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Autore: riccardoIII    26/11/2014    0 recensioni
Meditazioni di Severus Piton dopo un incontro molto importante.
I personaggi appartengono a J.K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Lily/Severus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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E così era la fine. Aveva sacrificato ogni cosa, ogni suo ideale, per l’amore. Quello stupido, insensato amore verso l’unica che avesse mai desiderato avere, una donna che avrebbe dovuto detestare così come aveva detestato chiunque fosse Sanguesporco come lei.  Quell’amore che non era mai morto, nonostante fossero passati anni da quando l’aveva persa senza possibilità di ritorno. L’amore che l’aveva portato ad allearsi coi suoi nemici, a mettere da parte ciò in cui credeva, a sacrificare la sua vita per proteggere ciò che era nato dall’amore di lei per il suo peggior nemico. E ora tutto ciò per cui aveva combattuto in quei diciassette anni doveva morire per sconfiggere l’unica persona che aveva avuto il coraggio di prendere in mano il proprio potenziale e portare avanti la battaglia che lui stesso avrebbe voluto combattere, e invece era stato costretto ad abbandonare. Costretto dall’amore. Che cosa assurdamente stupida.
 
Le motivazioni di Voldemort erano sempre state le sue: Severus Piton credeva davvero nella purezza del sangue, nell’epurazione dei Nati Babbani e nella supremazia sui Babbani; credeva nell’uso consapevole delle Arti Oscure per accrescere il proprio potere e dominare su coloro che erano troppo vili o deboli per affidarsi a esse. Certo, magari non condivideva la sete omicida dell’Oscuro però si era convinto, quando era stato Marchiato, che fosse uno spiacevole effetto collaterale del potere. Lo inquietava vedere la gente soffrire, i bambini morire davanti alle madri che chiedevano pietà, i suoi compari gioire del dolore che potevano controllare e scatenare a loro piacimento, ma l’aveva accettato. Era un dato di fatto, un passo necessario per raggiungere l’obiettivo, punto.
 
Era diventato molto meno accondiscendente verso le torture e gli assassinii quando la vittima designata era stata la donna che amava.
 
All’epoca si crogiolava ancora nel dolce pensiero di potersela riprendere, nonostante lei avesse ben chiarito quanto lo disprezzasse, nonostante avesse scelto quel pallone gonfiato di Potter. Potter che tanto bene vestiva i panni del paladino della giustizia, col suo bell’aspetto e il suo eroismo, il buffone tronfio che “aveva messo da parte” le bambinate per difendere il mondo magico da Voldemort e proteggere la moglie in pericolo anche per causa sua, di Severus, in quanto Mangiamorte. E quanto sarebbe stato più saggio per lui rintanarsi dietro il suo sangue puro! Quanto sarebbe stato meglio per tutti se Potter avesse lasciato Lily a lui e si fosse messo da parte! Nessuno sarebbe morto, non ci sarebbe stato nessun Prescelto, l’Oscuro avrebbe regnato, Severus sarebbe stato il suo pupillo e Lily sarebbe stata risparmiata. Ma no, Potter doveva sempre fare l’eroe! Proprio come quel simpaticone del suo compare, Black, che l’aveva seguito passo passo e aveva rinnegato la sua famiglia per schierarsi “coi buoni”, pur avendo in passato provato molto più piacere di quanto ne provasse Severus stesso nel vedere la gente morire, nel vedere morire lui. Sì, Severus ci aveva creduto ancora alla possibilità di riavere Lily, anche se non aveva un’idea precisa di come convincerla visto quanto lei era testarda; nessuno meglio di Sev, che era stato il suo migliore amico sin dall’infanzia, poteva sapere quanto fosse caparbia. Nessuno poteva essere meglio di lui, per lei.
 
Ma poi il suo mondo era crollato ancora, il suo Signore l’aveva designata come nuova vittima e Sev non avrebbe potuto proteggerla da Lui, ne era cosciente. Alla fine Lily era stata davvero in pericolo per colpa di Sev. E lui avrebbe fatto di tutto per salvarla, anche dare la sua vita, anche mettere da parte se stesso, purché lei vivesse. Possibilmente al suo fianco. Magari l’Oscuro l’avrebbe risparmiata dopo aver ucciso i due Potter, e lei sarebbe finalmente stata sua. Continuava a sognare, Severus, perché sapeva fin troppo bene che Lui non l’avrebbe risparmiata; amava troppo uccidere, lei non era altro che una Sanguesporco, non contava nulla e Lord Voldemort l’avrebbe schiacciata come schiacciava tutti quelli come lei. E anche se non fosse stato così Lily avrebbe supplicato per il figlio, l’avrebbe protetto in ogni modo, e allora la sua sorte sarebbe stata segnata inesorabilmente.
 
Aveva deciso in un momento, senza nemmeno riflettere, impulsivo come un Grifondoro (rabbrividiva ancora al ricordo): aveva messo se stesso al servizio di chi disprezzava, per salvarla. Ma lei era morta comunque, e il suo mondo era finito. Non era più Severus. Era solo Piton, guscio vuoto e asettico, implacabile e sprezzante. Nessun sentimento se non l’odio per ciò che gli aveva portato via tutto, odio anche per l’amore che aveva provato, che provava ancora, per lei. Soprattutto per l’amore.
 
Ma aveva perseverato, aveva continuato a seguire gli ordini di un grande mago che aveva spesso guardato con astio, soggiogato dalla promessa fattagli quando l’aveva implorato di proteggerla. Aveva vissuto sedici anni sotto l’ala di Albus Silente, l’unico che credesse alla sua conversione perché l’unico ad averne le prove. Aveva passato gli ultimi sei anni a proteggere il figlio di Lily per onorare la sua memoria e il suo sacrificio, sei anni ad affannarsi dietro ad un mediocre ragazzino col complesso dell’eroe che disprezzava in tutto e per tutto.
 
Disprezzava il suo aspetto e la sua arroganza, entrambi eredità del padre; su di lui aveva riversato le frustrazioni e le angherie causate non solo dal genitore, ma da tutta la sua combriccola.
 
Disprezzava i suoi occhi e il suo essere parte di Lily, rivedeva lei quando correggeva i suoi temi scadenti e ritrovava le lettere scritte allo stesso modo, quando lo osservava al lavoro, concentrato nonostante i risultati fossero nettamente diversi da quelli di sua madre. La rivedeva nelle sue rispostacce e nel carattere acceso, e questo lo portava ad odiarlo ancora di più perché gli ricordava quello che era stato e non sarebbe tornato, gli ricordava la scelta di lei e il disgusto che aveva emanato il suo sguardo dopo l’incidente dei G.U.F.O.; gli ricordava quanto aveva perso.
 
Certo, il ragazzo ricambiava in pieno i sentimenti e non tentava nemmeno di nasconderlo. Ecco, forse la sfacciataggine non veniva solo da James Potter ma da entrambi i genitori. Quante volte durante il corso degli anni come suo allievo l’aveva dimostrato! Quante schermaglie, quante lotte, quanti sguardi furiosi erano corsi tra loro, e Potter nemmeno poteva lontanamente immaginare che in fondo Piton lavorasse per lui, che da sedici anni ormai la sua vita non era votata ad altro che a proteggere il giovane Potter, speranza del Mondo Magico contro il Signore Oscuro!
 
Quanto poteva essere strana la vita! L’aveva condotto su strade diametralmente opposte a quelle che si era scelto: aveva rinunciato al suo lato oscuro per proteggere il paladino del Bene. Quanto sarebbe stata fiera Lily di questo nuovo Sev, se solo non avesse conosciuto le reali ragioni che l’avevano spinto al voltafaccia!
E infine, per cosa aveva sacrificato se stesso? Per allevare carne da macello, per far crescere il piccolo eroe fino al punto giusto in modo che venisse colto come una pera matura. Il figlio di Lily sarebbe dovuto morire, dopo anni spesi ad arrovellarsi per cavarlo da tutti gli impicci in cui si era andato a cacciare. E lui, Piton, era stato solo un altro burattino come il ragazzo, usato dal grande Albus Silente per i suoi scopi. E il vecchio lo rendeva ancora parte integrante di piani sconosciuti, ben sapendo che non avrebbe mollato ora, che sarebbe andato fino in fondo, fino alla morte se necessario, pur di espiare la colpa di aver emesso la condanna a morte per la sua Lily. Le fila della sua vita gli erano state tolte di mano molto tempo prima e ora, facendo avanti e indietro nel suo studio dopo l’ultimo incontro col Preside, si chiedeva che senso avesse avuto la sua esistenza, il cui unico scopo era stato proteggere una persona il cui destino era segnato prima ancora che nascesse.




 
   
 
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