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Autore: Naki94    22/11/2014    1 recensioni
Attirato da un misterioso invito inviadogli da un altrettanto misterioso anfitrione, il protagonista accetta di partecipare a una caccia al tesoro all'interno di una imponente magione. Dal suo ingresso in poi il suo destino e quello degli altri giocatori non sarà più sotto il suo controllo.
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 A chi troverà questo folle racconto lascio in eredità i fatti accaduti in sole due notti rinchiusi dentro questa orribile casa. Per qualche ignota ragione mi accadde d'essere divenuto in possesso di un prezioso invito inviatomi da un misterioso ospite che si firmava D. Ebbene costui, del quale ripeto non ero affatto a conoscenza, mi invitò personalmente a partecipare a un abbondante banchetto presso la sua magione, con la promessa che in seguito si sarebbe svolto un attento giuoco di ricerca di un ricco tesoro e che il fortunato che lo avrebbe trovato per primo sarebbe divenuto ricco. Sul momento non diedi attenzione a quelle parole, ma esse per tutto il giorno si impossessarono di me a tal punto da sentirmi costretto ad accettare.

Dunque al giorno e all'ora stabilita dalla lettera raggiunsi la maestosa villa che si levava alla fine d'un lungo viale alberato ed essa era ben curata e sfarzosa e il prato ben falciato ospitava rare specie di piante e fiori. In lontananza il ritmico suono dell'acqua di alcune fontane e i grilli e le rane oltre la fila di siepi grandiose rendevano l'atmosfera piuttosto tranquilla. Mi trovai al cospetto di altri cinque personaggi che come me avevano ricevuto la bizzarra proposta. Attendemmo per un tempo infinito che qualcuno ci venisse ad accogliere giacché la porta principale della villa era chiusa e dalle finestre non passava un filo di luce.

Tentammo invano di forzare la porta o di cercare ulteriori entrate secondarie finché, al ritorno dalla nostra perlustrazione, non ci venne fatta trovare la porta principale completamente spalancata ed agibile.

Con timore entrammo a piccoli passi forzati domandando ad alta voce l'ospitalità di qualcuno, ma nemmeno il respiro o l'ombra di un maggiordomo o del misterioso anfitrione di cui tutti volevano fare la conoscenza.

Davanti ai nostri occhi si aprì l'immagine di una magnifica villa con mobili antichi ed ampie arcate sorrette da terrificanti statue di marmo raffiguranti creature di una mitologia a me ignota. Tutte le pareti erano rivestite di una pacchiana carta da parati vermiglia, tuttavia ciò che catturò l'attenzione di noi tutti fu però un interessante particolare: un anonimo dipinto ad olio su tela posto davanti a noi subito oltre la soglia d'ingresso. Esso rappresentava, con grande cura, la facciata esterna della magione ai piedi della quale sei persone stavano in posa per il pittore. Mi avvicinai con attenzione al dipinto e m'accorsi, con sommo stupore, che le sei persone raffigurate eravamo noi stessi e, quando riuscii a catturare l'attenzione dei miei compagni, essi ne furono così turbati che Lady M. perse improvvisamente i sensi alla vista di quell'agghiacciante dettaglio. Il signor T. aiuto Lady M. a riacquistare le forze mentre io provvedevo a leggere a tutti la targhetta d'argento sotto la pesante cornice del quadro.

 

Benvenuti. Ora siete miei ospiti e per rispetto verso il vostro benevolo anfitrione non v'è permesso abbandonare la festa finché non vi sarà da Lui concesso.

Servitevi del gustoso banchetto nell'ala Ovest e siate lieti dell'opportunità a voi offerta.

Celato oltre queste mura v'è un'importante tesoro che vi renderà ricchi, tuttavia ogni azione ha un prezzo e non crediate sia semplice sfuggire al vostro destino poiché di esso non avrete alcun controllo...

 

Seguimmo il consiglio della targhetta e ci sedemmo comodi a banchettare assieme rivelando a noi stessi interessi e passioni e qualche dettaglio a proposito della vita privata di ciascuno. Ci accorgemmo solo in seguito che la porta della casa s'era silenziosamente e definitivamente serrata. Tentammo invano di aprirla e di trovare altre uscite ed ora che rammento, sorrido alla crudele ironia del destino, giacché pochi istanti prima nel parco della villa cercavamo tutti impazienti un passaggio per entrare e, poco dopo, sottratta la nostra libertà di scelta, eccoci disperati a cercare un modo per evadere da un ambiente divenuto a tutti noi improvvisamente ostile.

Non potendo dunque uscire iniziammo la nostra ricerca individuale del famigerato tesoro e il primo a sparire fu proprio il signor T. Egli s'era avventurato presso la sala della biblioteca e il signor Q., nei pressi di quell'atrio, giurò di aver udito un secco mortale urlo strozzato e poi un acuto silenzio. Noi tutti ci recammo alla biblioteca per accertarci dei fatti, ma non trovammo nulla se non qualche libro caduto dallo scaffale. Si trattavano di libri molto curiosi, scevri d'autore e in certi tratti scritti in una lingua arcaica, incomprensibile. Essi sembravano narrare le avventure di una remota e sconosciuta mitologia e il nome di una creatura divina mi rimase alla mente, ma non ne voglio scrivere il nome completo, così lo chiamerò solamente Lord. Sono sempre più convinto che esso sia il vero fautore di questa nostra tragedia. Lady M. era una signora composta e assai superstiziosa e fu ella a intimorire per prima i nostri animi con sacrileghe leggende e dettagli inventati. Sosteneva infatti di aver visto l'ombra nera sul cornicione delle scale che conducevano ai piani superiori e il rumore fastidioso delle dita intente a tamburellare gaie sulla ringhiera di legno. Ella divenne così insopportabilmente instabile che non ci lasciò altra scelta che soffocarla con un sacco non appena si fu coricata in attesa del sonno, in uno dei letti delle stanze degli ospiti. Fu una decisione buia e sofferta, ma ella non poteva continuare a creare tenebre nei nostri cuori.

Continuai le miei ricerche e più tardi mi accorsi di aver in petto la terribile sensazione d'essere in qualche modo posseduto da una demoniaca forza che dall'alto muoveva con maestria i miei pensieri e le mie azioni. Fu un pensiero breve e singolare ma di cui parlai al signor Q. il quale mi confermò che più volte anche lui aveva avuto la medesima impressione.

Non avevo idea di quanto tempo oramai fosse trascorso quando fummo catturati da un sinistro rumore proveniente dallo scantinato. Quando raggiungemmo il sotterraneo, oltre le umide pareti incrostate e giù per gli essudanti gradini di pietra, ci fu rivelato, dalla luce tremolante di una torcia, il corpo pallido senza vita della signora S. La causa della sua morte non fu chiara sebbene il signor Q. azzardò l'ipotesi che ella fosse distrattamente caduta dalle scale, giacché indossava sulla canuta pelle lividi di notevole grandezza.

Da quell'istante il tesoro iniziò ad occupare un posto sempre meno importante nelle nostre menti giacché eravamo rimasti solamente in tre. Capimmo in seguito che in giuoco vi erano le nostre vite.

Notai, errando solitario per la casa, alcune stanze che prima avrei giurato non esistessero, ma quell'avventura s'era tramutata così velocemente in incubo che iniziai a dubitare di ogni senso.

Mi accadde di incontrare uno spettro scivolare incerto sulle pareti ombrose del secondo piano e, incuriosito, mi trovai a seguirlo lentamente, tentando di rimanere nascosto un po' dall'oscurità e un po' dal mobilio posto sul mio furtivo cammino.

Egli, in forma di scitale, lentamente mi condusse ad una stretta stanza che, pur essendo consapevole di trovarsi al piano superiore della magione, partoriva in me l'impressione sempre più viva che fosse in verità posta a decine di metri sotto il suolo. La temperatura diminuì fortemente e l'aria improvvisamente divenne densa e viziata.

Qui lo spettro si fermò dileguandosi sulla soglia di una piccola nicchia presso il muro ed io avvertii una amara solitudine. Mi avvicinai cauto a quel portale che per fattezze somigliava molto a un piccolo tempio. Cercai invano di richiamare lo spettro alla mia presenza. Su di uno scranno trovai un grazioso e lavorato coltello con particolari incisioni ed ornamenti sull'impugnatura e sul bisello alcune parole che preferirei non ripetere e trascrivere. Quando impugnai il coltello mi si rivelò il mio destino con chiare e accecanti immagini di un universo parallelo abitato da umanoidi creature signoreggiate da un antico demone che, con dita invisibile, tesseva il filo della loro vita su di una altura infuocata. Esso possedeva tre occhi, uno per ogni tempo e con essi governava.

Mi risvegliai in piedi di fronte al quadro posto all'ingresso e notai, senza particolare stupore, che solo del signor Q. era rimasta dipinta sulla tela l'immagine e, quando lo trovai poco tempo dopo ad accendere il caminetto del salone centrale, domandai a lui del signor C. ed egli mi rispose di non averlo più veduto dall'ultima volta quando, colto dal rovello, s'era deciso senza alcun dimoro di attraversare da solo le cantine convinto che la mappatura della casa, che aveva casualmente trovato in biblioteca, lo avrebbe condotto ad una possibile via di fuga sotterranea.

Sapendo dunque che il signor C. doveva essere ormai morto nel suo spavaldo tentativo, con naturale tranquillità infilai tra le carni del ventre del signor Q. il mio affilato coltello e attesi, con meticolosa calma e pazienza, che egli morisse. Quando il tappeto persiano ai piedi del camino fu completamente inzuppato di sangue e il signor Q. esanime, allora presi tarda coscienza di ciò che era accaduto, tuttavia il momento di lucidità mentale che mi era stato concesso fu breve, giusto l'attimo di prendere atto delle mie azioni e poi, di nuovo, mi sentii manovrato dall'alto da invisibili fili. Tuttora mi consumo nel piccolo tempio in attesa della Sua venuta.

   
 
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