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Autore: CainxAbel    16/11/2014    1 recensioni
"Certo che il Foam e il Legno stanno bene per costruire le armi".
"Li shippiamo?"
Fu così che nacque questa storia... i materiali in una veste umana ehehhehehe
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Pianeta Terra chiama Foam! Vuoi il tè al limone o alla pesca?”
“Nessuno dei due” farfugliò il diretto interessato.
Iron lo guardò, con un’espressione perplessa. Non solo era stato fortunato ( aveva pagato per una lattina di tè, eppure dal distributore ne erano scese due e per giunta di gusti diversi), ma Foam non aveva voglia di godere i frutti della sua fortuna.
“E tu, Plexi?”
“Tè alla pesca, come sempre” mormorò lei.
“Menomale, credevo che vivessi di aria”.
Iron trasse un grande sospiro di sollievo, mentre passava la lattina a Plexi. La ragazza la aprì con gesti delicati e lui pensò che sapeva essere aggraziata in ogni occasione. Le dita affusolate, come il resto del suo corpo, si muovevano con una grazia naturale, che non era studiata a tavolino come quella di Leather o altre ragazze. Quel giorno indossava una camicia blu e nera con la fantasia scozzese e delle catene all’altezza del girovita. Dai jeans pendevano altre catene che si abbinavano alla cintura borchiata nera. Ai piedi portava degli anfibi con le punte blu. I capelli ricadevano morbidi sulle spalle strette, incorniciando un viso leggermente tondo, con gli occhi verdi appena truccati con della matita nera.
“Foam, hai qualcosa che non va” constatò lei preoccupata, mentre beveva “ Sembri avere la testa altrove. Per caso è successo qualcosa?”
“Cosa dici, Plexi?” ridacchiò lui “ Va tutto come al solito. Sono solo un po’ stanco, ho dormito poco”.
“ Fa’ attenzione” lo ammonì lei “ Altrimenti non riuscirai a concentrarti”.
“Leggo fumetti fino alle tre di notte” rise Iron “ Ed eccomi qua”.
“Sei un caso clinico. Voglio dire che dobbiamo dare il meglio di noi e non farci mettere i piedi in testa da nessuno. Gli unici che hanno il diritto di giudicarci sono i professori e solo per il nostro profitto nello studio”.
Plexi pronunciò quelle parole tutto d’un fiato. Sapeva essere determinata, constatò con ammirazione Iron. Era anche portata per lo studio. Prendeva appunti, trascorreva molto tempo sui libri, ma in fondo le piaceva, almeno per alcune materie. In realtà doveva portare gli occhiali, ma spesso indossava le lenti a contatto. Credeva che gli occhiali la rendessero brutta, ma Iron desiderava con tutto il cuore vederla con un look diverso, magari mentre li sistemava e studiava la gente.
“Parole giustissime” disse lui.
Proprio in quel momento nello scalpiccio della folla si udì un rumore di tacchi, che pareva assordante. Lycra scrutò il gruppo con disprezzo e alzò la testa con orgoglio.
“Levatevi di torno” sbottò, accompagnata da ragazzine che la guardavano con adorazione.
Sembravano identiche e tutti avevano qualcosa che Lycra avrebbe indossato volentieri. Le labbra di Plexi si storsero in una smorfia.
“Mi avete sentito o siete sordi oltre che fuori moda?”
Il suo sguardo si soffermò su Plexi, che non sembrava intenzionata a muoversi. Foam le afferrò un braccio.
“Su, andiamo” farfugliò.
Lei rimase immobile. Il suo sguardo era quello di un rapace, limpido e feroce.
“Sei molto annoiata, Lycra” la provocò “ Forse giudichi la gente perché non hai modo di riempire le tue giornate vuote. I tuoi ragazzi bambolotti non bastano?”
Iron rimase a fissarla, con la bocca spalancata. Plexi non aveva pronunciato quelle parole con rabbia, ma con un tono che non ammetteva repliche. Incuteva persino un certo timore.
“Bada a come parli, schifosa darkettona dei miei stivali” replicò Lycra stizzita “ Cos’è che ascolti? Quella musica spazzatura piena di urla senza senso?”
“Urla di gente che viene squartata” ridacchiò una ragazzina.
“Certo, è meglio la vostra musica senza parole che annebbia il cervello” replicò Plexi con pesante sarcasmo “ Gli effetti si notano”.
Sembrava pronta a dire altro, ma Foam le strinse il braccio. Iron la guardò, indeciso se porre fine o meno a quello spettacolo che reputava stupendo.
“Plexi, calma” mormorò, socchiudendo gli occhi.
Lei strinse le labbra in una smorfia. Solo le parole di Iron placarono la sua furia. Si allontanò assieme a lui e Foam, mentre Lycra lanciò la sua ultima stoccata.
“ Plexi, hai due sciocchi che ti adorano. Penso che se vorrai mai fidanzarti ti toccherà farlo con uno di loro”.
Lei non rispose, ma le scoccò un’occhiata truce. Le ragazzine al fianco di Lycra risero.
“Tranquilla, Plexi” le disse Iron in un sussurro “ Lei si diverte a provocarti. Falla annoiare”.
“Giusto” aggiunse Foam “ L’hai detto pure tu che lei è molto annoiata”.
La diretta interessata sembrò riacquistare l’autocontrollo. Le spalle si distesero e anche il suo volto indugiò in un sorriso spontaneo. Ringraziò i suoi amici: non sapeva come sarebbe stata la sua vita senza di loro. Probabilmente insopportabile. Furono sul punto di rientrare in aula, ma Legno si avvicinò a loro.
“Scusatemi, ma devo assolutamente parlare con Foam”.
Il ragazzo scosse violentemente la testa nel tentativo di scacciarlo con i suoi grandi occhi impauriti, ma Legno fece finta di non averli notati. Con un cenno della testa invitò Foam a seguirlo.
“Torno tra poco” farfugliò lui, rivolto a Plexi e Iron.
Il cuore gli batteva fortissimo, in modo quasi doloroso. La serata trascorsa al Neko no hime l’aveva reso felice come non gli era accaduto da tempo, nonostante l’imbarazzo. Camminò a fianco di Legno per i corridoi e si sentiva al sicuro, sebbene molti gli stessero lanciando delle occhiatacce. A un certo punto Legno si fermò.
“Alla fine cosa hai fatto del kigurumi?” domandò appoggiandosi a una finestra col gomito.
“L’ho conservato, Legno-senpai *1” rispose Foam.
Era la verità, ma non avrebbe mai ammesso ad anima viva di averlo osservato a lungo e di averlo stretto a sé , come a voler trattenere l’ondata di ricordi piacevoli. Voleva proteggere ogni momento importante e sorridere senza condizionamenti.
“In realtà è di altro che vorrei parlare” disse Legno.
Foam lo guardò, gli occhi colmi di attesa e aspettative. 
“Conosci la casa abbandonata del Mangiagatti?”
Foam non si era aspettato una simile domanda da Legno, ma assentì col capo. Era un posto che gli incuteva timore, una villa abbandonata con un cancello sgangherato che cigolava a ogni folata di vento. Era pieno di ruggine e con la vernice scrostata. L’abitazione in sé versava in condizioni migliori, almeno dall’esterno, ma si raccontavano storie di ogni genere a riguardo. Tutte concordavano su qualcosa di spaventoso: che il proprietario della villa fosse stato un signore che si cibava di gatti e che non avesse smesso di farlo nemmeno con la vecchiaia. I racconti divergevano sul come: in alcuni casi mangiava i felini crudi, in altri casi preparava un arrosto o uno spezzatino, secondo altre versioni uno stufato. Per un altro aspetto le storie si assomigliavano: secondo molte quasi ogni notte si udivano i miagolii strazianti dei gatti uccisi che perseguitavano i visitatori della casa.
“Perché me lo chiedi, senpai?”
“Oggi pomeriggio ci andremo” annunciò Legno con un sorriso a 32 denti  “Non c’è da aver paura, ci vado abbastanza spesso”.
“E gli spettri dei gatti morti?” farfugliò Foam.
“Solo pavimenti che scricchiolano e vento che soffia tra le finestre”.
“Ma perché vuoi portarmi lì?”
“Ne hai bisogno” rispose semplicemente Legno “ Devi diventare più sicuro di te e di ciò che ti circonda”.
Foam non riuscì a controbattere. Forse doveva trovare un modo per scappare da quella situazione imbarazzante.
“Allora sempre alle 18, davanti al cancello?” chiese Legno in un sussurro che gli solleticò l’orecchio.
“Vorrei oppormi e dire di no” farfugliò Foam.
“Ne sei sicuro?”
Nella voce di Legno c’era una sfumatura minacciosa. Il cuore di Foam accelerò i suoi battiti.
“Temo di non avere scelta” sospirò.
“Allora a dopo”.
Legno aveva un sorriso da vincitore stampato sul volto, ma nel frattempo Gold e Silver si guardarono con aria di intesa.
“Che stupidi a parlare con noi nei paraggi” ridacchiò Gold.
Silver annuì, mentre sembrava impegnato col cellulare. Gold lo controllò, poi il suo sorriso si allargò a dismisura, diventando un ghigno perfido.
“Allora hai mandato il messaggio a Forex *2 e Worbla *3?”
“Puoi scommetterci. Ho anche un sì con molti punti esclamativi come risposta” annunciò divertito Silver.
 
Foam tremava.  Non era il freddo a farlo rabbrividire, quando il vento che faceva sbattere il cancello della villa abbandonata. I cigolii avevano un certo terrificante ritmo e il posto sembrò più desolante che mai, con gli alberi dai rami ormai rinsecchiti.
“Potevi scegliere un posto migliore” si lamentò, rivolto a Legno.
Il ragazzo sorrise, studiandolo con lo sguardo.
“Paura?”
“Abbastanza”.
“Su, non fartela sotto. Gli spiriti dei gatti hanno altro da fare che tormentarci”.
Legno rise di gusto e Foam sentì di non poter fare lo stesso. Deglutì rumorosamente, mentre Legno apriva il cancello con facilità. A momenti pareva potersi sbriciolare sotto il suo tocco. Foam lo seguì, guardandosi attorno con circospezione: gli pareva di essere seguito. Forse era una paranoia, una delle tante sul soprannaturale. Anche le foglie secche che crepitavano sotto i suoi piedi avevano qualcosa di sinistro e la porta semiaperta della casa era come un’enorme bocca famelica pronta a fagocitarli nelle sue profondità. Quando fu davanti a essa, rimase come paralizzato.
“Non c’è niente di maligno” lo rassicurò Legno.
“Ma non riesco a muovermi, L-Legno senpai” balbettò Foam.
“Sì che puoi, forza! Restami accanto e non avrai nulla da temere”.
Foam cerco di respirare profondamente. Quasi non si rese conto di aver afferrato un lembo della t-shirt di Legno, come se fosse l’unico punto di riferimento in quell’ambiente ostile.
“Foam, devo chiederti una cosa. Cosa ami fare nel tempo libero?”
Rimase spiazzato da quella domanda e non comprese perché Legno l’avesse posta. Nel frattempo si addentrarono in un lunghissimo corridoio vuoto, bianco come quello di un ospedale, ma senza luce. Legno prese il suo cellulare per illuminare appena l’ambiente.
“Senpai, a me piace molto disegnare” confessò Foam “ ma non sono molto bravo e ultimamente ho perso un po’ la mano. Poi ho un hobby strano. In realtà è qualcosa che ho fatto solo una volta, ma ..”
“Di che si tratta?” domandò curioso Legno, mentre conduceva Foam in quella che doveva essere la cucina.
“”””
 “Si chiama cosplay” farfugliò Foam “ Insomma, interpretare il personaggio di una qualsiasi serie e…”
“So cos’è” lo interruppe Legno “ Mi piace molto guardare qualche immagine su internet”.
Foam sorrise lievemente, dimenticando per qualche istante la paura.
Poco dopo si rese conto del posto in cui si trovava e si aspettò di trovare coltelli insanguinati, resti di poveri gatti e piatti da portata, ma non vide nulla del genere. Era tutto ridotto all’essenziale e con un’aria impolverata.
“Hai mai fatto cosplay, Legno-senpai?”
Il diretto interessato non rispose. Foam non capì se fosse perché non l’aveva udito o avesse finto di non averlo sentito.
“Visto, Foam? Niente di spaventoso in vista”.
Sorrise e il diretto interessato si trovò a ricambiare spontaneamente il sorriso. Uscirono dalla cucina e visitarono qualche altra stanza dell’immensa villa. Dal soffitto pendevano numerose ragnatele e Foam pregò mentalmente di non vederne i proprietari. Legno non ci fece caso: la sua propensione all’esplorazione e all’avventura prese il sopravvento.  Foam avvertì un brivido quando iniziò a salire le scale. Cigolavano in modo pauroso e aveva paura che potessero sbriciolarsi sotto i suoi piedi.
“Senpai, basta così. C’è bisogno di vedere anche il piano superiore?”
“Sono solo vecchie scale” sbottò Legno, afferrandogli saldamente il braccio.
Foam tenne gli occhi semichiusi. Temeva che qualcosa avrebbe iniziato a strisciare nell’ombra e l’avrebbe fatto precipitare. Legno appariva entusiasta all’idea di addentrarsi ancora di più in quella casa semibuia.
“T-ti prego, non ce la faccio. Sento dei lamenti”.
“Le finestre” borbottò Legno.
Si voltò a guardarlo. Gli occhi di Foam erano grandi e lucidi.
“Ehi, va tutto bene” aggiunse “ Bisogna affrontare le proprie paure, no?”
“Sì, ma adesso…”
Foam tremava forte, come se fosse investito da una folata di vento gelido. Legno lo guardò intensamente, poi sorrise, scompigliandogli i capelli. Foam protestò appena.
“Senpai, ma cosa..”
“Non devi agitarti, Foam”.
Legno sorrise in modo rassicurante e lui non riuscì più a parlare. Nonostante le rassicurazioni di Legno si sentì turbato. Gli scricchiolii del pavimento gli parvero assordanti. Rimase a fianco di Legno, a guardarsi attorno con circospezione. Ancora quegli scricchiolii e Legno era preso dal desiderio di esplorare…
“Ti prego, andiamo”.
Solo la luce del cellulare di Legno illuminò il viso del ragazzo. Foam aveva freddo e desiderava solo andarsene. Un brivido gli percorse la schiena.
“D’accordo” concesse lui “ Però hai visto che non ci sono spiriti di gatti morti che ci perseguitano?”
Foam assentì lievemente col capo, ma avvertì un groppo alla gola, udì dei passi.
“Ma ci siamo noi”.
Avrebbe voluto pensare che fosse il frutto di una sua paranoia, ma le losche figure che si avvicinarono a loro erano quelle di Gold e Silver i cui visi erano illuminati dalle torce che avevano con sé. Purtroppo non erano soli. Al loro fianco c’erano due veri e propri armadi, Forex e Worbla. Dei due, Worbla era il più alto e il più muscoloso, un vero e proprio fascio di muscoli, forza e aggressività dai capelli color sabbia. Sul suo viso era dipinta un’espressione feroce.
“Che carino il viaggio nella casa stregata” ridacchiò Silver “ Vorrete vivere qui?”
Le sue risate furono seguite da quelle degli altri. Legno strinse i pugni, mentre dava il suo cellulare a Foam.
“Che cosa volete?” sbottò.
“Basta una sola cosa” rispose semplicemente Forex “Potrai andartene senza farti male se ci lascerai il piccoletto. Abbiamo un conto in sospeso con lui”.
“E noi non dimentichiamo un bigliettino strappato davanti ai nostri occhi” dissero all’unisono Gold e Silver, guardandosi con aria di intesa. Foam rimase con gli occhi sbarrati dal terrore e il suo corpo sussultò. L’istinto gli gridò di scappare, ma non poteva.
“Senpai, vattene via” disse in un sussurro appena percettibile, rivolto a Legno.
Lui non rispose, eppure Foam era sicuro che l’avesse sentito. Legno rimase fermo, le mani strette a pugno, un’espressione risoluta stampata in volto.
“Così da bravi stronzi che siete, volete tormentare anche i deboli e per giunta con una bella compagnia”.
Legno si soffermò sull’ultima parola, indicando Forex e Worbla, che sembravano pronti a aggredirlo. Solo gli sguardi di Gold e Silver glielo impedirono.
“Tu lo chiami tormentare, noi lo definiamo… Gold, che dici di divertimento? Sì, penso che sia la parola giusta” sghignazzò Silver “ Ma ora basta con le chiacchiere. Con noi o contro di noi, Legno. Non ce lo facciamo ripetere due volte”.
“Contro di voi, cento volte” rispose lui minaccioso, piegando le gambe, come se fosse pronto a scattare.
“Senpai, ti supplico” lo scongiurò Foam “ Sei ancora in tempo per scegliere. Non vale la pena difendermi”.
Si trovavano lungo il corridoio del piano superiore e le scale erano così lontane: avevano la strada sbarrata. Gli occhi di Foam si riempirono di lacrime. Avrebbe voluto gridare aiuto, ma sarebbe stato inutile. Poco dopo l’aggressività di Forex e Worbla si riversò su Legno. Gold e Silver non fecero in tempo a pronunciare una parola che i due si avventarono contro di lui. Foam avrebbe voluto tenere aperti gli occhi che cominciarono ad annebbiarsi per le lacrime.
“Senpai!”
Il suo fu un grido disperato. Legno ricevette un pugno in pieno volto da Worbla, che lo mandò a terra. Nel frattempo Forex gli afferrò un braccio, nel tentativo di trattenerlo.
“Preoccupati per te” un ghigno perfido percorse i lineamenti di Gold, che si rivolse a Foam.
Il ragazzo cercò di correre, ma Silver gli bloccò entrambe le braccia, tenendolo fermo contro il muro. Foam tentò invano di scalciare e divincolarsi, ma gli occhi di Silver brillarono spietati alla luce della torcia di Gold.
“Sei pronto con le forbici?” domandò divertito.
Gold sorrise annuendo e con uno spintone Silver fece cadere sul pavimento Foam che tentò invano di divincolarsi. Gold piantò un piede sulla sua schiena e la pressione fu tale che a Foam mancò il respiro. Non riuscì nemmeno a gridare: sentì lo scattare delle forbici.
“Lasciami!”
Foam cercò di farsi forza con le braccia, invano. Era costretto a terra e non poteva reagire. Lacrime di frustrazione gli rigarono il volto. Non riusciva a vedere cosa stesse accadendo a Legno e rimase pietrificato dal panico. Gold gli sollevò la testa e gli afferrò una ciocca di capelli,tirandola. Silver rise di gusto quando fu tagliata e Foam gridò nel tentativo di liberarsi. Gold sghignazzò, mentre Silver la raccoglieva.
“Diciamo che dovevi pagare per quel bigliettino”.
Pronunciò quelle parole divertito e Foam si sentì sprofondare. Il petto gli doleva e le lacrime continuarono a scendere sul suo viso, rischiando di strappargli un singhiozzo. 
Proprio in quel momento la pressione del piede di Gold sulla sua schiena diminuì e Foam poté tentare di sollevarsi. Gold barcollò, colpito al mento da un gancio di Legno che ansimò, gli occhi accesi da una furia incontenibile. Silver lo guardò impaurito, indietreggiando. Legno era pronto ad attaccare anche lui, ma Forex e Worbla si frapposero tra entrambi e quest’ultimo lo colpì con un calcio allo stomaco. Legno si piegò in due per la fitta inaspettata e Forex infierì su di lui con un altro calcio che lo lasciò senza fiato per il dolore. Foam tentò di avvicinarsi, ma le gambe gli tremarono.
“Legno, scappa!”continuò a gridare disperato, in lacrime.
Lui non lo ascoltò. Non smise di battersi come una furia, ma da solo non poteva avere speranze, nonostante fosse forte. Si trovò a dover incassare un colpo dopo l’altro, sotto gli occhi terrorizzati di Foam.
“Guarda cosa succede per colpa tua” disse Silver con cattiveria, costringendolo a guardare.
Avrebbe voluto svegliarsi da quell’incubo. Era passato dal paradiso all’inferno nel giro di poche ore  e Legno si ostinava a proteggere uno come lui. In realtà avrebbe dovuto fare come gli altri, lasciarlo perdere e basta. Legno rimase a terra, con il naso che sanguinava copiosamente, mentre Worbla e Forex si alzavano trionfanti.
“Basta così per stasera!” esclamò Gold “ Avremo un intero anno a disposizione”.
I due lo guardarono, un po’ scontenti. Per loro non era abbastanza aver riempito Legno di lividi e averlo picchiato. Si guardarono, poi si allontanarono, scoccando un’ultima occhiata colma di disprezzo a Legno e Foam. Quest’ultimo tremò e attese che i loro passi non echeggiassero più nelle sue orecchie. Si avvicinò cautamente a Legno, piangendo e nel frattempo raccolse il cellulare del ragazzo che era finito a terra. Aveva lo schermo leggermente incrinato.
“Sen-pai” balbettò.
Legno non riuscì a parlare. Rimase con una mano premuta sul naso sanguinante e alla vista del sangue Foam temette di svenire.
“Alza la testa” farfugliò “ dovrebbe andare meglio”.
Legno si mosse con lentezza, senza pronunciare alcuna parola. A Foam sfuggì un singhiozzo, mentre lo guardava con gli occhi colmi di dispiacere e pietà.
“Senpai, mi dispiace” disse con la voce che tremava per l’emozione “Io credo che… dovresti evitarmi d’ora in poi o ti accadranno di nuovo cose orribili. Non posso accettarlo, preferisco restare solo. È giusto così, è andata sempre così”.
Le lacrime scesero a fiumi dal suo volto, accarezzandogli le guance e poi il collo. Anche le labbra gli tremarono. All’inizio Legno non rispose, poi fece dei respiri profondi con la bocca e tolse la mano dal naso.
“Non dovresti nemmeno pensarlo” borbottò.
Faceva fatica a parlare, la voce era roca e a stento riusciva a tenere gli occhi aperti. Faticò ad alzarsi e Foam si avvicinò nel tentativo di sollevarlo.
“Non ti sforzare”.
Foam avvertì un groppo alla gola e fu assalito dai sensi di colpa nell’udire quelle parole. Legno aveva sempre qualcosa di solitario e selvaggio, non avrebbe saputo definirlo con altre parole. Voleva rialzarsi da solo, ma le gambe gli tremavano. Era come se fosse sul punto di cadere e Foam gli prese con delicatezza un braccio, posandolo attorno alle sue spalle.
“Legno, io…”
Non seppe cosa aggiungere. Ancora una volta la voce vacillava. Sarebbe solo riuscito a piangere.
“Tieni la testa alta, senpai o il s-sangue..” balbettò poco dopo “ Comunque ti accompagnerò a casa. È il minimo che possa fare. Non ho fatto nulla”.
Altre parole che avrebbe voluto pronunciare gli morirono in gola. Se ci fosse stato qualcosa di spettrale, maligno e terrificante in quella casa fu il lungo e doloroso silenzio che piombò tra di loro, mentre Foam versava altre lacrime.
 
 
“Foam, hai un aspetto spaventoso. Cosa ti è successo?”
Le parole di Iron rimbalzarono contro una bolla di apparente apatia. Il diretto interessato aveva lo sguardo perso nel vuoto. Il vuoto era quello amaro della sera prima, quando aveva accompagnato Legno a casa. Il ragazzo si era incupito e non aveva proferito parola, ma Foam non voleva salutarlo con un semplice cenno della mano. Si era sentito uno sciocco.
“Senpai, per quello che ho detto prima… lo penso davvero. Dovresti evitare uno come me. Non riesco a guardarti in queste condizioni, sapendo che è colpa mia”.
Gli era parso che Legno stesse meditando su quelle parole, ma poi il ragazzo aveva sorriso, nonostante gli fosse costato un certo sforzo.
“La colpa è mia perché non sono abbastanza forte” rispose semplicemente “ E poi non posso perdonare ciò che ti hanno fatto”.
“Non mi hanno picchiato”.
Legno gli si avvicinò, sfiorandogli appena i capelli.
“Non si nota, ma so che ti hanno tagliato quella ciocca. La pagheranno”.
Foam avvertì un pizzicore esattamente dove Legno l’aveva sfiorato, proprio vicino alla nuca.
“Ti prego, domani non andare a scuola. Pensa a curarti”.
Legno gli sorrise prima di aprire la porta. Foam si aspettò che almeno in ciò il ragazzo fosse d’accordo con lui.
“Dici sul serio? Te lo scordi”.
Foam sentì il peso di un nodo allo stomaco nel ripensare a quel momento.
“Ehi, non piangere. Che sta succedendo? Da stamattina sei strano”.
Dopo aver udito le parole colme di apprensione di Iron, Foam si alzò di scatto dalla sedia. Voleva restare da solo durante l’intervallo.
“Anche tu, Iron” mormorò “ Dovresti evitarmi”.
Il diretto interessato lo fissò, come se fosse impazzito. Si sistemò gli occhiali sul naso e continuò a fissarlo.
“Dimmi perché. Hai fatto qualcosa di talmente orribile che non puoi dirlo?”
“Anche Plexi” la voce di Foam tremava, fino a ridursi a un balbettio “ Lasciatemi solo. Sarà meglio per voi”.
“Non ti capisco, Foam. Puoi dirmi cosa ti sta succedendo?”
Il ragazzo non rispose, intento ad ascoltare il continuo bisbigliare di alcune ragazze.
“Hai visto che occhio pesto? Fa paura”.
“Legno è il solito attaccabrighe. Tu ci parleresti? Io no”.
“Secondo me è stato lui ad attaccare per primo e poi quel poveretto si sarà dovuto difendere in qualche modo”.
“Forse esagerando, ma doveva farlo”.
Foam rimase fermo, a ribollire di rabbia e batté un pugno sul banco.
“Ehi voi!” cercò di alzare la voce “ Legno non è quello che pensate”.
Le due ragazze che stavano parlando lo fissarono, come se un alieno avesse preso possesso del suo corpo.  Foam si sentì mancare e divenne rosso fino alla punta delle orecchie.
“Cosa ne sai tu?” ridacchiò una di loro.
Foam non osò rispondere, ma Iron lo guardò, con la bocca semispalancata dallo stupore.
“Che ti è successo?” domandò a bassa voce.
“Niente”.
Foam sapeva che da tempo non alzava la voce in quel modo. Legno lo stava studiando con interesse, ma poi si voltò dall’altra parte. Faceva fatica a tenere gli occhi aperti e indossava una felpa nera a maniche lunghe con i teschi rossi per nascondere i numerosi lividi.
Iron finse di guardare sotto il suo banco, mentre Foam fissava con tristezza il vuoto e prese un foglietto sospetto sotto il banco dell’amico. In realtà il biglietto era ben piegato per nasconderne un altro e quando Iron ne intravide il contenuto, impallidì visibilmente. Afferrò Foam per le spalle, scuotendolo.
“Ti rendi conto di ciò che ti stanno facendo? E come fanno ad avere una ciocca dei tuoi capelli?”
“Non posso dirlo”.
“Tu devi dirlo, a me e a Plexi. Adesso”.
Gli occhi di Foam brillarono per le lacrime che ancora una volta volevano affiorare. Scosse la testa. La vista di quel biglietto si era aggiunta all’angoscia provata la sera precedente.
“Noi ci siamo sempre”.
La frase era firmata da Gold e Silver, accompagnata da uno smile e dalla ciocca che gli avevano tagliato, bianca con la punta rossa e arancione. Si sfiorò inconsapevolmente la nuca. Iron gli stritolò il braccio in una morsa d’acciaio.
“Andiamo subito da Plexi!”
Foam tentò di opporsi, scosse la testa, ma Iron non volle sentire ragione e lo trascinò con sé.
“Ti supplico, non voglio andare. E se li incontrassimo?”
“Farò saltare i loro denti, così non rideranno più e ti lasceranno in pace” sbottò Iron con durezza.
Foam sospirò, poggiando la mano libera sul volto. Raggiunsero Plexi poco dopo. Stava con la schiena appoggiata al muro e sembrava presa dai suoi pensieri, ma quando vide i suoi amici, un sorriso raggiante le illuminò il volto. Per un istante Iron pensò che pareva brillare di luce propria, tuttavia presto i suoi pensieri corsero ai problemi di Foam. Si rabbuiò.
“Ragazzi, che succede?” domandò lei “ Compito a sorpresa per caso?”
“Peggio” constatò cupamente Iron.
“Basta, Iron, non ti impicciare!” gridò Foam, guardandolo con occhi supplichevoli “ Ti prego, Plexi, non ascoltarlo”.
“Sì che mi deve ascoltare” sbottò lui “ Quei rompipalle devono smetterla. Ogni giorno diventerà un incubo per te, Foam”.
“Basta, Iron!”
“Guarda, Plexi. Al peggio sembra non esserci mai fine”.
Iron tirò fuori da una tasca il biglietto scritto da Gold e Silver con la ciocca di Foam. La ragazza rimase impietrita, mentre guardava Foam con crescente apprensione.
“Quando è successo? Devi raccontarci ogni cosa!”
C’era agitazione crescente nella sua voce e Foam scosse la testa con vigore.
“Non posso permettere che vi accada qualcosa”.
“Siamo tuoi amici” obiettò Iron “ e se ci succederà qualcosa per proteggerti, ci andrà più che bene”.
“Non serve fare i supereroi. Esistono solo nei fumetti”.
“Foam, dicci cosa è successo o lo chiederemo di persona a Gold e Silver”.
Il tono di Plexi non ammetteva repliche. I suoi occhi verdi scintillavano di determinazione e Foam avvertì su di sé il peso degli sguardi dei suoi due migliori amici.
Gli occhi gli bruciarono per le lacrime. Voleva che entrambi smettessero di attendere risposte da lui e poi non riusciva a sopportare il peso di ciò che avrebbe voluto dire. Iniziò a parlare piano, cercando di non lasciarsi sopraffare dalle emozioni. Iron e Plexi non lo interruppero nemmeno una volta, mentre parlava della casa del Mangiagatti e dell’agguato teso da Gold e Silver. Gli occhi gli brillarono per la commozione, mentre raccontava di come Legno avesse tentato di difenderlo. Iron e Plexi lo ascoltarono stupiti.
“Davvero non stava dalla loro parte?” domandò lei.
“Proprio così” spiegò Foam annuendo appena “ Ha detto che avrebbe preferito 100 volte andare contro di loro che..”
“Questo spiega tutto!” esclamò Iron “ Però povero Legno..”
Lui e Plexi si guardarono con aria di intesa. Lei assentì lievemente col capo.
“Vieni con noi, Foam”.
 
Mancavano quasi dieci minuti alla fine dell’intervallo e Legno stava ascoltando musica dal suo mp3: Bullet for my valentine, Escape the fate e Bring me the horizon*4.
Si era isolato nel suo mondo, come al solito, ma il dolore dei lividi sommato a quello all’occhio sinistro gli impedì di distaccarsi dalla realtà come avrebbe voluto. Il suo orgoglio era stato pugnalato a morte la sera precedente e per la prima volta dopo molto tempo si era sentito debole. Stava ascoltando “ My apocalypse” degli Escape the fate e si era soffermato sulle parole della canzone.
“I walk with shadows”
Le uniche ombre con cui camminava erano la sua e le insicurezze del passato, constatò cupamente. A volte facevano capolino in alcuni attimi, in momenti difficili come quello. Foam si sarebbe allontanato da lui e per colpa di Gold e Silver. Li avrebbe strozzati con le sue mani piuttosto che perdonarli per ciò che avevano fatto.
Non fece in tempo a formulare altri pensieri che Foam lo guardò imbarazzato. Non era solo. Lo stava chiamando e Legno si tolse gli auricolari, le labbra strette in una smorfia strafottente. Altri due ragazzi lo stavano fissando.
“Io sono Iron e lei è Plexi” si presentò furiosamente quello con gli occhiali “ Siamo i migliori amici di Foam. Ci ha raccontato quello che è successo ieri…”
Legno guardò Foam con stupore crescente. Il ragazzo gesticolò imbarazzato, quasi a voler dire che non era colpa sua se i suoi amici conoscevano i fatti.
“E poi” aggiunse Plexi “ vogliamo ringraziarti davvero. Hai la nostra stima”.
La ragazza gli strinse la mano e Legno ricambiò quella stretta con vigore. Lo stesso accadde per Iron. Per qualche istante si creò un’atmosfera distesa e Legno si concesse di sorridere appena.
“Non dovete ringraziarmi, l’avrei fatto anche se non si fosse trattato di Foam”.
Il diretto interessato abbassò la testa. Lo sguardo di Legno era fin troppo intenso, le iridi di un rosso vivo, che poteva ricordare il fuoco o il sangue. I suoi erano occhi che parevano ardere.
“Giravano voci orribili su di te, Legno, ma sentivo che erano sbagliate” confessò Plexi “ Come sempre, del resto. Sei meglio di come ti fanno apparire”.
“Troppo gentile, ma non mi conosci” borbottò il diretto interessato.
Continuò a guardare Foam, come se si aspettasse qualcosa da lui. Il ragazzo avvertì un dolore al petto alla vista dell’occhio pesto di Legno. Stava soffrendo in silenzio, constatò tristemente. Ringraziarlo non sarebbe stato abbastanza. La fitta al petto divenne più intensa.
“Plexi ha ragione” farfugliò “ Grazie ancora, senpai”.
Si sentì avvampare in volto e anche gli occhi gli pizzicarono come se fosse sul punto di piangere.
“Vado un attimo in bagno” bofonchiò imbarazzato.
Corse, più forte che poteva. Gli occhi parevano andargli a fuoco e voleva solo piangere. Evitò gli sguardi di tutti, pregando con tutte le sue forze di non incontrare Gold e Silver. Proprio quando fu sul punto di aprire la porta del bagno, udì un pianto disperato. Proveniva dal bagno delle ragazze. C’era qualcuno che si trovava in una situazione simile alla sua. Foam dimenticò di voler piangere e rimase lì vicino.
“Ehi, tutto bene”
Che domanda stupida. Non può andare bene.
Pensò ciò, vergognandosi profondamente. Il pianto cessò per qualche istante, poi riprese.
“Sei il primo che me lo chiede. Dopo tanto…”
La ragazza singhiozzò e Foam non seppe cosa fare. Lei non voleva uscire dal bagno e per un istante pensò che forse c’era qualcuno che soffriva come lui in quella scuola.
“Nessuno” farfugliò lei con la voce spezzata “ A nessuno importa di Faux *5. Nessuno sa o vuole capire che sono sola, solo la miserabile sorella di Leather”.
Foam strinse le labbra in una smorfia, provando un’ondata di compassione per quella ragazza così triste e sola. Non sapeva nemmeno che Leather avesse  una sorella.
“Non dire così” mormorò Foam, appoggiando la schiena contro la porta “ Per molti potrai essere inutile e miserabile, ma troverai qualcuno che ti troverà preziosa e indispensabile. Io ho i miei amici, pochi ma perfetti. Non li cambierei con nessuno”.
Udì un flebile grazie da parte della ragazza, seguito dal suono della campanella, che lo svegliò come da un sogno.
 
L’angolino dell’autrice: perdonatemi se non mi sono fatta viva da tanto, ma il capitolo era lungo e l’università esigeva il suo tributo di energia. Due sole parole per questo capitolo: povero Legno. In ogni caso vi fornisco come sempre le note per una migliore comprensione della storia.
 
*1 so di non averlo specificato prima, ma comunque senpai è una parola giapponese che indica un compagno di classe più grande. Ricordo che Legno è stato bocciato XD
*2 ricordo che il Forex è un materiale plastico XD
*3 il Worbla è un materiale impiegato per realizzare le armature dei cosplay. Mai usato in vita mia. Perché ? Mi costerebbe un rene.
*4 tutti gruppi che ascolta la sottoscritta. Legno ha qualcosa di mio <3
*5 Faux viene da “ faux leather” che indica l’ecopelle.
 
 
   
 
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