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Autore: Miryel    25/11/2014    4 recensioni
[VI PREGO DI NON PASSARE QUI, STORIA IN REVISIONE]
"Non ci pensate nemmeno! Sono io il vostro chitarrista!" sbottò Vanitas, capendo al volo a cosa si stessero riferendo. Sora gli diede un pugno amichevole sulla spalla, ridacchiando.
"Van, ho la sensazione che vogliano tagliarti fuori dal gruppo!"
"Devono solo provarci!" rispose acidamente il fratello più grande, imbronciandosi "Gli mando Ventus a picchiarli, parola mia!"

[AkuRoku - VanVen - RiSo]
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Axel, Riku, Roxas, Vanitas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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Capitolo 13. Monkey Gone to Heaven
Era finalmente arrivato lunedì, il che implicava l'inizio delle prove vere e proprie del gruppo, che si sarebbe incontrato al Box nel pomeriggio.
Axel si era appena svegliato, presto come sempre, e sentiva la schiena fargli un male della malora. Tra l'aver portato Roxas in spalla e averci lottato in acqua e la bruciatura sulla schiena, perché non si era messo nemmeno la protezione, si sentiva uno straccio.
Ma era felice, malgrado i dolori.
Si alzò a fatica, facendo piano, perché sentiva la maglietta appiccicata alla schiena sia per il sudore che per il calore della sua bruciatura. Raggiunse la cucina strascicando i piedi, non prima di aver preso il cellulare dal comodino, staccandolo dalla carica.
Varcò la soglia della sua stanza controllando i messaggi ricevuti e ne trovò uno. Il solito e piacevole buongiorno della sua piccola peste, che, a quanto pareva, lo pensava appena sveglio.
Gongolò al pensiero e si accinse a leggere.
"Buongiorno Axel! Anche tu ti sei bruciato ieri? Io e Ven abbiamo sprecato un'intera boccetta di borotalco alla menta, per quanto ci bruciano le spalle! Spero a te sia andata meglio!"
Axel ridacchiò, immaginando la scena dei due fratelli doloranti, poi si accinse a rispondere.
"Buongiorno piccola peste! No, non mi è andata meglio, sto letteralmente morendo dal dolore! Ma ne è valsa la pena!"
Premette il tasto di invio e si contorse dal dolore quando prese lo spigolo del divano col ginocchio, perché come al solito era distratto e non guardava dove andava.
"Buongiorno casinista!" ridacchiò sua madre, vedendolo contorcersi mentre si teneva la gamba, con i denti stretti, imprecando.
Non appena il dolore si alleviò entrò in cucina, raggiungendola e dandole un bacio sulla guancia.
"Ciao Ma'!"
"Hai le guance rosse per l'abbronzatura! Sei carino!" esclamò lei, prendendogli il viso tra le mani e studiandolo.
Axel sospirò: "Bello, mamma! Sono bello!" rispose, fingendosi offeso.
"Mamma mia, come siamo modesti!"
Il rossino rise, poi si prese del latte dal frigo e lo mise nel pentolino per farlo scaldare e, mentre aspettava davanti ai fornelli, si grattò la testa.
"Come sta Roxas?" chiese la mamma, a cui Axel infine aveva raccontato tutto, omettendo, per non farla preoccupare, la parte in cui aveva picchiato quell'essere immondo.
Axel arricciò le labbra: "Benino, dipende dai momenti. Ci sono istanti in cui sembra aver dimenticato tutto e momento in cui si isola e diventa taciturno... gli ci vorrà del tempo per stare un po' meglio"
La mamma sospirò.
"Immagino, povero ragazzo. Deve aver passato davvero l'inferno. Mi dispiace molto, perché è ancora molto giovane e non ha vissuto un'infanzia come gli altri." rispose, un po' affranta.
"Già..." mormorò il rossino, spegnendo poi il fuoco e mettendo il latte in una tazza blu di Evangelion. "Poi ora c'è anche Ven che sembra totalmente fuori di se. Si sente talmente in colpa che non capisce che a volte esagera troppo a stargli appiccicato!"
"Beh, è suo fratello, vuole rimediare ai suoi errori. Capirà prima o poi come deve comportarsi e le cose cambieranno, vedrai!" spiegò lei, sedendosi accanto a lui e bevendo il suo tè.
"Quando papà è morto anche noi due non sapevamo come comportarci, come parlarci... ti ricordi?" constatò il rossino, un po' stranito per aver tirato fuori quella cosa, visto che non parlavano spesso di suo padre.
La mamma sospirò e posò entrambe le mani sulla sua tazza, guardando il liquido giallognolo emanare calore con sbuffi di fumo.
"Sì, è stato difficile. Il dolore di una moglie e quello di un figlio sono talmente diversi da non essere compresi subito... eravamo innaturali, tra di noi, ma poi è cambiato tutto. Ci siamo uniti di più..."
Axel tirò su col naso, nervoso: "Dovrei andarlo a trovare, ogni tanto... ma non ce la faccio..."
La donna gli prese una mano tra la sua e la strinse forte, guardandolo con gli occhi verdi lucidi, cercando di dargli forza.
"Tuo padre sa che lo pensi anche se non vai al cimitero, lo sai... a lui interessa che viva dentro i tuoi ricordi, gli basta questo..." cercò di rassicurarlo e lui strinse di più la sua mano e la guardò.
"Lo so, ma dovrei andarci... sento che dovrei farlo, anche se questo non cambierebbe nulla."
"Se e quando ti sentirai di farlo, fallo! Lui non andava a trovare nemmeno i suoi genitori, dopo che sono morti, per le tue stesse motivazioni, quindi ti capisce e non ti accusa di niente!" rispose lei, reprimendo una lacrima che le stava per scendere dagli occhi umidi.
Axel le prese anche l'altra mano, scoprendo che, malgrado facesse un caldo terribile, le aveva entrambe fredde.
"Hai ragione, è vero..." mormorò, poi le carezzò una guancia delicatamente, facendola sorridere per quel gesto tanto dolce quanto delicato. "E poi, conoscendolo, mi starà prendendo in giro perché mi faccio un sacco di problemi come al solito e non ce n'è bisogno!" ridacchiò, infine.
La mamma rise, ma la lacrima che aveva represso le scese comunque, sia per quella frase che per quella carezza.
"E' vero e sicuramente starà prendendo in giro anche me perché sono troppo innamorata di mio figlio!"
"Dovrai dividere questo amore con troppa gente, dato che sono molto amato, io!" sentenziò il rossino, gonfiando il petto in fuori, borioso come sempre.
La mamma rise di nuovo: "Anche tu hai molto amore da dare, ma lasciamene un po' invece di usarlo tutto per Roxas!"
Axel avvampò e non solo perché era rosso per via dell'abbronzatura. Le lasciò le mani lapidario e iniziò a bere il suo latte, cercando di non dare a vedere che era arrossito.
"Le tue supposizioni non mi mettono a disagio, madre degenera!" rispose, in finto tono eloquente.
Lei scosse la testa: "No, infatti. Peccato..." rise, infine, poi sorseggiò il suo tè.
Non appena Axel finì di fare colazione, prese il cellulare e lo guardò, un po' combattuto se chiedere a Roxas di vedersi o se lasciar stare. Sbloccò comunque il telefono, ancora fisso sulla casella messaggi e si accinse a scrivere, prendendo un grosso respiro.
"Che fai questa mattina?"
"Nulla di che, stavo suonando un po' la chitarra. Tu?"
Axel si grattò la testa, titubante e sospirò.
"Nulla di nulla. Ti va di vederci? Mangiamo qualcosa assieme e poi raggiungiamo gli altri al Box!"
Gli andava tanto di vederlo, perché quel discorso che aveva fatto con sua madre l'aveva incupito e aveva bisogno di svagarsi un po'. Sperò vivamente che gli dicesse di sì.
"Va bene, ci vediamo tra poco sotto casa tua, se vuoi! Posso lasciare il basso da te e lo recuperiamo prima di andare?"
"Ok, piccola peste! Io sono qui, quando vuoi puoi iniziare a venire!"
"A tra poco, allora :)"
Axel non riuscì a reprimere un sorrisetto innamorato a quel messaggio. Varcò la soglia della sua stanza e iniziò a scegliere i vestiti da mettere, poi se li portò in bagno e si buttò sotto la doccia.
Sentì i capelli spiaccicarsi sulla sua faccia, pungendogli sulla parte bruciata delle guance. Tirò qualche imprecazione di dolore e si sbrigò ad uscire, perché anche la schiena cominciava a bruciare per l'acqua calda.
Si asciugò e si vestì, poi prese il phon da un mobile ed iniziò ad asciugarsi i capelli.
Erano tutti secchi perché, malgrado li avesse già lavati due volte, la salsedine non voleva saperne di abbandonare del tutto la sua chioma. Sospirò allo specchio, conscio che avrebbe dovuto metterli a posto alla meglio e se li legò, infine, per non vedersi gonfio come la criniera di un leone.
Uscì dalla stanza e si mise le scarpe. Raggiunse il salotto, scoprendo di essere totalmente solo in casa. Sua madre doveva essere già uscita per andare al lavoro, perché era già parecchio tardi.
Andò in cucina e si prese un tè al limone, fresco di frigo e si sedette sul divano, aspettando.
Roxas non tardò molto ad arrivare e si annunciò suonando il campanello. Il rossino si alzò dal divano sussultando, perché si rese conto solo in quel momento che sarebbero stati soli in casa, anche solo per un po'.
Rispose e aprì il portone con il tasto, poi si avvicinò alla porta, aprendo e aspettando che il biondino uscisse dall'ascensore.
Quando lo vide gli fece un grosso sorriso e l'altro contraccambiò, alzando una manina, mentre portava il basso in spalla, alto il doppio di lui.
Era carino da morire, quel giorno.
"Ciao!" salutò il rossino, quando Roxas si fu avvicinato.
"Buongiorno!" rispose, poi entrando in casa quando Axel lo fece accomodare.
Si guardò un po' intorno, studiando l'appartamento. Non era grande come il suo, ma era accogliente e aveva una grossa finestra nel soggiorno che illuminava tutto magnificamente, con quel sole estivo.
"Che bella casa!" esclamò.
Axel si chiuse la porta alle spalle e ridacchiò.
"E' un buco per gli Hobbit! Ma è graziosa, sì! Mia madre cerca di renderla accogliente, malgrado la mia stanza rovini le sue intenzioni!"
Roxas si voltò sorridendo: "E' vero! Mi parli sempre della tua stanza come se fosse un campo di guerra! Posso vederla?"
Il rossino sussultò sulle spalle a quella richiesta. Non per nulla di particolare, ma perché era un vero disastro e non aveva nemmeno rifatto il letto.
"Ehm... dovrai prepararti psicologicamente, piccola peste!" esordì, grattandosi la testa imbarazzato. "Cerca di non svenire, eh!"
Il biondino ridacchiò, poi lo seguì mentre gli faceva strada verso una porta chiusa, piena zeppa di foto vecchie e ingiallite. In alcune c'era anche suo fratello. Beh, erano amici da una vita, effettivamente. Chissà se un giorno, su quella porta, ci sarebbe stata anche una foto con lui.
"Sono delle foto molto carine!" commentò, guardandole attentamente.
"Sì, sono una specie di linea del tempo. Dall'alto verso il basso sono in ordine temporale! L'ultima è quella della cerimonia del diploma... Dio, quanto tempo è passato..." mormorò Axel, malinconico ma comunque felice di aver passato certi momenti spensierati con i suoi amici. "Vieni, dai! Ti faccio vedere la mia trincea!"
Aprì la porta, rivelandone la sua cupezza, dato che non aveva alzato nemmeno le tapparelle per far entrare un po' di sole.
Accese la luce che ci mise un po' a scaldarsi e ad illuminare l'ambiente circostante.
Roxas si sfilò il basso dalle spalle e fece un passo avanti poggiandolo ad un muro.
Si guardò intorno, poi si avvicinò alla sua scrivania, piena zeppa di cartacce e penne, per lo più ormai consumate. Sopra ergevano tre mensole, stracolme di modellini e fumetti.
"Hai un sacco di roba!" esclamò, stupito.
"La raccolta di cose inutile nel corso degli anni. Ne vado fiero, dei miei acquisti!" sentenziò il rossino, fiancheggiandolo e prendendo un modellino di Patlabor. Ci passò una mano sopra per spolverarlo alla meglio, poi lo guardò.
"Ti piacciono i robot, vero?" ridacchiò Roxas, guardando anche lui il modellino che teneva tra le mani con profonda delicatezza.
"Da morire! Ci sono cresciuto, leggendo e guardando anime di robot. Credo di conoscerli quasi tutti!" disse, senza nemmeno troppa boriosità.
"Devono essere molto interessanti se ti piacciono così tanto." constatò Roxas, prendendo invece un modellino di Gundam che lo aveva particolarmente affascinato.
Axel gli portò una mano sui capelli, arruffandoglieli.
"Se vuoi ti presto qualcosa!"
Roxas annuì e mise al suo posto il modellino, girandosi per fronteggiare il rossino.
"Volentieri!" sorrise, poi lo guardò, zittendosi.
Axel lo fissò a sua volta e non riuscì a reprimere un sorriso dolce, perché solo in quel momento aveva notato quanto fossero abbronzati i suoi zigomi e quanto le sue lentiggini si fossero accentuate.
Istintivamente, gli carezzò una guancia, delicatamente.
Roxas chiuse gli occhi, inebriato da quel tocco e sorrise a sua volta, teneramente, perché quei gesti gli mancavano, malgrado li avesse ricevuti appena il giorno prima al mare.
"Sei ancora più carino con le guance rosse..." ammise Axel.
Roxas non aprì gli occhi: "Dovresti metterti un paio di occhiali, sai?" mormorò, con la voce tremante, perché comunque quel complimento lo aveva imbarazzato.
"Tu dovresti farlo... almeno vedresti allo specchio quanto sei bello..." gli disse, con un filo di voce, reprimendo, dolorosamente, l'istinto di baciarlo.
"Mi batte di nuovo forte il cuore..." disse il biondino, aprendo poi gli occhi e guardandolo.
Scese un silenzio di tomba, mentre i loro occhi si incrociavano, si incatenavano, senza permettere loro di fare o dire alcun che. Axel aveva ancora la mano sulla sua guancia, ma era ferma, immobile.
Sospirò.
Gli portò una mano dietro la nuca e gli diede un fugace bacio sulla guancia, che lo lasciò attonito, poi si voltò raggiungendo la porta della sua stanza e poggiando una mano sullo stipite di legno, pensieroso.
"Axel..."
Il rossino non si voltò, perché stava davvero per perdere il suo solito autocontrollo. Era bello da impazzire, quel ragazzino e non solo perché ne era innamorato. Erano soli in casa e lui si lasciava carezzare senza problemi. Il che implicava che tutto ciò non poteva essere un freno alle intenzioni del cantante.
Dovevano uscire, almeno non avrebbe avuto l'oppressione inquietante di quattro mura rassicuranti, che lo stavano portando a fare un gesto sbagliato, sbagliatissimo, fuori luogo e azzardato.
Non aveva più molti dubbi anche sui sentimenti che Roxas provava per lui, ma doveva andarci cauto. Doveva solo aspettare che lui fosse pronto, che si riprendesse un pochino, poi tutto sarebbe venuto da se.
Ma quanto ancora avrebbe dovuto aspettare? Era vero che per Roxas avrebbe aspettato anche l'eternità, se necessario, ma egoisticamente non ce la faceva più.
Voleva quelle labbra e le voleva ora.
"Andiamo, Roxas... o si farà troppo tardi."
"Tardi per cosa?" chiese lui, avvicinandosi alla sua schiena e fermandosi a qualche centimetro di distanza.
Axel non sapeva cosa rispondere. Avevano deciso di vedersi perché erano entrambi annoiati in casa e, soprattutto, perché entrambi non potevano più fare a meno l'uno dell'altro. Di fuori o dentro casa che differenza faceva?
Non avevano piani prestabiliti, a meno delle prove pomeridiane.
Potevano anche rimanere lì, non c'era niente di male, in fondo.
"Qual è il problema?" chiese il biondino, ancora, abbracciandolo poi da dietro e facendolo sussultare.
Axel tolse la mano dalla porta e la portò su una delle sue, delicatamente. Fissò il salotto di fronte a se, sconvolto, perché non ce la faceva più davvero. E per come stava emotivamente quel giorno, sapeva che poteva commettere un grande errore. Un enorme, madornale errore.
"Io non voglio ferirti, Roxas" mormorò, posando anche l'altra mano sulle sue.
"Non lo hai mai fatto."
"Non ancora..."
Roxas, a quelle parole, non seppe che dire, perché non le capì nemmeno.
Axel era il suo cavaliere, il suo eroe, quello sempre pronto ad aiutarlo, sempre pronto a farsi in quattro per lui. Non lo riteneva nemmeno lontanamente capace di ferirlo, perché persino pensarlo per lui era un grande conforto.
L'unica cosa che poteva fare per ferirlo era allontanarsi, sparire per sempre e questo gli faceva tanta paura. Tanta.
"Non credo che questo sia possibile" rispose, semplicemente, dopo un po'.
Axel arricciò le labbra, confuso.
"Non puoi mai saperlo... non puoi mai dare per scontato nulla. Tu sei così fragile ed io sono così impaurito all'idea di romperti, di spaccarti in due..." ammise, infine, stringendo gli occhi perché il cuore gli faceva male.
"Perché? Che cosa potresti mai fare per ferirmi?" chiese l'altro, un po' frustrato da quella situazione e quella paura infondata del rossino.
Axel a quella frase si voltò e lo fronteggiò, conscio che il suo autocontrollo era completamente svanito.
Gli prese il viso tra le mani e lo guardò, fisso, con gli occhi fermi e spalancati.
Sentì la punta del naso toccare quello di Roxas, che ora lo guardava senza alcuna espressione sul volto, anche lui immobile. Alzò le braccia per stringere le dita intorno alla maglietta del cantante e sentì il cuore in gola.
Axel voleva baciarlo, davvero e sta volta non c'era più niente a fermarlo. Niente.
Era completamente fuori di se, senza un briciolo di razionalità nel cervello offuscato.
"Axel..."
Quella voce tremante e insicura ebbe il potere di ridestarlo completamente. Si vide davanti agli occhi ogni singolo istante passato a consolare quel biondino meraviglio e, rendendosi conto di ciò che stava per fare, chiuse gli occhi e sospirò stancamente, senza però lasciarlo.
"Usciamo di qui, ti prego..." gli disse, infine.
Roxas lasciò leggermente la presa dalla sua maglia, in un riflesso incondizionato, poi abbassò le ciglia su quelle labbra così vicine, per guardarle.
"Va bene..." mormorò, poi fece scivolare le braccia lungo i fianchi quando il rossino gli lasciò andare il viso e si voltò di nuovo verso la porta.
L'aria era pesante, schiacciata e oppressa da un forte senso di instabilità.
Axel aveva abbandonato la stanza, raccattando le chiavi di casa sul tavolo del soggiorno.
Roxas era ancora immobile a fissarlo mentre faceva quell'azione, nervoso, tremante, sospirando e passandosi continuamente la mano tra i capelli, confuso.
Lo aveva sentito così vicino che aveva potuto percepire il calore delle sue guance bruciate. Lo aveva visto così vicino che aveva quasi potuto vedere quante rughe d'espressione aveva intorno agli occhi, mentre li stringeva.
Si chiese se, quello che stava per succedere poco prima, era davvero un tentativo di un bacio.
Ne aveva ricevuti così tanti, da quel viscido, ma talmente violenti e schifosi, che non sapeva ancora riconoscerne uno vero.
Ma, malgrado tutto ciò gli avesse ricordato quell'uomo, non era né intristito, né impaurito.
Il modo di Axel di avvicinarsi, di tenergli la testa tra le mani, era dolcissimo come sempre e probabilmente anche il suo bacio lo sarebbe stato. Ne era certo.
Ed era certo anche che, forse, non si sarebbe scansato.
Sarebbe stato titubante, all'inizio, quello sì. Ma solo perché si trattava del suo primo, vero bacio. Poi tutto, probabilmente, sarebbe venuto da se.
Lo rimpianse. Lo rimpianse moltissimo.
Decise, però, di far finta di nulla. Come se nulla fosse successo in quel momento. Si avvicinò all'interruttore della luce e la spense, per poi tornare in salotto e raggiungere Axel già pronto sulla porta.
Comprese il suo disagio e la sua voglia di uscire il prima possibile da quella casa che lo stava opprimendo.
Uscirono dalla porta e raggiunsero l'ascensore, che presero poco dopo, in silenzio e Roxas si rese conto che Axel non lo guardava più. Ma notò anche che sforzo immane stesse facendo per riuscirci.
Gli strinse la mano, timidamente, come a volerlo rassicurare che non c'era nulla di cui preoccuparsi, sperando che quel gesto non peggiorasse le cose.
Il rossino continuò a non guardarlo, ma non lo scansò. Gli strinse anche lui le dita tra le sue e poggiò la testa alla parete metallica dell'ascensore, fissando il suo riflesso nello specchio e ringraziando il cielo che fosse riuscito a controllarsi.
"Scusa..." mormorò, poco dopo.
Roxas scosse la testa, sorridendo: "Non devi chiedermi scusa di niente"
Axel non rispose, ma si sentì più rincuorato, perché Roxas gli era parso assai sincero con quella frase.
Uscirono dall'ascensore quando arrivò al piano, senza smettere di tenersi per mano e uscirono dal portone aperto.
Il rossino si guardò intorno, poi sospirò e finalmente lo guardò. Roxas notò che era di nuovo tornato ad essere calmo e tranquillo, anche se i suoi occhi erano leggermente velati.
"Ti va di accompagnarmi in un posto?" chiese titubante, poco dopo.
Il bassista annuì sorridendo: "Dove vuoi tu!"
Axel prese la strada verso destra, avvicinandosi alla fermata dell'autobus che poco dopo arrivò. Stettero in silenzio per tutto il tragitto e Roxas non chiese nemmeno dove stessero andando. Voleva solo che Axel si tranquillizzasse e che capisse che non aveva nulla di cui sentirsi in colpa, perché quel semibacio che stava per ricevere era stata una delle cose più confortanti della vita della sua vita, ormai totalmente cosciente di amare quel pazzo.
Axel prenotò la fermata e si alzarono e fu lì che il biondino capì le intenzioni del ragazzo.
Davanti a loro ergeva malinconicamente il cimitero della città. Era molto antico e architettonicamente stupendo, malgrado all'interno vi riposassero coloro che non c'erano più.
Non appena scesero, Axel strinse la sua mano con più vigore e Roxas lo sentì tremare.
Fissava l'entrata, esitante, perché non era più tanto sicuro di volervi accedere.
"Entriamo!" lo incitò il biondino, sorridendo e l'altro annuì, un po' più sicuro di se.
Erano anni che non ci andava, ma malgrado questo sapeva perfettamente dove fosse sepolto, perché era una cosa che non avrebbe mai dimenticato.
Camminarono lentamente, mentre c'era quel silenzio schiacciante, che la presenza di Roxas scacciava via come se intorno a lui ci fosse una barriera di vetro infrangibile. Era meraviglioso e non ne era nemmeno consapevole.
"E' da tanto che non vieni?" chiese poco dopo Roxas, guardandosi intorno, mentre continuavano a camminare su un vialetto verde, contornato da cipressi verdi e splendenti.
"Dal giorno del suo funerale... quasi sei anni fa, quindi" informò, un po' avvilito, cercando di non darlo a vedere.
Roxas cominciò a carezzargli il dorso della mano che stringeva con il pollice, cercando di dargli forza.
Raggiunsero il praticello ben tenuto, dove le tombe a terra erano poste a distanze uguali, formando un mare di marmo e fiori freschi o appassiti. Erano quasi belli da vedere, perché il colore predominava sul freddo delle lapidi.
Axel la riconobbe subito, la tomba di suo padre. Era semplice, ma perfetta per lui. Non l'aveva mai vista.
La sua foto era un po' scolorita, ma il suo sorriso la faceva risplendere.
Era una foto del suo compleanno, l'ultimo, e sembrava più spensierato che mai.
Si avvicinò, lasciando la mano di Roxas, che rimase un po' indietro, rispettando quella visita del tutto inaspettata.
Il rossino fissò quel blocco freddo e notò i fiori freschi messi sicuramente da sua madre il giorno prima. La domenica lei andava sempre a trovarlo e non aveva mai mancato l'occasione di farlo.
Era rincuorato che almeno lei tenesse vivo quello spazio minuscolo, rendendolo ospitale.
"Ciao papà" mormorò, alzando anche una manina per rafforzare il suo saluto, poi sospirò. "Accidenti, mi sento così stupido!"
Roxas lo sentì dire quella frase e non seppe se essere divertito o preoccupato per la sua reazione. Parlare con qualcuno che non c'era più era sempre strano, ma era d'aiuto a chi invece la vita continuava a viverla, senza la loro presenza così imponente, specie quella di un padre.
Axel si voltò a guardare il bassista e gli allungò una mano, timidamente.
"Vieni qui, ti prego..." lo supplicò e lui ubbidì, annuendo e stringendogli le dita tra le sue.
"Dai, digli qualcosa!" lo incitò Roxas, sorridente.
Axel scosse la testa: "Mi sento troppo stupido a parlare con un blocco di marmo..."
Il bassista si voltò verso la lapide e sospirò.
"Suo figlio si fa troppi problemi, certe volte!" disse, poi rise. "Ma è un bravo ragazzo, anche se non si direbbe!"
"Ehi!" lo riprese Axel, dandogli una spallata.
"Poi è tanto suscettibile!" continuò Roxas, alzando gli occhi al cielo, divertito e felice di sentirlo un po' meno cupo.
"Non dargli retta, anche se non sembra è una peste terribile, questo ragazzino!" esclamò Axel, senza rendersi conto che aveva iniziato a parlare con suo padre senza alcun tipo di impaccio.
Roxas rise a quella frase e si sedette sull'erba a gambe incrociate, invitando anche il rossino ad imitarlo.
Axel lo guardò confuso ma lo seguì e sospirò, rendendosi conto di aver davvero intrapreso una conversazione con quella lapide.
"Lui è Roxas, comunque! Il nostro bassista!" continuò, poco dopo, cominciando a giocherellare con i lacci delle sue scarpe, nervoso. "La mia piccola peste..." mormorò, abbassando la voce.
"Sapevo anche presentarmi da solo!" esclamò l'altro, dandogli uno spintone scherzosamente.
"Non ne sono certo!" lo punzecchiò l'altro, poi guardò di nuovo la foto di suo padre. "Ha un bel caratterino, ti sarebbe piaciuto averlo tra i piedi per prenderlo in giro come facevi con me! Solo che lui è indomabile!"
"Sono più che certo che suo figlio sia peggio di me! Quindi non mi offendo!"
"E' altezzoso, hai visto? Se la tira tantissimo, questo insolente! Però è anche tanto dolce, eh! Io non posso più farne a meno, di lui..." ammise, con un mezzo sorrisetto tra il malinconico e l'impacciato, che fece perdere un battito al cuore di Roxas, che tacque.
"Ah, è il fratello di Ven, te lo ricordi? Beh, ma non credo ci sia bisogno di dirtelo, avrai notato la somiglianza! Ven e gli altri stanno bene e gli manchi tanto, sai?" continuò il rossino, che aveva preso il via e non riusciva più a smettere di parlare. "Volevamo tornare al lago, ma senza di te non sarebbe la stessa cosa, probabilmente... anzi, ne sono certo"
Abbassò lo sguardo, sentendo che gli occhi gli si inumidivano per la tristezza e si sentì profondamente vuoto, e in colpa e spaccato a metà.
"Manchi tanto anche alla mamma... lei senza di te è persa..." mormorò, poi si nascose il viso tra le mani e scoppiò a piangere. "E manchi tanto anche a me..."
Roxas lo abbracciò, intristendosi anche lui  e l'altro gli poggiò la testa sulla spalla.
Il biondino gli posò un bacio sulla cute, iniziando a carezzargli i capelli, dolcemente.
Era la seconda volta che vedeva Axel lasciarsi andare così e sapeva per certo che sfogarsi a quel modo era liberatorio, soprattutto per chi, come il rossino, teneva sempre tutto sotto controllo, mantenendo il sangue freddo per aiutare gli altri.
Era meraviglioso, ma anche lui esplodeva, ogni tanto e, si rese conto poco dopo, che aveva pianto per suo padre e per lui, quindi si sentì molto importante.
Axel singhiozzava con il viso ancora nascosto tra le mani, perché continuava a non volersi esporre, anche se non c'era bisogno.
Roxas rispettava quel suo modo di esprimere la sua forza e non disse nemmeno nulla. Lo teneva solo tra le braccia, come il rossino aveva sempre fatto con lui quando gli aveva pianto davanti.
Sapeva che così non avrebbe mai ricambiato tutte le cose che Axel faceva per lui, ma almeno si sentì un pochino utile.
"Scusa..." mormorò il cantante, poco dopo, calmandosi e passandosi l'avambraccio sugli occhi.
Roxas rise leggermente: "Non vorrei che piangessi con nessun altro che con me..." ammise, ripetendo le parole che l'altro gli aveva scritto nel suo primo sms.
"Grazie mille"
Il biondino gli lasciò un altro bacio sulla testa e sussurrò: "Non dirlo nemmeno..."
"Suona il pianoforte come te..." esordì Axel, tornando a guardare la lapide, con la voce ancora un po' incrinata dal pianto, ma si era quasi calmato del tutto. "E' bravissimo e sareste andati d'accordo anche su questo! Io non sono portato per certe cose, preferisco cantare!"
"E' bravo a cantare! La sua voce ha il potere di tranquillizzare chiunque!" si intromise Roxas, divertito, ma anche profondamente sincero,
"A parte quando canto The Other Promise!" cercò di sdrammatizzare, ricordando il disagio del bassista quando l'aveva cantata.
"A parte The Other Promise!" gli diede corda l'altro, sbuffando divertito.
"E la marcia di Topolino!"
"No, quella mi è piaciuta!"
"Non guardarmi così, papà! Abbiamo suonato la marcia di Topolino e l'abbiamo pure cantata! Roxas è stonato da morire, mi ha quasi spaccato i timpani!" continuò rivolto a suo padre.
"Però io almeno sono polistrumentista!" cercò di giustificarsi l'altro.
"Lo vedi che è dannatamente superbo?"
Roxas lo scansò dandogli uno spintone: "Finiscila, che figure mi fai fare!"
Scoppiarono a ridere entrambi, poi Axel gli prese la mano dolcemente, sorridendo quando l'altro lo guardò.
"Ora dobbiamo andare... non so quando tornerò, ma spero di farlo presto. Ma, sappi che anche se non ti vengo a trovare, ti penso sempre, costantemente e che mi manchi ogni giorno di più... ti porto sempre con me..." mormorò infine il rossino, alzandosi in piedi imitato dall'altro, che si pulì i pantaloni dai piccoli fili d'erba che gli si erano attaccati al tessuto. "Ciao papà!"
"Arrivederci!" salutò il biondino, facendo un debole e rispettoso inchino, prima di essere preso di nuovo per mano e iniziando a camminare verso l'uscita.
Non appena salirono sull'autobus che li avrebbe riportati indietro, si sedettero su un paio di sedili liberi.
"Andiamo a mangiare al Mac! Ho una fame tremenda! Poi raccattiamo il basso a casa mia e andiamo alle prove, ti va?" chiese Axel, poco dopo.
Roxas annuì sorridendo: "Va benissimo!"
L'altro lo guardò e si fece serio per un attimo, cominciando a carezzargli i capelli.
"Salgo solo io a casa, però, ok?" mormorò, sapendo che se fosse accaduta di nuovo la stessa cosa di prima, non sarebbe riuscito a controllarsi, sta volta.
Il biondino deglutì a disagio, poi abbassò leggermente lo sguardo.
"Ok" rispose, semplicemente, cercando di non pensare più.
 
 
E il venerdì, infine, arrivò.
Axel fissava l'entrata del locale, senza realmente vederla, immerso nei suoi pensieri. Ogni tanto sospirava, nervosissimo, così assorto da far paura.
"Axel, tu..."
"SONO TRANQUILLISSIMO!"
Roxas sussultò sulle spalle, guardandolo un attimo basito da quell'urlo disumano, poi scoppiò a ridere, divertito dalla sua reazione. Gli circondò un braccio intorno al suo, con un sorrisetto furbastro e lo guardò.
"Non ho dubbi a riguardo! Sembri così calmo!" ironizzò.
Axel lo guardò, ritraendosi leggermente, perché quel guizzo che gli aveva attraversato la faccia un po' lo aveva inquietato.
"Roxas, è inutile che fai lo spiritoso e te la tiri perché tu sei abituato ad esibirti di fronte ad un vero pubblico! Sei antipatico, ecco!" mormorò, imbronciandosi, il rossino.
Roxas lo lasciò andare, sbuffando. Era antipatico? Bene, allora non lo avrebbe confortato mai più. Incrociò le braccia al petto e voltò lo sguardo nella direzione opposta a quella del cantante.
"Come vuoi..."
"Non fare l'offeso, ora!" lo riprese Axel puntando un ditino accusatorio verso di lui.
Il biondino sbuffò di nuovo e mise il broncio.
"Non sono offeso!"
"Sì che lo sei!"
"Ti dico di no!"
"Io invece ti dico di sì!"
"Avete rotto il cazzo, adesso!" sbottò Vanitas, seduto su un muretto a guardarli, inorridito. "Sembrate una coppietta di sposini che litiga per delle cazzate, Cristo santo! Smettetela, mi sta venendo il diabete!"
Roxas, a quella frase, avvampò e cercò di non darlo a vedere, trattenendo il respiro. Axel invece scoppiò a ridere e seppe di non poter dire molto. Effettivamente sembravano proprio una coppietta litigiosa.
"Colpa di Roxas che fa il prezioso!" lo punzecchiò ancora il cantante, dandogli una gomitata nelle costole e beccandosi un pugno sul braccio dalla sua peste.
"Non mi interessa!" ruggì Van, adirato, guardandosi poi intorno e arruffandosi i capelli, isterico. "Dove cazzo è finito Riku?"
"Magari ha avuto un contrattempo! Dai, per una volta che è in ritardo lui, non prendertela, no?" sorrise Axel, cercando di rassicurarlo.
Erano davanti al locale, un'ora prima della loro esibizione; Axel era arrivato in anticipo perché era nervosissimo e di Riku non c'era traccia ancora. Vanitas cominciava ad impazientirsi, soprattutto perché il suo caratteraccio non lo faceva stare tranquillo nemmeno per un momento. Sapeva solo che, non appena l'argento si sarebbe fatto vedere, lo avrebbe strozzato, più che altro per sfogare il fatto che era nervosissimo anche lui, anche se non voleva darlo a vedere.
Fece un suono col naso che somigliava al verso di un maiale imbizzarrito: "Ritardo? Il ritardo quello ce l'ha in testa! Ma io lo so dov'è! Lo so benissimo!"
"E perché non ci delizia anche a noi delle sue geniali supposizioni, Lord Van, signore del male assoluto?"
Il chitarrista ignorò il nomignolo e, puntando un dito contro al rossino e al biondino, gonfiò il petto, borioso.
"Quello lì sta con mio fratello! Ne sono certo, perché da quando stanno insieme è più rincoglionito e svampito di prima!" spiegò.
Axel e Roxas si guardarono alzando un sopracciglio, perché non solo la spiegazioni non era stata esauriente, ma ad entrambi non risultava che Riku si fosse rincoglionito, dopo essersi messo con Sora. Non così tanto, almeno. Si perdeva nel vuoto ogni tanto, quello sì, ma era sempre più che padrone delle sue azioni. Anche troppo, a volte.
"Oh, no, no, no, no! Non cominciate anche con gli sguardi di intesa, che vi comincio a prendere a pugni, giuro sul mio amore per Ven che lo faccio!" li minacciò, torvo.
"Ven non vuole che mi picchi..." disse Roxas, in tono disinteressato, facendo spallucce.
Vanitas aggrottò le sopracciglia, reprimendo l'istinto di togliersi una scarpa e tirargliela sulle gengive.
"Lo so benissimo che Ven non vuole, ma se continuate così non riuscirò a trattenermi, ve lo assicuro! Soprattutto con te, Roxas, sei diventato tremendo!" constatò, rabbrividendo al ricordo del biondino taciturno e scostante che era un tempo che, comunque, lo inquietava lo stesso ma mai come ora, che era fin troppo scaltro e pungente, a volte.
Il bassista ridacchiò, poi sorrise: "Scherzo! Perché non chiami Sora e gli chiedi se Riku è con lui?"
Vanitas lo squadrò ancora per qualche secondo, visto che la parola "scherzo" non gliel'aveva mai sentita dire, poi sospirò rassegnato.
"Aspetterò ancora qualche minuto e se non arriva gli cospargo la strada di mine antiuomo!" sentenziò, incrociando le braccia al petto e mettendo su il broncio.
Infatti, pochi minuti dopo, l'argento emerse tutto sorridente, tenendo per mano un Sora saltellante ed euforico. Era visibilmente emozionato per il concerto.
"Ciao!" salutò alzando una manina.
Vanitas balzò giù, indicando sia lui che suo fratello, adirato.
"Io lo sapevo che eravate insieme! Mi ci sarei giocato le palle se solo non fossi stato sicuro di perderle per sempre!" ruggì, incattivito peggio di un cane con la rabbia.
Riku si ritrasse e alzò un sopracciglio, indignato.
"Perdonami, eh! Non sono mica arrivato dopo l'esibizione! Un piccolo ritardo si perdona a tutti!" rispose, prendendo d'acido, poi indicò Axel con un gesto teatrale: "Allora lui dovevi ammazzarlo da tempo!"
"Axel è un caso perso, ormai! Sei tu che a forza di andare appresso a mio fratello ti sei rincoglionito!" sbottò Van.
"Ehi, io sono qui davanti a voi, eh!" esclamò Axel, con le mani ai fianchi, arrabbiato.
Sora annuì d'accordo con lui: "Ma come ti permetti!"
Vanitas grugnì fortissimo, nascondendosi il viso tra le mani, stancamente. Sembrava un pazzo furioso.
"Dio, dov'è Ven quando serve? Io vi ammazzo a tutti quanti, giuro! Fermatemi, cazzo, fermatemi!" urlò, cercando di avventarsi contro i suoi amici, ma Axel gli spiaccicò una mano sulla fronte, bloccandolo.
"Su, basta, smettetela, vi prego! Stiamo dando spettacolo inutilmente!" mormorò Roxas, vedendo che i passanti li guardavano intimoriti da quell'atmosfera violenta che si era creata.
I quattro si guardarono, imbarazzati. Si resero conto che effettivamente sembravano dei pazzi furiosi. Tutto, ovviamente, era dettato dal fatto che fossero assurdamente tesi per l'esibizione, anche Sora.
Si ricomposero, cercando di non ricadere in certe sceneggiate e si zittirono.
"Bene, così va meglio!" sorrise il biondino "Vogliamo entrare? Magari ci fanno accordare gli strumenti!"
Axel lo guardò e annuì.
Roxas quella sera era la forza del gruppo. Lui non era mai teso, quando si trattava di certe cose, perché era abituato a situazioni ben più serie quando si esibiva per i suoi concerti. Ora doveva prendere in mano la situazione e cercare di tranquillizzare tutti, anche se quel compito di solito spettava al rossino.
Ma quella sera Axel era assolutamente nevrotico. Ogni cosa lo faceva scattare per i nervi. Non era la persona giusta per fare il leader, ora, quindi Roxas, visto che cercava sempre un modo per ricambiare la sua gentilezza, aveva deciso di aiutarli come poteva, anche se era un ruolo che non ricopriva volentieri, di solito.
"Va bene! Entriamo! Gli altri ci raggiungono?" chiese Riku, voltandosi a guardare il chitarrista e il cantante.
"Sì, Ven ha detto che porterà Demyx e Zexion, poi non so se si uniranno anche altri, tipo il troglodita e la vacca spastica!" rispose Van, facendo spallucce.
"Io ho detto ad Hayner e gli altri di raggiungermi! Dovrebbe esserci anche Kairi!" sorrise Sora, intromettendosi saltellando sul posto.
Riku lo guardò alzando un sopracciglio: Kairi?
Aveva invitato anche quella tipa? Quella che andava dietro al suo ragazzo da una vita? Beh, doveva tenerla d'occhio, quell'arpia, perché non gliela raccontava giusta. E poi perché la frequentava ancora? Quella così avrebbe pensato di avere una speranza, no? Dio, gli prudevano le mani...
"Viene anche mia madre, pensa un po'!" rispose Axel, grattandosi la testa imbarazzato, perché in realtà non voleva che ci andasse. Non tanto perché non la voleva, ma perché probabilmente era l'unico genitore presente.
"Ah sì, vengono anche Cloud e Zack, mi hanno detto che non si perderebbero una cosa del genere per nulla al mondo!"
Axel si sentì rincuorato a quella rivelazione. Non erano i genitori di Riku, ma erano comunque parte della sua parentela. In un certo senso poteva catalogarli come genitori.
"Ma... c'entreranno tutti?" chiese Sora, scoppiando a ridere, mentre immaginava orde di gente a guardarli suonare.
Axel sbuffò divertito, sentendosi un po' più tranquillo a sapere che ci fosse tutta quella gente che conosceva: "Sì, abbiamo tutto il piano di sotto per noi!"
"Ok, allora entriamo!"
E, detto questo, i cinque amici varcarono la soglia del loro pub preferito. Era vuoto, perché erano appena le sette di sera. C'era solo Leon intento a pulire il bancone con cura e Marluxia, seduto ad un tavolino rotondo. Parlava al cellulare, ridendo fintamente e alzando gli occhi al cielo esasperato.
Per Marly il tempo era denaro e non aveva tempo da perdere con cose inutili. Appena li vide li salutò con una mano, facendo loro cenno di aspettare un secondo, poi tornò a fingere di ridere.
"Povero Marly!" rise Axel, avvicinandosi al bancone, "Ciao Leon!"
Il barista li guardò e sorrise: "Ciao ragazzi! Pronti per stasera?"
"No!" sentenziò Vanitas, sentendo il cuore iniziare a battergli all'impazzata per l'emozione. "E non lo saremo mai! Sono troppo scarsi, questi qui!"
Il moro si guadagnò un'occhiata in tralice dai suoi amici che ignorò.
"Belle le magliette!" esclamò ancora Leon, adocchiando le t-shirt della band.
Tutti sorrisero entusiasti.
"Vero? Sono una figata!" rispose Axel, poi si voltò verso Marluxia, che aveva finito di parlare al telefono e si er avvicinato.
"Buonasera, ragazzi! Tra un'ora vi voglio pronti e carichi! Potete scendere quando volete per familiarizzare con l'ambiente e magari provare qualcosa! Mi avete portato abbastanza gente?" chiese, ridacchiando poi.
"Anche troppa!" rispose Axel, imbarazzato, grattandosi la testa. "Ma berranno! Almeno mia madre ha promesso così!" mormorò, più a bassa voce, rendendosi conto che forse quella cosa era meglio non dirla.
Tutti scoppiarono a ridere a quella rivelazione, poi Marly gli posò una mano sulla spalla.
"Per me può bere anche tua nonna, rossino! L'importante è che consumino! Beh, andate pure, ci vediamo dopo!" sentenziò, poi si voltò raggiungendo di nuovo il tavolo e ricominciando con il suo solito giro di telefonate di lavoro.
"E' super impegnato!" costatò Riku, guardandolo sorpreso.
"Beh, non ha solo questo locale! Ne ha un'altro paio in giro per il paese, così deve amministrarli da lontano!" spiegò Leon, porgendo poi loro delle bottigliette d'acqua. "Queste le offre Marly! Buone prove!"
I ragazzi le presero e scesero giù.
Era grande quanto il piano di sopra, ma era insonorizzato, dato che era adibito ai concerti live. C'erano tavolini sparsi ovunque, e ce n'erano abbastanza da contenere tutti i loro invitati. Poi, in fondo alla stanza, ergeva un palco molto grande, dove campeggiava già una batteria molto bella, degli amplificatori e un microfono con l'asta.
Raggiunsero il palco e Roxas e Vanitas tirarono fuori i loro strumenti, attaccandoli poi agli amplificatori, mentre Riku si sedeva alla batteria e faceva un veloce giro di tutti i piatti per provarla. Aveva un buon suono, ottimo. Era abbastanza simile alla sua, quindi non ebbe molte difficoltà ad abituarsi. Axel si avvicinò al microfono e lo alzò quel tanto che potesse permettergli di averlo all'altezza della bocca. Lo accese e lo provò.
"Sa... Sa..."
"Sa di cazzo!" rispose Vanitas, senza guardarlo, mentre accordava la sua chitarra.
Scese un silenzio di tomba, mentre tutti si giravano a guardarlo, poi scoppiarono a ridere senza riuscire a trattenersi. Questo li sciolse un po' dalla tensione che li stava attanagliando.
"Consiglio numero uno: non guardateli mai negli occhi!" esordì Roxas, all'improvviso, quando tutti erano pronti alle loro postazioni, cercando di prepararli ad una esibizione davanti ad un pubblico.
Tutti lo guardarono, incuriositi.
"Consiglio numero due: se vi sentite emozionati, chiudete gli occhi e fingete di essere da soli!" continuò il biondino, "Consiglio numero tre: siamo bravi, bravissimi e lo siamo sempre stati durante le prove, quindi cosa dovrebbe impedirci di esserlo anche ora?"
"Il fatto che ci giudicheranno?" rispose Riku, deglutendo, perché effettivamente la cosa un po' lo soffocava.
Roxas lo guardò alzando un sopracciglio, poi ridacchiò.
"La metà delle persone che verranno li conoscete e probabilmente capiscono poco di musica... nel caso dovessimo commettere qualche errore facciamo solo finta di niente, perché non se ne accorgeranno nemmeno!"
"La fai facile, tu!" gli rispose l'argento, imbronciandosi. "Sei abituato ad esibirti davanti ad un pubblico!"
"Beh, ma anche io all'inizio mi innervosivo. Poi ho messo in pratica i tre consigli che vi ho dato!"
"Roxas ha ragione, dobbiamo stare tranquilli! Sora, fai finta di essere il nostro grande pubblico e dicci come va!" esclamò Axel, voltandosi a guardare il moretto, seduto su una sedia di fronte al palco. Sora alzò un pollice vittorioso, ammiccando, preparandosi ad ascoltarli con la dovuta attenzione.
"Ri, partiamo da Broken Face!"
Riku annuì e iniziarono a provare.
Il suono era assurdamente pulito, lì dentro. Era davvero ben insonorizzata e fatta apposta per la musica, quella stanza. La voce di Axel era ben chiara e, a confronto delle prove nel box, non veniva sovrastata dagli altri strumenti. Questo lo inquietò un po', perché effettivamente il solo pensiero che lo avrebbero sentito cantare così forte era inquietante.
Sora cantava, intanto, perché i Pixies lo avevano sempre emozionato. Era entusiasta e gli piaceva come il gruppo suonava le loro canzoni.
Non appena la prova finì i ragazzi si guardarono, parecchio soddisfatti del loro operato.
"Beh, direi che è andata bene! Il suono è ottimo qui dentro!" sentenziò Axel, sfilacciando poi il microfono che si era un po' attorcigliato.
"Questo Charleston è bestiale! Quasi quasi glielo rubo!" ridacchiò Riku, contemplandolo assorto, notando che era seminuovo.
"Ruba anche un po' di talento a qualcuno, se ti capita!" rispose Vanitas, grugnendo, visibilmente nervoso. "Cristo, speriamo non mi venga da cagare per la troppa ansia!"
"Bonjure mon petit ami!" rispose Riku, con le mani ai fianchi, sconvolto dalla sua uscita, ma nemmeno troppo.
"Non rompere il cazzo! Sono nervoso da far schifo! E anche voi lo siete, quindi comprendimi!" controbatté il moro, indignato.
"Sì, ma almeno ho ancora la forza di non esprimermi come uno scaricatore di porto!" lo redarguì ancora l'argento.
Axel sbuffò, sentendo che stava sudando davvero molto e non per il caldo. Si fece aria sventolando la maglietta e poi posò una mano sul microfono: "Dai, proviamone un'altra che non mi sento tranquillo! Dio, scorderò tutti i testi, già lo so..."
"Tranquillo, non li scorderai!" ridacchiò Roxas, divertito e intenerito dalle loro reazioni eccessive. Non stavano per esibirsi allo stadio, santo cielo! Represse l'istinto di dirglielo, poi sorrise in direzione del rossino quando lo vide voltarsi verso di lui.
"Ti voglio credere, Roxas!" rispose l'altro, alzando un sopracciglio "E se non sarà così, appena usciremo da qui ti picchierò!"
"Ok, allora appena finiamo farò bene a fuggire via!" esclamò il biondino, ridendo e facendo ridere anche lui, allentandogli un po' la tensione.
Provarono tutte e quattro le canzoni, infine, scoprendo di essere parecchio in forze quel giorno. Sembrava che potesse andare tutto benissimo, perché comunque erano tre pazzi isterici e uno calmo, quindi potevano darsi forza a vicenda.
Non appena smisero di provare, constatando all'unanimità che continuare avrebbe portato solo al consumo di energie per la vera esibizione, si sedettero al tavolino dove precedentemente Sora si era seduto e iniziarono a parlare, in attesa che arrivassero i loro spettatori.
Poco dopo, infatti, emerse Ventus, accompagnato da Zexion, Demyx, Terra e Aqua, tutti sorridenti.
"Buonasera!" esordì Ven, su di giri, mentre gli altri lo imitavano e si avvicinavano.
"Ciao ragazzi! Siete già qui!" constatò Axel.
"Oh, beh, manca poco alla vostra esibizione! Non credere di essere ancora salvo, rossino!" lo redarguì Demyx, avvicinandosi e dandogli una pacca sulla spalla.
"Beh, a te ti hanno buttato giù dal letto? Ti sei scomodato a venire anche se sei infinitamente pigro! Devo sentirmi onorato, vero?" continuò Axel, alzando un sopracciglio e dandogli un pugno sul braccio, amichevolmente. Demyx si ritrasse e ridacchiò mostrando i denti.
"Sì, sentitici! Ma non aspettarti che al prossimo ci sarò! Troppo sbattimento!"
"Io fossi stato in voi non lo avrei invitato!" sentenziò Zexion, avvicinandosi ai due.
"Ehi, Zex!" salutò Riku, dandogli poi il cinque, seguito dagli altri tre amici, per salutarlo. "Come andiamo?"
Zexion ridacchiò: "Bene, bene! Giusto il viaggio in macchina con Ven... corre un pochino!" disse, in tono da confidente, ma il biondino lo sentì e aggrottò le sopracciglia.
"Beh, vorrà dire che il viaggio di ritorno te lo fai a piedi!" sentenziò, poi si avvicinò a Roxas e gli posò le mani sulle spalle. "Comunque ti volevo presentare mio fratello, il bassista del gruppo!"
"Oddio, siete identici!" esclamò l'amico, allungando una mano per stringere quella del bassista che sorrise, a disagio. Le nuove conoscenze lo imbarazzavano sempre un po'. "Io sono Zexion!"
"Piacere, Roxas!"
"Dio, davvero, fate impressione! E' uguale a te quando eri piccolo, Ven!"
Ventus ridacchiò: "Sì, ce lo dicono tutti, anche se Roxas dice di no!"
Il più piccolo alzò la testa per guardarlo e gli sorrise, come a dirgli: "Non è vero, in realtà penso anche io che sia così, ma non voglio dirtelo!"
Axel li guardò molto sollevato di vederli così spensierati, i due fratelli. Si erano uniti per davvero, ora e nulla poteva più sciogliere quel legame che si era creato. Girò la testa e vide emergere dalla porta un'altra persona e si alzò in piedi istintivamente quando vide sua madre sorridergli mentre lo raggiungeva.
"Mamma!" esclamò, felice di vederla. La donna gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia.
Axel arrossì, perché ora tutti lo stavano guardando divertiti.
"Axel, tesoro! Hai visto, sono arrivata in tempo!" sorrise lei, poi si voltò a guardare i suoi amici. "Ventus! Riku! Vanitas! Quanto tempo che non ci vediamo!"
Ventus le sorrise a sua volta: "Buonasera signora! Come sta?" chiese, mentre anche l'argento e il chitarrista si alzavano per salutarla.
"Molto bene!" rispose la donna, poi guardò Sora: "Tu devi essere il fratello di Vanitas, vero?"
"Sì, ha indovinato! Sono Sora, piacere!" rispose il moro, dandole poi la mano.
"E tu devi essere Roxas!" sorrise lei, un po' maliziosamente, visto che sapeva benissimo che cotta stratosferica si era preso suo figlio per quel piccoletto.
Roxas imitò gli altri e si alzò, poi le strinse la mano timidamente, grattandosi la testa un po' a disagio.
E così quella era la mamma di Axel. Beh, non c'erano dubbi in realtà. Aveva i suoi stessi capelli rossi e gli occhi verdi, stessi lineamenti e stesso sorriso. Identico.
"Mamma, non fomentarti troppo quando mi sentirai cantare, ok? Non vorrei ti sentissi male dall'emozione!" esclamò il cantante, borioso come sempre.
La donna sbuffò divertita: "Sono una donna forte, posso sopportare tutto questo!"
"Sì, soprattutto vivendo con un tipo simile, deve essersi fatta parecchi muscoli!" si intromise Vanitas, facendo uno dei suoi soliti commenti ma non acidamente, ma solo perché davanti ad un genitore era sempre più che educato.
Falso, falso di merda!
L'ora dell'esibizione, infine, arrivò, annunciata da un Marluxia particolarmente entusiasta di vedere tutta quella gente.
I quattro ragazzi salirono sul palco e si prepararono alle loro postazioni, mentre continuava ad entrare gente, pian piano, riempiendo la sala e facendoli sudare per l'emozione.
Marly salì anche lui sul palco e prese un microfono senza fili, poi parlò.
"Buonasera a tutti! Questa sera abbiamo come ospiti un gruppo emergente direttamente dalla nostra città! Sono giovani, sono belli, sono promettenti! Diamo il benvenuto ai The Key Of The Kingdom!" esclamò, mentre tutti facevano un applauso, lasciando spazio ad Axel che si avvicinò al suo microfono, imbarazzato, grattandosi la testa.
"Sì, beh, in realtà saremmo i Kingdom Keys, ma il succo è lo stesso, alla fine! Fa niente Marly!" esclamò, facendo un cenno all'uomo che lo guardò spiazzato da sotto il palco.
Tutti scoppiarono a ridere, sia per l'errore che per la faccia e il tono di Axel. Anche il resto del gruppo.
"Ehm... buonasera a tutti! Noi siamo i Kingdom Keys, come ho già spiegato prima! Non voglio ripetermi, quindi... ehm..."
Tutti risero di nuovo e Axel non sapeva se sotterrarsi per la vergogna o far finta di nulla. Perché non parlava qualcun altro al posto suo? Ah, già, erano dei cacasotto.
"Questa sera vorremmo esibirci con alcune cover dei Pixies, un gruppo formatosi nel 1986 e suonano per lo più musica alternative rock e..."
"Taglia corto e presentatevi!" urlò Demyx, dalla platea, mentre di nuovo tutti ridevano.
"Ehm... sì, allora! Io sono Axel, il cantante! Studio architettura e, questa sera, mi sono reso conto che forse avrei dovuto dedicarmi solo a quello..." disse, cercando di risultare ironico e infatti risero ancora tutti. In accordo con gli altri, Riku e Roxas iniziarono a suonare piano un rift ripetitivo di accompagno alle presentazioni, che risultò parecchio piacevole e funzionale.
Axel si voltò e indicò Vanitas; "Poi abbiamo Vanitas, il chitarrista! Anche lui fa architettura insieme a me, ma faceva bene a non dedicarsi nemmeno a quello!"
Tutti furono divertiti anche da quella battuta, mentre Van lo fulminava con lo sguardo, senza però dire nulla.
"Quello lì è Riku, il batterista! Studia medicina, ma ha il tatto di un comodino, quindi non fatevi curare da lui nemmeno un raffreddore!" continuò, sentendo che facendo un po' il pagliaccio prendeva più sicurezza. L'argento rise a quella battuta. "Poi il nostro bassista, Roxas! Lui fa il conservatorio, quindi è qui solo per farci sentire profondamente scarsi! Ascoltate solo lui e vedrete che il nostro gruppo vi piacerà!"
Roxas lo guardò ridacchiando, poi sia lui che Riku si fermarono e il rossino presentò quindi la prima canzone.
"E quindi, augurandovi buon ascolto, vi presentiamo Broken Face!"
E così, la prima esibizione iniziò. Erano carichi ma tesissimi.
Vanitas sudava, perché la chitarra, dopo la voce, era sicuramente la cosa che si udiva di più durante un concerto e si chiese chi cazzo glielo avesse fatto fare di proporre un'esibizione. Ma, comunque, malgrado tutto, pian piano si sentiva più padrone. Seguì il consiglio di Roxas di non guardare la gente negli occhi e, l'unica cosa che riuscì a fare, fu fissare Ventus, che contraccambiava, tutto emozionato, con le mani congiunte al petto, mentre cantava accanto a Sora, meno posato, che saltellava, guardando Riku con dolcezza.
L'argento prese lo stesso esempio di Vanitas, trovando la sua forza nel suo ragazzo. Era bello, Sora, in quel momento, perché gli occhi gli brillavano tantissimo, più del solito e non riusciva a staccarcisi. Erano magnetici.
Roxas era il più tranquillo, ovviamente. Suonava, evitando però di guardare il pubblico, fissando con insistenza il suo basso. Malgrado l'abitudine, era sempre un po' nervoso ad esibirsi davanti a tanta gente, ma era più padrone della situazione; molto, ma molto più degli altri, questo era sicuro.
Axel cantava, con gli occhi chiusi, ma ce la stava mettendo davvero tutta. La sua voce era meravigliosamente chiara e pulita, grazie anche al fatto che la stanza fosse adibita a dei concerti. Si abituò subito al volume alto e non trovò particolari ostacoli nel suo cammino. Ogni tanto si voltava a guardare il gruppo, vedendoli concentrati e poi tornava a rivolgere il viso di fronte a se, con le mani strette al microfono e un piedino che tamburellava a tempo con la batteria.
La prima esibizione quindi finì, e un caldo applauso si alzò, soprattutto dai loro amici e familiari. Riku notò con una certa allegria che anche i suoi zii erano arrivati ed erano di fronte al palco. Non appena incrociò i loro sguardi, Cloud alzò una manina per salutarlo, mentre Zack saltellò sul posto, sventolando le braccia per farsi notare. Il suo ragazzo gli diede uno scappellotto dietro la testa per farlo calmare e quello si lamentò, imbronciandosi.
Gli venne da ridere. Erano troppo teneri.
Povero Zack, poi... quanta pazienza con Cloud.
"E questa era Broken Face..." esordì Axel, impacciato, perché in realtà non sapeva proprio cosa dire. Si voltò verso gli altri che ridevano di lui e li redarguì con un faccino incazzoso. Fece cenno a Riku di stare pronto e si prepararono a suonare Monkey Gone To Heaven.
Roxas era contento di suonarla, perché era la sua preferita e si sentì un pochino fomentato. Partecipò ai cori con entusiasmo, nemmeno steccando troppo sta volta. Era comunque una campana, su questo non c'erano dubbi.
La canzone andò bene e anche le altre due a seguire, perché malgrado l'ansia avevano preso il via e ci stavano quasi prendendo gusto di fronte a tutto quell'entusiasmo, palesato non solo dal pubblico che li conosceva. E poi erano bravi sul serio, accidenti.
L'ultima canzone si concluse, infine, accolta volentieri con un caloroso applauso. I quattro fecero un inchino al loro pubblico, sorridenti e soddisfatti delle loro performance.
Axel si avvicinò di nuovo al microfono e alzò un braccio per fermare tutto quel trambusto che si era creato, tra urla e fischi di approvazione.
"Grazie mille a tutti! Siamo molto contenti e sorpresi che l'esibizione vi sia piaciuta! Ci credevamo poco, in realtà... avevamo paura di fare un casino!" ridacchiò, grattandosi poi la testa imbarazzato quando tutti scoppiarono a ridere alla sua battuta.
"Pagliaccio!" urlò Demyx e tutti risero di nuovo.
"Quello lì potete picchiarlo se lo vedete fuori, eh!" si intromise Vanitas, avvicinandosi al microfono, indicando il biondino che se la rise sotto i baffi insieme a Zexion e Ventus.
"Ancora! Cantatene un'altra!" urlò Sora, su di giri, saltellando sul posto. Il resto dei loro amici gli diede corda, cominciando a battere le mani al ritmo di "Ancora! Ancora! Ancora!"
Axel si consultò col suo gruppo e Riku sospirò: "Non so se Marly sarà d'accordo!"
Il rossino si voltò verso Marluxia che sorrise e gli fece un ok col pollice, facendo anche cenno che una sola e poi basta, perché si stava facendo tardi. Axel annuì.
"Ehm... sì, ok! Ci dicono dalla regia che possiamo farne ancora una... proposte?"
Sora si avvicinò al palco e poggiò le mani sulla sua superficie: "One Winged Angel!" propose, sorridendo.
Axel si voltò per l'ennesima volta verso il gruppo, che annuì dandogli la loro approvazione.
"One Winged Angel sia!" disse, risoluto, poi Riku iniziò a suonare la batteria, seguito subito dopo da Roxas e poi Vanitas.
I loro amici erano in un fomento pazzesco. Tutti iniziarono a battere le mani a tempo di musica, Sora si era avvicinato a  Zack e avevano cominciato a saltellare. Cloud li guardò con un sopracciglio alzato, reprimendo l'istinto di prenderli per le orecchie e cacciarli via per tutto quel casino che stavano facendo accanto a lui. Si spostò leggermente, avvicinandosi all'unica persona savia - apparentemente - di quel pubblico: la mamma di Axel, che gli sorrise caldamente, contraccambiata poi dal biondino.
Il rossino cominciò la sua parte vocale e gli altri tre ogni tanto facevano un coro, rafforzando l'epicità della canzone più bella che avessero scritto, a parere di tutti.
Era bella sul serio e Roxas non riusciva a smettere di fantasticare sul fatto che potesse essere davvero la Boss Theme Battle di qualche cattivo dei videogame. Gli piaceva un casino.
Riku, dal canto suo, amava suonarla, perché aveva una batteria molto particolare e amava le sfide. Poi, comunque, la batteria che gli avevano dato era ottima, perciò cercò di divertirsi più che poteva finché non avesse dovuto abbandonarla, a malincuore.
La canzone finì e tutti applaudirono, su di giri per la loro performance. Erano riusciti a stupire quasi tutti, perché pochissimi di loro avevano avuto il privilegio di partecipare alle prove, anche per via del box troppo stretto per contenere tutti. Gli unici fortunati erano stati Ventus e Sora, anche se anche loro erano rimasti piacevolmente stupiti.
"Beh, grazie mille, davvero! Siete un pubblico fantastico!" esclamò Axel, sempre più imbarazzato.
"Non montarti la testa!" urlò Demyx, ancora.
"Ovviamente tu sei esente da questo complimento!" esclamò Axel, indicandolo, poi si voltò verso il suo gruppo. "Ma chi lo ha invitato?" e tutti scoppiarono a ridere.
"Per gli autografi ci trovate fuori tra poco, non accalcatevi o vi prendo a calci nel culo!" intervenne Van, avvicinandosi di nuovo al microfono, togliendosi la chitarra dalle spalle. "Siamo disponibili, ma siamo pur sempre delle star!"
"Lasciatelo perdere, oggi non ha preso le pasticche!" disse Axel, poi fece roteare un dito vicino alla testa e mormorò: "E' matto!"
I quattro ragazzi si prepararono, infine, a scendere dal palco. Misero tutto a posto, mentre i loro amici lasciavano il locale, accomandandosi fuori.
Sistemarono alla meglio e Riku salutò con una certa malinconia quella bellissima batteria che lo aveva ospitato quella sera. Fissò il Charleston per un po', affranto, chiedendosi che male c'era a nasconderselo dentro la giacca o magari nella custodia della chitarra di Van... aveva un suono così pulito!
Axel lo notò e lo prese per un braccio, tirandoselo dietro.
"Nooo, lasciami ancora con lei! Io la amo!" piagnucolò l'argento, stendendo una mano verso lo strumento e cercando di dimenarsi per tornare.
"Ma smettila, idiota!"
Quando si furono sistemati, raggiunsero Marluxia, che li stava aspettando sotto al palco. Il locale era quasi vuoto, ormai, fatta eccezione per qualche coppietta o gruppetti di amici intenti a bere e parlottare tra di loro.
"Ottimo lavoro, ragazzi! Non avrei scommesso su di voi nemmeno morto, ma mi sono dovuto ricredere!" disse, posando poi una mano sulla spalla del rossino, che non seppe se essere lusingato o offeso da quella frase.
"Grazie Marly! Siamo contenti che la nostra esibizione ti sia piaciuta!"
"Hanno consumato abbastanza?" chiese Riku, divertito, perché aveva notato che tutti quanti avevano preso almeno qualcosa dal bar. Sora si era fatto portare pure le patatine fritte e le aveva divise con i suoi amici, oltre che una piadina col rosmarino sopra che gli aveva fatto venire fame solo a guardarla.
Marly sbuffò divertito: "Sì, sono soddisfatto! Ci sono stati due tipi che hanno addirittura preso un Whisky costosissimo che, in vent'anni di lavoro, non avevo mai visto prendere a nessuno! E' andata alla grande!"
L'argento deglutì. Quei due ricconi dei suoi zii si facevano riconoscere anche lì. Represse l'istinto di spiaccicarsi una mano sulla faccia, affranto, e cercò di sorridere.
"Bene! Sono contento!"
"Tornate a suonare, qualche volta! Quando volete vi riservo una serata! Magari cantate roba vostra, la prossima volta! Ho visto che siete parecchio bravi anche a scrivere. L'ultima canzone era una bomba!" esclamò ancora l'uomo, visibilmente su di giri. Poi si abbassò a guardare Roxas, che contraccambiò interrogativo. "Tu hai un futuro, ragazzino! Pensare che eri quello a cui credevo meno! Ce l'hai nel sangue, la musica, santo cielo!"
Roxas si sentì avvampare a quel complimento. Era abituato a riceverne, ma li aveva sempre percepiti con distacco perché non gli importava poi molto; sapeva di essere bravo e non gli servivano dei complimenti per accertarsene. Ma il suo modo di vedere il mondo stava cambiando e anche il suo modo di approcciarsi con gli altri, quindi si sentì totalmente appagato.
"Grazie mille..."
"Ogni tanto viene qualche gruppo che gli manca il bassista! Sai, sono difficili da trovare... se ti interessa magari puoi farti 'affittare' per qualche serata, almeno ti guadagni anche qualche soldino e ci porti a cena fuori la fidanzatina!" ammiccò Marly, facendo scattare i nervi di Axel.
Fidanzatina? Nah, lui era un principe, ci pensava il suo cavaliere ad offrirgli tutto quello che voleva! Ma poi che si impicciava a fare quel rincoglionito?
Alzò un sopracciglio ma non disse nulla, mentre Riku lo notava e si tratteneva dal ridere.
"Ehm... no, sono impegnatissimo con il conservatorio. Riesco a malapena ad incrociare gli orari per le prove col gruppo" mentì il biondino, che l'idea di essere 'affittato' non lo allettava poi molto. Voleva divertirsi, quando si trattava di suonare almeno il basso e non voleva trasformare anche quell'Hobby in qualcosa di impegnativo. Non ora che aveva capito come fare per divertirsi con i suoi amici.
"Come vuoi! E' un vero peccato! Beh, su, andate! I vostri amici vi stanno aspettando fuori! Buona serata e alla prossima!" e, detto questo, raggiunse una porta scorrevole e vi sparì dietro, senza aspettare che gli altri lo salutassero o lo ringraziassero.
Fissarono confusi per un attimo la porta, cercando di capire perché quell'uomo avesse sempre così tanta fretta, poi si voltarono e salirono le scale, raggiungendo poi Ventus e gli altri, fermi fuori a chiacchierare.
Axel rise, quando vide sua madre intenta in un'accesa e allegra discussione con Cloud e Zack. Probabilmente si era trovata in sintonia e le belle coppie l'avevano sempre entusiasmata. Era solita fare domande anche personali, a volte, ma era talmente dolce da non risultare nemmeno invadente. La gente non poteva fare a meno di amarla.
Vanitas raggiunse Ventus. Il biondino stava parlando con Terra ed Aqua, ma al chitarrista non importava. Lo prese per le spalle e lo baciò, perché tutta la sua tensione di poco prima si era allentata e lo aveva fatto andare su di giri. Lo spinse in giù in una specie di casquè, senza staccarsi nemmeno un secondo.
Ven era arrossito da tutta quella foga, ma non gli importava poi molto, sta volta, che avesse interrotto la sua conversazione con i suoi due migliori amici. Van era stato bravo, quella sera, e meritava tutto il suo amore e la sua comprensione. Era la sua rockstar, sexy, tagliente e imprevedibile. Si riteneva fortunato.
Riku, ovviamente, raggiunse Sora. O meglio, il più piccolo gli saltò letteralmente al collo quando lo vide. L'argento lo prese per la vita e lo alzò, dandogli un dolce bacio sulle labbra, sorridendo innamorato cotto. Si baciarono finché la schiena di Riku non chiese pietà. Era piccolo, ma pesava e non stava fermo un attimo con quelle braccia.
Axel, di fronte a quella scena, non poté fare a meno di guardare Roxas. Il biondino era intento a fissare ancora l'argento e il moro, con un sorrisetto strano, come se stesse fantasticando. Non appena percepì lo sguardo del rossino sul suo, si voltò e alzò un sopracciglio.
"Che c'è, vuoi baciarmi anche tu?" chiese, ridacchiando poi maliziosamente.
Axel scosse la testa, sospirando ma era divertito.
"Non sai quanto..." mormorò, infine, arruffandogli i capelli e allontanandosi per raggiungere sua madre.
Roxas lo fissò, posandosi la mano sulla testa, esattamente dove c'era stata prima quella di Axel.
Si era imbambolato e non sapeva se gli stava battendo più il cuore o il cervello, perché il rossino lo aveva confuso. Era vero che quattro giorni prima si erano davvero quasi baciati, ma la questione era morta lì, senza riaprirla mai più... ma ora, dirglielo così apertamente lo confuse, oltre a lasciargli volare nello stomaco quelle maledettissime farfalle che non ne volevano sapere di lasciarlo in pace.
"Roxas!"
Il biondino si risvegliò e si voltò, vedendo Sora con un braccio alzato, sorridente, che gli intimò subito dopo di avvicinarsi. Teneva Riku per mano, ma vicino a lui c'erano quattro persone, tutti della sua età. Sorrisero vedendolo.
Si avvicinò a Sora e cercò di non dare a vedere che le nuove conoscenze lo imbarazzavano.
"Roxas, volevo presentarti i miei amici! Frequentiamo tutti la stessa scuola, anche se non tutti nella stessa classe!" esordì il morettino, entusiasta, posando poi una mano sulla spalla di un ragazzo biondino, dall'aria un po' strafottente, ma non sembrava antipatico "Lui è Hayner, sta in classe con me! Poi lui è Pence, lei è Olette e infine Kairi, la mia migliore amica!" presentò, indicandoli uno per uno.
Roxas sorrise e strinse la mano a tutti quanti.
"Io sono Roxas, piacere!"
"Sora dice che sei un mostro della musica! Fai il conservatorio, è vero?" chiese la ragazza con i capelli mori, Olette, giusto?
Il biondino si lanciò un fugace sguardo con Sora che cercò di dargli la forza di cominciare una conversazione. Il moro sapeva quanto fosse difficile per lui, così ce la mise tutta per spronarlo.
"Sì, faccio il conservatorio. Ma non sono un mostro, davvero!" disse, agitando poi le braccia, perché era vero che non lo pensava.
"Dai, non è vero! Durante l'esibizione sei stato il più bravo di tutti, a mio parere!" si intromise Hayner e Pence gli diede una pacca sulla schiena.
"Solo perché quello con i capelli rossi ti ha fatto partire prevenuto! Erano tutti bravi, ma tu che vuoi capirne di musica!" lo redarguì e tutti scoppiarono a ridere.
Quello con i capelli rossi, si ripeté in testa Roxas, alzando gli occhi al cielo, divertito.
"Quindi hai la nostra stessa età! Potresti portarlo con noi, ogni tanto, Sora! Mica te lo rubiamo!" esclamò Kairi, ridacchiando poi e dando un buffetto sul naso al moretto che rise a sua volta.
Roxas alzò lo sguardo per guardare Riku, e un alone nero aveva circondato tutta la sua mole. A stento riuscì a distinguere i suoi occhi sotto l'ombra della sua frangetta argentata. Non seppe se essere divertito o se essere intimorito dalla sua gelosia. Sperò che non gli tirasse un pugno preso dalla rabbia.
"Beh, dipende se a Roxas va di uscire con voi sfigati! E' una persona di un certo livello culturale, non credo possa andare d'accordo con tutti voi!" disse Sora, ironicamente, incrociando le braccia al petto, con fare solenne.
"Ehi!"
"Ma chi ti credi di essere, nanetto!"
"Allora ti frequenta solo per pietà!"
"Cosa hai fatto, lo hai stalkerato per convincerlo a frequentarti?"
Roxas rise forte a quello scambio di battute. Avere degli amici così doveva essere uno spasso. Gli mancava tanto avere un gruppo così affiatato da frequentare e si chiese se, magari non troppo avanti, avrebbe davvero avuto la fortuna di far parte di quello di Sora. Il moretto gli era simpatico e avevano stretto una bella amicizia, da quando si erano avvicinati un po'. Poteva quasi dire che fosse il suo migliore amico, perché ormai non aveva nemmeno un briciolo di disagio stando con lui.
"Allora è deciso, la prossima settimana ci vediamo e andiamo insieme in sala giochi! Ti va, Roxas?" chiese Hayner, su di giri per essersi fatto un nuovo amico e per di più uno forte, di cui poteva vantarsi con gli altri.
Roxas smise di ridere e annuì: "D'accordo!"
"Riku, vieni anche tu?" chiese Kairi, rivolta all'argento, sorridendo dolcemente. Malgrado il batterista fosse geloso e la considerasse una vacca, quella ragazza era tenera e aveva un sorriso veramente ammaliante. Brillava, quasi, facendola sembrare un piccolo angioletto.
Angioletto un par di palle, voleva scoparsi Sora!
"Sono troppo grande per farmi vedere in giro con dei marmocchi come voi!" scherzò, alzando un sopracciglio. Quando li vide indignati da quel commento, si affrettò a dire: "Scherzavo! Se capita vengo volentieri, perché no!"
Kairi fu sollevata di vederlo tranquillo. Quel ragazzo l'aveva sempre un po' inquietata con i suoi modi di fare, ma era contenta che finalmente lui e Sora stessero insieme, e aveva sempre tifato per loro.
Non era vero che andava dietro a Sora, questa era solo la convinzione dettata dalla profonda gelosia dell'argento legata anche agli oggetti inanimati. Tipo la collanina a forma di corona che aveva la fortuna di circondare il collo di quell'essere perfetto in ogni momento della giornata.
"Ok, è ora di andare! I ragazzi come voi dovrebbero essere a letto da un pezzo!" esordì Ventus, avvicinandosi mano nella mano con Vanitas.
"Uffa, ma perché? E' estate e domani non c'è scuola! Possiamo fare tardi!" sbuffò Sora, imbronciandosi.
"Tu scordatelo! Sei piccolo, razza di nano idrofobo!" lo redarguì Vanitas, prendendolo poi per la testa e avvicinandoselo. Sora di tutta risposta strinse di più la mano dell'argento, in un chiaro tentativo di non farsi trascinare via.
"Riku, lascialo o ti picchio!"
"Tu lascialo! Lo accompagno io a casa!"
"Non credo proprio!"
"Non sei nessuno per decidere!"
"Sono suo fratello!"
"Adesso basta!" urlò Ven, dando uno scappellotto prima a uno e poi all'altro, esausto. "Riku, tu accompagnerai Sora a casa, Van tu te ne andrai con la tua moto senza fare un fiato! E Roxas verrà con me! Chiaro?"
"Chiaro..." mormorarono imbronciati i tre, mentre Roxas ridacchiava e salutava con la mano quelli che probabilmente ora erano anche suoi amici. Si affiancò a Ven che lo prese per mano.
"Va a salutare Axel, piccoletto, su, su!" lo incitò, indicando il rossino, intento a parlare con Zexion e Demyx.
Gli fissò un po' la schiena, poi annuì in direzione di suo fratello, lasciandogli la mano e raggiungendo il cantante. Gli tirò leggermente la maglietta per attirare la sua attenzione, e quello si voltò a guardarlo, interrompendo la sua conversazione.
"Sto andando via..." mormorò il biondino, un po' affranto, perché voleva passare ancora del tempo con lui.
Axel sorrise e gli arruffò i capelli.
"Ti sei divertito?" chiese.
"Molto! Siamo stati bravi!" rispose, poi lo abbracciò, teneramente.
Axel rimase per un attimo basito da quella reazione, non tanto per il gesto quanto per il fatto che lo stesse facendo davanti a tutti. I suoi amici lo guardarono inteneriti e sua madre, da lontano, si gustava la scena, sparlando a bassa voce con Zack, che appunto era peggio di una suocera.
"Buonanotte Axel..." disse, con un filo di voce, mentre affondava la testa bionda nel suo petto.
Axel gli carezzò i capelli, un po' imbarazzato, ma sorrise dolcemente.
"Buonanotte piccola peste!" rispose, e quando Roxas alzò lo sguardo per guardarlo, gli posò un bacio sulla fronte. "Ora fila a dormire o ti metto in punizione!"
Roxas ridacchiò: "Va bene! Buonanotte a tutti!"
E, dopo che anche gli altri ebbero risposto al saluto, raggiunse suo fratello che lo prese di nuovo per mano, sorridente, avvicinandosi poi all'automobile e salendovi sopra.
Axel li osservò per un po', poi si passò la mano tra i capelli, girandosi di nuovo a guardare i suoi due amici, che ridacchiavano.
"Che c'è? Che avete da ridere tanto brutti stronzi!" disse, cercando di non dare a vedere che era in imbarazzo.
"Insomma... tu e il fratellino di Ven ve la intendete!" lo punzecchiò Demyx, lanciandosi uno sguardo complice con Zexion.
"Non nel modo sporco e meschino che intendi tu, razza di pervertito senza Dio!" lo redarguì Axel, dandogli uno schiaffo sulla fronte e facendolo indietreggiare.
"Ahio! Animale!"
"Te lo sei meritato!" rise Zexion e l'altro lo fulminò.
"Beh, vado a raccattare mia madre, prima che inizi a raccontare aneddoti imbarazzanti su di me quando ero piccolo!" disse, infine, per poi salutarli con una manina e augurando loro la buonanotte.
"...e poi, quando è tornato a casa tutto sporco di fango io e suo padre..."
"Mamma..."
La donna si voltò, accorgendosi della presenza di suoi figlio e si bloccò. Ridacchiò imbarazzata, mentre Cloud e Zack si lanciavano uno sguardo di intesa, divertiti.
"Oh, tesoro, stavamo giusto parlando di te!" esordì, circondandogli un braccio intorno al suo, teneramente.
Axel alzò un sopracciglio, poi sospirò e guardò i due zii dell'argento.
"Scusate se non vi sono venuto a salvare prima... ero impossibilitato!" cercò di giustificarsi.
"Non preoccuparti. L'adotterei, tua madre, se potessi!" ridacchiò Zack.
"Te la cedo volentieri!"
"Ehi!" rispose lei, indignata.
"Ahah! Senti, donna di mondo, andiamo a casa che sono stanchissimo! Hai raccontato già abbastanza!" la redarguì, puntandole un ditino accusatorio sulla fronte.
"Non si preoccupi, signora! Ci vediamo domani da noi per il tè, come abbiamo deciso poco fa!" si intromise Cloud, sorridendo e Axel si sentì morire. Ok, quindi sua madre era diventata amica di quei due tizi e ora prendevano anche il tè insieme! Bene, doveva raccattare il passaporto, perché gli conveniva cambiare paese, per evitare che gente sconosciuta venisse a sapere aneddoti imbarazzanti su di lui.
Sospirò: "Buonanotte ragazzi e grazie per essere venuti!"
"Buonanotte a voi!"
Axel si avviò, dopo aver fatto un saluto generale ai pochi rimasti. Sua madre lo teneva ancora a braccetto, tutta sorridente e sembrava davvero al settimo cielo. Era felice che si fosse divertita, perché per colpa del lavoro aveva davvero pochissimo tempo per svagarsi ed era contento, dopotutto, che l'indomani si sarebbe vista con gli zii di Riku. Erano brave persone.
E mentre sua madre gli faceva i complimenti per come aveva cantato bene, il rossino sorrise, sentendosi estremamente leggero per aver superato alla grande quell'esibizione.
Erano stati bravi davvero e in pochissimo erano migliorati molto, anche grazie all'arrivo di Roxas.
Roxas.
Il suo desiderio di volerlo baciarle, alla fine, lo aveva palesato, comunicandoglielo senza nemmeno troppo imbarazzo e quel piccoletto c'era rimasto secco. Ormai glielo aveva praticamente detto, che era innamorato cotto e non poteva fare altro che aspettare.
Semmai Roxas, presto o tardi, sarebbe stato pronto, lui era pronto a baciarlo, perché era l'unica cosa che voleva, ormai e sarebbe stato disposto ad attenderlo. E se Roxas fosse stato pronto tra mesi, anni o millenni, a Axel non importava, non aveva fretta perché lo avrebbe sempre aspettato.
Fine
 
 
L'amore, che bel sentimento *___*
Tutti in amore, e non è nemmeno stagione! Mamma mia, quanto sono carini, ve? Teneri, loro!
Ebbene l'esibizione infine si è fatta e i nostri eroi ne sono usciti vittoriosi. Axel ha cercato di baciare Roxas, ma per fortuna è rinsavito in tempo. Non era ancora il momento giusto! Ma glielo ha detto chiaro, che ha voglia di smangiucchiargli tutte quelle labbrette morbidose *_* (e tu che ne sai che sono morbide? >_> NdRoxas perché in realtà io sono Xemnas travestito e ti molestavo io, per puro diletto v.v NdMiry SEI UN MOSTRO ç_ç NdRoxas)
E la storia si avvicina al suo epilogo, e nel prossimo capitolo il finale vero e proprio... mi dispiace abbandonare questa storia perché mi piace molto scriverla, ma non c'è altro da dire, ormai. Roxas è libero dalle grinfie di Xemnas, Axel lo ha salvato dal baratro, Riku e Sora stanno assieme e Van e Ven si amano sempre di più. Non potrei concluderla meglio di così, no?
Vi lascio alla Bonus Track chiedendovi scusa ancora per non aver fatto un disegno, ma non ho tempo. Non ne ho davvero e mi tocca scrivere o di notte o in ritagli minuscoli ><
Ringrazio tutte voi per le recensioni e vi do appuntamento al prossimo capitolo!
P.s: c'è una canzone dei Pixies che si chiama n°13 Baby *__* Non pensate sia una bellissima coincidenza? Cioè Roxas è il numero 13 dell'organizzazione e la canzone parla di un n°13 *_* E questo è il capitolo 13, come Roxy! Oddio, oddio che cose bellissime!
Miaaaaaaaaaaaaaaaao :3
 
*Bonus Track*
Roxas scese dall'autobus facendo un balzo, mentre teneva le mani in tasca e la musica a tutto volume nelle orecchie. Si guardò un po' intorno, poi adocchiò la sala giochi, di fronte a se e attraversò la strada per raggiungerla.
Davanti c'era un gruppetto di gente tra cui riconobbe Sora e i suoi amici.
Prese un lungo respiro quando si fu quasi avvicinato e, spegnendo il suo mp3 e togliendosi le cuffie, alzò un braccio quando vide Sora fare lo stesso, sorridendo.
"Roxas!"
"Ehi, ciao a tutti!" salutò il biondino, cercando di non risultare nervoso. Era la sua prima vera uscita con degli amici e la cosa un po' lo innervosiva. Aveva una paura matta di risultare antipatico o troppo taciturno. Sperò di non farsi prendere dal panico.
"Ciao Roxas!" esordì Hayner e gli mostrò il pugno, nel chiaro segno di farlo cozzare con quello del biondino.
Roxas lo guardò per un attimo spaesato, poi la sua mente elaborò, ricordando il modo in cui spesso Axel, Riku e Vanitas si salutavano. Doveva essere una sorta di cosa giovanile, sostituto del tipico saluto stringendo la mano.
Cozzò il pugno con quello del l'altro, sentendosi profondamente stupido, ma cercò di non badarci.
"Allora, vogliamo entrare?" chiese Kairi, poco dopo, indicando l'entrata.
Il gruppetto annuì e tutti varcarono la soglia.
La musica era alta, della Techno un po' esagerata. A Roxas quella musica non era mai piaciuta, ma sembrava perfetta per quell'ambiente poco illuminato e pieno di lucine colorate emanate dalle console.
Era pieno, ma non troppo. Molti giochi erano liberi, altri avevano addirittura la fila per provarli. Si chiese se quelli liberi fossero orribili o semplicemente poco interessanti.
Sora lo trascinò per un braccio quando lo vide imbambolato. Sapeva che per lui era la prima volta in un posto del genere e si era ripromesso di farlo divertire più che poteva, cercando di farlo integrare al meglio con quei pazzi dei suoi amici.
Hayner si avvicinò ad una postazione con due fucili arancioni e ne prese uno, poi si voltò verso i suoi amici.
"Dai, Roxas, facciamoci una partita! Vediamo che sai fare!" lo invitò, cedendogli un fucile.
Il biondino lo prese e lo guardò come se gli avessero appena dato una bomba da disinnescare. Cominciò a sudare freddo.
"Non... non ho mai giocato a questo tipo di giochi..." ammise, senza perdere il contatto visivo con quell'arnese fosforescente.
Hayner rise: "Non preoccuparti, siamo qui per divertirci, mica per gareggiare!"
Roxas alzò lo sguardo per incrociare il suo e, poco dopo, annuì. Che male c'era, in fondo?
Si avvicinò al monitor  e fiancheggiò l'altro, che poco dopo mise i gettoni e iniziarono la partita.
Roxas lo osservò un po', mentre sparava agli zombie facendo suoni strani con la bocca e imprecando quando li mancava. Gli venne da ridere, poi si risvegliò quando Sora gli fece notare, ridendo, che se non si dava una mossa gli zombie lo avrebbero mangiato senza tanti complimenti.
Cominciò a sparare. Primo colpo mancato, secondo colpo mancato, terzo colpo mancato.
"Sono un incapace totale..." mormorò, colpendo poi con sorpresa la testa di un mostro e facendogliela saltare. Rise sorpreso. "Ah, bene, così va meglio!"
Sora rise di fronte al fatto che stesse parlando da solo e vedendolo fomentarsi quando quei tre o quattro colpi andarono a segno. Non era bravo, si muoveva senza strategia, ma si divertiva. Hayner invece era parecchio capace, anche se era un fomentato mostruoso. Si muoveva sul posto, mettendosi pure in posa da combattimento.
Entrava benissimo nella parte, non c'era che dire.
"Oh, un'altra testa saltata!" esclamò Roxas, sorpreso, cominciando a prenderci gusto.
"Quello dietro al cespuglio!" urlò Olette, coprendosi il viso con le mani quando lo vide spuntare. Roxas lo colpì in pieno, uccidendolo. "Accidenti, non sono fatti per me questi giochi!" continuò la morettina e Kairi rise, prendendola sottobraccio.
La partita finì e Hayner guardò trionfante il risultato. Roxas era parecchio sotto, ma non era andata malissimo, alla fine.
"Non male per essere la tua prima partita, Rox!" sorrise il biondino, mettendo a posto il fucile, imitato dall'altro, poco dopo.
Rox?
Cominciavano già con i nomignoli? Beh, sempre meglio di Roxy!
Sorrise intenerito.
"Beh, sono una frana. Dovrò esercitarmi ancora per diventare bravo come te!" ammise.
Hayner si batté un pugno trionfante sul petto: "Lo so, sono un mostro! Hai visto che mira?"
Roxas rise: "Sì, ho visto!"
"Bene, dai, andiamo a giocare a qualcos'altro! Voglio divertirmi anche io!" esclamò Sora, tirandosi di nuovo dietro il bassista, che ormai si lasciava trascinare ovunque da quel pazzo del suo amico. Sapeva che lo faceva per farlo sentire a suo agio e niente più. Era carino da parte sua.
Raggiunsero una postazione di ballo e le due ragazze vi salirono sopra, iniziando a giocare. Era un gioco che non aveva mai visto: sul monitor comparivano delle frecce e le ragazze si muovevano su una pedana posta ai loro piedi, con appunto delle frecce disegnate, pigiando quelle che passavano sul monitor.
Erano brave, probabilmente andavano lì spesso. Avrebbe provato anche lui se solo non fosse stato un pezzo di legno per quanto riguardava il muoversi.
"Dai, lasciatele fare! Andiamo a trovare qualcos'altro!" propose Pence, e gli altri due annuirono. Roxas lì seguì e quando li vide fermarsi di fronte all'ennesimo sparatutto si fermò e tirò fuori il telefono.
"Ho appena fatto esplodere la testa al mio primo zombie!" scrisse, inviandolo poi ad Axel, che rispose subito dopo.
"Lo hai fatto cantando? Perché quando canti mi fai esplodere la testa!"
Roxas rise, senza riuscire a trattenersi, poi rispose: "Quanto sei simpatico!"
"Scherzo, piccola peste! In realtà pensavo più al fatto che quando mi guardi, con quella faccia da schiaffi, il cervello non me lo fai esplodere, ma me lo fai andare in tilt!"
Arrossì. Si sentì avvampare terribilmente.
Quel ragazzo, se continuava così, gli avrebbe fatto venire un infarto.
"Quale cervello?"
"Ok, ok! Sei più scaltro di me! Hai vinto tu, piccola peste :)!"
E a Roxas non serviva più nessun'altra vittoria, quel giorno, per essere felice.
Fine
   
 
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