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Autore: MelethielMinastauriel    01/11/2008    1 recensioni
Pikeru è una ragazza di 13 anni, di razza Deva. Improvvisamente è dovuta fuggire dalla sua città natale, Sirag, perché gli Asura hanno deciso di assediarla. La storia è ambientata, infatti, in un periodo di rivalità e combattimenti sempre più frequenti tra Deva ed Asura, che non riescono a trovare un accordo. Essendo una dei pochi sopravvissuti, Pikeru viene soccorsa da Tish, un'apprendista druida di razza Gaia, ed ospitata per qualche giorno ad Horizen. Successivamente, verrà affidata a Noktero, amico di Tish, affinché gli faccia da genitore e da maestro. Comincia così, per Pikeru una nuova vita.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Capitolo I: Preludio
 
Mi chiamo Pikeru, ho capelli Azzurri, occhi verdi e un paio di orecchie a punta: il tratto distintivo dei Deva, una delle 3 razze che popolano questo continente.
Sono nata in una città di nome Sirag, sorta nei pressi di Katan, il villaggio principale degli Asura e fu proprio quella vicinanza a dare una svolta alla mia vita per sempre.
Fin da piccola ho avuto una predisposizione per il combattimento, in particolar modo per le spade, infatti spesso mi imbattevo in azzuffate tra compagni per le strette si Sirag.
Purtroppo tutto arrivò improvvisamente con la violenza di un uragano, strappandomi da quella che era la mia infanzia…..
 
Il cielo cominciava a farsi denso di nubi nere e minacciose.
Pikeru, che era nel bosco vicino Sirag per il suo allenamento quotidiano.
La deva vestiva con un corpetto ben allacciato arrivandole fin sotto il seno e lasciandole scoperto l’addome, dandole così maggiore possibilità di movimento. Indossava, inoltre, dei pantaloncini fin sopra il ginocchio con un pezzo di stoffa che sporgeva in avanti e dei semplici guanti per evitare di ferirsi.
Brandiva la sua spada in cielo e si muoveva con quel passo felino che non le è mai mancato. Con la sua mente vuota, completamente assorta nell’allenamento, Pikeru disegnava degli archi nell’aria saltando, per poi riatterrare al suolo e muovere la spada con destrezza.
Si fermò improvvisamente. Guardò il cielo e fu come se qualcosa la preoccupasse.
”Un temporale in questa stagione?!? Farò meglio a tornare a casa….”
Quindi ripose la sua spada nel fodero, prese la sua sacca e s’incamminò per la via del ritorno.
Stranamente l’angoscia crebbe nella giovane Deva, non accorgendosi nemmeno di aver accelerato il passo fino al punto di correre. Si fermò col fiatone. Era appena uscita dal bosco e ora le attendeva una lunga distesa prima di giungere in città. Ritornò sui suoi passi per poi fermarsi poco dopo.
“Ornitho?!? “
Ve ne erano una decina di quelle creature cavalcabili. Non se ne vedevano molti in giro per Sirag, e spesso quelle creature venivano avvistate in compagnia di viaggiatori o guerrieri che erano in viaggio. Dopo averli esaminati e accarezzati non riuscendo a trattenere lo stupore, stavolta Pikeru decise di arrivare in città il più presto possibile. Non pensò neanche di prendere una di quelle creature. Qualche guerriero doveva essere ancora nei paraggi e non toccare niente si sarebbe rilevata la migliore idea.
Tutt’un tratto gli uccelli smisero di cantare, le nuvole divennero sempre più nere. La natura era in silenzio, una quiete quasi mortale…
Avvicinandosi, Pikeru riuscì a distinguere meglio i suoni e a vedere cosa stava accadendo precisamente. Ormai sotto le mura, la ragazza cominciò a scontrarsi contro le persone che venivano, correndo, dalla parte opposta, ma una volta dentro la città capì meglio lo scenario che aveva di fronte. Un incendio. Sirag stava bruciando.
In men che non si dica tutte le vie e i viottoli della città si colmarono di gente. A tutto ciò s’aggiunsero le grida lamentose delle donne atterrite, i pianti dei bambini che avevano perduti i propri genitori tra la folla, chi cercava di salvarsi e chi, invece, tornava indietro per dare aiuto ai feriti…
Le costruzioni cominciarono a cedere e le torri di guardia cominciarono a venir giù una ad una, il fuoco divampò violento tra le strade.
Pikeru diede subito da farsi anche se era un po’ paralizzata dalla paura.
“Madre! Padre! Dove possono essere?”
Non riusciva a ragionare. Tutto quel chaos rendeva impossibile concentrasi. Allora istintivamente si diresse verso casa. Il sacco sulle spalle e la spada al suo fianco cominciarono a farsi pesanti ma decise di non mollare. Non in quel momento. Anche la sua casa, come le altre, era in fiamme.
“Ma che diavolo… MADRE!! PADRE!! “ E prese a gridare con quanto fiato aveva nei polmoni.
La porta era aperta. Vi si precipitò dentro. I mobili, la sua camera, le armi decorative…. Tutte le cose a cui era affezionata stavano bruciando. Lo sguardo si posò su una figura familiare. Sua madre era accasciata a terra.
“MADRE!!” Lasciò cadere lo zaino dalle spalle e si lanciò sul corpo inerte.
“Madre… Madre… svegliatevi per favore! Dobbiamo andare via di qui! Madre!” E nello scuoterla, sentì qualcosa di bagnato fra le mani. Alzò la mano destra. Sangue. Guardò a terra. Il pavimento era imbevuto di sangue. Non riuscì a pensare a nulla. Le lacrime le scesero silenziose e bollenti tra le guancie. Poi alzò lo sguardo. L’assassino era lì. Era rimasto per assistere alla scena. Tra le mani, aveva ancora il pugnale imbevuto di sangue. Il sangue di SUA madre, dei SUOI genitori.
“P-Perché?!?” furono le uniche parole che riuscì a mormorare.
Ma l’ira divampò improvvisa. Scattò in piedi, estrasse la spada dal fodero e balzò sul nemico nel tentativo di colpirlo con un colpo di fendente. Ma all’assassino bastò evitarlo per poi dare un colpo netto sul polso della ragazza per farle cadere l’arma di mano.
Pikeru strinse la ferita con la mano opposta. Il sangue fluiva copioso. Ma non doveva mollare. Per la sorpresa dell’assassino, la ragazza afferrò un pugnale dietro la cintura e riprese a colpire senza pietà, con più foga di prima. L’ira non si era di certo placata. Il seguito fu un susseguirsi di colpi: alcuni vennero parati o evitati, altri andarono a segno lacerando la carne. Finalmente arrivò il momento giusto per Pikeru.
L’assassino, nel parare un colpo, lasciò che le sue gambe si allontanassero troppo le une dalle altre. Dove agire. Dopo aver parato il colpo e spinto il nemico leggermente indietro, si abbassò per poi sferrare un potente calcio facendogli perdere così l’equilibrio. Il guerriero cadde a terra pesantemente lasciando scivolare la sua arma lontano.
Dopo aver afferrato il pugnale, Pikeru affondò la sua lama con tutta la forza che aveva nel palmo sinistro dell’assassino. Quest’ultimo levò un grido di dolore tanto spaventoso da far trasalire la ragazza che intanto si era alzata in piedi lasciando il pugnare ancora conficcato nella carne. In quell’attimo di distrazione Pikeru non si accorse di essere stata afferrata per la caviglia e in niente venne scaraventata pesantemente contro il muro.
L’assassino estrasse il pugnale dalla mano e, stringendola forte a sé per attenuare la perdita di sangue, batté in ritirata, ma non prima di aver guardato la Deva con uno sguardo di profondo rancore.
Pikeru era esausta. La caduta e il fumo dell’incendio non aveva fatto altro che stordirla maggiormente. Non riusciva più ad alzarsi.
“Ecco, è finita.” Pensò. Le lacrime continuarono a scenderle lungo il viso. Perdeva molto sangue. Il pavimento cominciava a imbrattarsi di rosso e il respiro divenne sempre più irregolare. Guardò la madre. E poi il padre, sdraiato nella stessa posizione poco più in là. Poi perse i sensi. La struttura non resse più le fiamme e crollò. La giornata era finita e con essa anche la grandezza di Sirag.
   
 
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