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Autore: Ameliasvk    29/11/2014    9 recensioni
"In principio ci furono le fiamme."
Londra, 1882. Amelie von Kleemt è una giovane di buona famiglia, ed ha tutto ciò che una ragazza della sua età possa desiderare: un nome altisonante, una casa lussuosa, innumerevoli vestiti, gioielli e... un fidanzato che non ha nemmeno mai visto in volto. Accade però che durante la festa di fidanzamento, la ragazza viene a conoscenza della più orrenda delle verità. Chi sono le creature che popolano i suoi incubi? Cosa vogliono da lei... ma soprattutto, sono reali? Ma è proprio quando tutte le sue speranze crollarono in mille pezzi, che Amelie viene salvata da un misterioso ragazzo, il quale, subito dopo…
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11

La Tana Del Leone

_ Amelie_

         Il ticchettio dell’orologio suonava spaventosamente irritante nella mia testa.
Non riuscivo a prender sonno, eppure il mio letto era così morbido ed invitante.
Lo guardai schifata, pensando che fosse un vero peccato non usufruire di quel bel calduccio, ma con riluttanza tornai alla finestra.
         Un leggero venticello faceva sussurrare le cime degli alberi e la nebbia cingeva l’orizzonte come un lungo drappo cinereo.
Sospirai affranta, appannando col calore del mio respiro il vetro che mi stava di fronte.
Ero un po’ ansiosa in verità, e non facevo altro che chiedermi tra quanto sarebbe ritornato e cosa stesse combinando in quel preciso momento. Mi odiai profondamente per quei pensieri molesti, soprattutto perché io, non potevo proprio preoccuparmi per lui, anzi.
         Guardai nuovamente verso il letto ed un brivido freddo mi attraversò la spina dorsale. Mi costrinsi a tener duro e come se nulla fosse, mi strinsi ancora di più nella vestaglia.
Avrei dovuto fare i salti di gioia per la sua assenza… ma ormai era abbastanza ovvio che fossi preoccupata, no?
Quel miserabile mascalzone non tornava da tre giorni.
Non uno… ma tre maledettissimi giorni!
Nessuno osava immaginare dove diavolo si fosse andato a cacciare… nemmeno Lamia. O così diceva lei.
L’ultima volta che l’avevo visto, come un villano aveva osato baciarmi nuovamente; sembrava quasi che la sua insolenza non conoscesse limiti. Fui costretta ad ammettere però, che nel periodo passato a contatto con Miguel, mi ero quantomeno abituata alla sua presenza. Tanto che mi pareva strano non incrociare il suo sguardo per più di due ore... figuriamoci per tre giorni di seguito!
         “Chissà...” pensai, magari era da qualche parte a spassarsela in dolce compagnia.
         Immediatamente, mi ritrovai la testa invasa dalle immagini del ballo in maschera a casa Woodville.
         Perché quella sera era stato così maledettamente incantevole?
         E soprattutto, perché mi aveva baciata?
Restai immobile a fissare il vuoto fuori dalla finestra, nella speranza di trovare una risposta. Ma non la trovai da nessuna parte.
Poi, mi rivenne in mente il litigio avuto poche ore prima con Eva, ed ulteriore peso andò a raggrumarsi sui miei poveri nervi.
         Che cosa le era preso?
Mia sorella, dopo il bacio scandaloso del ballo, non mi aveva più parlato. Mi evitava come la peste. Certo, capivo perfettamente che magari desiderava avere delle spiegazioni in proposito, ma la sua reazione mi sembrava abbastanza esagerata.
         Comunque, al rumore della carrozza che attraversava il cancello, accantonai i pensieri su Eva e mi concentrai su ciò che vedevano i miei occhi.
         “Eccolo...” mi dissi con voce irritata.
         “Si è degnato di tornare!” ma nel vedere la carrozza che si fermava sull’acciottolato davanti al piazzale, tirai un sospiro di sollievo.
         Scese velocemente dalla vettura, la quale, dopo pochi secondi ripartì.
Miguel era bellissimo, come al solito, ma aveva i vestiti logori e macchiati di… sangue?
Una fitta mi colpì al petto.
         Era ferito?
In preda all’ansia mi sporsi in avanti per vedere meglio, ma fortunatamente mi resi conto che quel sangue, non gli apparteneva. In quel momento però, mi sorse un dubbio.
Se il sangue che aveva addosso non era suo, allora da chi proveniva?
Non era certo da lui, andare in giro in modo così trasandato. Ma oltre agli abiti, qualcosa che teneva fra le braccia attirò la mia attenzione.
Aguzzai lo sguardo, e quando riuscii a distinguere con precisione “cosa” portasse in braccio, il sangue mi si gelò nelle vene.
         Terrorizzata – me ne infischiai di essere mezza nuda – corsi come una matta al piano di sotto.
I miei piedi non parvero toccare terra. Dovevo ad ogni costo salvare quella povera creatura dalle sue grinfie!
Sicuramente non sarebbe passato per la porta principale, quindi mi diressi il più velocemente possibile verso l’entrata secondaria. Sapevo fin troppo bene, cosa Miguel fosse in grado di fare e non volevo che accadesse qualcosa anche a quella bambina indifesa.
Prima che lui potesse solamente abbassare la maniglia della porta, gli piombai di fronte con le orecchie fumanti di rabbia.
         << Dove ti eri cacciato?>> urlai spaventata.
         Lui sorrise.
         << Oh, ma che bell'accoglienza calorosa… Amelie. Proprio degna di te.>> disse spostandomi una ciocca di capelli dal viso.
         Per poco non gli azzannai la mano.
         << Non mi toccare!>>gridai, la voce ansante per la corsa. << E non osare chiamarmi per nome! Ora allontanati immediatamente da quella bambina!>> aggiunsi, per poi lanciargli un'occhiata terrificante.
         Miguel non parve curarsi del mio odio profondo, e con aria annoiata, mi spinse delicatamente da parte.
         << Spostati, per favore. Intralci il passaggio.>> affermò in modo beffardo, << E sai una cosa? Sono convinto che se ti ostinerai a continuare con questo atteggiamento, in poco tempo, diventerai una donna isterica e puntigliosa come la contessa Lamia.>>
         Con quale coraggio osava parlare così di mia madre?
Stavo per ribattere con qualcosa di molto velenoso, quando improvvisamente la bambina si mosse tra le sue braccia.
         << Cosa le hai fatto?>> chiesi disperata, la piccola sembrava essere ricoperta da sangue secco e i suoi occhi erano innaturalmente lividi, cerchiati da profonde contusioni violacee.
         Miguel, irritato aggrottò leggermente le sopracciglia e il piercing brillò alla luce soffusa delle stelle.
         << Puoi stare tranquilla...>> mi rassicurò con voce vellutata. << Il sangue acerbo delle bambine, non è particolarmente di mio gusto.>>
         Dopodiché posò pigramente lo sguardo sul mio collo scoperto, facendomi arrossire. Mi parve quasi di sentir bruciare il punto su cui si erano soffermati i suoi occhi.
         << E il mio?>> rotolò fuori dalle mie labbra.
         Il suo volto per un secondo parve scurirsi, ma poi Miguel riprese a sorridere in modo denigratorio.
         << Meglio non saperlo, Piccolo Tarlo... potresti rimanerci troppo male.>> dichiarò girando i tacchi.
         La preoccupazione per la bambina però, mi fece dimenticare la sua strana allusione.
         << Dove credi di andare? Non ti lascerò portarla via, solo Dio sa, cosa potrebbe accaderle se rimanesse un secondo di più fra le tue braccia!>>
         Miguel si girò nuovamente verso di me, lo sguardo freddo ed inespressivo.
         << A quanto vedo, milady… la vostra fiducia nei miei confronti, cresce di giorno in giorno, eh?>>
         La sua voce era deliberatamente formale e le parole scandite con eccessiva cura.
 Non gli risposi, ma continuai a fissare spaventata il corpicino raggomitolato sul suo petto.
Per un secondo provai persino invidia per quella bambina, ma poi nauseata dai miei stessi pensieri, scacciai via quell’idea così assurda.
         << Se non vi dispiace, vorrei portarla nelle mie stanze.>> affermò con tono piatto.
         << Oh, no! Dovrai passare sul mio cadavere, prima di portarla via!>> mi sfuggì dalla bocca, ma ormai era troppo tardi per rimangiarsi le parole.
          Lui sorrise in modo bieco, e i suoi denti scintillarono come lame affilate.
Immaginai che non vedesse l’ora di torcermi l’osso del collo, ma di tutta risposta si limitò a guardarmi maliziosamente, con la bocca leggermente incurvata all’insù.
         << Nessuno vi obbliga ad immolarvi per questa bambina. E per quanto riguarda la sua provenienza, non sono costretto a rivelarvela. Non sono affari vostri e comunque, sul da farsi, ne discuterò domattina con vostra madre. La bambina per ora necessita di cure e se proprio non vi fidate di me, milady… potete sempre seguirmi e vigilare sulla piccola. Ma ricordate, non vi sto obbligando a farlo.>>
         A quel punto, non avevo scelta.
         << Verrò>> dissi, << Ma solo per accertarmi della sua salute.>>

---
        
Mi trovavo nella tana del leone.
Avevo seguito Miguel silenziosamente, sforzandomi di non apparire in qualche modo turbata o agitata, eppure le mie fatiche erano valse a ben poco.
Una volta che ebbe chiuso la porta alle sue spalle, trattenni a stento un grido di terrore. Mi sentivo il cuore in gola e le viscere aggrovigliarsi l'una sull'altra in tanti piccoli nodi.
         M'imposi allora di ritrovare la calma, e una volta raggiunto tale scopo, lasciai vagare lo sguardo liberamente, saggiando con gli occhi l'ambiente estraneo che mi circondava.
Fui colta molto presto dallo stupore: quella camera era incredibilmente elegante, immensa e spaziosa. L’ordine assoluto che vi regnava dentro era quasi maniacale, come se non fosse mai stata usata, tantoché provai vergogna nel ripensare a quanto fossi disordinata io.
Un dolce profumo di rose impregnava l’aria.
Quello era l’odore di Miguel e nel constatarlo, il respiro mi divenne irregolare.
         Ancora faticavo a credere di esser entrata in quel posto di mia spontanea volontà, eppure mi trovavo lì, completamente inerme, da sola... con lui.
Una parte di me non desiderava altro che girare i tacchi e correre il più lontano possibile da quel posto, ma non potevo lasciare la piccola in compagnia di Miguel.
Sarebbe stato un atto di vile codardia.
         << Spero che la stanza sia di vostro gradimento.>> disse lui, poggiando con delicatezza il corpicino della bambina nel suo grande e spazioso letto.
         Non gli risposi per evitare l’imbarazzo, e con infinita goffaggine piombai davanti alla piccola cercando di armeggiare con le coperte.
Le sue mani sfiorarono le mie.
         << Non c’è bisogno.>> disse, << Ci penso io.>>
         Nonostante l’imbarazzo derivato da quell'improvviso contatto, notai che qualcosa nella sua voce sembrava essersi addolcito.
Il suo sguardo si posò languidamente sulle mie mani, per poi spostarsi dal petto al collo e soffermarsi a lungo sulla bocca. Un calore improvviso m’incendiò il corpo e lottando contro la timidezza, mi costrinsi a guardarlo negli occhi.
         Il silenzio aleggiò nella stanza, carico e pesante.
         << Amelie… >> pronunciò il mio nome con voce procace, quasi sussurrando, come se avesse voluto accarezzarlo con la lingua.
         << N-non mi pare di averti accordato il permesso di chiamarmi per nome!>> dissi col fiato mozzo.
         Alle mie proteste sul nome, fece spallucce e con tono non curante osò rivolgersi a me con ancora più confidenza.
         << Se non sbaglio ora sei mia, Amelie. Posso chiamarti come voglio, e non mi serve nessun permesso da parte tua.>>
         Perché doveva ricordarmelo?
         << Si tratta di una banale messa in scena… >> ribattei senza alzare lo sguardo.
         Miguel scoppiò a ridere, sommessamente, cercando di darsi un contegno per non svegliare la piccola.
         << Il modo in cui la sera del ballo rispondevi al mio bacio, Amelie… non mi sembrava affatto una banale messa in scena.>> 
         << Adesso tutti pensano che sono una poco di buono! Sei soddisfatto?>>  urlai infuriata, non avevo ancora finito di fargli la predica.
         << Molto.>> disse facendo un lieve ghigno di soddisfazione.
         << Ti odio!>> gridai imbestialita.   
         << Il battito del tuo cuore afferma il contrario.>> ribatté divertito.
         << Se solo potessi, ti caverei gli occhi!>>
         Miguel si sporse in avanti, afferrandomi con forza la mano.
         << Vogliamo scommettere?>>
         Dopodiché prese anche l’altro braccio e mi tirò a se, bloccando l’urlo che voleva uscire dalla mia bocca con le sue labbra.
Cercai di respingerlo, dimenandomi il più possibile, ma non potevo nulla contro la sua stretta ferrea.
Eppure Miguel sembrava diverso dal solito… come se qualcosa di ardente stesse divampando al disotto della sua pelle.
         Senza pensarci due volte, mi spinse all’indietro, facendomi battere la schiena al muro. Dopo l’impatto, riuscii a liberare le mani e con una lo spinsi via. Ma lui fu mille volte più veloce e nell’arco di un secondo, mi ritrovai nuovamente intrappolata fra la parete e le sue braccia d'acciaio.
Volevo gridare, sì... ma la sua bocca me lo impediva e le sue mani non lasciavano il controllo del mio corpo.
Avevo la pelle bollente, il cuore in gola, le farfalle allo stomaco e non riuscivo più a ragionare.
         Dalla bocca, passò al collo, soffermandosi più volte all’interno dell’incavo e sulle clavicole.
         Oh, ma che intenzioni aveva?!
La scia che mi lasciavano i suoi morbidi baci sulla pelle, sembrava divampare in un incendio a contatto con l’aria. Poi ritornò avido sulle mie labbra...  sfiorò le guance, il mento, la fronte… maledizione!
Mi stava facendo impazzire.
L’orgoglio mi diceva di staccargli le labbra a morsi ma qualcos’altro che proveniva da un punto imprecisato del mio corpo, ardeva per non smettere.
         Improvvisamente mi ritrovai a ricambiare il bacio, sebbene la mente si rifiutasse categoricamente di farlo.
Il respiro mancava ad entrambi, eppure nessuno dei due osava staccarsi dall’altro.
         Mio Dio... cosa mi stava succedendo?
Miguel aveva ragione, mi piacevano i suoi baci… tanto quanto mi piaceva lui.
Avevo paura ad ammetterlo, specialmente con me stessa... ma era quella la verità.
         Lui mi strinse a sé, talmente forte che attraverso il petto, potevo sentire il battito frenetico del mio e del suo cuore che picchiettavano all'unisono, l'uno contro l'altro.
Erano sincronizzati.
         Oh, al diavolo tutto quanto!
Ormai non m'importava niente, o almeno niente che non facesse parte di Miguel.
Desideravo… oh! Desideravo di più… molto di più.
Volevo toccarlo anch’io. 
Morivo dalla voglia di stringergli le mani al collo ed abbracciarlo forte… sentire il suo corpo ancora più vicino al mio, ancora più stretto, più intrecciato… fino a fondersi l’uno nell’altro.
Cuore contro cuore.
Non appena ebbi le mani libere le avvinghiai tra i suoi morbidi capelli, ma dopo quel gesto tanto avventato, qualcosa in lui cambiò.
         Il suo corpo parve irrigidirsi, la temperatura corporea abbassarsi di colpo e il battito cardiaco rallentare. Lentamente fece un passo all’indietro portandosi una mano agli occhi.
Non riuscii a capire cosa gli fosse preso, almeno finche non posai lo sguardo sul suo volto: due occhi scarlatti stavano scintillando nel buio... affamati più che mai.
         << Vattene via…>> disse fra i denti.
         Non riuscivo quasi a riconoscerlo; il suo bel volto, solitamente impassibile era contratto da un’espressione famelica.
Animalesca.
         << N-non posso…>> dissi, << Non posso la-sciarti... nella stessa stanza con lei!>> balbettai nervosamente, ricordandomi della bambina che giaceva ignara nel suo letto.
         << Allora prendila e portala via! Ma sparisci immediatamente da questa stanza!>>  ringhiò infuriato.
         Senza pensarci due volte, mi diressi verso la piccola e una volta presa fra le braccia lasciai la stanza.
Sebbene una parte di me volesse stupidamente restare, quella ragionevole mi costrinse a non voltarmi indietro e correre via il più veloce possibile.
         Improvvisamente, sentii nel corridoio l'inconfondibile profumo floreale di Eva. Sapeva di gelsomino.
         In quel momento così frenetico, non gli diedi molta importanza.
E feci male, perché successivamente sarebbe giunto il momento in cui me ne sarei pentita.
         Amaramente.


 
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