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Autore: alaskha    14/11/2014    2 recensioni
Victoria è sola, finalmente, si ritrova a pensare. Ne ha bisogno, ha bisogno di quel viaggio, non ne può più delle solite vecchie cose che ha lasciato a Liverpool. Ha bisogno di scoprire, di scoprirsi, di capire cosa vuole da questa vita, se vuole questa vita e cosa c’è in serbo per lei. La vita non è a Liverpool, pensa Victoria, sopra le note dei Westlife, il gruppo preferito di Steph. Victoria sente che la sua vita sta iniziando adesso, solo adesso che è seduta su quel maledettissimo posto C13 dell’aereo. Cazzo, l’aereo atterra e la sua vita comincia, e Vic non può che essere contenta ed elettrizzata. Non ha paura, non ne ha mai avuta, o almeno, non si è mai ritrovata a doverlo ammettere.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. Alice
 



New York è come se l’aspetta, Victoria. Si guarda un po’ intorno, spalanca gli occhi, poi la bocca, e poi viene leggermente spinta da un distratto cittadino americano un po’ di fretta. Le piace, pensa. Sorride alla città e respira un po’ di aria newyorkese: osserva i Taxi rigorosamente gialli, il traffico, la gente riversata per la strada, i telefoni all’orecchio e la vita che va avanti. È arrivato anche il suo, di momento, ora tocca anche a Victoria, a respirare tutta quella vita che ha lasciato chiusa nel suo corpo per tanto, troppo tempo.
Si riscuote dai suoi pensieri e decide di camminare spedita, imitando le ragazze come lei, anno più anno meno, che sfilano indisturbate in Manhattan. Si sente un po’ fuori posto, all’inizio, ma poi sfodera uno di quei suoi sorrisi, uno di quelli furbi, che a Liverpool le avevano portato tanti di quei guai e tante di quelle benedizioni, che Victoria non può fare a meno di allargare ancora di più le sue labbra rosse.
Ancora non ci crede, che lei, Victoria Daisy James è a New York, in America, nell’isola di Manhattan, con la sua borsa nera sulla spalla e le Marlboro ancora nella tasca della giacca di pelle. Victoria è felice, nonostante abbia quasi davvero pensato il suo secondo nome senza fare una smorfia. Si sente quasi in pace con se stessa, lì non la conosce nessuno, lì nessuno la giudica, lì nessuno neanche si ferma a guardarla, come se la ignorassero, come se non esistesse, e Victoria sta così bene, mentre si sente parte di qualcosa.
Sta per sorridere ancora, ma il suo telefono la avvisa che qualcuno la sta cercando, e allora si costringe a non sbuffare, a mantenere quella calma apparente che l’aveva avvolta insieme a tutte quelle persone, quel casino, quelle luci, quell’aria così fredda ma anche così giusta per lei.
“Travis..” risponde, a fatica.
“Vicky! Ho saputo che sei arrivata a New York, perché non mi hai detto niente?”
Vicky?, pensa Victoria, quasi schifata: da quando suo padre, Travis James, la chiama Vicky? O meglio, da quando suo padre la chiama?
Non risponde neanche, sfila con facilità il pacchetto di sigarette dalla giacca e ne porta una alla bocca, con quella tranquillità di una che quei gesti li compite quotidianamente da una vita, ormai. La accende e, tirando una boccata di fumo, sente finalmente, in parte, quella piccola dose di calma che aveva provato mescolandosi con tutti quegli sconosciuti.
A New York, finalmente.
 “Da chi l’hai saputo?”
Victoria attraversa la strada, insieme ad una coltre di persone, ma non aspetta neanche che il padre le risponda, sa benissimo chi è stato ad avvisarlo del suo arrivo a New York.
“Te l’ha detto Steph, vero?”
“Lidya non vede l’ora di vederti e di passare un po’ di tempo con te! – la ignora – potrebbe essere carino per voi due passare un po’ di tempo tra ragazze, che ne dici?”
Il tono di Travis è così forzatamente dolce che a Victoria sembra quasi di sentire odore di zucchero filato, nell’aria. Sorride di quel suo stesso pensiero ed inarca un sopracciglio, fermandosi davanti ad un grande edificio: non ha idea di dove si trovi.
“Carino, certo..” si sforza di dire, a suo padre.
 “Bene allora, è deciso, ti chiamo stasera, passa una buona giornata Vicky”
Il bacio schioccato alla fine è troppo persino per Victoria, che di stranezze nella sua vita ne ha viste e vissute. Guarda con fare sconcertato il suo iPhone, prima di riporlo in borsa. Non si fa mille domande, non gliene frega neanche niente, perché tanto suo padre quella sera non chiamerà. Victoria lo conosce bene, Travis, lui è peggio di Camille, per lui è tutta apparenza, gli piace giocare alla famiglia felice. Gli piace così tanto che quando si accorse che con Steph, Camille e Victoria non avrebbe mai funzionato, è scappato a New York, con una broker della Borsa dove lavorava a Londra, di dieci anni più giovane di lui. Wall Street, Lidya e le gemelle Chanel e Fortune sono decisamente più appetibili e facilmente gestibili, di Camille, Steph e Victoria.
Victoria scuote la testa, non ha voglia di pensare a Travis, alla sua vita perfetta ed al fatto che lei non ne faccia parte, se non per i famosi “pomeriggi tra ragazze”. Chi ci vuole andare, poi.
Ha promesso e ripromesso a se stessa e Jane che non si sarebbe fatta rovinare il viaggio della sua vita da niente e nessuno. Quindi, espira profondamente, si ravviva i capelli, sputa la gomma da masticare alla menta che ruminava da poco più di mezz’ora e sfila dalla tasca posteriore degli skinny jeans blu il fogliettino su cui sono segnate tutte le indicazioni necessarie per la sua sopravvivenza a New York.
“Harry Styles : 212 476 9001”
Con calma recupera il suo iPhone dalla borsa e compone il numero del telefono scribacchiato sul foglio qualche giorno prima, a casa, con la cornetta del telefono incastrata tra il collo e l’orecchio ed il Cd dei Nickelback di Mary Jane a tutto volume. Questo Harry Styles non deve avere molti anni in più di lei, la sua voce metallica le era sembrata non sopra ai vent’anni.
Aspetta con pazienza uno, due, tre, quattro, cinque, sei squilli, dopodiché attacca la segreteria. 
“Qui è Harry Styles, se non vi ho risposto significa che non ho tempo per voi, anche se probabilmente vi richiamerò prima che possiate soffrirne troppo, au revoir e arrivederci”
Victoria guarda sconcertata, per la seconda volta della giornata, il suo telefono. Questo tipo ha un serio problema di sintesi, pensa la James, e di egocentrismo, ovviamente. Sbuffa, sfila una Marlboro dal pacchetto e prima che possa accendersela tra le labbra, il telefono trilla nella sua mano sinistra.
“Bonjour madmoiselle”
“Sono di Londra, cretino” bercia Vic, tirando la prima boccata di fumo.
“Qualcuno si è alzato col piede sbagliato, stamattina”
Victoria sbuffa ancora, fumando forse un po’ troppo velocemente.
“Credi di potermi raggiungere per darmi le chiavi dell’appartamento?”
“Dipende, dimmi dove sei, tesoro”
Victoria si guarda intorno, spaesata.
“Sono.. io.. ci sono dei.. taxi? – tenta – e degli edifici, molto alti, credo siano grattacieli, non so..”
“Sì, sono tutte informazioni molto utili a New York, davvero”
Harry Styles scoppia in una risata fragorosa, Victoria crede quasi di poterla sentire, ma non dall’altro capo del telefono, non metallica, lì con lei, a pochi passi.
“Che hai da ridere, cretino?”
“Ci conosciamo da poco più di due minuti e mi hai già dato del cretino due volte, credo che insieme ci divertiremo, io e te”
Vic sbuffa, per l’ennesima volta.
“Allora?”
“Allora, di tipi spaesati a New York ce ne sono tanti, giuro – inizia – ma una ragazza sotto il Woolworth, che indossa un maglione di quel colore e stringe così forte la sigaretta tra le dita, credo di non averla mai vista, no”
“Senti ragazzo strano, inizi a spaventarmi..”
“Voltati” le dice, senza lasciarla finire di parlare, come se già la conoscesse benone.
Victoria fa come consigliato e dietro di lei scorge questo ragazzo, alto tipo un metro e novanta, con un sorriso che sembra dipinto su tela stampato sul volto ed un giaccone eccentrico leopardato. Una drag queen, Victoria non può far altro che pensare a quello, non appena lo vede.
“Victoria James” esordisce, Harry.
“Harry Styles” fa Victoria.
“Harold Edward Styles, per essere precisi – la corregge, tendendole la mano – al tuo servizio”
Victoria annuisce, ed Harry le fa strada verso l’appartamento che le ha promesso.
“Il tuo nome completo? – chiede poi Harry con indiscrezione – andiamo, nulla può essere più ridicolo di Harold”
È combattuta sul da farsi: deve confessare ad Harry il suo nome completo?
Scuote le spalle, decisa, non lo farà. Perché dovrebbe? Non si conoscono neanche.
“Cos’ha che non va il mio maglione?” cambia argomento, buttando la sigaretta a terra.
Harry la schiaccia con i suoi stivaletti neri, e poi si stringe nelle spalle. In effetti fa freddo, a New York.
“Perché non mi rispondi?”
“Perché non mi dici cos’ha che non va il mio maglione?”
“L’ho chiesto prima io”
“Dovremmo conoscerci molto più di così, per fornirti un’informazione di quel tipo”
“Oh, ho capito, sei una tipa riservata – annota nella sua mente – che palle”
Victoria si sente quasi in dovere di tirarlo su di morale, cambiando argomento, sembra quasi che Harry si sia offeso. E quegli occhi così esageratamente verdi che Victoria ha notato solo qualche minuto dopo la loro conoscenza, hanno su di lei uno strano potere, non se lo spiega.
“Carina la tua segreteria”
“Di solito fa incazzare un po’ tutti, a te piace?” domanda, con un sorriso divertito.
“Ha fatto incazzare anche me – ridacchia la James – ma è diversa, è apprezzabile”
“Grazie” dice, sincero.
Victoria si  stringe nelle spalle, ed Harry ride tra sé e sé.
“Cos’hai da ridere?”
“Sei ripetitiva, tu, eh?”
“E tu ridi sempre”
“Rido perché sei buffa”
“Ma quanti anni hai, tu?”
“Dovremmo conoscerci molto più di così, per fornirti un’informazione di questo tipo”
Victoria incassa il colpo, schioccando la lingua.
“Me lo sono meritato”
“Ma io sono gentile con le dolci ragazzine con zero senso dell’orientamento come te, e te lo dirò”
Harry sta qualche secondo in silenzio, come se aspettasse qualcosa.
“Allora?” lo incita Victoria.
“Ventuno, a Febbraio – dice – a te non lo chiedo neanche, se non hai voglia di dirmi il tuo secondo nome, figurarsi dirmi quanti anni hai”
Victoria rotea gli occhi al cielo, quasi divertita, da tutta quella curiosità.
“Ne ho diciannove”
Harry annuisce, restando poi in silenzio, camminando con le mani nelle tasche di quel suo giaccone eccentrico e senza più sorridere. Vic ne rimane quasi scontenta, le piace quel sorriso.
“Mi chiamo Victoria Daisy James”
Harry continua a guardarla, annuisce e poi sorride. Ha gli occhi verdi, che sembrano la cosa più magnifica che possa esserci, anche lì fuori, nel mondo. Si riscuote, quando Harry fa tintinnare un paio di chiavi sotto i suoi occhi.
“Ehi, Alice..”
“Mi chiamo Victoria – ripete – e poi mi dici che sono ripetitiva”
“Anche stupida, se posso permettermi”
“Non puoi”
Harry abbozza una risata, entrando nel portone di quello che è un blocco di appartamenti come tanti altri che Vic ha visto, nella grande e maestosa città di New York.
“Alice nel paese delle meraviglie, ti atteggi a grande donna, ma ricordi una bimba un po’ spaesata e sulle  nuvole – dice, lasciandola entrare, tenendo la porta aperta da bravo gentleman quale non si sta dimostrando affatto – con la sigaretta in bocca, chiaro”
Non gli risponde, sale le scale, ignorando il fatto che non ci sia l’ascensore e che non sappia fino a che piano debba salire.
“Ferma, sei arrivata”
Il secondo, a quanto pare.
Ci sono due appartamenti, Harry apre velocemente, con movimenti meccanici, l’appartamento numero 34. Le lascia ancora una volta la porta aperta, aspettando che sia lei per prima ad entrare.
Victoria si guarda intorno, la casa non è male: al centro di quello che deve essere un salottino è ormeggiato un grazioso divano verde, di forme rotondeggianti, ed il tavolino adagiato di fronte ad esso sembra quasi fatto per le sue converse numero 37. Sorride istintivamente, muovendo qualche passo in più all’interno dell’appartamento numero 34: una grande finestra dà sulla gente, sui taxi gialli, sul fumo, sulle luci, su quella che è New York.
“Dove siamo?”
Camminando non si è neanche resa conto di dove la stesse portando, il ragazzo strano con la giacca leopardata e le supposizioni assurde.
“A Soho”
“Sei un artista?”
Harry fa di sì con la testa, e si decide a raggiungere la ragazza, lasciando che la porta si chiuda con un tonfo.
“Disegni? Fotografi? Suoni? Canti? Che fai?” domanda Vic, gettandosi sul divano.
Harry ride, perché gli riesce bene.
“Disegno, ed anche bene, se posso permettermi”
“Ancora una volta, non puoi”
Dice, prestando poca attenzione al suo sorriso ormai divertito, forse dalla sua aria, mentre avvicina una Marlboro alle sue labbra.
“Non si fuma, in casa mia” dice autoritario, sfilandole la sigaretta incastrata tra i suoi denti.
“Casa tua?”
“Beh, sì, credevi che fossi un abusivo o qualcosa del genere?”
Finge una risata, Victoria, stendendo le gambe sul  quel tavolino, che lo sa, sarà sempre e solo usato per quella funzione.
“No, Harry Styles, non credevo a niente di questo genere, tu e la tua giacca leopardata siete a posto, credo”
È Harry a ridere, stavolta. Si accomoda affianco alla sua nuova coinquilina, imitandola, appoggiando i suoi stivaletti neri numero 43 accanto alle gambe di Victoria.
“Anche tu, Victoria James, in arte Alice, con le tue sigarette tra le labbra ed il paese delle meraviglie in testa”. 

 

 


 
ciao a tutte gioie :)
allora, in realtà non so da quant'è che non posto nulla, penso molto però..
comunque volevo dirvi che non sono sempre presente perchè sto facendo l'ultimo anno di liceo, cioè, capite? la maturità, aiuto, cioè.
okay, so che sarete comprensive.
bene, questo è il primo capitolo, spero vi piaccia, compare la figura di Harry, che non è una mia storia se non c'è Harry come compagno di viaggio.
chi mi segue da un pò capirà penso, ahahahaha, senza harry non ci so stare oh, è più forte di me.
nel prossimo capitolo comparirà il protagonista maschile, signore e signori, zayn malik.
e nulla, spero che anche la protagonista femminile vi piaccia, Vic, che è un tantino particolare..
okay, vi lascio e vi adoro, alla prossima <3
alaskha



 
 



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