Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Segui la storia  |       
Autore: Angelo_Stella    10/11/2014    2 recensioni
1941, Berlino.
Duncan, un ventiduenne tedesco particolarmente fedele al Fuhrer, è un nazista perfetto. "Deutschland, uber alles!" è la frase che ripete al mattino, quando si alza per mirarsi allo specchio e crede fermamente nel suo significato. Ma le convinzioni che gli sono state trasmesse con tanta foga andranno a infrangersi.
È Trent che, tra un soffio di voce e una nota di una chitarra malandata, gli insegna la bellezza dell’amore.
Tratto dal testo
“Cosa ci sarebbe di sbagliato? Che ne sappiamo noi di che cosa sia o cosa debba essere l'amore? Solo perché il matrimonio è tra uomo e donna diamo per scontato sia così sempre? O è perché ci hanno abituato? Perché siamo ancora giovani per capire o perché semplicemente il pensiero … ci fa schifo?"
“Io … Insomma … E' così che va avanti il mondo, o no? Con l'amore di un uomo e una donna."
-
Siamo nel 1941 e Hitler trova in Ernst Röhm una minaccia.
Siamo nel 1941 e: “ [...] Tutto ciò richiede l'adozione di più incisive misure contro queste malattie nazionali. “
Siamo nel 1941 e: "Dobbiamo sterminare la radice e i rami di questa gente... gli omosessuali devono essere eliminati!".
....................................
Baci, Angelo e Stella
Genere: Sentimentale, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Duncan, Sorpresa, Trent
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Our Love is a mistakes

Capitolo 8

Collaborazione con Angelo_Nero

 

Trent emise un singhiozzo. Poi un altro. E un altro ancora.

Pianse. All’inizio erano lacrime solitarie, piccole gocce di tristezza e disgusto, in seguito si trasformarono in una pioggia copiosa che andò a invadergli le gote arrossate per le botte della normale giornata di lavoro.

Sentì la testa spinta contro la parete ruvida del muro e una grande mano premere sulla sua schiena, costringendolo in una dolorosissima posizione. Il ginocchio del suo aguzzino si sollevò, colpendo con la rotula in mezzo le gambe e facendolo cadere direttamente in ginocchio.

La iena rise al suo pianto, sentendosi bene non appena gli artigliò le mani con le unghie, conficcandogliele nella pelle e facendolo ansimare –Oggi non hai notato un trattamento diverso, mh?- gli morse l’orecchio, svestendolo velocemente –Rispondi- l’intimò e il cantautore strizzò gli occhi, piangendo più forte e gettando indietro la testa involontariamente, sentendo subito le labbra di Scott divorargli ogni centimetro di pelle –Ho detto: rispondi- mormorò con il tono un po’alterato, fermandosi per qualche momento e guardandolo serio –Sì…- concesse allora l’altro, ricevendo un piccolo sorrisetto beffardo come risposta. In effetti non aveva ricevuto neppure una bastonata, mentre Duncan, che era solito porsi tra lui e la frusta, era stato sottomesso con forza. Per tutto il tempo in cui erano stati segregati in quel posto, l’ex nazista aveva sviluppato una sorta d’atteggiamento protettivo nei confronti del suo amante e, per quanto fosse in grado di fare, cercava di donargli pace fisica in ogni momento dell’estenuante giornata.  

Ancora una volta, era seminudo, sotto il corpo di Scott e impreparato per subire tutte le umiliazioni che ne sarebbero seguite. Si perse un attimo a guardare il soffitto. Se il tempo si fosse fermato anche solo… per un minuto… sarebbe corso via, il tempo di arrivare tra le braccia di Duncan e piangerci contro. Ce l’avrebbe fatta? Se lo chiedeva ogni santa volta, ogni notte che Scott usava quella violenza distruttrice con il suo corpo, anche se sapeva la risposta: no. Il rosso l’avrebbe tenuto in vita fino a quando avrebbe voluto, e in quel momento lo voleva, eccome! Ucciderlo? Così velocemente, indolore? No, non se ne parlava proprio. Lui si divertiva a umiliarlo, a fargli del male, a ridurlo in una nullità ogni notte, a fargli provare il senso di colpa per aver avuto un rapporto con qualcuno che non fosse stato il suo amante. Fu impossibile non accorgersene: Scott lo voltò per l’ennesima volta, sballottandolo con una serie di calci contro il pavimento e ridendo di gusto. Premette il piede sul suo viso, facendolo scorrere sul collo e spingendo contro il mento. Proseguì a marcargli lo stomaco, spingendo la punta nell’interno per una serie di volte, fino ad arrivare a fargli tossire del sangue e a insultarlo per quello. Non era tanto virile da alzarsi e ribellarsi? Gli chiedeva a ogni insulto corporale. In realtà Trent non era mai stato molto forte e le mani, proprio non le sapeva usare, se non per suonare la sua chitarra o accarezzare il corpo di Duncan. C’era anche da dire che, se l’ex nazista si fosse trovato in quella situazione, per lo stress fisico non avrebbe risposto, ma non avrebbe neppure pianto, singhiozzato e sperato. Sarebbe stato di certo più uomo di lui. E forse per questo che Scott non gli faceva mai del male? Perché era stato suo amico, o perché infondo lo temeva? Temeva il suo sguardo, i suoi giudizi, i suoi sorrisi bastardi… quell’atteggiamento che continuava a caratterizzarlo persino in situazioni simili. Duncan era quello superiore, dentro di se il rosso lo sapeva e provava disagio. Al suo fianco, difronte gli altri, non voleva mai farsi vedere da piccolo. Magari perché Duncan possedeva più freddezza persino all’età giovane, perché non si fermava nelle scuderie ad accarezzare i pony e a sognare di cavalcarli, lui voleva già impugnare una pistola e far saltare la testa a tutti coloro che andavano contro la propria nazione. Era sempre stato più crudele di lui. Senza scrupoli, le lacrime della gente erano la sua acqua, rinfrescanti, ricostituenti, ci viveva. Ora era lui quello da temere. Per tutti, tranne per quel fratello deviato che si ritrovava.

Scott pensò per un attimo agli occhi azzurri di Duncan, alla sua divisa pulita e al suo ghigno intimidatorio e, per un attimo che Trent colse subito, si perse. Il chitarrista scivolò sotto il suo piede, cercando di mettersi dritto e rannicchiandosi contro il muro della sua capanna. Fu questione di un minuto circa, che il più grande restò in piedi a torturarsi le labbra e a guardare il nulla, pensando, chissà come, chissà perché, quando quel suo amico di una vita lo copriva sempre. Dalle sue marachelle bambinesche fino ai suoi danni d’adulto scellerato. Non ebbe comunque pena per Trent, lui l’odiava. Se non fosse stato per i suoi occhi da Angelo –sì, perché persino quel nazista crudele se ne era accorto- non avrebbe mai conquistato né Duncan e, sotto sotto, né lui.

Trent era dannatamente bello, di una bellezza incredibile. Poi delicato, più di una farfalla, più di un petalo di un fiore. Silenzioso come l’aria. Era impossibile non essere attratti da lui nemmeno un po’, né uomini né donne avrebbero potuto resistere a una tale perfezione. Sembrava che il Signore, quello in cui Scott credeva con assoluta devozione, l’avesse creato a posta. Ma come si possono creare a posta degli sbagli? Se lo chiedeva mentre lo guardava severo, con la linea sottile della bocca curvata, i pugni chiusi e l’unghia del pollice a graffiare le nocche. I lineamenti del viso tesi, traditi dallo specchio di incertezza che erano i suoi occhi.

Come poteva quel frocio bastardo porlo in una situazione simile? Era capace di questo e altro, Trent. Sembrava avere dei poteri soprannaturali a i quali nessuno poteva opporsi. Non l’aveva fatto Duncan e in quel momento stava cedendo anche Scott, non con meno titubanze del primo

-Alzati e non fartelo ripetere più di una volta- alludeva a quando, quasi con pazienza, doveva ripetergli i comandi più di due volte per la sua incapacità nel comprendere, stordito dopo ore di botte e violenze. La vittima fece pressione sulle gambe stanche e magre, cadendo sulle ginocchia poco dopo e implorando pietà con gli occhi –A-l-z-a-t-i- si appese alla maniglia dell’armadio a fianco a sé, poi cedette di nuovo, gemendo. Scott si abbassò, gli prese i capelli in un pugno e gli alzò la testa con uno scatto –Non capisci che devi obbedire?- annuì singhiozzando e riabbassando il capo –Non ce la faccio- sussurrò, supplicando dentro di se di non ricevere altri calci.

Se poi Scott non era più in se, era tutto da vedere. Trent dilatò le pupille quando il tedesco lo prese in braccio, intimandogli di stare fermo e stendendolo sulla sua branda mezza rotta. Perché tutti con lui dovevano essere così crudeli all’inizio e così gentili alla fine di tutto? Era troppo da accettare a prima vista? Strano, forse? Gliel’avrebbero dovuto spiegare prima o poi, perché quella sensazione di stupore la stava rivivendo un’altra volta.

Lui con i rimorsi, i suoi “non importa”. Gli sguardi, tanta ovatta, garze, cerotti e sangue… e poi? Poi un bacio, così era successo con Duncan.

Stava avendo un terribile déjà-vu. Strizzò gli occhi, immaginandosi qualche schiaffo, o ancora peggio, invece nulla di tutto quello arrivò. La mano di Scott si mosse verso di lui, sfiorandogli il labbro martoriato dai morsi, per poi sfregarlo con forza e alzare gli occhi nei suoi. Non ci si fiondò dentro, come il suo vecchio amico, li guardò semplicemente. Non provò pena, solo una grande attrazione per quello schifoso essere. Perché attrazione? Era bello, doveva affermare oggettivamente nella sua abituale superficialità, però possedeva un non so che di… strano. A vederlo così, di prima vista, ti lasciava il segno… ma se lo si osservava, con tempo e attenzione, ci si accorgeva che tutto in lui era speciale, stupendo e irripetibile. Sarà stato per la diversità dei tedeschi? I suoi occhi verdi, ma di diverse tonalità, le sue labbra dolci, il suo respiro sempre ben regolato, la voce fioca ma tenera… cos’è che aveva quel ragazzo? Se fosse davvero stato un angelo, proprio come diceva Duncan? Angelo, con la “A” maiuscola, perché unico? In realtà era semplicemente lui. Un semplice essere umano che sapeva scalfire il più duro dei cuori, spodestare la cattiveria con l’amore nell’animo delle persone.

Scott si bloccò con le labbra sulle sue, nel solito bacio derisorio, stringendogli una natica e procurandogli dolore. Quel corpo smunto, pallido e malnutrito era l’incarnazione della perfezione, non c’era nulla da fare.

Il che lo notò anche Duncan.

Quella notte, una delle tante, non aveva dormito. Non per mancanza di stanchezza, anzi, quella c’era sempre ad affliggergli le ossa e la mente, ma solo perché voleva guardare Trent il più possibile. Negli ultimi giorni l’avevano sempre separato da lui e l’occasione di vedersi veniva solo di notte, quando entrambi crollavano per il peso della giornata. Ma l’amore che Duncan covava per Trent, si completava con lo stesso risentimento che stipava per se stesso e quindi si sentiva in obbligo a fissare un Angelo. Un Angelo che avrebbe voluto avere per il resto di quella sua vita squallida e dura. Sapeva anche che ogni notte Trent non c’era più al suo fianco. Non era sveglio e quando apriva gli occhi al mattino lo rivedeva, ma la notte aveva una mancanza, non c’era quel calore a riscaldarlo. Inoltre, sarà stata per quella sintonia, o per quella connessione celebrale fra i due, o per alchimia, ma si sentiva male con lui. Provava dolore, in fondo la petto un grande senso di colpa. Scott l’aveva preso sotto i suoi occhi, obbligato malamente a seguirlo e lui, facendo finta di dormire, non si era fatto notare e in punta di piedi aveva camminato dietro di due, facendo attenzione a non farsi sentire. Quindi era là, nascosto dietro la porta semi aperta –causa del furore di Scott- ad assistere a tutto quello. Poteva morire a ogni singolo calcio, a ogni schiaffo, a ogni mano poggiata sul corpo del suo amante e si sentiva un egoista. Sì, non poteva far a meno di pensare a quanto Scott stesse baciando Trent. Contava i secondi e in quel momento era arrivato precisamente a trentadue, un tempo limite per un bacio, ma le labbra del nazista erano sempre lì, premevano su quelle di Trent, che socchiudeva gli occhi e impossibilitato nell’aprire bocca, respirava in quella del suo carnefice.

Scott girò gli occhi, staccandosi per poco. Lo notò. Duncan lo vide e si nascose, ma sapeva che, tanto, non c’era assolutamente nulla da fare. Ingoiò l’aria fredda che lo circondava e premette i piedi sul terreno e non appena la porta si spalancò cadde con il busto rivolto verso il suolo e le mani a parare la caduta. Difronte ai suoi occhi c’erano due scarpe, pulite, lucide, nere. Alzò gli occhi e lo notò.

Ghignò.

Sì, esattamente, Duncan ghignò. Rivolse un sorrisetto sfacciato al rosso, il suo semi-fratello e si mise in piedi, ansimando leggermente per il dolore che gli picchiettava contro le costole, che cinse con una mano –Sei contento?- domandò solo, facendo contrarre i muscoli del corpo del nazista –Ora ti senti superiore, finalmente?- assottigliarono gli occhi e rivolsero un’occhiata preoccupata all’interno dell’appartamento: Trent stava bene, poté constatare completamente il prigioniero, lasciando il sapore di un sorriso sfuggente sul suo viso. Scott notò il disagio del più piccolo, come poteva sentirsi adeguato? Stava subendo l’ennesimo stupro e per un momento, il fatto che fosse stato lui a infliggergli tanto dolore, gli recò un disagio interiore immenso. Sospirò e allungò la mano, prendendo l’ex nazista dalla maglietta a righe e confinandolo nella stanza, chiudendo la porta a chiave.

Il suo sguardo! Com’era afflitto.

Duncan cercò di più nella nebbia di Scott. Era suo fratello, come poteva svanire tutto questo in un campo di tortura dimenticato da Dio? No, rimaneva sempre. Non è lontanamente plausibile che l’affetto venga ripudiato in un tale modo. Ora il rosso se lo chiedeva, la sua piccola mente, come ormai la definiva l’amico, cercava di elaborare dei pensieri giusti, che fino ad allora non aveva mai fatto. Cos’ha lui di sbagliato? Era difficile pensare a Trent, gli dava un certo fastidio per questioni che ancora si rifiutava di apprendere. Ma il suo amico di una vita? Oh, no. Gli aveva giurato eterna fedeltà! E sì, quello era un patto più importante di quello che avevano fatto entrambi a Hitler. La fratellanza.

Scott si passò la lingua sul labbro inferiore, cedendo infine e abbassando gli occhi difronte a quelli che erano sempre stati superiori ai suoi, poi riprese il controllo sbattendo Trent per terra e facendolo cadere ai piedi di Duncan, che si abbassò spaventato per evitargli altro male. Inutile, la pace del piccolo cessò subito quando il rosso prese a picchiarlo con ancora più crudeltà di prima. Tremava, piangeva, guardava l’altro implorante, ma che se ne stava fermo e inerme, non sapendo come Scott avrebbe potuto reagire a una presunta ribellione. Poi non aveva la forza neppure per muovere un muscolo, figuriamoci se avesse potuto abbattere quell’infame.

Duncan immaginava che il suo amante subisse delle violenze che andavano oltre le frustate, ma una parte di lui, quella alla quale piacevano le illusioni, continuava a ripetere di no, che se Trent non parlava voleva dire che le cose erano normali. Per quanto normali possano essere delle giornate in dei campi di concentramento, o di lavoro, come preferivano chiamarli loro due.

Concentramento era una parola troppo brutta, neppure Trent riusciva a renderla più melodiosa.

Sta di fatto che lo vide mezzo nudo, allora capì tutto e fu ancora più triste accettarlo. Gemette quando fu spinto contro il camino di pietra. Le spalle scricchiolarono e sulle gambe si aggiunsero nuovi lividi.

Fu ciò che accadde, infine, difronte ai suoi occhi. Avrebbe voluto smettere di vedere e sentire, non voleva percepire nulla con il suo corpo e in quel momento era obbligato a quella visione terribile del suo amante, ancora peggio di quando lo vide frustato difronte a tutti. Allora non sapeva chi fosse quel malcapitato. Ora invece sì. C’era il corpo di Trent sotto quello di Scott. Non era lui ad amarlo, ma l’altro tedesco. Quello che non aveva ancora imparato la poesia degli occhi dell’ormai diciannovenne, ma desiderava carpirne i significati. Soffrì ancora Duncan, quando piccole carezze –che il cantautore non aveva mai sentito- gli attraversarono le spalle, che per un attimo pensò di stare tra le braccia del vero amato.

Era lui, sicuro! Quel dolore era normale. Duncan lo stava abbracciando, Duncan lo stava accarezzando e Duncan lo stava baciando. Duncan, Duncan e ancora Duncan, nessun altro! Non voleva impiastri nella sua vita. Tutto ciò era solo frutto di un suo sogno. In realtà si era addormentato sul petto del suo nazista preferito, cullato dalle sue carezze. Il viaggio, le umiliazioni, il sangue, lo sbattimento e gli stupri erano solo… incubi. Era solo caduto in un sonno profondo e da lì a poco sarebbe arrivato lui, la sua ragione di vita, a riscuoterlo da tutto.

Scott lo violentò sotto gli occhi di Duncan. Trent era semisvenuto e il suo aguzzino, con un gesto nascosto, gli accarezzò i capelli neri, pentendosene subito dopo. Il germanico non lo notò, naturalmente.

Quando Scott scomparve nella piccola tolette l’ex nazista fece fatica ad alzarsi, ma i gemiti soffocati dell’altra metà del suo cuore straziato lo spinsero a fare forza sulle gambe.

Gli si avvicinò, baciandogli la nuca e coprendolo con il lenzuolo sporco della sostanza di Scott –Scusami- e non sapeva neppure di cosa dovesse scusarlo, sta di fatto che voleva sentire un segnale di vita dalle sue mani, che arrivò. Li stavano distruggendo.

Trent aprì gli occhi appannati dalle lacrime e quello che vide difronte a sé non era un sogno. Troppo realistico, troppo vero. I pizzichi sul braccio magro non servivano più.

Non stava sognando. Non era morto. Quello non era l’inferno. Era sveglissimo. Allora voleva davvero morire, così, nel modo più bello che ci potesse essere: stringendo le labbra del suo amante tra le proprie. Ecco, morire in un sogno era la cosa più bella che gli venisse in mente. 

--------

Piccoli geni del male, questo è il penultimo capitolo. Poi ci sarà quello di Angelo. E forse quello mio alternativo. Un consiglio, godetevi quello di Angelo. Bye e tanta tanta fortuna a voi (?) 🍀

 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: Angelo_Stella