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Autore: _Sweet_Dream_    19/11/2014    0 recensioni
Chiunque faccia qualcosa è un'artista… Chi fa' la pasta, chi dipinge è un'artista se sa fare bene ciò che fa'… L'arte di Elettra è la morte e sta per dipingere il suo ultimo capolavoro…
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ho creduto fossi morta!”
“Non ti libererai facilmente di me!”

† So' che ci sarai… †

Appoggiai le mani sul lavabo, chinando la testa e respirai, cercando di riprendere fiato e funzionò. Guardai il mio riflesso nel vetro e quella non ero io. Mi lavai per bene la faccia, incominciando a cambiarmi per il concerto. M’infilai un paio di parigine nere che legai all’intimo e m’infilai un pantaloncino, a cui erano legate delle cinture bianche con delle catene e lembi di un tessuto scozzese rosso. Indossai un reggiseno nero ed una camicia bianca, a cui abbottonai solo i primi due bottoni; tanto da tener nascosta la biancheria. Portava una fascetta con delle borchie, che legai sotto al reggiseno ed mi misi una giacca nera a metà pancia. Allacciai una collanina intorno al collo ed una cravatta nera con alla fine una croce bianca. Indossai un paio di scarponi neri e ricalcai il trucco nero intenso. Presi le mie fedelissime cuffie e le misi intorno al collo. Mi pettinai i capelli e scesi le scale. Beccai mio padre proprio davanti e mi guardò.

       - Ho un concerto - gli dissi, come se non l’avesse notato da solo. Annuì.

       - 
Fa’ attenzione - ma prima di andarmene, lo abbracciai ed una parte di me, si sentì in colpa di qualcosa.

M’incamminai a piedi, visto che non era molto distante ed infatti arrivai presto. Passai per il bar, il controllo con la guardia del locale, scesi le scale ed aprii la porta, entrando nel mondo della musica.

Le luci a laser colorate nell’oscurità, la gente che ballava e le urla; quelle erano il mio mondo. Mi mischiai tra la gente, godendomi quella musica e guardai nella direzione della porta, che si aprì, e notai Adam.

      - Ragazzi, attenzione, perché il gruppo che sta per salire sul palco è sempre in grado di entusiasmarci. Un’applauso! - mi feci largo tra la gente che mi riconobbe. Presi un cappello dalla testa di un tipo e salii sul palco. 

       - Salve a tutti, per chi non ci conosce, noi siamo i… BLACK! - e partirono applausi, fischi ed urla.


Appena la musica cessò, incominciarono gli applausi ed i fischi, seguiti dai cori del mio nome e della band. Notai Adam sorridermi ed io ricambiai; lanciai il cappello di quel ragazzo per aria e prima che arrivasse sulle teste dei ragazzi, le luci si spensero e noi ce ne andammo, scendendo dal palco. Ci avvicinammo alla zona bar, prendendoci sei drink e brindammo.

        - Ho conosciuto il mio futuro marito che non vuole esserlo - dissi su di giri, visto che mi ero tolta dalla testa un’altro problema.
 
        - È della scuola? - mi chiese subito Jake. Annuii.

        - Sta tra la folla - lo indicai e gli feci cenno di avvicinarsi a noi, e così fece. Jake e Kail lo fulminarono con lo sguardo.

     - Jake, Kail. El hai una voce fantastica - rimasi immobile quando mi abbracciò e sorrisi, fintamente. Quei tre si conoscevano? Si, forse, molto probabilmente, quando ero mancata a scuola.

       - Adam - dissero insieme Jake e Kail.

       - Vi conoscete? - chiesi, anche se ormai era chiarissimo che si conoscessero ed anche bene.

       - Si -

      - No - aggrottai le sopracciglia, visto che Adam aveva risposto di si e Jake con Kail avevano detto di no - Cioè… - replicò Jake tentennando, quasi chiedendo aiuto a Kail.

       - Lascia perdere. Non voglio sapere - e guardando l’orologio, vidi che fosse tardi, anche perché avevo sonno e tanto - Io devo andare - e salutai tutti i ragazzi.

     - Ah, El - disse Jake fermandomi - Domani sera ci vediamo in un locale dove fanno un’incontro di boxe - era… bizzarra una cosa del genere - Dobbiamo suonare i tamburi con i colori durante l’incontro -

     - Va bene - lo salutai e prendendo un’altro bicchiere, uscii fuori, traballando. Adesso mi sarebbe servita la macchina con Jim, visto che non mi facevano male solo i piedi, ma mi girava anche la testa. 

Uscii nell’aria gelata e fu come un colpo secco, orrendo. La temperatura era calata notevolmente. Mi appoggiai un’attimo al muro, visto che non mi reggevo in piedi e poi la sentii; la mano che mi tappò la bocca, mentre l’altra mi teneva per la vita. Tentai di districarmi dalla sua morsa, ma non avevo abbastanza forza ed avevo l’intero corpo che mi faceva male. 

Un paio di passi e poi comparve qualcun altro. L’uomo che mi teneva ferma non lo notò, ma io si. Sempre quegli occhi rossi cristallini, quasi come l’inferno, risplendevano in quella notte scura, solo che adesso sembravano come… accesi di cattiveria.

       - Hey amico - disse l’arrivato. Quella voce, mi ricordava qualcuno, ma molto vagamente.

      - E tu che vuoi ragazzino? Sloggia. Questa è mia - e quando disse quelle parole, sentii un ruggito basso, profondo, quasi come un felino affamato e molto pericoloso. Sentivo che l’uomo dietro di me si stesse spaventando. Chiusi gli occhi per un’attimo, come per concentrarmi, quando… - Merda! - e mi lasciò andare, di botto, facendomi cadere, solo che il contatto col pavimento, non avvenne mai.

La testa mi pulsava violentemente, la testa mi girava. Provai a aprire gli occhi, ma la vista era appannata e mi bruciavano intensamente gli occhi. Mi presi la testa fra le mani e cercai di pensare. 

Riluttante, mi misi a sedere e misi a fuoco quello che c’era davanti a me. La parete. Girai la testa verso la finestra e fui accecata da una luce abbagliante. La finestra era aperta. Mi alzai e spostando le tende, notai una cosa luccicare a terra tra l’erba. 

Mi misi una coperta addosso, e scesi le scale. La casa era deserta, anche perché credo che fosse ancora presto. Uscendo fuori, mi chiusi di più nella coperta e girai intorno alla casa, arrivando sotto alla mia finestra e mi misi a cercare. La trovai un po’ distante dal bidone e la presi in mano. Era una catenina, come ciondolo una medaglietta con sopra dei vari simboli; era bella e… maschile. Chi si era avvicinato alla casa? 

Me la misi intorno al collo e rientrai in casa, trovando Jim con un pigiama molto azzurri e con gli orsacchiotti addosso ed una mazza da baseball in mano.


       - Lo so che vi volete sbarazzare di me, ma fatelo quando dormo almeno - mi sorrise, scompigliandomi i capelli e ci avviammo in cucina.

       - Come mai sveglia? - notai l’orario sull’orologio della cucina, e vidi che fossero le cinque e mezzo. Non mi ero mai svegliata a quell’ora.

     - Mi fa’ male un po’ la testa - mi sedetti sulla tavolo, prendendomi le gambe, avvicinandole al petto. Jim si mise a prepararmi un’aspirina e lo guardai; sembrava una mamma - Da quanto lavori con papà? - in realtà, quella era la prima volta in cui gli facevo quella domanda.

      - Oh, da prima che conoscesse la signorina Evangeline. A quei tempi era un’uomo… diverso, spento, arrabbiato col mondo. Quando conobbe quella donna, fu come un raggio di speranza nella sua vita… - si perse dicendo quelle parole e spostando la testa, vidi una lacrima scendere sulla guancia. Gli occhi mi pizzicarono.

      - Sembra che tu stia parlando di un’altra persona - gli avevo chiesto come se fosse conosciuto, mio padre, con Evangeline, e lui aveva avuto lo stesso sguardo, ma ero certa che non parlava di Bill. C’era qualcosa di strano.

       - Infatti lo sto facendo - aggrottai le sopracciglia e presi il bicchiere che mi passò, bevendo d’un sorso - Decidiamo noi a cosa credere. Non parliamo a nessuno di questo, okay? -

       - Parlare di cosa? - annuì e gli sorrisi. Jim mi aveva sempre mandato messaggi del genere e dio avevo sempre capito cosa volesse dirmi. Non ero figlia dell’uomo che consideravo mio padre ed io lo avevo sempre saputo. C’è differenza tra non sapere e fingere di non sapere, io ero nel mezzo. Mi erano capitate troppe cose che mi avevano fatto dubitare. E lo lasciai li, mentre ritornavo nella mia stanza, giocherellando con la catenina che avevo al collo. 

Mi lavai, indossando un paio di calze scure con gli scarponi neri ed una lunga maglietta a strisce nere e bianche. M’infilai un felpone grigio e bianco e prendendo la borsa, scesi le scale, infilandomi un cappello nero ed infilandomi le cuffiette.

Uscii di casa e corsi, prendendo un’autobus. Mi sedetti in fondo vicino al finestrino ed avviai la musica. E se fossi scappata via lasciando tutto e tutti? Avrei davvero trovato la felicità che cercavo da tempo? Per ora, mi limitavo a guardare lo stesso paesaggio di sempre. Chiusi gli occhi, per un’attimo e vidi… Evangeline, un ponte, il buio, una vecchia scena di un film.

Quando riaprii gli occhi, capii di essermi addormentata. Scesi dall’autobus, e ritornai indietro, visto che ero a qualche fermata più avanti. Entrai nella scuola poco affollata e mi accesi una sigaretta, appoggiandomi al muro della porta d’entrata.

Presi dalla borsa il mio album da disegno ed incominciai uno schizzo veloce. Il ragazzo che dominava i miei sogni con quei suoi occhi rossi cristallini. Era come se la matita andasse da sola, disegnando quello cha c’era nella mia testa.

Alzando la testa, vidi Jake che stava camminando insieme a Kail verso di me. La scuola si era affollata e stranamente il mio sguardo cercò una macchina in particolare. Nera, sportiva, veloce, cattiva, guidata da qualcuno che non sopportavo e poi ne vidi una grigia metallizzata entrare per prima e posizionarsi, seguita dalla nera che entrò nell’atrio della scuola a gran velocità. I ragazzi si spostarono, altri la fischiarono, ma continuò ad andare imperterrita, verso lo stesso posto del giorno prima. Dalla grigia ne uscì Adam, vestito pesante, mentre dalla nera, ne uscì Hate, di cui non sapevo ancora il nome, con il suo completo scuro e con… il giaccone in pelle nera.

Sembrò che avesse notato il mio sguardo, infatti si girò verso di me e mi sorrise, uno di quei sorrisi consapevoli, maliziosi; a cosa stava pensando? Aspetta, m’importava? No. Adam gli tagliò la strada, venendo verso di me; lui, lo seguì, solo che entrò dentro la scuola. Notai la mascella contratta, lo sguardo freddo e distaccato, cattivo. Stranamente, lo seguii con lo sguardo.


       - Ciao, El - mi girai verso Adam e lo salutai, lui fece altrettanto con i ragazzi.

       - Hey -

     - Ci vediamo - annuii ed entrò anche lui dentro. A quel punto, mi voltai verso Jake e Kail, che si stavano guardando, come se si stessero dicendo qualcosa.

       - Lui? - dubitavano o avevano paura di lui? Sembrava un pezzo di pane quel ragazzo - Avete paura di lui? -

       - Si, ci da’ fastidio che stia con te - disse Kail come portavoce di entrambi e mi sorprese - Ma non è lui a preoccuparci -

       - E chi? - guardai Jake negli occhi e qualcosa mi fece già capire la risposta.

       - Di suo fratello -

Rimasi li, a guardarlo per un’attimo, ma era come se non lo stessi guardando veramente.
   
      - È pericolo per te, quindi cerca di non stargli intorno - alzai un sopracciglio, come se fossi io a seguire lui; ma per piacere - Va bene. Cerca solo di evitarlo - ed incominciammo a camminare nel corridoio della scuola.

     - Potrei capire il motivo di questi avvertimenti? - mi affiancarono, guardandosi intorno; neanche se fossero stati dei bodyguard. Sorrisi a quella scena esilarante di loro due vestiti all’agente 007.

    - È un pianta grane. Lo hanno fermato già per due risse fuori dalla scuola - in poche parole stavano dicendo che non era il tipo per me, perché eravamo troppo…

      - Non pensare… - incominciò Jake scompigliandomi i capelli - …fai un favore a te ed a noi - lo spintonai scherzosamente.

     - Vedo del fumo uscire da questa testolina - disse invece Kail, a cui diedi un pizzicotto.

     - Questa testolina, manda avanti i vostri affari. Mi rimpiangerete un giorno -

     - E che sia molto lontano - li presi sotto braccio e lasciammo prima Kail verso la sua sua classe, mentre io e Jake continuammo a camminare - A cosa pensi? - mi chiese.

      - Si vede tanto? - lo guardai, sorridendogli a mala pena, ma uno di quei sorrisi con sguardo non presente veramente.

     - Diciamo che te lo si legge negli occhi - gli infilai una mano nel passante dei pantaloni ed a quel punto lui mi abbracciò; era l’unica persona dalla quale mi facevo abbracciare.

      - Tu solo sei in grado di leggermi -

     - E che bella storia che sei - risi e quando arrivammo alla mia classe, fui leggermente triste. Jake era come un fratello per me e non avrei permesso a niente di mettersi tra noi due, niente.

      - Mi scuso per le pagine spiegazzate - lo abbracciai e sistemando la borsa, entrai in classe.

     - Nessun problema, sono la mia specialità - sorrisi per la sua frase e mi andai a sedere al mio solito posto, notando che il posto vicino al mio fosse occupato da Adam.

      - Hey, ciao -

     - Te l’avevo detto che ci saremmo visti - annuii, perché aveva avuto ragione - Bella collana - automaticamente me la coprii, quasi come se fosse un segreto. Guardando l’orario, notai che fosse trigonometria e dopo un po’, entrò anche il professore che lo sostituì, ginnastica. In pratica, avevamo due ore libere per fare quello che volevamo. Il prof. si avvicinò verso di noi, poggiandomi una mano sulla spalla.

     - Mi dispiace, ma se sei interessato a lei è meglio che levi mano - gli sorrisi e se ne andò, parlando con una ragazza che lo aveva chiamato. Girai la sedia verso Adam, guardandolo meglio.

     - Potrei sempre provarci - rimasi, non molto, ma in parte si, stupita dalla sua risposta. Alcuni ragazzi stravedevano per me, sopratutto per l’aspetto esteriore, ma c’era qualcosa in lui che mi portava a pensare che non si fosse soffermato solo all’aspetto, non era il tipo.

      - Certo, ma ti schianteresti contro un bel muro di cemento - alzai le spalle con nonchalance e mi accesi una sigaretta.

     - Quella roba fa’ male - cercò di togliermela da mano, ma mi scostai per impedirglielo e per poco non caddi - Masochista - feci una faccia schifata, lasciando cadere la cenere a terra, che il vento portò via - Che c’è? È una cosa bella, vista sotto un punto di vista diverso -

       - E quale sarebbe? - chiesi incrociando le braccia al petto, guardandolo.

       - Eviti di fare del male alle persone - sorrisi, prendendo un’altra boccata di fumo e rigettandolo fuori.

      - Hey Adam - incominciò una ragazza bionda, carina, se la tirava un po’ troppo, ma carina - Perché non ti unisci a noi? - disse indicando il gruppo di ragazze verso il quale si girarono.

      - No, grazie. Preferisco rimanere qui - e mi guardò, mentre la ragazza se ne stava andando. Feci finta di commuovermi - Modestamente… - lasciò la frase in sospeso.

       - …Non sapresti flirtare con una ragazza neanche se lo volessi - completai io e mi guardò indignato.

       - Non è vero! -

      - Come fai? - gli chiesi di botto e qualcosa nel suo sguardo mi fece capire che non avesse afferrato il senso della mia domanda - A rimanere sempre così tranquillo - alzò le spalle con nonchalance, sorridendomi.

      - Non serve alterarsi per poco -

      - Ma se lo fai, vuol dire che sei interessato a quella cosa -


E questo facemmo per tutte e due lezioni di sostituzione, e mi piacque davvero tante. Mi raccontò di quando era piccolo, tralasciando suo fratello, quasi come se non gli fosse concesso parlare di lui ed io gli raccontai di cosa mi piaceva fare ed altre cose.

       - Sei come lui - disse ad un certo punto, di botto, mentre ci stavamo alzando, visto che era suonata la campanella.

       - Come chi? - si stava riferendo a me, questo era più che ovvio.

       - Oh, scusa. Stavo solo pensando ad alta voce - mi sorrise come per sdrammatizzare, uno di quei sorrisi imbarazzati della situazione.

       - Da quando siete qui? - 

     - Oh, da poco dopo che è incominciata la scuola - ci fermammo davanti al mio armadietto, visto che era ora della pausa pranzo e posai la borsa, mettendomi solamente un pacchetto di sigarette in tasca. Notai che per i corridoi ci fossero meno ragazzi con la divisa e più con i vestiti normali; quella scena mi fece ridere.

       - E cosa vi ha portato qui? - forse erano domande invadenti, ma stranamente, m’interessava saperlo.

      - Diciamo che siamo ritornati da una vacanza - a quel punto entrammo nella mensa, già affollata e mentre lui incominciò a prendere il vassoio ed a servirsi, io andai direttamente al frigo, a prendermi una cola.

      - Ci si vede - dissi salutandolo e m’incamminai al tavolo dove già stavano Jake e Kail; mi sedetti tra loro due, visto che mi avevano lasciato il posto libero. Si erano trovati in una discussione animata fin quando non ero arrivata - Perché avete smesso di parlare? - chiesi così, bevendo un po’ di cola ed appoggiai le gambe su quelle di Jake.

       - Stavamo solamente parlando di stasera - poi mi ricordai dello spettacolo che dovevamo fare.

      - Ah, si. Mi devi dire il posto - e frugando nella tasca, mise fuori un bigliettino con l’indirizzo, che presi e mi misi in tasca - Okay - alzandomi, misi fuori una sigaretta che misi solamente in bocca. Presi la lattina e l’andai a buttare nel bidone, non molto distante dal tavolo… dei fratelli Hate. Adam mi sorrise e ricambiai, mentre il fratello mi guardava, con quella sfida che passava sempre tra noi due. Uscii fuori, nel giardino e mi sedetti a terra, appoggiando la schiena al muro. Mi accesi la sigaretta. Dalla porta vidi che uscì anche… Hate; non me lo sarei mai aspettato.

       - Vai molto d’accordo con mio fratello - disse e quando mi girai verso di lui, notai che fosse appoggiato al muro accanto a me e che stesse guardando all’orizzonte, lontano; lo feci anche io.

      - È sorprendente di quanto sia facile riuscire a parlare con persone come lui - era buono, nell’anima, totalmente. Rimase in silenzio ed alzando lo sguardo, vidi che lo tenesse basso, verso di me.

       - Bella collana - disse sorridendo ed allontanandosi dal muro. Io la guardai, la collana, e ci giocherellai.

       - Bella giacca - gli risposi io e riuscii a vedere il sorriso sulle sue labbra. Era quella, ne ero completamente sicura; era identica.

       - Quella roba fa’ male - solo che rispetto al fratello, riuscì a prenderla e la spense con le mani, lanciandola.

       - Ti stai preoccupando? - lo stavo… istigando, si. Mi piaceva infierire su qualsiasi cosa e lanciare sfide ogni volta che mi fosse stato permesso.

       - No, mi piace solo infastidirti -

       - Chi disprezza vuol comprare - e mi misi a ridere, attirando le gambe al petto; appoggiai la testa sulle ginocchia.

      - E chi non compre fa’ un’affare - se ne ritornò dentro e dio rimasi li, a sorridere… come una scema. Mi alzai velocemente, pulendomi la maglietta e ritornai dentro, quando sentii dei rumori provenire dalla mensa. Ragazzi, urla d’incitamento; una rissa. Rientrai velocemente, notando un cerchio di ragazzi e mi feci largo tra loro.

      - Fermati! - Jake provò a fermarmi, ma riuscii a sovrastarlo, arrivando alla fine del cerchio. C’era Hate e… Kail che ci stavano dando dentro. Arrivai tra loro due e scaraventai lontano Hate, ritrovandomi faccia a faccia con Kail, che provò a colpirmi, ma io, scostandomi, gli diedi un pugno nel momento esatto in cui arrivò il preside con due professori; ginnastica e quello della squadra di football, a e che si, anche lui, faceva il tifo per me. S’incamminarono verso di me ed io alzai le mani, infilandomele in tasca. Mi spalleggiarono.

     - Elettra Grey, ogni volta che c’è una rissa, ti trovo sempre in mezzo - il preside Williams era incredibile per come fosse capace di dirti le cose sgradevoli col sorriso. Alzai le spalle con nonchalance.

       - Allora credo che sia un’onore ogni volta - risposi, sorridendo. Guardò prima Kail e poi me.
 
       - Voi due, nel mio ufficio. Adesso! -


Ps: Ciao ragazzi… ;)
  
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