B'soir!
Sebbene in
stra-mega-ritardo (oramai Halloween è bell'e passato da un pezzo) ecco una mia
nuova fanfiction horror. Non è lunghissima, prometto: se tutto va bene, ce la
caviamo con 5 capitoli!
Ringrazio
la mia amica giapponofila che m'ha lanciato la sua ennesima sfida: dopo l'Mpreg,
infatti, Hoel si cimenta nel Genderbender! So che avrei potuto usare dei
personaggi femminili dell'universo di "Naruto", ma ... ma la sfida consisteva appunto nel cambiare
sesso ad una, o più, coppie yaoi e ricamarci attorno una storia.
Spero che la
presenza del "Genderbender" non vi faccia storcere il naso: date una
possibilità a questa storia, please! T^T Inoltre, non essendo un'esperta di
cultura e società giapponese - malgrado le dritte della mia amica - mi scuso in
anticipo per eventuali errori, incongruenze o occidentalizzazioni presenti
nella storia. Mi appello alla licenza poetica. U__U
Come
sempre, quando necessario, ad inizio capitolo ci saranno gli avvertimenti e a
fine capitolo le note.
Vi auguro
una buona lettura e un ringraziamento in anticipo a chi deciderà di lasciare un
piccolo commento a questa fic.
H.
P.S. L'aggiornamento di "Stigma" avverrà a
breve, Hoel si scusa per questo abominevole ritardo, ma recenti avvenimenti le
avevano fatto perdere un poco l'ispirazione e non sapeva più come proseguire.
Adesso la vostra fedelissima è gasata al massimo e può continuare ad
aggiornare. Anche "Missing"
verrà aggiornata, dopo un inteso processo di re-editing.
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The Appointment
or
The Water Child
“Baby Blue, Baby Blue / I know that thing she did to you ...
...”
(Urban Legend "Baby Blue")
Avvolta dalla soporifera semioscurità che precede l'alba,
la casa giaceva nel silenzio assoluto, condizione ottimale per dedicarsi ad
attività richiedenti una grande concertazione.
Quali, ad esempio, la scrittura.
Sebbene a malincuore -
ricordandosi dell'insistente sollecitudine del suo editore - Tobirama
s'accommiatò dal suo futon, nello specifico dall'abbraccio d'un dormiente
Izuna, che pur tuttavia prese a serrare con possessività i suoi fianchi, quasi
avesse intuito nella sua fase rem quel tentativo di fuga lavorativa. Avendo la
possibilità di scegliere, Tobirama di certo non avrebbe disertato così l'uomo:
che ridessero pure delle sue convinzioni all'antica, ma che morte e dannazione
potessero cadere sulla sua testa se mai avesse rinunciato al sacrosanto gioco
del cucchiaio e cucchiaino, dopo le libidinose coccole notturne!
E invece, per colpa di quel disgraziato dell'editore ...
Borbottando qualcosa d'intellegibile nel sonno, alla fine
Izuna abbandonò la sua salda presa, girandosi dalla parte opposta e scoprendo
così interamente la schiena nuda. Levandosi la piccola soddisfazione di baciargli
quantomeno la spalla, Tobirama gli scostò con la scaltra rattezza d'un ladro i
capelli dal collo, evitando che lo accaldassero ulteriormente. Izuna bofonchiò
ancora qualcosa, cacciò un profondo sospiro e riprese a russare lievemente,
strappando un muto risolino in Tobirama, nel frattanto che infilava una leggera
vestaglia, osservandolo con tenero divertimento.
Scivolando via dalla stanza e procedendo a passi felpati
lungo il corridoio, l'insonne (suo malgrado) raggiunse il piccolo studio,
sistemandosi sulla sedia e accendendo poi il computer.
Decisamente, da quando aveva incominciato a riscuotere
successo come horror writer, il suo editore non perdeva occasione di sollecitare il suo
cervello acciocché partorisse quanto prima storie e sceneggiature, tutte
rigorosamente horror, che comparivano pian piano anche sulle riviste di manga e
in sceneggiati, un traguardo notevole per la sua età. Il suo ultimo racconto
breve, "Il Maestro delle Bambole", aveva vinto perfino il prestigioso
Premio Akutagawa e ora si puntava al Premio Naoki. L'unico problema era il
marketing, su quel punto non si riusciva a trovare un accordo con la sua casa
editrice e i media. Tobirama infatti si rifiutava di rilasciare interviste:
dopo che i critici avevano eletto il suo albinismo a causa principale della sua
vulcanica creatività, aveva rifiutato di prestare la sua persona all'attenzione
morbosa dei media, dei recensori e dei fan, i quali poi avevano incominciato a
tartassare la sua famiglia con atti quasi di stalking e pretendendo di sapere
tutto sulla sua vita. Se all'inizio la sua reticenza a mostrarsi in pubblico
aveva giovato la sua fama di "Horror Writer", conferendo un'aura
misteriosa ed evanescente, alla lunga i media si stavano stancando, premendo ogni
membro dello staff della casa editrice affinché convincessero Tobirama a farsi
intervistare perlomeno alla radio. Di sapere almeno da dove trovasse
l'ispirazione. Ma Tobirama era irremovibile: non avrebbe ceduto a quel braccio
di ferro, tanto non scriveva per i soldi. "Né perché soffro di
albinismo", furono le uniche parole che concesse ad un giornalista tramite
lettera, ma soltanto perché questi si stava per buscare una broncopolmonite a
furia di aspettare alla porta di casa, in barba al meteo.
Intimamente, nel frattanto che cliccava la cartella "storie
horror- divers", maledì la sua decisione d'aver inviato il suo primo
racconto horror all'editoria: s'era trattato di una scommessa con suo fratello
Hashirama, non aveva mai avuto intenzione di scrivere per professione. Forse
per quel motivo aveva deciso di battere giù finalmente, dopo anni
d'indecisione, quella storia.
"Eh ... Se
non si può fare a meno di ballare, che si balli dunque!", disse e aprì un
nuovo file word, che nominò ...
L'Appuntamento
dalla
testimonianza di Naruko Namikaze
E schioccate le dita, incominciò a scrivere:
Tutto
accadde sei anni fa, quando ancora frequentavo il penultimo anno di università.
Sebbene il
mio atteggiamento dimostrasse il contrario, non stavo attraversando un periodo
chissà quanto felice: gli ultimi risultati accademici mi avevano molto
demoralizzata, alienandomi dalla stima dei miei professori e conseguentemente
dal loro supporto. Non ne conoscevo bene la ragione, ma una strana spossatezza
mi aveva pervasa negli ultimi tempi, immalinconendomi e spronandomi alla
ricerca di una qualsivoglia forma di distrazione, sia fisica che mentale, la
quale mi allontanava progressivamente dallo studio. Era come se avessi perso
ogni interesse, facendomi apparire ogni cosa grigia e asfissiante, una gabbia da
cui anelavo d'uscire quanto prima. Ma a nessuno importava, men che meno ai miei
professori, i responsabili della mia formazione intellettuale. Dall'alto della
loro saggezza, non riuscivano a figurarsi il motivo per il quale una valida studentessa di ventuno anni fosse
rimasta così, da un giorno all'altro, vittima dei “vapeurs anglais”. Tentai di
parlarne coi miei genitori, ottenendo purtroppo scarsi risultati. Talvolta
avevo l’impressione di non essere null’altro che una delusione, una figlia
ingrata che ripagava con la pigrizia i loro sforzi e sacrifici per aver
permesso anche a me di studiare esclusivamente nei migliori istituti onde
intraprendere una brillante carriera come docente universitaria. Solo Menma, mio fratello
maggiore e unico confidente, mi capiva senza giudicarmi.
E Sasuke, ovviamente,
il mio fidanzato.
Era stato
Menma-nii ad avermelo presentato, essendo egli infatti il migliore amico d'Itachi-san,
il fratello di Sasuke. All'epoca mi trovavo all'ultimo anno di liceo e, in
tutta onestà, mi era subito divenuto antipatico e la cosa fu reciproca,
avendomi Sasuke sempre rifilato commenti sferzanti e affatto gentili, dandosi
grandi arie d’aristocratico e statua di ghiaccio. Alas, chi disprezza compra,
mi ricordava la buonanima di mio nonno Jiraiya-ojisan e, puntualmente, col trascorre del
tempo il nostro mutuale sentimento di fastidio e avversione si era sostituito
ad uno d'affetto e di reciproco interesse. Quando avvenne il fatto, stavamo già insieme da un anno e mezzo,
sebbene con molte riserve da parte dei miei genitori (mia madre soprattutto) e
dei miei amici, giacché non vedevano di buon'occhio né Sasuke né la sua
famiglia.
Sinceramente,
non me ne calava un'emerita cippa. Quando stavo in sua compagnia, sulla mia
vita ritornava a cinguettare la primavera. La mia inspiegabile depressione
svaniva improvvisamente e le cupe ombre con lei. Sapevo che, sotto quella
facciata gelida e altera, Sasuke m'amava teneramente, anzi, talvolta gli
leggevo una lieve ma persistente ansia negli occhi, come se temesse in un mio
ripensamento. Si sbagliava, non lo avrei mai lasciato.
Mai.
Eppure ci
andai molto, troppo, vicina ...
To
be continued?