41. Gelosia
Le due settimane a seguire trascorsero
più velocemente di quanto i due ragazzi si sarebbero immaginati.
Il corso presso la Hiwatari tenne
impegnata la giovane Natsuki tre mattine su cinque e le altre due le
passò direttamente in sede alla N.C. per lo stage formativo nel
corso della prima settimana. In quei giorni aveva tempo di tornare a
casa a metà pomeriggio e dedicarsi agli appunti che prendeva
diligentemente ogni lunedì, mercoledì e venerdì ed il programma si
ripeté praticamente invariato la settimana successiva.
Persino Kei si era ritrovato a doversi
adeguare al suo nuovo ritmo di vita all'insegna del lavoro,
giostrandosi all'organizzazione paterna fra riunioni ed altri ruoli
di rilievo sempre più impegnativi. Ogni pomeriggio inoltre si
presentava per lo stage formativo al quale partecipava anche la sua
compagna, ma i rispettivi impegni erano troppo diversi per far sì
che si scambiassero più di qualche sguardo in quelle poche ore. E
spesso il blader era costretto poi a far ritorno alla Hiwatari,
tornando a casa soltanto molto più tardi.
A causa di questo i due ragazzi erano
riusciti a stare insieme sempre meno, a parte durante le pause
pranzo, e neppure tutte.
Quel venerdì, se non altro, era una di
quelle saltuarie volte.
– Domani mattina mi aspetta il
fatidico giro per concessionarie alla ricerca di un'auto – stava
dicendo Yukiko, prima di infilarsi in bocca un piccolo hosomaki al
tonno.
Era stato Kei ad offrirle il pranzo
stavolta, cosa che aveva significato la consegna a domicilio di una
scatola di bento di tre piani da un ristorante di sushi
incredibilmente rinomato del centro. Quando lui gliel'aveva aperta
davanti, il riverbero della ventresca alla luce del giorno aveva
minacciato di accecarla.
– Hai già un'idea sul modello? –
le domandò il giovane Hiwatari, seduto sul divanetto della sala
riunioni accanto a lei.
Avevano rinunciato a sedersi in
terrazza, ambiente tutt'ora sferzato da folate gelide cariche di una
fastidiosa pioggerellina, prendendo invece posto nell'angolo adibito
a salottino. La pelle del rivestimento cigolava appena ad ogni minimo
spostamento dei due, l'odore tipico di nuovo che ancora poteva
raggiungere le narici di entrambi grazie alla cura del personale
delle pulizie.
– Qualcosa di pratico e confortevole
– gli rispose meccanicamente la blader, dopo aver deglutito.
Spostando lo sguardo sul volto del
compagno, lo vide intento a far sparire un nigiri al gambero in un
sol boccone, prima di assumere un'espressione vagamente pensierosa
che non stonava affatto con l'aria imperturbabile di sempre.
Espressione che sfumò appena deglutì, di nuovo libero di parlare.
– Prenditi una Camaro – se
ne uscì a quel punto, facendole inarcare un sopracciglio.
Avvedendosi della sua faccia, lui assunse una smorfia prima di
aggiungere, come se ciò potesse farle cambiare punto di vista –
..non dev'essere per forza Cabrio.
– Ed io non devo infrangere per forza
tutti i divieti di velocità da qui a casa – ribatté sarcastica a
quel punto lei, sfoggiando un sorrisetto a rimarcare quanto detto, al
quale Kei ribatté con uno sbuffo.
– Quante storie..
Yukiko si fece sfuggire uno sbuffetto
divertito, incassando la testa fra le spalle prima di sollevare con
le bacchette una nuova polpetta di riso e sushi. Non fece nemmeno in
tempo ad avvicinarsela alla bocca tuttavia che, a tradimento, il
dranzerblader gliela sottrasse sporgendosi verso di lei e facendo
sparire quella monoporzione di sushi nella sua bocca.
L'esclamazione che le uscì spontanea
dalle labbra soffocò il rumore di sottofondo del maltempo che si
riversava sui vetri.
– Così non vale!
Senza donare più di un cenno di saluto
alla segretaria incrociata in ascensore, il presidente Hiwatari uscì
in corridoio quando le porte dello stesso si aprirono sul
diciottesimo piano. Raramente si trovava a dover recarsi in archivio
di persona, ma non poteva chiederlo alla sua segretaria personale
quando questa era in pausa pranzo, e lui aveva bisogno di consultare
quelle carte al più presto. Inoltre, aveva stabilito che fare
qualche passo in più non gli avrebbe certo fatto male, non poteva
trascurare troppo la propria forma fisica, soprattutto di quegli
ultimi tempi. Era rimasto sorpreso di aver riscoperto un qualche tipo
di interesse verso il gentil sesso, ed ancora di più si era sorpreso
di averne riscosso lui stesso. Non che non si ritenesse un bell'uomo
di mezza età, ma la donna a cui stava pensando ultimamente si era
rivelata essere una continua quanto piacevole scoperta. Che poi
avessero entrambi un ruolo nel mondo degli affari era un aspetto in
più ad accomunarli che non disdegnava affatto.
Perso nelle proprie riflessioni, quasi
mancò la pratica che era andato personalmente a cercare, ma tornando
con l'attenzione al presente, i suoi sensi captarono qualcosa di
diverso, di inaspettato, provenire dalla stanza adiacente attraverso
la sottile parete di cartongesso: la risata di una voce femminile.
Inarcando un sopracciglio, il signor
Hiwatari si allontanò dall'archivio e si affacciò di nuovo in
corridoio, volgendo lo sguardo verso la direzione da cui la voce gli
era giunta. Soffermandosi con la medesima espressione aggrottata
sulla porta a vetri chiusa, si fece ancor più perplesso quando si
rese conto che quella che stava guardando era effettivamente la porta
della sala riunioni per le conferenze intercontinentali riservata a
lui stesso. Solo un'altra persona aveva i codici di accesso a
quell'ambiente inseriti nel badge aziendale..
– Kei, non fare storie! – di nuovo
la voce di poc'anzi gli giunse da sotto la sottile fessura che
separava il bordo inferiore della porta dal pavimento.
La conferma ai suoi sospetti non lo
stupì, ma in un misto di contrarietà e curiosità uscì
definitivamente in corridoio e si avvicinò alla lastra di vetro con
pochi rapidi passi, in modo da poter gettare uno sguardo all'interno
dell'ambiente, fra le righette opache di quell'anta.
– Dovrai metterci più impegno – si
levò la voce familiare di suo figlio, in un tono sbeffeggiante ed
ironico al contempo, verso la sua interlocutrice.
A quel punto il presidente riuscì ad
avere una visione di ciò che stava accadendo all'interno della sala,
ma la vista che gli si palesò agli occhi fu talmente inattesa da
farlo immobilizzare in ogni muscolo per diversi secondi, incapace di
far qualunque altra cosa a parte osservare inerte quello spettacolo.
Nell'angolo adibito a salotto, sul suo
divano in pelle nera, Kei se ne stava proteso verso l'esterno della
seduta, mezzo disteso, il braccio sollevato a tener fuori portata una
scatolina di quello che doveva essere un bento. Eppure non fu il suo
sorriso divertito a far restare di sasso l'uomo, quanto il
riconoscere la ragazza che stava cercando di protendersi il più
possibile verso quel contenitore con un paio di bacchette alla mano,
sospesa per un soffio sopra il corpo del ragazzo, tanto vicina da
usarlo come appoggio diretto. I suoi capelli bicolori le ricadevano
sulla schiena, il viola che creava un netto contrasto con il candore
della sua camicia, incorniciandole il viso atteggiato in
un'espressione contrariata e combattuta, determinata a raggiungere il
suo obiettivo, tanto da costringere lo stesso blader a cercare di
tenerla a distanza con un braccio. Tentativo inutile: lei ormai gli
era praticamente spalmata addosso, eppure Kei continuava a ridersela.
– Essù! – lo supplicò Yukiko,
suscitando un'altra volta l'ilarità dell'altro.
Il presidente fece un passo indietro,
poi un altro, mentre alle orecchie gli giungeva ancora il suono delle
risate dei due ragazzi che giocavano dall'altra parte di quella porta
a vetri, ora di nuovo fuori dal suo campo visivo. Non si erano
accorti di nulla e lui era troppo sorpreso da ciò di cui era appena
stato testimone per far altro se non tornare sui propri passi e
prendere la pratica che era inizialmente venuto a cercare. Senza una
parola, molto simile ad un automa, si avviò quindi lungo quello
stesso corridoio, di nuovo verso l'ascensore, l'eco delle voci del
suo unico erede e di quella che fino a poco tempo prima aveva
considerato sua futura nuora ormai presente solo all'interno della
sua mente dopo che le porte si furono richiuse nell'abitacolo.
Soltanto quando fu nuovamente seduto
alla propria scrivania, il signor Hiwatari riuscì a formulare un
pensiero coerente.
Un unico pensiero che gli fece
finalmente abbassare le iridi scure sulla pila di fogli che aveva
recuperato.
“Qui qualcosa non torna..”
Yukiko stava per uscire dal box del
bagno delle signore quando la porta principale si aprì, lasciando
che una voce di donna accompagnasse il suono del doppio paio di
tacchi che calcarono in quel momento le piastrelle dell'ambiente.
– ...certo che è proprio un
bocconcino – stava dicendo la sconosciuta – Chissà in che
rapporti è con la figlia della presidente?
La mora in questione, la mano sulla
maniglia, si bloccò all'istante a quelle parole, mentre il cuore le
balzava subitaneamente in gola. Stavano parlando di lei!? Ci mise un
istante a comprendere che non era l'argomento principale della
conversazione, ma non per questo si fece avanti né rivelò la
propria presenza. Anzi, per riflesso si ritrovò a trattenere il
respiro, attenta alla conversazione in atto, proprio mentre una
seconda voce si univa alla precedente.
– Non saprei dirlo.. forse potremo
chiederlo direttamente a lei.
– Figurati! – ribatté la prima,
alla cui esclamazione seguì lo scroscio del rubinetto dell'acqua –
Non ce li vedo proprio insieme e non ho intenzione di risultare
indiscreta e rischiare di offendere il futuro capo di quest'azienda.
Ho lavorato sodo per farmi assumere, non vorrei che per qualche
sciocco capriccio di una ragazzina viziata il mio futuro venisse
compromesso.
L'altra sbuffò.
– Rimarremo con il dubbio allora..
– Non è certo un piccolo dubbio che
mi metterà i bastoni fra le ruote.
– Che cosa intendi dire?
– Che anche se quel ragazzo avesse
una fidanzata, sono certa di riuscire a fargliela dimenticare in meno
di una notte.
Il rumore dell'acqua corrente si fermò.
– Oh be', non credo ci voglia molto
per certe cose – ribatté la seconda voce femminile, ridacchiando
mentre entrambe si allontanavano.
La porta tornò a chiudersi con un
cigolio e la giovane Natsuki uscì finalmente dal suo nascondiglio
occasionale, ritrovandosi a fissare con occhi sgranati il proprio
riflesso nello specchio. Aveva i lunghi capelli scuri legati in una
coda bassa, due ciocche sfumate di viola a incorniciarle il viso
atteggiato in un'espressione scioccata, con le sopracciglia
corrucciate e le labbra leggermente schiuse. Mentre nella mente
ripercorreva la breve conversazione origliata per caso, non riuscì a
non esaminare con occhio critico l'ovale del proprio viso..
Figurati se era possibile che una
come lei stesse con uno come Kei.
Era certa di riuscire a farlo
dimenticare di lei in meno di una notte.
Una ragazzina viziata non poteva
competere con una donna.
Il pallore iniziale si colorò di un
rosso acceso sulle guance, nato da un'indignazione talmente profonda
da farle abbassare lo sguardo sul lavandino al quale si era
avvicinata. Si abbassò sullo stesso per raccogliere un po' d'acqua
fra le mani e con movimenti meccanici si sciacquò il volto due
volte, attenta a non bagnarsi la camicetta prima di asciugarsi con
qualche salvietta di carta.
Quindi tornò a osservare il proprio
riflesso nel vetro dell'ampio specchio, inspirando a pieni polmoni
per calmarsi definitivamente ed accantonare quella storia. Era
inutile prendersela, non doveva importarle ciò che aveva appena
sentito, perché il parere di persone del genere non contava affatto.
E non doveva nemmeno preoccuparsi che avessero delle mire su Kei, lui
non era quel genere di persona. O sì?
“Non lo è, e lo sai”
intervenne con una nota di rimprovero nella sua mente Night.
– Hai ragione – ammise a quel
punto, in un sospiro.
Sistematasi alcune ciocche di capelli,
Yukiko si voltò e procedette con passo deciso verso la porta del
bagno delle signore senza più guardarsi intorno.
Kei sollevò lo sguardo dal monitor per
puntarlo sulla donna ferma accanto alla sua scrivania. Prese in
consegna i fogli che gli stava porgendo e senza una parola tornò a
vagliare i dati che stava esaminando sino a poco prima. Ci mise
qualche secondo per accorgersi che l'altra non s'era mossa di un
millimetro ed, inarcando un sopracciglio, tornò a voltarsi in sua
direzione, perplesso e seccato al tempo stesso.
– C'è altro?
– Non proprio – ribatté lei con un
sorriso che lasciava presagire il contrario.
Il dranzerblader la squadrò da capo a
piedi, iniziando ad intuire il gioco che quella donna stava tentando
di fare. Era un po' più bassa di Yukiko, con lunghi capelli castano
chiaro ed occhi scuri accentuati dall'eyeliner che doveva essersi
sistemata da poco. Il suo rossetto, di un rosso acceso, gridava al
mondo “guardatemi!” ed il completo di giacca e gonna a
tubino bordeaux ne evidenziò le curve generose quando quella si
appoggiò alla sua scrivania con il sedere. Sorrise fra sé e sé
rendendosi conto di continuare a paragonarla alla sua ragazza,
convenendo con sé stesso che in realtà non c'era proprio nulla da
paragonare: quella donna non aveva alcuna possibilità in un
confronto concreto con la sua mora. Yukiko era decisamente superiore
a quella trentenne abbastanza frustrata da provarci con un ragazzo di
quasi diec'anni più giovane.
– C'è una cosa di cui mi piacerebbe
discutere con te in privato – continuò quella, traendolo dalle sue
riflessioni, probabilmente equivocando il sorrisetto che gli era nato
in volto. Si piegò leggermente, mettendo in mostra l'incavo fra i
seni che si intravedeva dallo scollo della camicia ed il cartellino
appuntato sul petto con su stampato il suo cognome: Kanigawa – Un
affare importante – specificò – ..una di queste sere magari, a
cena.
Kei si appoggiò allo schienale della
propria sedia, fissando la donna con espressione imperscrutabile,
tenendo per sé l'occhiata di sufficienza che in altre occasioni le
avrebbe riservato senza alcun riguardo per la sua esagerata
autostima.
– Spiacente – le disse soltanto,
prima che nel suo campo visivo passasse per un attimo una figura a
lui ben nota. I suoi capelli bicolori gli fecero per un istante
perdere la messa a fuoco sulla trentenne che stava inutilmente
tentando di ammaliarlo e notò una certa rigidezza nella postura
della nightblader. Nel procedere verso il corridoio ella gli dava le
spalle ed il dranzerblader ebbe la netta impressione di poterne
distinguere il secco rintocco dei tacchetti delle sue scarpe sul
pavimento, poco prima che sparisse dalla sua vista. La cosa minacciò
di fargli perdere la sua indifferenza costruita per l'occasione, ma
un attimo dopo la voce di Kanigawa ne richiamò nuovamente
l'attenzione.
– Sono piuttosto brava ai fornelli –
insistette con un sorriso anche più ampio dei precedenti.
– Scusa ma è impossibile, sono un
uomo molto impegnato – ribadì, fessurizzando di poco gli
occhi scuri per scoccarle uno sguardo più penetrante, accostato ad
un mezzo sorrisino velato di sottintesi.
Il messaggio andò a segno perché la
donna ebbe un fremito delle sopracciglia ben curate, ma il suo
sorriso non sfumò del tutto mentre si staccava finalmente dalla sua
scrivania ed esordiva – Peccato – per un primo istante Kei
credette che fosse tutto, ma la dignità di quella sembrava reclamare
più di un'uscita di scena dignitosa, perché aggiunse – Se dovessi
cambiare idea, fammelo sapere – prima di voltarsi definitivamente e
tornare al suo lavoro.
Il ragazzo la seguì brevemente con lo
sguardo, ripensando all'impressione che aveva avuto per quell'attimo
fugace della più giovane delle Natsuki. Probabilmente si era
trattato soltanto di un momento, un'impressione fugace e nulla più,
si disse.
Simili pensieri persero presto
consistenza, assorbiti dal lavoro che stava svolgendo, ed il
pomeriggio presso la N.C. proseguì come al solito per l'ora
seguente, senza che facesse troppo caso al personale femminile che
gli girava intorno ed il quale ad un occhio esterno sarebbe parso
impegnato a dispensargli sorrisi che lui neanche ricambiava. Almeno
finché un'altra dipendente, passando accanto alla sua postazione,
finì per inciampare e far volare il carico di documenti che aveva
fra le braccia ovunque sul pavimento in un raggio di due metri.
Quell'incidente lo costrinse a voltarsi per riflesso a fissare
quell'imbranata con sguardo cinico, proprio nel momento in cui si
stava sollevando in ginocchio.
– Che disastro – piagnucolò,
osservando allarmata il risultato della sua goffaggine – Mi
dispiace così tanto!
Aveva i capelli castani raccolti in uno
chignon ed un visetto più infantile rispetto a quell'altra, così
come erano meno accentuate le curve del suo corpo stretto in quel
vestito scuro e dal taglio casual. Quel genere di vestito che ora,
mentre stava cercando a carponi di raccogliere i fogli a lei più
prossimi con una certa agitazione, metteva in risalto il suo
fondo-schiena.
Con una smorfia Kei si chinò a sua
volta per raccattare dal pavimento un fascicolo ed il suo contenuto,
porgendolo alla 'collega' senza troppo entusiasmo interiore.
Lei, dapprima sorpresa, si prodigò in un sorriso imbarazzato,
ringraziandolo e prendendo in consegna i documenti che lui le stava
porgendo. La punta delle dita ben curate di lei sfiorò le sue in
quel breve momento, ma il dranzerblader non fece alcun caso a
quell'evento, tornando a sollevare lo sguardo da quella imbarazzante
forma di vita.
E fu allora che la vide, Yukiko, ferma
in piedi accanto al suo responsabile con i suoi occhi di un verde
brillante fissi su di lui, in viso un'espressione talmente incisiva
da farlo impietrire sulla sedia, mentre distingueva chiaramente una
scintilla di qualcosa di molto simile al furore in quei pozzi di
smeraldo. Persino la piega delle labbra tese ed il rossore delle sue
gote trasudava sdegno, finché un istante dopo, quando si rese conto
che lui s'era accorto di lei, voltò con un movimento rapido e
orgoglioso il capo dall'altra parte, fingendo di prestare la massima
attenzione a qualcosa che il suo superiore le stava dicendo in quel
momento.
A Kei ci volle un istante per rendersi
conto di ciò che aveva visto e collegarlo a quanto era appena
accaduto, ma voltandosi verso il monitor del proprio computer si
ritrovò a sorridere fra sé e sé nel trarre le sue conclusioni: era
gelosa. Non poteva essere altrimenti, la sua compagna era gelosa di
lui e ne aveva appena avuto la conferma.
L'eventualità non lo disturbò affatto
ma anzi, lo divertì e lo inorgoglì più di quanto avrebbe creduto
possibile, proprio per il fatto di rendersi finalmente conto di non
essere l'unico della coppia a provare certe emozioni verso l'altra.
Bastò questo a risollevargli la giornata lavorativa, della quale
passò l'ultima mezz'ora a riflettere su un modo per affrontare il
discorso con lei, ben consapevole che, anche se non era direttamente
colpa sua, stava a lui quietare le ansie della sua ragazza. Questo
ovviamente dopo averla punzecchiata un po'.
Quando le cinque scoccarono, aveva già
spento il suo computer e stava per alzarsi dalla sedia quando sul
telefono gli giunse il messaggio di suo padre: doveva passare alla
Hiwatari per assistere ad una videoconferenza. La notizia gli fece
nascere una nuova smorfia sulle labbra, per nulla entusiasta della
prospettiva. Inoltre, questo gli avrebbe impedito di dedicare il
tempo previsto alla mora ed al discorso che voleva affrontare con
lei.
Con la coda dell'occhio scorse un
movimento e, notando l'oggetto dei suoi pensieri sul punto di uscire
dall'ufficio, si affrettò a seguirla, recuperando la giacca dallo
schienale della propria sedia prima di imboccare il suo stesso
corridoio.
– Natsuki – la chiamò.
Lei si fermò, voltandosi di mezzo giro
su sé stessa in un movimento fluido che culminò con un sopracciglio
inarcato – Sì, Hiwatari?
Avevano concordato di mantenere dei
toni formali sul lavoro, per non insospettire sua madre, ma in quel
primo momento Kei ebbe la netta impressione che il suo cognome
venisse scandito con una nota più marcata di freddezza. Eppure, il
morbido sorriso che lei gli rivolse l'istante successivo, quando lui
la raggiunse e le si fermò di fronte, gli fece dubitare per
l'ennesima volta di essersi sbagliato.
– Va tutto bene? – le chiese,
indagatorio, abbassando il tono di voce e scrutandola con attenzione.
Lei fece spallucce declinando leggermente capo verso la spalla destra, prima di
rispondergli con leggerezza – Certo, perché non dovrebbe? – gli
chiese. Il dranzerblader inarcò un sopracciglio, per nulla disposto
a farsela dare a bere, ma non poté ignorare in alcun modo
l'atteggiamento rilassato di lei mentre aggiungeva – Ci sentiamo
stasera, d'accordo?
Lui annuì, perplesso e incuriosito al
tempo stesso, prima di osservarla voltargli le spalle e raggiungere
la porta dell'ufficio di sua madre. Probabilmente il discorso sarebbe
saltato fuori quella sera, quando lui le avrebbe telefonato, lontana
da sguardi ed orecchie indiscreti.
Yukiko si lasciò ricadere sul proprio
letto, il telefono nella mano sinistra di nuovo inattivo dopo aver
chiuso la chiamata.
Aveva appena dato la buonanotte al suo
ragazzo come ogni sera ed ora, consapevole di aver resistito dal
lanciargli qualsivoglia frecciatina riguardo l'accaduto di quel
pomeriggio, si sentiva più stanca del solito. Non era colpa sua se
era un ragazzo attraente, uno di quelli che per strada fanno voltare
più d'una persona a guardarlo, ma si sentiva comunque in ansia per
la situazione che stava venendo a crearsi in ufficio.
Per fortuna era venerdì sera e questo
voleva dire che, prima di dover rimettere piede in quell'ambiente,
avrebbe dovuto passare tutto un weekend. Una pausa era proprio ciò
che le serviva per metabolizzare il proprio disappunto e trovare la
forza di far finta di niente per i prossimi cinque giorni. Ormai
aveva capito a chi appartenevano le voci che aveva ascoltato per caso
sfortuito in bagno: anche un cieco avrebbe notato che quelle due oche
non avevano perso occasione per ronzare intorno a Kei per tutto il
tempo.
A farla decidere di far finta di niente
era stato il comportamento dello stesso dranzerblader, che si era
dimostrato indifferente ai sorrisi ed agli stratagemmi di entrambe le
donne. Certo, si era chinato a raccogliere un fascicolo della
seconda, ma questo non poteva costituire un problema, no?
Non poteva certo impedirgli di rendersi
utile in ufficio.
Certo, se quella svampita non avesse
ostentato tanta goffaggine da scolaretta verginella, sarebbe stato
tutto più semplice.
Sospirò, preferendo deviare i propri
pensieri su cose più immediate e si ritrovò a riflettere sul giro
che sua madre le aveva promesso per quel sabato. Avrebbe dovuto
decidersi e scegliere una macchina per sé, cosa che in un certo
senso l'elettrizzava e la spaventava al tempo stesso. Scegliere
un'auto era una decisione di un certo peso, che avrebbe agevolato i
suoi spostamenti e non solo. Aveva già una mezza idea ma non si
sarebbe sentita sicura finché non l'avrebbe provata di persona.
Inoltre, il fatto che sua madre le
avesse detto che sarebbe stato l'equivalente del suo regalo di
compleanno le aveva permesso di scendere a patti con sé stessa ed
accettare con cuore più leggero la cosa.
“Basta che non scegli un'auto da
bacchettona” la punzecchiò Night con ironia.
– Ah-ah – scandì altrettanto
ironica la mora a voce alta, in una risata costruita – Non
preoccuparti, ci penserò poi io a renderla mia.
In proposito aveva già in mente
qualche ideuzza per personalizzare gli interni, venutale fuori grazie
a qualche ricerca fatta di recente su internet.
Ormai non le rimaneva da far altro che
procurarsi la materia prima.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buonasera!!
E se fino alla settimana scorsa sono stata celere, ecco la ricaduta!!
Mi spiace infinitamente, purtroppo non ho avuto molto tempo e questa settimana non ho scritto praticamente nulla! Chiedo venia alle mie lettrici accanite y.y cercherò di farmi perdonare in qualche modo! Intanto spero che il capitolo vi sia piaciuto e scappo, senza aggiungere altro XD solo che sono impaziente di leggere cosa ne pensate di questo nuovo attacco di follia da parte mia!
Buona seconda metà di settimana dalla vostra autrice
Kaiy-chan