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Autore: heliodor    20/11/2014    1 recensioni
Capitan Freedom ― il Capo ― è il supereroe. Liberty Boy ― il Ragazzo Fantastico ― è la sua fedele spalla.
Insieme lottano contro i supercriminali che minacciano la pace nel mondo, in particolare Mantra, il loro arcinemico.
Nella battaglia finale il Capo e Mantra restano intrappolati in una dimensione parallela mentre Liberty Boy perde i suoi poteri.
Anni dopo, il Capo ritorna trasformato nella mente e nello spirito.
Liberty Boy è costretto a indossare di nuovo la maschera, perché adesso è Capitan Freedom il supercattivo...
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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― È a Brenton ― dice Karl, gli occhi fissi sullo schermo. L'immagine ripresa dall'alto mostra un complesso industriale fatto di ciminiere e capannoni. Una figura umana si libra sopra di essi. ― I satelliti lo hanno individuato seguendo la scia di condensa.
― Cosa c'è a Brenton? ― domanda Lucy.
Karl scuote la testa. ― Un paio di industrie per la lavorazione delle fibre al carbonio. Un ristorante che fa delle ottime grigliate di carne.
― Vada per la lavorazione del carbonio.
Steve si volta di scatto. ― Vado da lui.
Lucy lo insegue. ― Steve, aspetta.
Lui marcia deciso verso l'hangar.
― Potrebbe essere pericoloso.
― Il Capo? No ― scuote la testa. ― È solo confuso. Ha passato vent'anni chissà dove. ― Strappa il casco e l'armatura dalle mani di Reya.
Lucy lo segue. ― Io vengo con te.
Lui la guarda di traverso. ― Tu potresti correre un pericolo.
― Sono un agente addestrato per questo genere di cose.
Steve allarga le braccia. ― Sì, certo.
Reya prende una tuta e gliela lancia. ― Metti questa. Ti proteggerà dal freddo e dal caldo eccessivo.
Steve stiracchia il tessuto della tuta. ― Non è un po' stretta?
― Si adatterà al tuo corpo.
L'hangar si apre con un ronzio sommesso sopra le loro teste. É ancora buio, tranne un leggero chiarore.
― Potreste voltarvi, signorine? ― domanda Steve slacciandosi la cintura dei pantaloni.
Reya ridacchia e si volta. Lucy incrocia le braccia sul petto e sbuffa, il viso rivolto al levicottero in attesa in un angolo.
Un leggero spostamento d'aria le scompiglia i capelli. Si volta di scatto, l'espressione allarmata. L'hangar è vuoto. Guarda verso l'alto. ― Che idiota! ― esclama a denti stretti.
***
Steve infila il casco mentre sorvola una fattoria. Al suo interno luci rosse e verdi si accendono e spengono. ― Sistemi attivati ― sussurra una voce incolore.
― Salve Jarvis.
― Prego signore?
Steve ride a denti stretti. ― Niente. Era solo una battuta.
― Steve, che cosa credi di fare? ― La voce di Lucy si riversa come un torrente in piena nel casco.
― Lucy, voglio fare un tentativo.
― Torna indietro. Parliamone prima di fare mosse azzardate.
― Non correrò alcun rischio.
― Non mi riferivo solo a te. Sembra del tutto fuori controllo.
― È solo confuso.
― Non puoi saperlo.
― Chiudi il collegamento.
― Steve!
― Come si chiude questo coso?
Una scarica di statica segnala la fine del collegamento.
Lucy, le mani strette sulla cloche, vira verso l'alto.
***
Brenton è un monotono susseguirsi si periferie fatte di villette a schiera e piccoli quartieri aggrappati a delle basse colline. Il centro della città, con i suoi grattacieli, sorge a ridosso di un mare luccicante sotto i raggi del sole che sta sorgendo.
Parte della costa è occupata da capannoni transennati, depositi di carburante, moli ingombri di container e una dozzina di petroliere all'ancora.
La struttura più imponente è un parallelepipedo di cemento e acciaio circondato da tubi cromati, serbatoi e ciminiere.
Uno dei muri giace in macerie lì dove una forza misteriosa ha divelto l'acciaio e il cemento creando un'apertura larga una decina di metri.
Steve atterra a una ventina di passi di distanza.
Dall'interno del foro giungono rumori metallici.
― Capo, sei lì? ― grida in direzione del foro. ― Senti, sono Steve. Sto entrando, perciò cerca di essere presentabile. Non ne sono certo, ma ho il sospetto che ci sia più di una telecamera puntata su di noi.
Dall'interno della struttura arriva un boato di metallo che esplode e si contorce. Steve china la testa un attimo prima che una paratia d'acciaio grande quanto una utilitaria passi sopra di lui finendo il suo volo in uno dei muri esterni.
― Lo prendo come un invito ― dice Steve poco convinto.
***
L'interno della struttura è un intrico di macerie in cui si mescolano tubi cromati divelti e piegati, detriti di cemento armato sbriciolati come biscotti di burro e paratie d'acciaio accartocciate come fogli di carta argentata.
Steve avanza guardandosi attorno, guidato da un chiarore rossastro che si riflette sull'acciaio e il metallo brunito che forma la struttura interna del complesso.
Si ferma davanti a una porta d'acciaio spessa ottanta centimetri divelta dai cardini e scagliata contro il muro di cemento.
Legge ad alta voce la scritta su una targa: ― Sutton Industries.
― È un laboratorio di alta tecnologia ― dice la voce di Lucy nel casco.
Steve si guarda alle spalle. ― Sei ancora lì?
― Sono sempre qui ― risponde la donna.
― Pensavo di averlo spento questo affare.
― Reya l'ha riacceso. Non hai il controllo totale, Steve.
― Non l'ho mai avuto ― risponde lui cupo. ― Vedi quello che vedo io?
― Molto di più.
Sul visore del casco Steve vede apparire l'immagine a falsi colori dell'interno della struttura. Al centro una figura umana sembra china su qualcosa. ― Che cosa sto guardando?
― Uh ― esclama Lucy. ― La sai l'ultima? Il Capitano è radioattivo.
― Forse è un effetto della dislocazione di cui è stato vittima ― dice Karl.
― Pensavo fosse una conversazione privata questa ― si lamenta Steve.
― La privacy a dopo, piccioncini.
― Di che cosa stai parlando, Karl?
― Niente ― risponde lui. ― È solo un'ipotesi che ho formulato dopo aver visionato alcuni file riservati.
La figura umana si muove verso l'entrata.
― Ne parliamo dopo ― dice Steve. L'immagine a falsi colori scompare, tornando a quella consueta.
Steve sobbalza quando si trova di fronte Capitan Freedom. L'uomo ha sotto braccio una piramide color ottone grande quando un albero di natale da cui spuntano un intrico di fili di tutti i colori.
― Salve, Capo ― dice sorridendo. ― Posso chiederti dove vai di bello? Lo sai che quella è proprietà privata?
Capitan Freedom grugnisce qualcosa e fluttua oltre Steve, che si volta di scatto.
― Ehi, parlo con te. Non si salutano più gli amici?
L'altro continua a fluttuare verso l'uscita senza voltarsi.
Steve lo segue. ― Capo. Dai, non tenermi il broncio. Lo so che non ci vediamo da anni e che non sono passato a trovarti. Solo che non mi hai lasciato l'indirizzo né il numero di telefono e non sapevo come rintracciarti.
Capitan Freedom si volta di scatto, l'espressione corrucciata. ― Possibile che tu non prenda mai nulla sul serio?

 
  
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