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Autore: LJR    28/11/2014    1 recensioni
Ho sempre amato la pioggia. Il ticchettio ritmico delle gocce contro il marciapiede. L'odore acre della terra bagnata. In più amavo il contatto dell'acqua fredda contro la mia pelle, mi faceva sentire.... Viva.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Ho sempre amato la pioggia. Il ticchettio ritmico delle gocce contro il marciapiede. L'odore acre della terra bagnata. In più amavo il contatto dell'acqua fredda contro la mia pelle, mi faceva sentire.... Viva.

Quel giorno pioveva parecchio, stavo attendendo l'autobus che mi avrebbe portata a scuola, come tutte le mattine, e ti vidi arrivare.
Eri avvolta in un cappotto di lana con una grande sciarpa verde attorno al collo che ti copriva metà volto.
I tuoi grandi occhioni nocciola e i capelli corti con una cresta blu elettrica catturarono subito la mia attenzione. Avevi una postura molto rigida, quasi regale, che stonava un po' con il tuo aspetto.
Smisi di parlare con i miei amici e iniziai ad osservarti. Era la prima volta che venivi in fermata, non ti avevo mai vista prima. Avevi l'aria spaesata, da tipica ragazza nuova.
Mi avvicinai a te e ti porsi la mano presentandomi. Tu rimanesti basita di fronte al mio gesto. Io ti guardavo con la mano a mezz'aria, dubbiosa se avessi o meno fatto bene a venirti a parlare. Dopo un po', passato l'iniziale stupore, ti presentasti a tua volta. Iniziammo a parlare.
Ti eri da poco trasferita nel mio paese, quello era il tuo primo giorno di scuola. Eri iscritta all'artistico, anche se non avevano lo stesso indirizzo che frequentavi prima.
Mi parlasti molto dei tuoi amici, di quanto ti mancassero. Passammo tutto il viaggio a chiacchierare, tra noi era sorta una complicità fuori dal comune.
Iniziammo a frequentarci sempre più spesso. Ti passavo a prendere tutte le mattine oppure ti accompagnavo a casa quando prendevamo la stessa corriera al ritorno.
La tua presenza nella mia vita era diventata una costante.
A scuola ti ambientasti molto presto, iniziasti a frequentare i ragazzi del gruppo. Eri nella classe adiacente alla mia, quindi potevamo parlare spesso, anche se tu stavi al secondo anno e io al quinto.
Tutti ti fissavano quando passavi e in me saliva una strana sensazione allo stomaco quando gli sguardi di alcuni ragazzi, o ragazze, si posavano troppo tempo su di te.
Una volta all'intervallo arrivasti saltellando felice come mai prima. Una ragazza del quarto ti aveva chiesto d'uscire. Tu avevi accettato e sareste andate a farvi un giro quel pomeriggio, quindi avresti saltato il nostro appuntamento.
Io mi arrabbiai parecchio, teoricamente perché avevo spostato degli impegni per ritagliarmi quel tempo, in realtà semplicemente perché, il fatto che tu avessi preferito lei a me, mi aveva ferita.
Non parlammo per quasi una settimana, tu troppo presa dalla tua nuova fiamma, io troppo incazzata e orgogliosa per venirti a parlare.
Una mattina, uscita di casa, ti trovai seduta sul muretto ad aspettarmi. Nessuna delle due disse una parola per tutto il tragitto fino alla fermata. Io pensavo a quanto mi mancasse la tua parlantina continua.
Ti sedesti al mio fianco in corriera e, dopo poco, stringesti la mia mano, guardandomi negli occhi. Lessi delusione, ma non capivo riferita a cosa. Mi chiedesti il motivo di questo mio silenzio e, bruscamente, ti feci notare che neppure tu mi avevi cercata in quei giorni, presa com'eri dalla tua ragazza. La tua espressione era stupita, avevi afferrato la nota di disgusto e rabbia nelle ultime due parole.
Però non le smentisti mai, rimanesti solo il silenzio e, dopo avermi lanciato un'occhiata truce ti alzasti dal sedile, ti spostasti vicino alle porte.
Non ci guardammo più neppure in faccia, fino a quando tu, una sera, ti parasti sul mio balcone. Salisti dall'albero che vi era affianco e poi percorresti il "ponticello" che aveva costruito mio padre quando ero piccola, per farmi raggiungere la casetta posta in cima alla quercia.
Dicesti che dovevamo chiarire e parlare. Ti risposi che semplicemente non c'era nulla da dire, io ero troppo impegnata con lo studio e tu eri presa da altro, quindi era normale non frequentarsi più.
Mi afferrasti per un braccio, chiudendomi tra te e il muro. Iniziasti a darmi dell'idiota, a insultarmi. A dirmi che, nello stesso modo in cui potevo esserci per una delle mie "sgualdrine", potevo esserci per te. L'unica cosa che ignoravi è che da quando avevo iniziato a parlarti avevo smesso di calcolare le altre ragazze.
Tu non riuscivi a capire, continuavi a chiedermi perché ti evitavo, perché avessi smesso di parlarti e di rispondere ai tuo messaggi.
Ormai raggiunta al limite di sopportazione scoppiai, ti guardai dritta negli occhi e ti chiesi se davvero volevi sapere il perché del mio comportamento e, senza neanche darti il tempo di rispondere, feci aderire le mie labbra con le tue. Mi staccai subito, con gli occhi lucidi, dovuti sia alla rabbia che alla felicità. Rabbia nel credere che tu non avresti mai ricambiato e felicità per l'essermi tolta un peso. Attesi una tua reazione, mi aspettavo da parte tua uno schiaffo, un pugno o che ne so, ma non di sicuro quello che facesti. Sentii le tue labbra morbide sulle mie, la tua richiesta di approfondire il bacio che, naturalmente, ti concessi subito. Questa volta ci staccammo solo per mancanza d'aria. Appoggiai la mia fronte sulla tua, e mi persi nei tuoi occhioni nocciola che mi avevano attratta fin dal primo giorno. Mi chiedesti semplicemente se, per quella notte, potessi rimanere a dormire con me. Ti addormentasti appoggiata al mio petto, finalmente consapevole dei sentimenti che provavo per te ma soprattutto che tu provavi per me.
  
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