanno di me nei loro incubi.
Io raggiungerò Olimpo, l’unico luogo che rimane a noi numi di un tempo che fu. Fummo splendenti allora. Per diventarlo, scalzammo divinità terribili. Ora tocca agli uomini. Ricorda però che tu non sei solo un uomo. In te scorre anche il sangue di un dio. I semidei sono sempre stati odiati dagli dei. Rappresentano per noi, ciò che noi fummo per i Titani. Per questo li temiamo. Quando sarà il momento, sarai chiamato a scegliere.”
“Scegliere cosa?”
“Se vivere come un uomo o come un dio. Ricorda: è una scelta dalla quale non si torna indietro. In un mondo di uomini essere un semidio, comporterà una vita di fatiche. Scegli bene. Ti lascio questo.” Concluse Hades.
“Cos’è?” chiese Eden afferrando quello che sembrava un medaglione con al centro un grosso rubino.
“Lo scoprirai quando farai la tua scelta. Ricordati che sei figlio di Hades in qualche modo. Sii sempre orgoglioso di ciò che sei, cacciatore di anime che porti il nome del mio regno. Ora va!”
Eden osservò per l’ultima volta quegli occhi scuri e liquidi e sentì un senso di angoscia montare nel suo animo. Vide l’Elisio in quegli occhi. Vide una tela in cui tutto il creato era dipinto come un luogo privo di guerre e odio. Vide un bracciale di fiori che rappresentava una promessa. Vide una bambina dallo sguardo vivace e dagli occhi grandi che giocava a rincorrere due dei gemelli. Vide se stesso. Si voltò e corse via. I suoi genitori avevano bisogno di lui. Sperò solo di rivedere almeno uno dei suoi adorati zii.
Shun, contemporaneamente, si destò sbattendo le palpebre. Bruciò il suo cosmo e dispose la catena come una ragnatela intorno al Kraken. Doveva almeno tentare di salvare Hyoga.
“Togliti di mezzo!” urlò il cavaliere del cigno comparendo alle spalle del Kraken.
“Hyoga, te ne supplico, torna in te. Non puoi davvero desiderare che questa creatura distrugga il santuario!”
“Non so chi tu sia, ma non sei il mio bersaglio. Io cerco il dio della guerra. Lui è nemico della Valkirya che servo e devo ucciderlo! Te lo ripeto, levati di mezzo.”
Mentre Kraken si divincolava dalle catene, Shun comprese che non avrebbe potuto trattenere a lungo la sua furia.
“Ti prego, Hyoga!”
“Il mio nome è Midgard!”
“No! Il tuo nome è Hyoga, cavaliere del Cigno! Tu sei un cavaliere di Atena. Ti prego!”
L’uomo non reagì. Si preparò a colpirlo con il suo pugno di ghiaccio. Shun non si difese e cadde sulla spiaggia. Si mise in ginocchio e lo scongiurò ancora.
“Crystal, sono io, Andromeda! Possibile che davvero tu non ricordi più nulla? Non senti il calore della mia nebulosa? Una volta mi hai detto che era l’unica energia in grado di contrastare il gelo del tuo cosmo!”
Hyoga ascoltava le parole di quello sconosciuto senza realmente capire. Perché quell’uomo sembrava darsi tanta pena? Perché l’ostacolava? Unì i pugni sopra la sua testa e lanciò uno dei suoi colpi più potenti. Vide l’altro colpito in pieno e le catene si sciolsero lasciando libero il Kraken. Quando credeva di avere vinto però, vide una strana nebbia avvolgergli le caviglie. Proveniva dal corpo disteso e si allargava e ritraeva da lui. Il cavaliere si rimise faticosamente in piedi.
“Hyoga, ti prego, non voglio combattere. Non contro di te.”
“Sei tenace, almeno questo te lo riconosco. Io però non ho tempo da perdere con te. Devo trovare Marte. Preparati ad essere colpito dallo zero assoluto che si espande dal mio pugno. Inverno senza fine!” Le schegge di ghiaccio imprigionarono Shun e Midgard si avvicinò all’ammasso di ghiaccio. Il volto di quel ragazzo lo aveva turbato sin dalla prima volta che lo aveva visto ma non avrebbe saputo dire perché. Fu osservandolo per capire meglio che si accorse che il ghiaccio si stava crepando.
“Come può essere? Nessuno può sopravvivere allo zero assoluto!”
L’energia della nebulosa si allargò nuovamente avvolgendo sia Shun che Hyoga. Quest’ultimo non riuscì più a muoversi.
“Che diavoleria è questa?” chiese Midgard osservando Shun che camminava lentamente verso di lui. Il cavaliere gli giunse di fronte e gli posò una mano sulla guancia.
“Ti prego, Cystal, ricorda! Svegliati da questo incantesimo! Mi hai detto che saresti tornato da me. Vogliamo tornare a casa insieme?” La voce di Shun sembrava una carezza e Hyoga sentì le ginocchia cedere. Chi era quel ragazzo così dolce, incantevole persino più della divina Hnos? Lottò con tutte le sue forze per liberarsi e allontanarsi da lui. Shun gli si avvicinò fino a che le sue labbra non si posarono su quelle dell’altro.
Midgard fu scosso da un tremito e, dentro di lui, un ricordo tornò ad affacciarsi nella sua mente. C’era un tempio dedicato a chissà quale divinità e lui, come adesso, sentiva freddo. Poi, improvvisamente, un paio di morbide labbra sussurravano al suo orecchio parole gentili, che dicevano di non temere, che parlavano d’amore.
Midgard lottò. Quel ricordo faceva male. Allontanò il ragazzo da lui e lo colpì. Lo colpì ancora e ancora fino a che non sanguinò da quelle stesse labbra che lo avevano baciato.
“Hyoga, ti prego, ricorda.”
“Io non mi chiamo così! Il mio nome è Midgard e non so niente di te. Non sei niente per me! Kraken, va e distruggi ogni cosa!”
Shun pianse. Capì che non c’era ritorno dal luogo in cui Crystal era finito. Capì che aveva ragione suo fratello. Non basta volere che le cose vadano in un certo modo perché ciò accada. Non tutte le storie hanno un lieto fine. L’amore non vince sempre. Afferrò il corno di Odino e lo sollevò. Il vento vi passò attraverso e generò un suono gentile, quasi impercettibile. Hyoga però lo udì bene perché si portò entrambe le mani alle orecchie come avesse udito gridare il diavolo in persona e cadde in ginocchio. Shun gli fu addosso e lo afferrò prima che rovinasse a terra.
“Hyoga, Hyoga, perdonami. Io non volevo. Perdonami!” disse Shun stringendo a sé il corpo del compagno. Fu allora che una delle mani di Crystal si sollevò fino a asciugargli una lacrima.
“Tu mi ricordi la bella Hnos. Gentile e forte. Sono felice di morire tra le tue braccia.” Le lacrime di Shun caddero sul viso di Hyoga.
“Non voglio che tu muoia, Hyoga. Io ti amo.” A quelle parole gli occhi di Hyoga tornarono per un attimo a brillare di quell’azzurro del cielo di Siberia.
“Shun.” Sussurrò e Andromeda sorrise.
“Sì, Hyoga. Sei tornato.”
“Portami a casa, Shun.” Disse solo mentre i suoi occhi si chiudevano, l’inverno senza fine spariva dalla sua mano e il sonno eterno calava su di lui. Shun lo sollevò senza aggiungere un’altra parola. Hades, nel suo cuore, giurò vendetta.

  
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