Ritrovarsi
PARTE I
L’aria era diventata quasi irrespirabile. L’odore acre del fumo si era ormai ampiamente diffuso. Il fuoco lambiva già gran parte del Settore B del vecchio laboratorio. Il crepitio delle fiamme accompagnava le urla disperate degli uomini, intimoriti da quell’inferno che stava bruciando intorno a loro.
Era il momento di fuggire, di scappare lontano, per non fare la fine del topo.
Il loro obiettivo era raggiungere la Biscuit Room, per cercare di salvare i bambini, vittime inconsapevoli degli esperimenti di uno scienziato pazzoide.
La situazione si era presentata molto difficile e rischiosa fin da subito. Una forte esplosione catturò l’attenzione degli uomini. Una cisterna con materiale infiammabile entrò in contatto con le fiamme, pochi secondi dopo, un fortissimo botto annunciava la rottura del grande contenitore. Varie parti vennero scaraventate nell’area circostante a fortissima velocità: alcune ricaddero addosso ai marines del G-5, altre arrivarono alle pareti del settore, forandole.
<< Dannazione! >> affermò sommessamente Sanji.
Dalle aperture nella parete iniziò ad entrare lentamente il fumo viola e letale, il gas di Caesar che qualunque cosa avesse toccato, l’avrebbe resa cenere. Era già successo ad altri marines del G-5, ai guardiani dell’isola di Punk Hazard, rimasti all’esterno del laboratorio, e adesso, se non si fossero mossi, sarebbe toccato anche a loro.
<< Scappate se non volete morire! >> urlò disperatamente il cuoco, mentre mostrava, con l’indice della mano sinistra, la possibile via di fuga.
Un pirata e dei marines che collaboravano. Un pirata che aiutava i marines. Un pirata che dava ordini ai marines. Questi ultimi che eseguivano senza troppe discussioni.
Quella situazione poteva essere tranquillamente scambiata per una barzelletta. Sarebbe diventato uno di quei racconti da bar, davanti a due dita di gin o a una boccale di birra ghiacciata, oppure un racconto da custodire nella memoria e da sfoderare in età matura davanti ai nipoti, durante un pomeriggio noioso.
Il gas continuava ad entrare lentamente, ma inesorabilmente. Ben presto gran parte del settore venne inghiottito dalla nube viola. Gli uomini correvano il più velocemente possibile, la lentezza sarebbe stata punita a caro, carissimo prezzo.
Anche lei correva e nel mentre incitava gli uomini, i suoi uomini: si girava verso di loro, cercando di spronarli per correre più velocemente. Aveva mal tollerato la presenza di Gamba Nera fin dal primo minuto, ma la sua morale le impediva di allontanarlo: la stava aiutando a far scappare da quell’inferno i suoi uomini, doveva esserle grata, anche se usciti da quel laboratorio le cose sarebbero tornate come sempre. Sanji, i suoi compagni e il suo capitano, Cappello di Paglia, sarebbero stati arrestati e la loro nave sequestrata. Erano pur sempre dei fuorilegge.
Si bloccò per un istante. Intorno a lei gli uomini si affannavano verso l’uscita, il rumore dei passi veloci era quasi assordante rispetto al silenzio del gas che si espandeva coprendo le fiamme e divorando l’aria. Si vide letteralmente passare sopra la testa alcuni dei suoi soldati spinti verso l’uscita, dai poderosi calci del cuoco della ciurma di Cappello di Paglia.
Tutto questo non la turbò. Aveva altri pensieri: lui.
Non lo aveva ancora visto. Non si avevano sue notizie da circa due anni, dopo l’incidente avvenuto nelle isole Sabaody. La ciurma di Cappello di Paglia era stata divisa, o almeno così si vociferava, solo il Capitano ebbe seguito mediatico per i fatti di Marineford.
La sua espressione si rabbuiò leggermente. Non lo aveva pensato per due anni. Effettivamente, in questo lasso di tempo, fu molto impegnata: gli estenuanti allenamenti, le diverse missioni al fianco del Vice Ammiraglio Smoker la portarono in giro per il mondo, lontano da lui e dai loro ricordi.
<< Mi hai trattata come
un’idiota! >> urlò, rompendo la monotonia del ticchettio della pioggia
che cadeva abbondante. Lui la guardava dritto negli occhi. Tashigi
vide il biondino della ciurma affannarsi contro lo spadaccino, ma non badò alle
sue parole, stava focalizzando solo il suo sguardo.
<< Se non sbaglio, non mi hai mai chiesto come mi chiamassi. Non ti ho mai mentito >>.
La ragazza si arrabbiò ancora di
più: << I farabutti come te che possiedono certe spade, non li perdonerò
mai! >> disse, alzando ulteriormente il tono della voce.
La pioggia continuava a cadere
copiosa, senza sosta. Le stava inzuppando tutti i vestiti, ma non era
importante: si sentiva presa in giro da quello spadaccino con cui poco tempo prima
aveva fatto amicizia. Aveva notato subito una sintonia fra di loro. L’aveva
visto scegliere le spade in quel negozio, l’aveva visto sfidare la sorte,
lanciando la spada maledetta in aria e allungando il braccio, rischiando la
menomazione, aveva visto il suo sguardo fiero e sicuro, quando la lama della
spada lo mancò. Era rimasta affascinata dal suo carisma e dall’amore per le
spade.
La rabbia montò ancora fino a
sfociare in una minaccia detta a denti stretti.
<< Ti confischerò la tua
spada! >>
Un sorriso beffardo si dipinse sul
volto di Zoro. << Provaci! >>. Aveva
raccolto la sfida.
Tashigi digrignò i denti per il nervoso. Di scatto
portò la mano destra all’elsa della sua spada e con uno scatto si lanciò verso
lo spadaccino con la lama sguainata impugnata con entrambe le mani.
<< Tashigi! Correte avanti! >> gridò Sanji.
La donna si risvegliò dal turbinio dei ricordi. Si girò verso il ragazzo, con il volto che tradiva la confusione di quei ricordi, ancora chiaramente stampati nella sua mente.
<< Se vi perdete sarà la fine! Non sbagliate strada, mi raccomando! >> continuò il cuoco, mentre le dava le spalle, per correre verso la nube di gas tossico e cercare di recuperare gli ultimi marines.
Rimase interdetta per pochi secondi, Gamba Nera l’aveva decisamente stupita. In un attimo si ricompose e prese le redini del comando, spingendo i suoi uomini verso l’uscita, nuovamente incoraggiandoli e tenendoli tutti sotto controllo con lo sguardo. Non c’era un minuto da perdere. Aveva la responsabilità di tutti i suoi uomini e non solo, doveva anche salvare i bambini.
La donna si bloccò davanti all’ingresso della Biscuit Room, si voltò verso i suoi uomini, continuando a dal loro manforte, aiutandoli ad entrare all’interno della stanza, e guardando in lontananza, alla ricerca di Gamba Nera, che tanto si stava prodigando per aiutarla. Un velo di preoccupazione le incupì lo sguardo. Bisognava fidarsi ciecamente, aspettò e aspettò ancora, non seppe per quanti istanti o minuti, ma in ogni caso era pronta. Pronta a tutto.
________
Era una stanza veramente grandissima. Aveva le pareti dipinte di azzurro con diversi disegni che la coloravano e la decoravano: arcobaleni, nuvole, alberi, stelle. Tanti giochi di varie dimensioni erano sparsi nel pavimento: macchine, palloni, costruzioni e bambole. Nonostante questo era un ambiente poco rassicurante. Men che meno in quel momento, durante una furiosa tempesta di neve.
Corse all’interno della stanza, lo avevano attratto delle grida femminili, quelle delle sue compagne di ciurma, per la precisione. Vide Robin a terra, ferita e subito dopo Nami, accovacciata vicino a lei, che cercava di capire se stesse bene o meno. Dopo qualche istante riconobbe anche Chopper, stretto fra le braccia della cartografa. Il loro volto era una maschera di puro terrore, il loro occhi sgranati guardavano verso l’alto. Una donna con ali piumate al posto delle braccia e con delle zampe da rapace al posto delle gambe minacciava i suoi compagni: aveva due aghi enormi stretti fra gli artigli delle zampe. Si mosse fulmineo, si mise fra i suoi compagni e gli aghi della donna-uccello, bloccando l’attacco.
<< Zoro! >> urlarono all’unisono i compagni.
<< Ragazzi, pensate voi ai bambini! >>
Con sorpresa la donna indietreggiò leggermente, riconoscendo il cacciatore di taglie. Nami, Robin e Chopper seguirono il consiglio dello spadaccino e lo lasciarono solo, pronto a combattere contro la donna-uccello.
<< Posso farcela! >> aveva detto a gran voce, certo delle sue possibilità, nonostante si fosse immediatamente accorto che la donna aveva i poteri di un frutto rogia, era lei a controllare la neve.
Si stavano studiando da qualche secondo, ma subito la donna si mosse, cercando di attaccare lo spadaccino che prontamente respinse l’offensiva. Dal loro scontro si generò una certa energia che allontanò i loro rispettivi corpi. La donna-volatile si librò nell’aria, raggiunta una certa altezza, planò pronta a caricare nuovamente il colpo, facilmente respinto da Zoro. Iniziò dunque una vorticosa lotta di fendenti, accompagnata dal clangore delle lame che si toccavano continuamente: ad ogni colpo offensivo corrispondeva un movimento di difesa; una lotta continua che sembrava alla pari.
I due si fermarono contemporaneamente, per studiarsi di nuovo. Erano entrambi affannati. Intorno a loro la tempesta di neve continuava ad infuriare.
La ragazza dalle fattezze d’arpia sorrise di punto in bianco, agitò le ali e subito si alzò una folata di vento gelido che l’avvolse, facendola sparire.
Zoro rimase ad ascoltare, con gli occhi chiusi, per percepire i movimenti della detentrice dei poteri del frutto del diavolo, ma non riuscì a captare nessun rumore.
Rimase in quella posizione per diversi secondi, prima di spazientirsi e
urlare :<< Hai intenzione di
combattere o no, donna-neve? >>.
Riapparve alle sue spalle,
appena concluse la frase. Aveva l’ala destra gelida, sembrava una lama, e con
essa ben tesa, si lanciò verso lo spadaccino che prontamente incrociò le spade.
Continuarono a scambiarsi
attacchi per altri infiniti minuti, la donna utilizzava le sue ali gelide come
delle lame, mentre lo spadaccino si limitava a respingere gli attacchi.
La donna-uccello si
staccò improvvisamente, nuovamente si librò nell’aria e prendendo le distanze,
con un tono calmo esclamò: << Sono stufa. E’ da un po’ che ti limiti solo a bloccare i miei attacchi >>
aggiunse poi, con aria di sfida << Perché
non usi le tue lame contro di me? >>.
Zoro rimase impassibile.
La donna sospirò.
<< Penso di aver capito >> ammise << E’ perché sono una
donna, non è vero? >>
Sorrise soddisfatta nel
vedere il volto indecifrabile dello spadaccino. Questo silenzio assenso la
caricò di una nuova energia, aveva nuove speranze per toglierlo di mezzo
definitivamente.
Pioveva, pioveva dannatamente, non aveva smesso un minuto di
farlo. Aveva il respiro ancora affannato, nonostante si fosse sforzato poco.
Con la mano destra impugnava una spada con la lama rivolta verso il basso, con
la sinistra impugnava l’altra spada, conficcata in parte nel muro. Ormai il suo
avversario era in trappola, disarmato, sconfitto.
Il rumore metallico delle lame si era spento, nessuno osava
parlare, solo la pioggia continuava a ticchettare.
Zoro aveva uno sguardo soddisfatto. Aveva vinto lui, nonostante la minaccia
del suo avversario, l’aveva battuto.
La guardò dritta negli occhi e beffardo disse : << Non
lascerò mai questa spada. Qualunque cosa accada >>.
Con un gesto rapido della mano rifoderò la lama, lasciando la
ragazza con le spalle al muro.
<< Arrivederci. Devo andare >> salutò con tono
educato, dandole le spalle.
Un brusio si levò dagli uomini che avevano assistito allo
scontro. Mormorii e mezze frasi che mostravano l’incredulità generale per
quanto appena visto. Il loro amato sergente donna aveva appena perso uno
scontro davanti ai loro occhi.
Tashigi rimase immobile con gli occhi sgranati per lo stupore. Vedendo le spalle
dell’uomo si sentì offesa e oltraggiata. Iniziò a tremare per la rabbia.
<< Perché non mi hai uccisa? Perché sono una donna?
>>
Quando sentì quelle parole si ricordò della sua amica Kuina. Un brivido gli percorse la schiena. Quella ragazza
gliela ricordava sia nell’aspetto che nel carattere, e questo non poteva di
certo perdonarglielo.
Gli si era gelato il sangue non appena la vide a Rogue Town.
Standole vicino, seppur per pochi momenti, aveva assaporato come forse poteva
essere la compagnia di Kuina anni dopo la sua morte.
Quella ragazza, seppur sbadata, credulona e anche un po’ goffa, gli piaceva.
Anche per questo l’aveva risparmiata. Per rivederla un giorno e sfidarla di
nuovo.
Immerso nei suoi pensieri, non ascoltò più i discorsi della
giovane che nel mentre continuava a gettargli addosso tutta la sua
frustrazione. Era stata offesa e umiliata nel profondo, per essere stata
trattata con sufficienza e non come una vera spadaccina. Quel ragazzo che aveva
tanto ammirato, le aveva tolto la dignità, e questo non gliel’avrebbe mai
perdonato.
I suoi ricordi svanirono
in un istante, come quando scoppia una bolla di sapone. Aveva udito delle voci
che lo avevano distratto, qualcuno stava arrivando, ma non riuscì a capire
subito chi potesse essere.
<< I Marines ? >> si chiese
sommessamente
Vide che anche la
donna-uccello si accorse delle voci.
Come una furia un gruppo
di marines irruppe nella stanza innevata, sollevando un polverone di neve,
urlando e agitando le armi. Zoro rimase sconvolto
nell’apprendere che a capo del gruppo di marines del G-5 c’era il suo compagno,
il cuoco Sanji.
<< Cosa ci fai tu al comando? >>
urlò.
Sanji, per niente turbato, continuò la sua
corsa per raggiungere i bambini e i suoi compagni, sempre seguito dai soldati,
che, sotto suo consiglio, iniziarono a fare le boccacce allo spadaccino.
Piuttosto irritato, Zoro, provò a non dare ulteriore attenzione al biondino
<< Maledetto cuoco da strapazzo >> sussurrò. Un fruscio improvviso
lo costrinse a guardare verso l’alto. La donna-neve era sparita.
<< Dannazione!
>> imprecò.
Un urlò ruppe il turbinio
della tempesta di neve: un marine venne avvolto improvvisamente da una coltre di
neve: immobilizzato, chiese aiuto, ma la morsa gelida lo strinse ulteriormente.
La donna-neve sbucò all’improvviso dal pavimento, ma aveva fattezze diverse,
non aveva più niente di umano, era un mostro fatto di ghiaccio: si avventò
contro il marine mordendogli la spalla con i suoi denti aguzzi. Fra i presenti
iniziò a dilagare il panico. Il mostro ghiacciato lasciò la presa e iniziò ad
attaccare furiosamente tutti i presenti, che tentavano di difendersi sparando e
agitando le spade, inutilmente.
Un altro marine venne
circondato dal mostro, che aveva ormai raggiunto considerevoli dimensioni,
pronto ad attaccare, si diresse verso la vittima.
Piccoli passi veloci. Il
rumore metallico di una lama. Un unico fendente.
Zoro tese le orecchie, si irrigidì
immediatamente. Aveva riconosciuto il suono di quei passi piccoli e veloci.
Tashigi aveva tagliato in due la donna
ghiacciata, proteggendo uno dei suoi uomini. Aveva usato l’haki,
la tecnica per colpire chi riesce a dominare gli elementi con i poteri del
frutto del diavolo.
Urla di gioia riempirono
la stanza: i soldati iniziarono a festeggiare l’arrivo del Capitano di
Vascello. Quest’ultima si ricompose immediatamente, si mise in posizione eretta
e si rese conto di essere sotto osservazione, si girò, cercando quello sguardo
che non vedeva da troppo tempo.
CONTINUA….
Mi unisco, molto
timidamente, al fandom di One
Piece con questa storia: una long fic
divisa in due parti che riprende le fila tracciate già dall’anime (in
particolare gli episodi dal 609 al 614 –
Saga di Punk Hazard. Specifico che i dialoghi in
corsivo sono tratti dagli episodi), ma con qualche innovazione in più, in
particolare, come avrete capito, il rapporto fra Zoro
e Tashigi.
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere
la storia. Ringrazio maggiormente chi perderà un pochino di tempo in più per
lasciarmi un commento, un parere, un’impressione, una critica. Grazie ancora a
tutti.
Alla prossima.
Nic.