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Autore: Yavannah    13/11/2014    6 recensioni
«Certo che mi piacciono! Sono una donna», rispose quella quasi stizzita; Bilbo non aveva mai pensato che i fiori potessero piacere solo alle donne, dato che dalle sue parti la floricultura era ampiamente praticata.
«Io ne ho … di bellissimi, nel mio giardino», raccontò allora sognante Bilbo. « E sai, noi chiamiamo le bambine con i nomi dei fiori, nella Contea»
Elyn aveva raccolto i ciclamini tra le mani e inconsciamente li aveva portati al viso, come se si aspettasse di sentirne il profumo; anche se sapeva che si trattava di fiori invernali e che non profumavano.
Rivolse quindi l’attenzione all’amico, che notò i suoi occhi luccicare di contentezza. Bilbo sapeva che la piccola lite di Elyn con Fili avrebbe avuto breve durata, e, grazie ai Valar, pareva proprio che il ragazzo sapesse come farsi perdonare; tuttavia, emise un sospiro triste e stanco , e riprese a raccontare.
«Stiamo molto attenti ai significati, sai», le rivelò nostalgico, incrociando le mani dietro la nuca e stiracchiandosi davanti ai tizzoni ardenti.« E non so ancora che cosa saltò in testa a mio nonno quando diede a mia madre il nome di una pianta velenosa!»
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elyn e Fili'
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«Se riusciremo, tutti condivideranno le ricchezze della Montagna. Avrete abbastanza oro da ricostruire Esgaroth per dieci volte almeno !»

Il viscido lacchè del Governatore , Alfrid, ascoltava con interesse i mormorii della folla raggruppata attorno al Municipio, rimuginando sulla sua prossima mossa.

 

Quei nani non gli andavano proprio a genio, considerò : Bard ne aveva sicuramente architettata un’altra delle sue. Tuttavia , Alfrid aveva pur sempre dalla sua il sindaco della città : e questo, in un posto come Esgaroth, gli garantiva l’immunità da molte situazioni pericolose e gli consentiva di dire la sua anche quando avrebbe fatto meglio a star zitto. L’uomo, basso e di aspetto sgradevole, strinse i piccoli occhietti maligni in direzione di Thorin, che aveva appena terminato la sua arringa.

 

«E perché mai dovremmo crederti sulla parola, eh? Non sappiamo nulla di te», disse l’uomo scoprendo i denti giallastri ed arcuando il suo unico, brutto sopracciglio. «Chi , qui, può garantire per la tua persona?»

La folla riprese a mormorare, stavolta in maniera più fitta, mentre la neve volteggiava pigra nel cielo e si posava tra i capelli dei presenti, e i nani trattennero il fiato, finché qualcuno non ruppe il silenzio.

«Io», squittì una voce acuta a loro ben nota. «Garantisco io»

Il piccolo hobbit si erse per quanto lo permettesse la sua statura, mentre il Governatore arricciò il naso come a voler dire “e tu, adesso, chi diavolo saresti?”, ma Bilbo non si lasciò intimidire, facendosi avanti e sfoderando le sue doti di oratore.

«Io ho viaggiato lontano con questi nani attraverso grandi pericoli», dichiarò a voce alta e chiara, mentre Ori, accanto a lui, annuiva concorde, «e se Thorin Scudodiquercia da’ la sua parola, la mantiene»

 

 

***

 

 

Bilbo aveva macinato centinaia di leghe da quel lontano, terso mattino di Aprile, quando aveva lasciato Casa Baggins , ma i pochi metri che lo separavano dal ferito gli sembrarono  il tragitto più accidentato che avesse mai percorso in tutta la sua vita.

 

Il pallore che gli aveva invaso il volto aveva lasciato il posto a una grigia rassegnazione, e fu a capo chino che , giunto davanti alla branda del Re sotto la Montagna, attese.

«T … thorin » esordì , timido, quando vide che il nano non dava segni d’aver avvertito la sua presenza, e tirò su col naso quando l’altro si mosse tra le coperte, rivelando il petto nudo coperto da bende sanguinolente.

Il suo viso però era stato deterso, a differenza di quello di Bilbo che era tuttora sporco di fango, sangue e sudore, ma questo allo hobbit poco importava.

 

«Sapevo che saresti venuto», disse Thorin a voce bassissima. «Ti aspettavo …»

Il petto del nano si alzava e si abbassava a un ritmo innaturale; sembrava febbricitante.

Bilbo deglutì a fatica , cercando di distogliere lo sguardo per quanto poteva.

«Il mio onore, o quello che ne rimane, mi impone di chiarire questa situazione con te, mastro Scassinatore», riprese Thorin a fatica, ma con voce straordinariamente ferma. Nel parlare i suoi occhi si erano leggermente aperti rivelando le profonde iridi azzurre ; ma subito dopo li richiuse, soffocando un gemito dovuto allo sforzo ; e Bilbo si chinò prontamente su di lui.

 

«Non devi affaticarti», disse piano lo hobbit, parlandogli come si farebbe ad un bambino. Sapeva bene quanto fosse testardo. «Ci sarà tutto il tempo di chiarire dopo, quando ti sentirai un pochino meglio»

Ma Thorin, come immaginava , non lo ascoltò. Il nano si mosse, irrequieto, nel giaciglio, e si sforzò di tenere gli occhi aperti.

«Io sto morendo, Bilbo», sussurrò quindi verso il soffitto, fingendo di non aver sentito l’altro che aveva smesso per un attimo di respirare. «Me lo devi, questo»

 

Lo hobbit sentì una morsa di orrore artigliargli le viscere, mentre la nausea salì a lambirgli lo stomaco ; si fece, se possibile, ancor più pallido. Non poteva essere : il grande, forte Thorin Scudodiquercia non poteva morire. Se si era salvato lui, un piccolo coniglietto insignificante, come poteva il nano veterano di tante battaglie andare nelle Aule di Mandos?

 

«Cosa … ti devo, Thorin?», balbettò impacciato Bilbo, non appena si riebbe.

«Io ti ho screditato agli occhi degli Uomini», quasi ruggì Thorin, supplice. «Potrai mai perdonarmi, Bilbo?»

Il nano adesso aveva ripreso ad ansimare, mentre un sottile velo di sudore gli imperlava la fronte. Il Mezzuomo, senza pensare, raccolse una pezzuola gettata su un tavolinetto, e gli asciugò il viso.

Scottava.

 

«Hai la febbre, Thorin. Stai delirando», gli disse con un sorriso malinconico; sicuramente , se fosse stato in sé, lo avrebbe come minimo afferrato di nuovo per la gola.

Altro che perdono.

«Non sono mai stato … tanto lucido in vita mia», insisté l’altro , e a Bilbo non restò altro che sospirare, stringendo gli occhi.

 

Perché non gli urlava contro? E perché non lo … odiava?

 

«Io … mi sono macchiato di tradimento, Thorin», gli ricordò lo hobbit stancamente. «Io ti ho sottratto l’Archepietra con l’inganno e l’ho consegnata al nemico …»

«Bard non è il nemico», puntualizzò il nano, «e tu non sei un traditore. Se non fosse stato per te, non avrei mai capito i miei errori. Non avrei mai capito che la cupidigia aveva preso il sopravvento»

Il Mezzuomo si sentì improvvisamente molto stanco, e lo assalì una gran voglia di piangere.

 

Forse, se Thorin lo avesse trattato con disprezzo e bandito per sempre da Erebor, si sarebbe sentito meno disperato, una volta tornato a casa. Forse, se i nani avessero riconosciuto in lui soltanto colpe, non avrebbe avvertito la loro mancanza , rintanato nel suo smial. Ma ricordava bene l’espressione sconvolta di Elyn e le lacrime silenziose di Balin, quando Thorin aveva tentato di ucciderlo, sulla Porta Principale. Non poteva negare di provare un incondizionato amore, per tutti loro, e ora voleva soltanto una scusa per sgattaiolar via come un ladro, non visto, fino alla Contea.

 

Si vergognava. Si riscosse dal fissare il pavimento della tenda quando il re , facendo un movimento scoordinato, fu scosso da un accesso di tosse. Bilbo si rese conto di stringere di ancora fra le dita la pezzuola , e la usò per pulire un po’ di sangue dalle labbra di Thorin.

Quella vista lo preoccupò.

«Vuoi che vada a chiamare … un guaritore, Thorin?», disse in fretta.

Il re dei Nani scosse la testa.

«Voglio che resti con me , quando sarà il momento», gli disse con voce fioca. «Ti va?»

Bilbo annuì più e più volte, agitato, gli occhi che si facevano sempre più lucidi a ogni minuto che passava.

«Tutto … tutto quello che vuoi», disse soltanto. «Ma non ti devi stancare», aggiunse con una smorfia che voleva essere un sorriso.

«La mia ora è giunta, che io mi stanchi o no», dichiarò il nano, «e noi due dobbiamo parlare. Devo riappacificarmi con un caro amico, e poi , solo allora, potrò andarmene in pace»

 

Il lembo della tenda all’improvviso si dischiuse per rivelare Gandalf, che fissò Bilbo un istante con espressione interrogativa, a cui Bilbo rispose con un cenno ; l’Istar, compreso che andava tutto bene, si ritirò all’istante.

«I ragazzi … i ragazzi sono vivi», cominciò Thorin allargando le labbra in uno dei suoi rari sorrisi. «Sono felice che la mia vita non sia andata interamente sprecata. Ho parlato già con Dain e disposto ogni cosa ; Fili regnerà non appena sarà guarito, e nel frattempo mio cugino e Balin ne faranno le veci»

 

Una nuova serie di colpi di tosse interruppe i discorso del ferito, e Bilbo asciugò altro sangue dalle sue labbra riarse.

«Acqua», sillabò Thorin, e Bilbo scattò in piedi come una molla. Sempre sul tavolino, scorse una borraccia di pelle e , scoprendola piena a metà, la utilizzò per bagnare le labbra del moribondo. Poi lo fece bere, ricordandosi solo in quel momento che anch’egli ardeva dalla sete e che aveva una ferita alla testa che pulsava da morire. Il re parve cogliere quella smorfia, e lo osservò mentre riponeva la borraccia e tornava accanto a lui, a capo chino.

 

«Conosco quell’espressione», sussurrò Thorin, che ormai riconosceva lo sguardo corrucciato dello hobbit quando era sovrappensiero. «Avanti, chiedi»

La domanda uscì dalle labbra del Mezzuomo prima che potesse fermarla.

«Tu … ti fidi di Dain?», chiese a bruciapelo, e immediatamente sgranò gli occhi dall’orrore : i nani erano notoriamente molto facili all’offesa, e lui aveva appena detto qualcosa di potenzialmente offensivo su un membro della famiglia reale.

«Mi fido di mio cugino, si», fece il re. «Dubiti forse di lui? Da’ voce ai tuoi pensieri», e questa frase rese Bilbo un po’ più tranquillo.

«Lui … beh, non ha accettato di prender parte alla Compagnia, ecco tutto», si schermì lo hobbit, torcendosi le mani, per non dover ammettere che Dain gli stava antipatico a pelle. «Io avrei scelto Dwalin, come vice reggente»

«Dwalin sarebbe stata un’ottima scelta, concordo con te» sussurrò il nano, «ma è pur sempre il mio migliore amico, e dubito riesca ad essere lucido … subito dopo che me ne sarò andato»

 

Bilbo sapeva che tra i due figli di Fundin era Balin ad essere il più incline alle lacrime, ma sapeva anche che, da quella perdita, Dwalin sarebbe uscito devastato.

Proprio come lui.

«Hai pensato proprio a tutto», commentò dopo qualche istante di silenzio, per alleggerire la tensione. «Così Dwalin avrà più tempo per stare vicino ai ragazzi»

A Bilbo si spezzava il cuore al pensiero dei due giovani nani rimasti ormai senza guida, dato che erano già orfani di padre, la mamma era lontana sui Monti Azzurri, e oltretutto ora avevano anche il peso di un regno da ricostruire e un popolo da guidare.

Anche stavolta, però, Thorin parve leggergli nel pensiero.

«Fili e Kili se la caveranno», disse tra un colpo di tosse e l’altro, «ma adesso è di noi che dobbiamo parlare. Bilbo, non mi è rimasto  … molto tempo»

Un singhiozzo disperato uscì dalla gola dello hobbit, e gli occhi , da lucidi che erano, gli si riempirono di lacrime. Il suo labbro prese a tremare e rimase lì, torreggiando sul ferito, in attesa.

«So bene che sono stato ingiusto e crudele  … con te, quel giorno alla Porta», disse Thorin, gli occhi appannati mentre la voce si faceva sempre più fioca. «Ma quella non era che … l’ombra del nano che conoscevi e che vedi qui ora, davanti a te»

 

Il Mezzuomo prese a tremare incontrollabilmente, scuotendo la testa in modo febbrile .

Non poteva andarsene, non adesso…

«E per questo voglio … rimediare»

La voce del re era calma e serafica, come se stesse per prepararsi a una notte di riposo ; la voce d’un uomo in pace con se stesso.

«Ho disposto affinché scelga tu stesso … i gioielli e i preziosi che più desideri; poiché non esiste un’adeguata … ricompensa per la tua amicizia e i tuoi numerosi servigi»

Bilbo, la vista appannata dalle lacrime, non vide che Thorin aveva tirato fuori la mano e la tendeva verso di lui : quando batté le palpebre e due grosse lacrime gli rotolarono sulle guance, vide la grande mano callosa dalle unghie sporche e scheggiate. Non l’aveva mai toccata, e senza pensare mise in quella del nano la sua mano infinitamente più piccola.

 

«Hai le mani fredde», disse Thorin, «e non voglio trattenerti oltre»

Un improvviso raggio di sole invernale colpì a sorpresa la tenda filtrando attraverso il telo verde scuro, in modo così repentino che entrambi trasalirono.

«E’ un segno», sussurrò il nano, sognante. «Sembra che i Valar abbiano finalmente perdonato i miei errori e che Mandos mi attenda nelle sue Aule, dopotutto»

Un drappello di elfi rumorosi passarono e salutarono Gandalf fuori dalla tenda, il quale evidentemente era ancora di guardia fuori dalla porta.

 

«Non puoi andartene, testardo d’un nano», disse poco dopo Bilbo con voce rotta, «non ci siamo detti ancora tutto!»

Thorin per tutta risposta chiuse gli occhi ed emise un rantolo.

Altro sangue.

«Ti ripeto che la mia sentenza è stata revocata», cercò di scandire con difficoltà, «e tu puoi disporre di tutto l’oro che desideri …»

«Ma io non lo voglio … a me non importa un accidente del tuo oro!», strillò Bilbo sempre più affannato, mentre altre lacrime gli rigavano le guance sporche e fuligginose. «Né dell’ Archepietra!»

Thorin pensò che on aveva mai conosciuto una persona così buona e disinteressata, e voleva farglielo sapere.

«Sappiamo entrambi perché hai portato la gemma agli Uomini», annuì il nano, bonario, «e non è stato per avidità, o per opportunismo …»

Ora il Mezzuomo vedeva con chiarezza la vita lasciare le membra di Thorin, mentre febbrilmente cercava di tamponare altro sangue con la pezzuola divenuta ormai scarlatta.

 

«lo hai fatto per amore», disse il nano con le ultime forze che gli rimanevano. «Non sopportavi che i tuoi amici morissero di stenti all’interno della Montagna, a causa della … stoltezza del loro re»

Bilbo emise un risolino tra le lacrime, e strinse ancor di più le dita ormai fredde di Thorin.

 

Come faceva a dirgli che l’aveva fatto per lui, dopo tutto questo tempo?

 

Era giunta la resa dei conti.

«Ho consegnato l’Archepietra a Bard perché volevo proteggerti», disse Bilbo, la voce interrotta dai singhiozzi. «Solo che … non ci sono riuscito», e nel cadere in ginocchio la casacca si aprì leggermente, lasciando intravedere la lucente cotta di Mithril.

«Anche io volevo proteggerti» disse Thorin, allungando la mano per sforare la casacca sporca e sbrindellata dello hobbit. «E sono felice di esserci riuscito»

 

 

Eccoci qua.

Io a piangere come una demente e forse voi pure, suppongo.

Il Bagginshield, soprattutto quello a senso unico, mi uccide.

Capitemi.

Yavannah

 

 

 

 

 

   
 
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