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Autore: solly    26/11/2014    0 recensioni
Storia di un’ombra stanca di vivere oscurata dalla sua metà.
Storia di un’ ombra stanca di tutto.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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                                                                                      ♩♪♫♬
 

Lo scandire del tempo, dettato dall’orologio bianco appeso nella stanza, risuona tra le pareti.
La piccola abat-jour crea un fioco contrasto di luci nel muro davanti al quale sono seduta.
Osservo la mia immagine, come di fronte a uno specchio; vedo solo nero.
Mi sento così sola.
Vedendo le ali ai lati della mia schiena, vorrei agguantare tutta la forza che mi è rimasta e spiccare il volo, volteggiare, fluttuare: andarmene.
Ma non posso.
Ad un certo punto mi sporgo, ed è con un ‘click’ che la camera si avvolge nel buio.
Poi mi sdraio.     
Tic tac
Finalmente addormentata, apro gli occhi.
Tic tac
Mi tiro su, e mi alzo in piedi.
Faccio una giravolta.
Mi sollevo sulle punte e, con lentezza, smuovo l’aria attorno a me.
Mi avvicino al pianoforte, lo scoperchio e mi appollaio sullo sgabellino.
Mi guardo attorno, facendo scorrere lo sguardo sulle pareti.
È come se non ci fossi.
Il mio dito fa pressione su quella superficie tanto bianca quanto lucida.
A volte mi chiedo come ci si senta.
Sì, ad essere.. bianchi.
Bianchi come la neve, così fredda e pura.
Bianchi come le nuvole, così libere e leggere.
Bianchi come il bene.
Serrando gli occhi, inizio a lasciarmi andare al dolce suono che le mie mani stanno intonando.
Almeno, questo darà un segno della mia presenza.
Sono quasi arrivata alla fine, scivolando sulle ultime note.
Un pesante sospiro mi riporta alla realtà, come risucchiata dalla stessa aria che respiro.
Sconfitta, mi lascio andare alla volontà altrui.
Purtroppo, il mio, era solo un sogno.
Un sogno molto lontano dalla realtà.
Molto lontano da me.
Molto lontano da me che non sono altro che un lieve spruzzo di nero attorno ad un sole abbagliante.
La notte passa molto lunga per me, su quel letto cigolante, a far finta di osservare le stelle.
Ed è così, che di nuovo arriva il mattino, in un susseguirsi di buio e luce.
Almeno per gli altri.
Esco, portandomi in giro, svolazzando di qua e di là, spensierata, con una miriade di luce attorno al mio corpo.
Una giornata come tutte le altre, come ogni giorno.
Di quelle giornate che ti corrodono dall’interno, e ti fanno diventare matta, facendoti credere di non poter continuare così.
‘Non continuerò così.’ Ti dici.
Ed è vero, tu non continuerai così.
Torni a casa, con mamma e papà che mangiano seduti accanto a te, mentre tu guardi con ammirazione le goccioline di rugiada sull’erbetta fresca.
Dopo un paio di risate, mi alzo, e mi strascico fino al piano di sopra.
Mi dimeno, ma non accade nulla.
Mi sento chiusa in gabbia; dentro una bolla.
Urlo, ma nessuno mi sente.
Sono solo un’anima macchiata di nero.
Ma tutto questo finirà.
Sul comodino un bicchiere d’acqua.
Mi avvicino e lo bevo.
Mandandolo giù la mia gola si rinfresca, e i miei sensi si ammorbidiscono.
Adesso mi trovo seduta al suolo, sulla moquette confortevole, poggiata con la testa al materasso.
Testa che tra pochi istanti non si troverà più al suo posto.
Tic tac
‘Quella non era acqua.’
Il suo ultimo pensiero.
Ora i suoi occhi sono bianchi, mentre mi osserva con quel suo sguardo vitreo.
Le ali appassite.
Il mio braccio di un colorito intenso, mentre impugna un’ascia incriminata.
Adesso attorno a me non c’è più solo bianco; c’è rosso, un rosso vivo e accecante.
Una possente risata, riecheggia nella camera.
È la mia, liberatoria, risata.
i lunghi capelli rossi sparpagliati al suolo, con la guancia sinistra esposta all’aria.
Purtroppo per lei è finita.
Mi accovaccio vicino al suo viso, e le lascio un dolce bacio sulla  tempia pallida.
Poi mi avvicino al suo corpo e lo stendo accanto alla testa.
Sorrido, e mi sdraio di fianco a lei, se così possiamo dire.
Mi guardo la braccia.
Poi chiudo gli occhi, lasciando che il sole baci anche la mia, di pelle.
Pelle che per troppi anni ha vissuto all’ombra di un’altra me stessa.
Mi scappa un ghigno: che gioco di parole.
Sento pian piano di star perdendo conoscenza.
Infondo, siamo due facce della stessa medaglia.
Purtroppo per noi è finita.
Con l’ultimo spiraglio di energia, le afferro la mano, facendo intrecciare le mie dita con le sue.
Scompaio pian piano, e non mi sono mai sentita così bianca.
Bianca come la morte.
Storia di un’ombra stanca di vivere oscurata dalla sua metà.
Storia di un’ ombra stanca di tutto.
Lo scandire del tempo, dettato dall’orologio bianco appeso nella stanza, risuona tra le pareti.

 

do
 
SI
 
LA
 

 
                                                                                          ♩♪♫♬
  
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