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Autore: Waanzin    28/11/2014    0 recensioni
A volte le distanze più infime possono sembrare insormontabili.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Uno studio in ambra.
 

Lei lo fissava con quegli occhi azzuri, voragini di gelo siderale, in piedi sul suo scranno di ghiaccio dall'alto del suo inarrivabile castello congelato. 

O perlomeno, così sembrava agli occhi di lui che, sentendosi perso anche in quella piccola stanza d'albergo la guardava di rimando, studiandone quei tratti familiari e sempre nuovi al tempo stesso. Le spalle di lei, lasciate scoperte dall'elegante vestaglia, poggiavano sulla moquette ambrata, dandole l'aspetto di una statua di marmo posta a illuminare la stanza con il suo candore.

«Sai che non posso farlo.»

La sua voce suonava come un cristallo agitato dal vento. Lui abbassò lo sguardo sul pavimento, con un sottile sospiro. Seduto su di una sedia in legno che cozzava con il resto dell'arredamento, stretto nelle proprie spalle e nel giubbotto di pelle vecchio e consunto, non sarebbe potuto essere più diverso dall'eterea bellezza che si trovava davanti.

Si voltò di nuovo a bearsi del suo aspetto, un lampo triste negli occhi.

«Si,» rispose in tono greve. «ma non puoi biasimarmi per avertelo chiesto.»

«Sai anche che non è colpa tua.» aggiunse lei, avvicinandosi. La sua veste le librava intorno, contornandola ora di onde ora di nuvole dagli eleganti risvolti. Lui sentì una fitta al petto mentre alzava lo sguardo a incontrare quello di lei che, impassibile come un giudice divino, lo scrutava dall'alto della sua inarrivabile superiorità.

«Se le circostanze fossero diverse...» le parole rimasero per qualche secondo ferme nell'aria, prima di perdersi nei meandri del tempo. «...ma quel che è fatto è fatto e lei è di sopra che aspetta tutti e due. Meglio andare. Io... devo andare.»

Gli carezzò il viso con quelle ultime parole spezzate. Il tocco della sua pelle delicata sembrava il balsamo degli dei per l'anima dolente di lui, ma durò solo un secondo. Con un gesto solenne e vulnerabile al tempo stesso, come soltanto lei sapeva fare in questo universo, si diresse verso la porta, chiudendola alle sue spalle.

Il giubbotto di pelle gracchiò, mentre lui si alzava, a sottolinearne la goffa figura, quell'aspetto miserabile in cui si sentiva intrappolato. Zoppicò lento verso la porta, allungando la mano verso la maniglia. Attraverso il legno lucido, il suono sgraziato di una festa giungeva da due piani di distanza. Una festa per la Regina dei Ghiacci. Avrebbe potuto prendervi parte di lì a pochi secondi. Avrebbe osato farlo, in quelle circostanze? 

La mano si paralizzò sulla maniglia, senza girarla. Un'eternità intera passò, mentre lui contemplava quella sensazione gelida lungo la spina dorsale. Improvvisamente, dopo quegli attenti studi, giunse all'illuminazione sulla natura dell'emozione che gli divorava l'anima.

Così rimase immobile, schiacciato dalla consapevolezza del rimpianto.
  
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