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Autore: Kaiyoko Hyorin    26/11/2014    4 recensioni
[Estratto dal primo capitolo]
Non fece in tempo a realizzare quell'unico fugace pensiero che ella si accorse di avere i suoi occhi scuri puntati addosso, cosa che ne aumentò drasticamente la soggezione che provava nei suoi confronti ed a stento riuscì a impedirsi di sussultare nuovamente, preda di un imbarazzo senza pari.
“P-perché mi fissa in quel modo?!”
[Fine Estratto]
Era iniziato come un lavoretto di revisione e invece mi sono ritrovata a stravolgere completamente la trama, creando qualcosa di nuovo ed inaspettato! Ad oggi è l'opera più lunga che abbia scritto e spero che il risultato sia valso lo sforzo, augurandomi che risulti comunque una lettura gradevole, a prescindere! Vi auguro una buona lettura!
Attenzione: aggiunto OOC per il cambiamento caratteriale a cui i personaggi vanno incontro nel corso dell'intera storia, in accordo con la trama, senza comunque arrivare ad uno "stravolgimento" nel vero senso della parola; quindi non spaventatevi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unione d'affari'
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41. Gelosia


Le due settimane a seguire trascorsero più velocemente di quanto i due ragazzi si sarebbero immaginati.
Il corso presso la Hiwatari tenne impegnata la giovane Natsuki tre mattine su cinque e le altre due le passò direttamente in sede alla N.C. per lo stage formativo nel corso della prima settimana. In quei giorni aveva tempo di tornare a casa a metà pomeriggio e dedicarsi agli appunti che prendeva diligentemente ogni lunedì, mercoledì e venerdì ed il programma si ripeté praticamente invariato la settimana successiva.
Persino Kei si era ritrovato a doversi adeguare al suo nuovo ritmo di vita all'insegna del lavoro, giostrandosi all'organizzazione paterna fra riunioni ed altri ruoli di rilievo sempre più impegnativi. Ogni pomeriggio inoltre si presentava per lo stage formativo al quale partecipava anche la sua compagna, ma i rispettivi impegni erano troppo diversi per far sì che si scambiassero più di qualche sguardo in quelle poche ore. E spesso il blader era costretto poi a far ritorno alla Hiwatari, tornando a casa soltanto molto più tardi.
A causa di questo i due ragazzi erano riusciti a stare insieme sempre meno, a parte durante le pause pranzo, e neppure tutte.
Quel venerdì, se non altro, era una di quelle saltuarie volte.
– Domani mattina mi aspetta il fatidico giro per concessionarie alla ricerca di un'auto – stava dicendo Yukiko, prima di infilarsi in bocca un piccolo hosomaki al tonno.
Era stato Kei ad offrirle il pranzo stavolta, cosa che aveva significato la consegna a domicilio di una scatola di bento di tre piani da un ristorante di sushi incredibilmente rinomato del centro. Quando lui gliel'aveva aperta davanti, il riverbero della ventresca alla luce del giorno aveva minacciato di accecarla.
– Hai già un'idea sul modello? – le domandò il giovane Hiwatari, seduto sul divanetto della sala riunioni accanto a lei.
Avevano rinunciato a sedersi in terrazza, ambiente tutt'ora sferzato da folate gelide cariche di una fastidiosa pioggerellina, prendendo invece posto nell'angolo adibito a salottino. La pelle del rivestimento cigolava appena ad ogni minimo spostamento dei due, l'odore tipico di nuovo che ancora poteva raggiungere le narici di entrambi grazie alla cura del personale delle pulizie.
– Qualcosa di pratico e confortevole – gli rispose meccanicamente la blader, dopo aver deglutito.
Spostando lo sguardo sul volto del compagno, lo vide intento a far sparire un nigiri al gambero in un sol boccone, prima di assumere un'espressione vagamente pensierosa che non stonava affatto con l'aria imperturbabile di sempre. Espressione che sfumò appena deglutì, di nuovo libero di parlare.
– Prenditi una Camaro – se ne uscì a quel punto, facendole inarcare un sopracciglio. Avvedendosi della sua faccia, lui assunse una smorfia prima di aggiungere, come se ciò potesse farle cambiare punto di vista – ..non dev'essere per forza Cabrio.
– Ed io non devo infrangere per forza tutti i divieti di velocità da qui a casa – ribatté sarcastica a quel punto lei, sfoggiando un sorrisetto a rimarcare quanto detto, al quale Kei ribatté con uno sbuffo.
– Quante storie..
Yukiko si fece sfuggire uno sbuffetto divertito, incassando la testa fra le spalle prima di sollevare con le bacchette una nuova polpetta di riso e sushi. Non fece nemmeno in tempo ad avvicinarsela alla bocca tuttavia che, a tradimento, il dranzerblader gliela sottrasse sporgendosi verso di lei e facendo sparire quella monoporzione di sushi nella sua bocca.
L'esclamazione che le uscì spontanea dalle labbra soffocò il rumore di sottofondo del maltempo che si riversava sui vetri.
– Così non vale!


Senza donare più di un cenno di saluto alla segretaria incrociata in ascensore, il presidente Hiwatari uscì in corridoio quando le porte dello stesso si aprirono sul diciottesimo piano. Raramente si trovava a dover recarsi in archivio di persona, ma non poteva chiederlo alla sua segretaria personale quando questa era in pausa pranzo, e lui aveva bisogno di consultare quelle carte al più presto. Inoltre, aveva stabilito che fare qualche passo in più non gli avrebbe certo fatto male, non poteva trascurare troppo la propria forma fisica, soprattutto di quegli ultimi tempi. Era rimasto sorpreso di aver riscoperto un qualche tipo di interesse verso il gentil sesso, ed ancora di più si era sorpreso di averne riscosso lui stesso. Non che non si ritenesse un bell'uomo di mezza età, ma la donna a cui stava pensando ultimamente si era rivelata essere una continua quanto piacevole scoperta. Che poi avessero entrambi un ruolo nel mondo degli affari era un aspetto in più ad accomunarli che non disdegnava affatto.
Perso nelle proprie riflessioni, quasi mancò la pratica che era andato personalmente a cercare, ma tornando con l'attenzione al presente, i suoi sensi captarono qualcosa di diverso, di inaspettato, provenire dalla stanza adiacente attraverso la sottile parete di cartongesso: la risata di una voce femminile.
Inarcando un sopracciglio, il signor Hiwatari si allontanò dall'archivio e si affacciò di nuovo in corridoio, volgendo lo sguardo verso la direzione da cui la voce gli era giunta. Soffermandosi con la medesima espressione aggrottata sulla porta a vetri chiusa, si fece ancor più perplesso quando si rese conto che quella che stava guardando era effettivamente la porta della sala riunioni per le conferenze intercontinentali riservata a lui stesso. Solo un'altra persona aveva i codici di accesso a quell'ambiente inseriti nel badge aziendale..
– Kei, non fare storie! – di nuovo la voce di poc'anzi gli giunse da sotto la sottile fessura che separava il bordo inferiore della porta dal pavimento.
La conferma ai suoi sospetti non lo stupì, ma in un misto di contrarietà e curiosità uscì definitivamente in corridoio e si avvicinò alla lastra di vetro con pochi rapidi passi, in modo da poter gettare uno sguardo all'interno dell'ambiente, fra le righette opache di quell'anta.
– Dovrai metterci più impegno – si levò la voce familiare di suo figlio, in un tono sbeffeggiante ed ironico al contempo, verso la sua interlocutrice.
A quel punto il presidente riuscì ad avere una visione di ciò che stava accadendo all'interno della sala, ma la vista che gli si palesò agli occhi fu talmente inattesa da farlo immobilizzare in ogni muscolo per diversi secondi, incapace di far qualunque altra cosa a parte osservare inerte quello spettacolo.
Nell'angolo adibito a salotto, sul suo divano in pelle nera, Kei se ne stava proteso verso l'esterno della seduta, mezzo disteso, il braccio sollevato a tener fuori portata una scatolina di quello che doveva essere un bento. Eppure non fu il suo sorriso divertito a far restare di sasso l'uomo, quanto il riconoscere la ragazza che stava cercando di protendersi il più possibile verso quel contenitore con un paio di bacchette alla mano, sospesa per un soffio sopra il corpo del ragazzo, tanto vicina da usarlo come appoggio diretto. I suoi capelli bicolori le ricadevano sulla schiena, il viola che creava un netto contrasto con il candore della sua camicia, incorniciandole il viso atteggiato in un'espressione contrariata e combattuta, determinata a raggiungere il suo obiettivo, tanto da costringere lo stesso blader a cercare di tenerla a distanza con un braccio. Tentativo inutile: lei ormai gli era praticamente spalmata addosso, eppure Kei continuava a ridersela.
– Essù! – lo supplicò Yukiko, suscitando un'altra volta l'ilarità dell'altro.
Il presidente fece un passo indietro, poi un altro, mentre alle orecchie gli giungeva ancora il suono delle risate dei due ragazzi che giocavano dall'altra parte di quella porta a vetri, ora di nuovo fuori dal suo campo visivo. Non si erano accorti di nulla e lui era troppo sorpreso da ciò di cui era appena stato testimone per far altro se non tornare sui propri passi e prendere la pratica che era inizialmente venuto a cercare. Senza una parola, molto simile ad un automa, si avviò quindi lungo quello stesso corridoio, di nuovo verso l'ascensore, l'eco delle voci del suo unico erede e di quella che fino a poco tempo prima aveva considerato sua futura nuora ormai presente solo all'interno della sua mente dopo che le porte si furono richiuse nell'abitacolo.
Soltanto quando fu nuovamente seduto alla propria scrivania, il signor Hiwatari riuscì a formulare un pensiero coerente.
Un unico pensiero che gli fece finalmente abbassare le iridi scure sulla pila di fogli che aveva recuperato.
Qui qualcosa non torna..


Yukiko stava per uscire dal box del bagno delle signore quando la porta principale si aprì, lasciando che una voce di donna accompagnasse il suono del doppio paio di tacchi che calcarono in quel momento le piastrelle dell'ambiente.
– ...certo che è proprio un bocconcino – stava dicendo la sconosciuta – Chissà in che rapporti è con la figlia della presidente?
La mora in questione, la mano sulla maniglia, si bloccò all'istante a quelle parole, mentre il cuore le balzava subitaneamente in gola. Stavano parlando di lei!? Ci mise un istante a comprendere che non era l'argomento principale della conversazione, ma non per questo si fece avanti né rivelò la propria presenza. Anzi, per riflesso si ritrovò a trattenere il respiro, attenta alla conversazione in atto, proprio mentre una seconda voce si univa alla precedente.
– Non saprei dirlo.. forse potremo chiederlo direttamente a lei.
– Figurati! – ribatté la prima, alla cui esclamazione seguì lo scroscio del rubinetto dell'acqua – Non ce li vedo proprio insieme e non ho intenzione di risultare indiscreta e rischiare di offendere il futuro capo di quest'azienda. Ho lavorato sodo per farmi assumere, non vorrei che per qualche sciocco capriccio di una ragazzina viziata il mio futuro venisse compromesso.
L'altra sbuffò.
– Rimarremo con il dubbio allora..
– Non è certo un piccolo dubbio che mi metterà i bastoni fra le ruote.
– Che cosa intendi dire?
– Che anche se quel ragazzo avesse una fidanzata, sono certa di riuscire a fargliela dimenticare in meno di una notte.
Il rumore dell'acqua corrente si fermò.
– Oh be', non credo ci voglia molto per certe cose – ribatté la seconda voce femminile, ridacchiando mentre entrambe si allontanavano.
La porta tornò a chiudersi con un cigolio e la giovane Natsuki uscì finalmente dal suo nascondiglio occasionale, ritrovandosi a fissare con occhi sgranati il proprio riflesso nello specchio. Aveva i lunghi capelli scuri legati in una coda bassa, due ciocche sfumate di viola a incorniciarle il viso atteggiato in un'espressione scioccata, con le sopracciglia corrucciate e le labbra leggermente schiuse. Mentre nella mente ripercorreva la breve conversazione origliata per caso, non riuscì a non esaminare con occhio critico l'ovale del proprio viso..
Figurati se era possibile che una come lei stesse con uno come Kei.
Era certa di riuscire a farlo dimenticare di lei in meno di una notte.
Una ragazzina viziata non poteva competere con una donna.
Il pallore iniziale si colorò di un rosso acceso sulle guance, nato da un'indignazione talmente profonda da farle abbassare lo sguardo sul lavandino al quale si era avvicinata. Si abbassò sullo stesso per raccogliere un po' d'acqua fra le mani e con movimenti meccanici si sciacquò il volto due volte, attenta a non bagnarsi la camicetta prima di asciugarsi con qualche salvietta di carta.
Quindi tornò a osservare il proprio riflesso nel vetro dell'ampio specchio, inspirando a pieni polmoni per calmarsi definitivamente ed accantonare quella storia. Era inutile prendersela, non doveva importarle ciò che aveva appena sentito, perché il parere di persone del genere non contava affatto. E non doveva nemmeno preoccuparsi che avessero delle mire su Kei, lui non era quel genere di persona. O sì?
Non lo è, e lo sai” intervenne con una nota di rimprovero nella sua mente Night.
– Hai ragione – ammise a quel punto, in un sospiro.
Sistematasi alcune ciocche di capelli, Yukiko si voltò e procedette con passo deciso verso la porta del bagno delle signore senza più guardarsi intorno.


Kei sollevò lo sguardo dal monitor per puntarlo sulla donna ferma accanto alla sua scrivania. Prese in consegna i fogli che gli stava porgendo e senza una parola tornò a vagliare i dati che stava esaminando sino a poco prima. Ci mise qualche secondo per accorgersi che l'altra non s'era mossa di un millimetro ed, inarcando un sopracciglio, tornò a voltarsi in sua direzione, perplesso e seccato al tempo stesso.
– C'è altro?
– Non proprio – ribatté lei con un sorriso che lasciava presagire il contrario.
Il dranzerblader la squadrò da capo a piedi, iniziando ad intuire il gioco che quella donna stava tentando di fare. Era un po' più bassa di Yukiko, con lunghi capelli castano chiaro ed occhi scuri accentuati dall'eyeliner che doveva essersi sistemata da poco. Il suo rossetto, di un rosso acceso, gridava al mondo “guardatemi!” ed il completo di giacca e gonna a tubino bordeaux ne evidenziò le curve generose quando quella si appoggiò alla sua scrivania con il sedere. Sorrise fra sé e sé rendendosi conto di continuare a paragonarla alla sua ragazza, convenendo con sé stesso che in realtà non c'era proprio nulla da paragonare: quella donna non aveva alcuna possibilità in un confronto concreto con la sua mora. Yukiko era decisamente superiore a quella trentenne abbastanza frustrata da provarci con un ragazzo di quasi diec'anni più giovane.
– C'è una cosa di cui mi piacerebbe discutere con te in privato – continuò quella, traendolo dalle sue riflessioni, probabilmente equivocando il sorrisetto che gli era nato in volto. Si piegò leggermente, mettendo in mostra l'incavo fra i seni che si intravedeva dallo scollo della camicia ed il cartellino appuntato sul petto con su stampato il suo cognome: Kanigawa – Un affare importante – specificò – ..una di queste sere magari, a cena.
Kei si appoggiò allo schienale della propria sedia, fissando la donna con espressione imperscrutabile, tenendo per sé l'occhiata di sufficienza che in altre occasioni le avrebbe riservato senza alcun riguardo per la sua esagerata autostima.
– Spiacente – le disse soltanto, prima che nel suo campo visivo passasse per un attimo una figura a lui ben nota. I suoi capelli bicolori gli fecero per un istante perdere la messa a fuoco sulla trentenne che stava inutilmente tentando di ammaliarlo e notò una certa rigidezza nella postura della nightblader. Nel procedere verso il corridoio ella gli dava le spalle ed il dranzerblader ebbe la netta impressione di poterne distinguere il secco rintocco dei tacchetti delle sue scarpe sul pavimento, poco prima che sparisse dalla sua vista. La cosa minacciò di fargli perdere la sua indifferenza costruita per l'occasione, ma un attimo dopo la voce di Kanigawa ne richiamò nuovamente l'attenzione.
– Sono piuttosto brava ai fornelli – insistette con un sorriso anche più ampio dei precedenti.
– Scusa ma è impossibile, sono un uomo molto impegnato – ribadì, fessurizzando di poco gli occhi scuri per scoccarle uno sguardo più penetrante, accostato ad un mezzo sorrisino velato di sottintesi.
Il messaggio andò a segno perché la donna ebbe un fremito delle sopracciglia ben curate, ma il suo sorriso non sfumò del tutto mentre si staccava finalmente dalla sua scrivania ed esordiva – Peccato – per un primo istante Kei credette che fosse tutto, ma la dignità di quella sembrava reclamare più di un'uscita di scena dignitosa, perché aggiunse – Se dovessi cambiare idea, fammelo sapere – prima di voltarsi definitivamente e tornare al suo lavoro.
Il ragazzo la seguì brevemente con lo sguardo, ripensando all'impressione che aveva avuto per quell'attimo fugace della più giovane delle Natsuki. Probabilmente si era trattato soltanto di un momento, un'impressione fugace e nulla più, si disse.
Simili pensieri persero presto consistenza, assorbiti dal lavoro che stava svolgendo, ed il pomeriggio presso la N.C. proseguì come al solito per l'ora seguente, senza che facesse troppo caso al personale femminile che gli girava intorno ed il quale ad un occhio esterno sarebbe parso impegnato a dispensargli sorrisi che lui neanche ricambiava. Almeno finché un'altra dipendente, passando accanto alla sua postazione, finì per inciampare e far volare il carico di documenti che aveva fra le braccia ovunque sul pavimento in un raggio di due metri. Quell'incidente lo costrinse a voltarsi per riflesso a fissare quell'imbranata con sguardo cinico, proprio nel momento in cui si stava sollevando in ginocchio.
– Che disastro – piagnucolò, osservando allarmata il risultato della sua goffaggine – Mi dispiace così tanto!
Aveva i capelli castani raccolti in uno chignon ed un visetto più infantile rispetto a quell'altra, così come erano meno accentuate le curve del suo corpo stretto in quel vestito scuro e dal taglio casual. Quel genere di vestito che ora, mentre stava cercando a carponi di raccogliere i fogli a lei più prossimi con una certa agitazione, metteva in risalto il suo fondo-schiena.
Con una smorfia Kei si chinò a sua volta per raccattare dal pavimento un fascicolo ed il suo contenuto, porgendolo alla 'collega' senza troppo entusiasmo interiore. Lei, dapprima sorpresa, si prodigò in un sorriso imbarazzato, ringraziandolo e prendendo in consegna i documenti che lui le stava porgendo. La punta delle dita ben curate di lei sfiorò le sue in quel breve momento, ma il dranzerblader non fece alcun caso a quell'evento, tornando a sollevare lo sguardo da quella imbarazzante forma di vita.
E fu allora che la vide, Yukiko, ferma in piedi accanto al suo responsabile con i suoi occhi di un verde brillante fissi su di lui, in viso un'espressione talmente incisiva da farlo impietrire sulla sedia, mentre distingueva chiaramente una scintilla di qualcosa di molto simile al furore in quei pozzi di smeraldo. Persino la piega delle labbra tese ed il rossore delle sue gote trasudava sdegno, finché un istante dopo, quando si rese conto che lui s'era accorto di lei, voltò con un movimento rapido e orgoglioso il capo dall'altra parte, fingendo di prestare la massima attenzione a qualcosa che il suo superiore le stava dicendo in quel momento.
A Kei ci volle un istante per rendersi conto di ciò che aveva visto e collegarlo a quanto era appena accaduto, ma voltandosi verso il monitor del proprio computer si ritrovò a sorridere fra sé e sé nel trarre le sue conclusioni: era gelosa. Non poteva essere altrimenti, la sua compagna era gelosa di lui e ne aveva appena avuto la conferma.
L'eventualità non lo disturbò affatto ma anzi, lo divertì e lo inorgoglì più di quanto avrebbe creduto possibile, proprio per il fatto di rendersi finalmente conto di non essere l'unico della coppia a provare certe emozioni verso l'altra. Bastò questo a risollevargli la giornata lavorativa, della quale passò l'ultima mezz'ora a riflettere su un modo per affrontare il discorso con lei, ben consapevole che, anche se non era direttamente colpa sua, stava a lui quietare le ansie della sua ragazza. Questo ovviamente dopo averla punzecchiata un po'.
Quando le cinque scoccarono, aveva già spento il suo computer e stava per alzarsi dalla sedia quando sul telefono gli giunse il messaggio di suo padre: doveva passare alla Hiwatari per assistere ad una videoconferenza. La notizia gli fece nascere una nuova smorfia sulle labbra, per nulla entusiasta della prospettiva. Inoltre, questo gli avrebbe impedito di dedicare il tempo previsto alla mora ed al discorso che voleva affrontare con lei.
Con la coda dell'occhio scorse un movimento e, notando l'oggetto dei suoi pensieri sul punto di uscire dall'ufficio, si affrettò a seguirla, recuperando la giacca dallo schienale della propria sedia prima di imboccare il suo stesso corridoio.
– Natsuki – la chiamò.
Lei si fermò, voltandosi di mezzo giro su sé stessa in un movimento fluido che culminò con un sopracciglio inarcato – Sì, Hiwatari?
Avevano concordato di mantenere dei toni formali sul lavoro, per non insospettire sua madre, ma in quel primo momento Kei ebbe la netta impressione che il suo cognome venisse scandito con una nota più marcata di freddezza. Eppure, il morbido sorriso che lei gli rivolse l'istante successivo, quando lui la raggiunse e le si fermò di fronte, gli fece dubitare per l'ennesima volta di essersi sbagliato.
– Va tutto bene? – le chiese, indagatorio, abbassando il tono di voce e scrutandola con attenzione.
Lei fece spallucce declinando leggermente capo verso la spalla destra, prima di rispondergli con leggerezza – Certo, perché non dovrebbe? – gli chiese. Il dranzerblader inarcò un sopracciglio, per nulla disposto a farsela dare a bere, ma non poté ignorare in alcun modo l'atteggiamento rilassato di lei mentre aggiungeva – Ci sentiamo stasera, d'accordo?
Lui annuì, perplesso e incuriosito al tempo stesso, prima di osservarla voltargli le spalle e raggiungere la porta dell'ufficio di sua madre. Probabilmente il discorso sarebbe saltato fuori quella sera, quando lui le avrebbe telefonato, lontana da sguardi ed orecchie indiscreti.


Yukiko si lasciò ricadere sul proprio letto, il telefono nella mano sinistra di nuovo inattivo dopo aver chiuso la chiamata.
Aveva appena dato la buonanotte al suo ragazzo come ogni sera ed ora, consapevole di aver resistito dal lanciargli qualsivoglia frecciatina riguardo l'accaduto di quel pomeriggio, si sentiva più stanca del solito. Non era colpa sua se era un ragazzo attraente, uno di quelli che per strada fanno voltare più d'una persona a guardarlo, ma si sentiva comunque in ansia per la situazione che stava venendo a crearsi in ufficio.
Per fortuna era venerdì sera e questo voleva dire che, prima di dover rimettere piede in quell'ambiente, avrebbe dovuto passare tutto un weekend. Una pausa era proprio ciò che le serviva per metabolizzare il proprio disappunto e trovare la forza di far finta di niente per i prossimi cinque giorni. Ormai aveva capito a chi appartenevano le voci che aveva ascoltato per caso sfortuito in bagno: anche un cieco avrebbe notato che quelle due oche non avevano perso occasione per ronzare intorno a Kei per tutto il tempo.
A farla decidere di far finta di niente era stato il comportamento dello stesso dranzerblader, che si era dimostrato indifferente ai sorrisi ed agli stratagemmi di entrambe le donne. Certo, si era chinato a raccogliere un fascicolo della seconda, ma questo non poteva costituire un problema, no?
Non poteva certo impedirgli di rendersi utile in ufficio.
Certo, se quella svampita non avesse ostentato tanta goffaggine da scolaretta verginella, sarebbe stato tutto più semplice.
Sospirò, preferendo deviare i propri pensieri su cose più immediate e si ritrovò a riflettere sul giro che sua madre le aveva promesso per quel sabato. Avrebbe dovuto decidersi e scegliere una macchina per sé, cosa che in un certo senso l'elettrizzava e la spaventava al tempo stesso. Scegliere un'auto era una decisione di un certo peso, che avrebbe agevolato i suoi spostamenti e non solo. Aveva già una mezza idea ma non si sarebbe sentita sicura finché non l'avrebbe provata di persona.
Inoltre, il fatto che sua madre le avesse detto che sarebbe stato l'equivalente del suo regalo di compleanno le aveva permesso di scendere a patti con sé stessa ed accettare con cuore più leggero la cosa.
Basta che non scegli un'auto da bacchettona” la punzecchiò Night con ironia.
– Ah-ah – scandì altrettanto ironica la mora a voce alta, in una risata costruita – Non preoccuparti, ci penserò poi io a renderla mia.
In proposito aveva già in mente qualche ideuzza per personalizzare gli interni, venutale fuori grazie a qualche ricerca fatta di recente su internet.
Ormai non le rimaneva da far altro che procurarsi la materia prima.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Buonasera!!
E se fino alla settimana scorsa sono stata celere, ecco la ricaduta!!
Mi spiace infinitamente, purtroppo non ho avuto molto tempo e questa settimana non ho scritto praticamente nulla! Chiedo venia alle mie lettrici accanite y.y cercherò di farmi perdonare in qualche modo! Intanto spero che il capitolo vi sia piaciuto e scappo, senza aggiungere altro XD solo che sono impaziente di leggere cosa ne pensate di questo nuovo attacco di follia da parte mia!
Buona seconda metà di settimana dalla vostra autrice
Kaiy-chan
   
 
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