N.d.T
Rieccomi
qui, scusate per il tremendo ritardo nel postare il
nuovo capitolo. A parte un periodo molto impegnativo sul lavoro che ha
fatto
allungare molto i tempi, ci si è messo anche il problema di
come comporre un
capitolo che sarebbe impossibile postare efp per le regole che si
riferiscono
alle storie che riguardano l’incesto.
Potrei
aprire una lunghissima discussione sul fatto che la
storia riguarda Jared e Jensen che non sono fratelli, ma è
impossibile (anche
per come è scritta la parte che segue) non ammettere che si
tratta alla stesso
tempo di Sam e Dean che invece sono chiaramente fratelli. In questo
mondo
parallelo non c’è nessun legame di sangue tra di
loro, eppure la forza di
questa storia è proprio il fatto che Jensen e Jared sono le
reincarnazioni dei
Winchester e che tutto si basa sul tabù
dell’incesto che li teneva bloccati (in
modo inconscio) nella vita precedente, così come li ferma
(coscientemente) in
questa nuova vita.
Potete
capire come questo dilemma abbia incasinato alquanto
tutta la situazione e quella che poteva essere solo una semplice
traduzione, si
è trasformata in parziale rimaneggiamento.
Premetto
che il capitolo nella sua traduzione integrale (così
come tutta la storia postata fino a qui), è stato postato
sulla mia pagina di
livejournal e che quindi chi lo vorrà potrà
comunque leggerlo. Qui su efp
invece ho pubblicato una versione epurata, in cui le scene di sesso
sono state
tolte.
Per
rendere scorrevole la scrittura e non lasciare la storia
monca, ho aggiunto alcuni paragrafi scritti da me, che facessero da
congiunzione tra le parti tagliate. Poche righe che cercano di
riportare il
contenuto emotivo presente nelle parti eliminate. Questi piccoli
paragrafi sono
scritti in corsivo e di colore blu in modo che si capisca che non sono
parti
scritte dall’autrice, ma da me.
Dopo
questa doverosa premessa vi lascio al lunghissimo
capitolo, sperando che vi piaccia.
Questo
è il link per il capitolo tradotto completo: http://thinias.livejournal.com/34119.html
Capitolo VII
Jared
non si era mai considerato una persona che ricorre a
misure disperate, ma i giorni si trascinavano, le ore sul set
diventavano
ancora più pesanti ora che stavano girando il finale di
stagione, e non stavano
migliorando. Si sentiva come se lui e Jensen fossero bloccati
all’interno di
una bolla, solo loro due, ma non stavano andando oltre e non ne stavano
uscendo.
E
c’era questa idea fissa nella sua mente, ed era ridicolo e
stupido ed in effetti anche illegale ma, invece che andare via,
cresceva
diventando sempre più perfetta. Aveva bisogno che facessero
una pausa, che andassero
avanti e c’era un solo modo per farlo.
Jared
aspettò che il giorno finisse, rimase indietro quando
Jensen tornò a casa e seguì il suo piano.
Parcheggiò
la macchina di fronte alla loro casa, appena
dietro la macchina del maggiore, suonò il clacson e
uscì dall’abitacolo. Guardava
la porta di ingresso quando Jensen uscì.
Jared
poté vedere l’esatto momento in cui gli occhi
dell’altro caddero sulla macchina e tutti i suoi sforzi di
mantenere le distanze
tra di loro, scivolarono via.
“Hai
rubato l’Impala?”
Jensen fece alcuni passi nel giardino di fronte a casa, il suo sguardo
si
spostava tra il minore e la Chevy.
L’altro
alzò le spalle. “Tu l’hai rubata prima
che lo
facessi io.”
Jensen
lo guardò con sospetto, poi sbuffò.
“Beh, tu non
dovresti fare quello che faccio io.”
“Tu
sei mio fratello maggiore.” Jared sghignazzò.
“Non posso
farci nulla.”
Jensen
si irrigidì per un momento, lo studiò, ma poi i
suoi
occhi tornarono sulla macchina e Jared lo guardò rilassarsi.
“Ho
pensato di prenderla per fare un giro.” Suggerì il
minore cautamente, preoccupato che Jensen potesse ancora voltarsi ed
andarsene.
“Il cielo è abbastanza sereno stasera.”
Quello
che ottenne fu uno sguardo sorpreso e qualcos’altro,
qualcosa di simile alla speranza, che lampeggiò sul volto di
Jensen.
“Hai
letto lo script, amico, so che te lo ricordi.” Jared
rise.
Aveva
visto Jensen leggere lo script dell’ultimo episodio
della stagione, lo aveva visto librarsi sopra le piccole scene di
flashback di
Sam e Dean che passano il loro tempo nell’Impala, o di loro
due seduti su di
lei, sotto le stelle. Sapeva che Jensen ricordava, proprio come lui.
“Avremmo
dovuto farlo più spesso, allora.” Disse Jared
piano. “E dovremmo decisamente farlo ora.”
Jensen
lo guardò cautamente, ma non poteva ingannarlo, non
poteva nascondere la scintilla che aveva negli occhi. “Tu sei
pazzo.”
“Me
lo hanno detto.” Jared alzò di nuovo le spalle, ma
sapeva di averlo in pugno e sorrise quando l’altro si mosse
finalmente verso di
lui.
“Guido
io, stronzo.” Disse Jensen e Jared rise gettandogli
le chiavi.
“Non
mi aspettavo nulla di diverso, coglione.”
E
così, semplicemente, furono di nuovo sulla strada giusta.
Trovarono
un posticino silenzioso e solitario, poche miglia
fuori Vancouver; una piccola collina, circondata solo su due lati da
pochi
alberi, che lasciavano arrivare fino a loro la luce della luna e delle
stelle.
Jared
poté vedere Jensen lottare con se stesso per decidere
se fare un commento sarcastico, ma i vecchi ricordi ovviamente vinsero
e
l’altro rimase silenzioso.
Il
maggiore rise forte quando Jared aprì il bagagliaio e
tirò fuori alcune bottiglie di birra dal frigo che vi aveva
messo dentro;
gliene porse una e percepì il grande sorriso che aveva sul
viso. E fu
probabilmente la prima volta che credette a se stesso quando
pensò che sarebbero
stati bene.
Era
freddo fuori, il vento soffiava e Jared continuava a
sentirsi meglio di quanto non ricordasse di essere stato da molto
tempo. Il
cofano era ancora caldo sotto di loro quando si sedettero
silenziosamente uno
vicino all’altro, sorseggiando le loro birre e guardando le
stelle.
Si
sentiva un po’ sdolcinato, ma molto come ai vecchi tempi,
quando erano solo loro due, con Bobby e Castiel che li guardavano da
bordo
campo. Tanto quanto Jared amava la sua vita e le persone che ne
facevano parte,
doveva ammettere che questo gli era mancato.
Che
gli era mancato avere Dean
tutto per sé.
“Mi
hai chiesto se mi sei mai mancato.” Iniziò a
parlare nel
silenzio e sentì suo fratello irrigidirsi vicino a lui,
sentì l’immediato
cambiamento nell’aria.
“Si
e no.” Continuò, perché
c’erano parole che andavano
dette e Jared sentì che avrebbe dovuto farlo da molto tempo.
Quasi
se ne pentì comunque, quando catturò lo sguardo
negli
occhi dell’altro. Vide un dolore così profondo
riflettersi in essi e non riuscì
a credere che lo stava facendo di nuovo, che poteva ancora ferire suo
fratello
più profondamente di ogni altra persona sul pianeta.
“Quello
che mi è mancato… la persona che mi è
mancata era il
Dean che mi conosceva.” Si affrettò a spiegare.
“Il Dean che è cresciuto con
me, quello che è stato lì per ogni passo
importante della mia vita. Mi è
mancato il Dean che avrebbe fatto qualsiasi cosa per me, che mi amava
più di
ogni altra cosa al mondo.”
Jared
cercò di deglutire per mandare giù il groppo che
aveva
in gola, se la schiarì prima di continuare. “Ma
sapevo che questo era egoista,
sapevo che era solo per me. Perché volevo tu avessi tutto
quello che hai sempre
desiderato, Dean. Avevi la possibilità di avere una vita
normale e anche se io
volevo disperatamente che tu sapessi chi ero, volevo di più
che tu avessi
un’altra chance.”
C’era
una frase che non stava dicendo, qualcosa che non era
necessario dire ad alta voce e quando Jensen incontrò il suo
sguardo per un
breve momento, seppe che l’aveva sentita comunque.
‘È
quello che tu
avresti fatto per me.’
“C’è
mai stato un momento in cui avrei voluto dirtelo?” Il
respiro di Jared si spezzò. “Si, Dean,
naturalmente c’è stato.”
La
testa di Jensen sussultò girandosi verso di lui, i suoi
occhi erano curiosi e sorpresi. “Quando?”
“La
prima volta che ci siamo incontrati.” Jared chiuse
brevemente gli occhi quando, ripensando a quel momento, le emozioni
aggredirono
il suo cuore. Ne ricordava ogni secondo. Ricordò quanto
Jensen gli fosse
sembrato famigliare e quanto fosse come Dean, tanto che aveva avuto
paura che
potesse leggere tutto dall’espressione del suo viso. Mai
prima di allora e
nemmeno dopo, aveva sentito il suo cuore andare in pezzi ed essere
completo
allo stesso tempo. “Tu mi guardavi come… come se
non mi conoscessi per niente,
come se non ti importasse nulla di me.”
“Perché
non lo hai fatto?” Chiese Jensen quando l’altro non
continuò. “Cos’è
cambiato?”
Jared
esitò, sapendo come sarebbero suonate le sue
successive parole. E subito si chiese se fosse mai davvero stato
sorpreso da
tutto quello che era successo tra di loro. Si chiese se davvero non
avesse sempre
saputo quello che Jensen sentiva per lui. Se davvero non avesse visto
dove,
qualunque cosa ci fosse tra di loro, fosse rimasta nascosta per tutto
il tempo.
C’era
qualcosa di caldo che si stava diffondendo nella sua
pancia quando rispose e il suo primo istinto fu di combatterlo, ma non
poteva.
Non in quel momento, non quel giorno.
“Il
modo in cui mi ha i guardato.”
****
Era
tardi, dopo mezzanotte, quando tornarono a casa. Gli
restavano solo quattro ore di sonno, ma quando Jared vide
l’espressione
rilassata sul viso di Jensen, pensò ancora che ne fosse
valsa la pena.
Non
si erano detti una parola per tutto il tragitto fino a
casa, Jensen gli aveva fatto solo un piccolo sorriso e aveva annuito
prima che Jared
salisse per le scale, entrambi pronti per andare a letto.
Sorrise
quando sentì l’altro al piano di sotto. Erano
suoni
famigliari: il rumore del calpestio dei piedi nudi sulle piastrelle,
l’acqua
che colpisce il lavandino quando viene aperto il rubinetto. Jared
trovò un
profondo appagamento nell’ascoltarli, nel sapere che
l’uomo che li stava
producendo era suo fratello e il suo migliore amico e molto
più di questo.
Si
perse nei suoi pensieri, nella noiosa ripetizione della
propria routine serale, senza più ascoltare quello che lo
circondava.
Ecco
perché quasi saltò quando un corpo caldo si
appoggiò
improvvisamente contro la sua schiena.
“Devi
fermarmi, Jared.” Sussurrò Jensen e il suo respiro
colpì il collo del minore, facendolo boccheggiare e
rabbrividire all’improvvisa
intrusione.
Jensen
sapeva
che lì era sensibile.
Aveva
la lingua aggrovigliata in bocca e le mani aggrappate
al lavandino, ma una voce distante, dentro di lui, continuava a sperare
che si
trattasse di un sogno, o di un caso, e che Jensen si sarebbe fatto
indietro da
un momento all’altro.
Ma
il maggiore non si mosse e Jared rimase congelato sul
posto. Il suo cuore batteva rapidamente e lui sapeva, sapeva quello che
avrebbe
dovuto fare, ma non poteva.
“Fermami,
Jared.” Mormorò Jensen contro la pelle del suo
collo; le sue labbra bruciavano e le sue mani circondavano la vita di
Jared
tirandolo vicino.
Il
minore sentì un brivido corrergli lungo la schiena,
chiuse gli occhi a quella sensazione. Dimenticò come braccia
e gambe
lavorassero, dimenticò come dare forma alle parole nella sua
bocca.
“Dio,
cazzo, fermami.” Sussurrò di nuovo Jensen; gemette
e,
quando Jared si rigirò, catturò uno scintillio
negli occhi del maggiore. I suoi
occhi erano scuri e famelici e confusi.
“Jared...”
I denti di Jensen strisciarono debolmente sulla
pelle soffice della sua clavicola, muovendosi sempre più
verso il basso; le sue
mani tirarono la camicia di Jared verso l’alto, scivolando
sotto di essa,
mentre la sua bocca leccava e mordeva ogni centimetro di pelle che
riusciva a
trovare.
Jared
ebbe le vertigini, sentì la voglia crescere dentro di
lui così velocemente da spingere fuori il suo respiro. Non
poteva farlo. Non
poteva lasciare che Jensen lo facesse.
“Jared,
fermami.” Lo supplicò Jensen piano, le sue dita
lavoravano
per aprire i pantaloni dell’altro e sembrava disperato e allo
stesso tempo
incapace di resistere.
“Sam.”
La
parola sgorgò fuori dalla bocca di Jensen e lo
colpì direttamente nella pancia.
Il maggiore lo morse sulla pelle morbida proprio sotto
l’ombelico e Jared poté
sentire il gemito che questa volta lasciò la sua bocca;
cercò di raggiungere la
superficie più vicina per tenersi in equilibrio, quando le
sue ginocchia si
piegarono sotto di lui.
“No,
non farlo.” Rantolò Jared e cercò di
raggiungerlo, tirò
la sua camicia per averlo più vicino. Non sapeva nemmeno
quello che stava dicendo.
Jensen
lo guardò, già quasi in ginocchio, mentre
già gli stava
tirando giù i pantaloni. “Cazzo... fermami,
Sam!” Disse, la sua voce bassa e
gutturale in un modo che Jared non aveva mai sentito prima, ma che era
sorprendentemente
chiaro, e il maggiore doveva sapere cosa gli avrebbe fatto quel nome
questa
volta.
Jared
poté sentire i suoi occhi rivoltarsi nella sua testa e
i suoi fianchi spingersi impotenti contro l’uomo di fronte a
sé.
“No...”
Gracchiò, e fu una risposta non un ordine e sapeva
cosa questo significasse. Fu l’ultimo pensiero coerente che
ebbe per diverso
tempo.
Lasciò
che Jensen lo guidasse all’inseguimento di un
piacere che ora voleva anche lui, e che non poteva più
contrastare. Il maggiore
lo accompagnò oltre il baratro e quando Jared lo
guardò, attraverso occhi che
faticava a tenere aperti, con i muscoli che ancora si contraevano dopo
lo shock
dell’orgasmo, non poté credere a quello che
avevano fatto.
E
sembrò che anche Jensen lo stesse realizzando.
Lanciò
a Jared uno sguardo scioccato. I suoi occhi
corsero lungo il corpo del più giovane che teneva tra le
mani le lenzuola
strappate; aveva i pantaloni e i boxer intorno alle caviglie. Jared
poté solo
immaginare cosa Jensen, cosa Dean,
stesse vedendo: il suo fratellino che
giaceva arruffato ed appagato sul letto, e del quale, probabilmente, il
maggiore poteva ancora sentire il sapore in bocca.
Il
suono della porta che si chiudeva con uno schianto,
quando Jensen fuggì dalla stanza, fu il suono più
forte che Jared avesse mai
sentito. Poteva ancora sentirlo risuonare nelle sue orecchie il mattino
successivo quando si fece la doccia e, con indosso vestiti puliti, in
qualche
modo poteva ancora sentire l’odore del fratello sul proprio
corpo.
***
Jared
voleva quasi gridare ‘cut’ e mollare tutto.
Prendere
suo fratello e andarsene senza più guardarsi indietro.
Perché
era suo fratello che stava rivivendo il periodo
peggiore della sua vita. Era il dolore di suo fratello quello che
traspariva
dal viso di Jensen ed erano le lacrime di suo fratello che brillavano
nei suoi
occhi.
Era
la prima volta che Jared poteva pensare a qualcos’altro
quando lo guardava, che poteva allontanare l’immagine
dell’altro uomo sudato,
con gli occhi dilatati dall’eccitazione. Che riusciva pensare
a qualcos’altro
che non fosse la sensazione del suo membro nella gola di suo fratello.
Che
poteva provare qualcos’altro, oltre al miscuglio di orrore,
bisogno, shock e
puro, profondo desiderio.
Si
sarebbe dovuto sentire imbarazzato per se stesso, se solo
la vista di suo fratello che veniva fatto a pezzi da un vecchio dolore
non lo
stesse uccidendo.
Era
strana e differente, quella scena. Sdraiato sul
pavimento, gli occhi chiusi, sapendo che Mark era sdraiato
lì vicino, l’unico
suono che sentiva era Jensen sopra di sé, non stava nemmeno
dicendo qualcosa,
era solo lacerato, con le lacrime agli occhi. Jared sapeva tutto questo
perché
aveva letto lo script e sapeva come Jensen avrebbe interpretato il
ruolo. Non
lo aveva visto nemmeno allora ma qualcosa, dell’essere solo
con soltanto il
rumore, lo rendeva diverso. In momenti come quello la sua mente
sembrava
andarsene, sembrava dimenticarsi che questo, tutto questo, era finito e
se ne
era andato da molto tempo. Che non erano più le stesse
persone.
Qualcosa
nella sua mente gli aveva fatto scordare che tutto
ciò non stava accadendo in quel momento.
C’erano
stati giorni peggiori, scene peggiori da
interpretare. E non importava quanto spesso Jared avesse letto le
battute,
ancora e ancora, lottando dentro sé per andare contro di
esse; niente lo aveva
preparato al giacere in un letto in una casa abbandonata, fingendosi
morto, e
sentire suo fratello che parlava con lui. Gli aveva fatto molto male
sapere che
una volta Dean gli aveva detto le stesse esatte parole, quando era
morto, ed
era sembrato così aperto, così crudo, spogliato e
scorticato fin dentro l’anima.
Jared avrebbe ricordato per sempre di essere stato sdraiato su quel
letto,
mentre realmente una parte dentro di lui moriva.
Questa
scena però, era diversa. Perché questa volta,
c’era
anche Dean.
****
“È
incredibile.” Sussurrò Jared, scuotendo la testa;
chiuse
le mani a pugno e guardò Jensen voltarsi e lanciargli uno
sguardo innocente.
Avrebbe
funzionato molto meglio se solo Jensen lo avesse
guardato almeno una volta nelle ultime ore.
“Cosa?”
Aveva avuto le palle di chiedere, come se non ci
fosse nulla che non andasse. Come se Jared non si sentisse come se gli
mancasse
un arto.
“Tu!”
Lo derise Jared immediatamente, facendo cambiare
all’istante l’espressione sulla faccia di suo
fratello.
Erano
esausti, fisicamente ed emotivamente drenati e la
giornata non aveva aiutato, li aveva solo portati al limite; la lotta
esplose
tra di loro fin troppo facilmente, a quel punto era solo
l’ultima goccia in un
vaso già pieno fino al limite.
“Cosa
diavolo ho fatto adesso?!” Urlò Jensen,
infastidito e
incazzato. Jared avrebbe anche potuto lamentarsi solamente della
bottiglia del
latte lasciata aperta (o del tempo) e loro sarebbero comunque stati
esattamente
dove si trovavano ora, a fissarsi l’un l’altro, con
l’aria che ronzava per la
tensione.
“Non
mi hai nemmeno guardato, per tutto il giorno!”
“Oh,
andiamo!” Disse Jensen, schernendolo e agendo come se
l’altro
fosse solo un bambino capriccioso. “Ero impegnato a lavorare,
se non te ne fossi
accorto. E anche ad alcune scene del cazzo molto pesanti.”
“Gesù,
non mi parlare in quel modo, Jensen!” Jared seguiva
ogni passo del maggiore, silenziosamente, sapeva che l’altro
non aveva davvero
una destinazione in mente. Stava solo camminando attraverso la casa,
allontanandosi da lui.
“In
che modo?”
“Come
se fossi il fratellino minore, troppo stupido per
comprendere.”
In
effetti questa sembrava degna come risposta; Jensen si
fermò e incontrò gli occhi di Jared con uno
sguardo vacuo. “Beh, se la scarpa
calza…”
“Fottuto…”
Jared si fermò, guardò il pavimento e prese un
respiro profondo. Era la famigliarità di tutto questo che lo
spaventava in un
modo in cui non avrebbe dovuto. Nonostante tutti i danni che stava
facendo,
c’era una piccola parte dentro di lui che stava godendo di
quello, godendo di
essere in grado di lottare di nuovo contro Dean.
“Vuoi
farti da parte, Padalecki?”
Jared
alzò di nuovo lo sguardo, rendendosi conto di bloccare
la porta tra la cucina e il soggiorno e fece un passo indietro prima di
rendersene conto. Era una nuova cosa che Jensen, Dean,
faceva. Lo chiamava ‘Padalecki’ tutte le volte che
cominciavano a litigare e
Jared sapeva anche perché lo faceva. Teneva Jared a
distanza. Lo faceva
diventare solo un amico. Non era nient’altro per Dean.
“Cazzo,
vuoi fermarti almeno per un secondo?”
Avrebbe
voluto ridere quando Jensen lo fece, avrebbe voluto
fargli notare quanto questo fosse ridicolo.
Jared
era ai piedi delle scale che guardava in alto verso il
maggiore, che si era fermato in cima. E come avevano fatto a finire
lì? In ogni
caso non c’era nulla al piano di sopra che avesse a che fare
con Jensen, era il
piano del minore.
“Cosa
vuoi che faccia, huh?” Jensen gesticolò
violentemente.
“Ci sto provando, cazzo. Ci sto provando davvero, amico. Sono
ancora qui, non è
vero? Sto rivivendo ogni singolo errore della mia vita, per poi girarmi
e
sorridere alla telecamera! Ma cazzo, sono ancora qui!”
Qualcosa
si chiuse nella gola di Jared. “Si,
grazie a Dio lo sei.” Avrebbe voluto
dirlo. Ma non poteva.
“Ma
non posso solo girare l’interruttore ed essere chi tu
vuoi che io sia!” Continuò l’altro.
“Jensen,
io non voglio che tu sia nessuno, se non te
stesso.” Disse il più giovane, e sapeva che
suonava come un lamento.
Jensen
lo guardò. “Pensaci ancora, genio. Cosa
è successo
ieri?”
Jared
chiuse le palpebre per un attimo, fece una smorfia, le
immagini di calore e di pelle e di voglia, passarono davanti ai suoi
occhi.
“Questo
sono io, ora. È quello che sono e non importa quello
che io faccia, non posso fermarlo. Non andrà via.”
“Jensen.”
Iniziò Jared, anche se non aveva idea di quello
che voleva dire, voleva solo che l’altro si fermasse, voleva
che il dolore
lasciasse la voce di Jensen.
“Mi
ricordo di come sei caduto… prima.” Jared
sentì Jensen
deglutire pesantemente perfino da dove si trovava.
“È
stato sopportabile, allora. Andava… bene, convivere con
quella cosa. Ma ora? Sam, tu sei già
così… cazzo, tu sei già entrato
così in
profondità sotto la mia pelle, che non
c’è modo in cui possa ignorarlo adesso.
Non c’è modo in cui possa ignorare quello che
provo per te, adesso.” Ripeté
Jensen, a bassa voce, chiaramente non avvezzo a dire cose come quella
ad alta
voce, ad essere così aperto su quello che provava.
Questo
incrinò il cuore di Jared.
“Io
ho solo bisogno che torni.” Confessò il minore,
fanculo
all’atteggiamento virile e alla regola del
non-si-parla-dei-propri-sentimenti.
Erano andati troppo oltre, troppo in profondità.
“Dean,
tutto quello che abbiamo fatto da quando sei tornato
è staccarci la testa uno con l’altro! Litighiamo
costantemente e io non posso
continuare! Non quando l’unica cosa che vorrei è
stringere le braccia intorno a
te ed essere felice che tu sia qui.”
Jared
chiuse gli occhi per un attimo, prese un respiro
tremante.
“Ci
stiamo facendo a pezzi. Come abbiamo fatto allora... e
io non so se posso sopravvivere a questo una seconda volta.”
Osservò
Jensen scrollare le spalle impotente. “Te l’ho
detto. Non so cosa vuoi da me.”
Rimasero
in silenzio per un momento, come se stessero
galleggiando nell’occhio di un ciclone e Jensen era
già pronto a girarsi ed
andarsene quando, improvvisamente, era tornato indietro con un profondo
cipiglio sul volto.
“Sai
cosa? Con tutto il dannato parlare di me e dei miei
cazzo di sentimenti per te – quando inizieremo a parlare di
te, tanto per
cambiare, huh? E di come non ti sei esattamente sentito così
tanto diverso da
me!”
“Di
cosa stai parlando?” Chiese Jared, reagendo in modo
esagerato.
Tornarono
di nuovo punto e a capo, con una tensione rabbiosa
tra di loro, come un elastico teso.
“Oh,
andiamo! Almeno abbi la decenza di non mentirmi guardandomi
in faccia, Jared!” Gridò Jensen. “Quando
parleremo del fatto che tu non mi hai
immediatamente spinto via, quando ti ho baciato in cucina? Che ai
risposto al
mio bacio, cazzo! E non come ho fatto io, tu sapevi dannatamente bene
chi io
fossi!”
“Cosa?”
Gracchiò Jared, sentendo il calore risalire al suo
volto.
“In
ogni momento in cui ho incasinato tutto, tu non hai
esattamente detto di no, Sam. Ti conosco. Ti conoscevo allora e ti
conosco ora.
E quello non eri tu che dicevi no. Quello eri tu che dicevi:
‘non sono
sicuro’.”
Il
respiro di Jared si fece affannoso, non sapeva cosa dire,
non sapeva come rispondere a quelle parole. ‘Non
è vero!’,
voleva gridarlo, ma non
lo fece, dalla sua bocca non uscì una parola.
“Cazzo,
lo immaginavo.” Disse Jensen cupamente, girò sui
tacchi e andò fuori dalla sua vista e Jared avrebbe voluto
ridere, avrebbe
voluto gridare: ‘Dove stai
andando lassù?’. Ma non aveva voglia di ridere. Sentiva
di più il bisogno
di piangere.
****
Jared
scattò di nuovo, proprio il giorno successivo.
Jensen
evitò ogni contatto, non lo toccò, non
parlò, non lo
guardò nemmeno quando poteva farlo e Jared
scoppiò. Se quello era uno stupido
gioco da polli, su chi gettava la spugna per primo e diceva di farla
finita,
allora che fosse così. Jensen poteva vincere, per quello che
importava a Jared.
Lui non poteva mantenere così a lungo il rancore dentro di
sé, non poteva
vivere a lungo in quella stupida versione di litigio e aveva bisogno
che il suo
Jensen tornasse da lui, aveva bisogno di non svegliarsi con un nodo
nella
pancia, sapendo che c’era qualcosa di così
sbagliato tra lui e la persona che
più amava nella sua vita.
“Dobbiamo
parlare.” Annunciò Jared, più sicuro di
quello che
davvero provava. Chiuse la porta del trailer di Jensen dietro di
sé, avevano
finito per quel giorno, dovevano solo farsi una doccia, cambiarsi di
abito e
aspettare che Clif li andasse a prendere. Quello era un buon momento
come un
altro, quindi Jared si infilò direttamente nel trailer del
suo amico,
affrontandolo.
Jensen
gli gettò solo uno sguardo e, per un secondo, Jared
credette di riuscire a sentire i denti dell’altro che si
serravano.
“Vuoi
cominciare questa cosa di nuovo?” Chiese il maggiore,
mortalmente calmo.
“Voglio
che tu… voglio che tu sappia che ti amo, ma non…
non
in quel modo.” Disse Jared con voce tremante, e Dio, si
sentì di merda, sentì
che era tutto sbagliato. Non sapeva nemmeno questo da dove fosse
uscito,
continuò solo a parlare. Come un disastro ferroviario, non
poteva fermarsi. “E
voglio che tu… che ci provi e che ti riprendi la tua vita,
okay? Hai una
bellissima ragazza che ami molto ed io ho la mia, ed entrambi ci
sposeremo e
avremo una vita felice, una vita normale, okay?”
Jared
sentì tremare le mani quando guardò Jensen e vide
quanto fosse diventato pallido il suo viso.
“È
questo il tuo sogno?” Chiese il maggiore, ed in effetti
sembrava curioso come se volesse davvero saperlo.
“È questo il motivo per cui
ti sei aggrappato così tenacemente a questa cosa? Tu ed io,
con mogli e figli e
cani e la dannata staccionata bianca, che viviamo uno vicino
all’altro e
facciamo i barbeques la domenica? È questo che vuoi
davvero?”
Jared
deglutì, si sentiva come se Jensen lo avesse appena
inchiodato. “È il motivo per cui l’ho
fatto! Ventisette anni fa ho detto sì a
quel fottuto Arcangelo e ho desiderato questo. E non posso…
Dean, non posso
semplicemente rinunciare. Non quando io...”
“Quando
tu cosa?”
Jared
alzò di nuovo lo sguardo, i suoi occhi incontrarono
quelli del fratello. “Quando io ho sacrificato te per
questo.”
Jensen
annuì tre volte e si strofinò la mano sulla
bocca.
“Allora dimmi, Sam, quando ti ho baciato, non lo volevi?
Quando ti ho fatto un
pompino, non volevi nemmeno quello?”
La
sua voce aveva un suono pericoloso, qualcosa che Jared
riuscì a leggere. L’altro si fece più
vicino, aveva uno sguardo determinato sul
volto.
“Fammi
vedere.” Sbottò facendo un altro passo verso di
lui.
“Fammi vedere come non sei stato in grado di spingermi via,
come non hai avuto
la possibilità di dire di no.”
“Non
ho mai detto…” iniziò Jared, voleva
dire a Jensen che
non lo avrebbe mai accusato di averlo forzato in questa situazione. Che
solo
l’idea che Jensen, che Dean,
fosse capace di fare una cosa simile, era così ridicola che
avrebbe voluto
ridere.
Ma
poteva vedere negli occhi del fratello che quello era
esattamente il problema.
Qualcosa
scattò nella testa di Jared e finalmente acquistò
un senso. Tutta la rabbia, tutte le urla e i litigi. Jensen, Dean,
non era da solo in questo, non era
l’unico che sentiva tutto questo e non aveva forzato nulla in
lui, non gli
aveva fatto fare nulla che non volesse.
E
lui disperatamente, disperatamente,
voleva che il minore lo ammettesse.
Ed
era qualcosa per cui Jared non sapeva se fosse pronto.
Qualcosa che stava combattendo fin da prima di Dean… fin da
prima.
“Jensen...”
Iniziò, senza nemmeno sapere quale sarebbero
state le sue successive parole, mentre Jensen continuava a spingere, a
colpire
la sua spalla, ad invadere il suo spazio.
“Non
sei abbastanza forte da tenermi lontano? Davvero? Se
davvero lo volessi?”
“Fermati!”
Sussurrò Jared, ma Jensen continuò ad
avvicinarsi;
si stavano toccando ora, dalle cosce alle spalle. Jensen
alzò lo sguardo su di
lui con il calore negli occhi, pieno di rabbia e…
“Allora
fermami adesso, Jared.” Rispose, la sua voce divenne
ancora più bassa, sempre più tesa.
“Fermami, se non è davvero quello che
vuoi.”
E
fu quello che fece.
Jared
chiuse le mani intorno alle braccia di Jensen, appena
sotto le spalle, e lo sollevò a fatica, lo tirò
su e lo spinse contro il muro
più vicino, usando il suo corpo per spingerlo con le spalle
contro di esso.
Jensen
gemette, sollevò le mani per trovare un appoggio su
Jared, avvolgendo i suoi gomiti. Jared vide l’espressione sul
viso di Jensen,
lo vide mordersi il labbro e pensò ‘merda,
merda’,
prima che il suo corpo si facesse ancora più vicino
all’altro uomo,
completamente alla sua mercé.
Avrebbe
dovuto far smettere Jensen, avrebbe dovuto fermarlo
o respingerlo.
Invece,
Jared si trovò a fare esattamente quello che Jensen
voleva. Forse, quello che volevano entrambi.
Erano
solo a pochi centimetri uno dall’altro. Entrambi
ansimanti, si fissavano, i loro respiri si mischiavano.
Jared
iniziò a tremare per lo sforzo di trattenerlo,
l’adrenalina che aveva un momento prima e che gli aveva
permesso di tenerlo
premuto contro il muro, lo stava lentamente abbandonando. Si morse le
labbra
quando sentì le gambe di Jensen avvolgersi intorno alla sua
vita.
Gli
occhi del maggiore erano scuri e brucianti, saettavano
dagli occhi di Jared alla sua bocca e viceversa; lo guardò
leccarsi le labbra,
più e più volte e questo lo face impazzire.
Erano
molto oltre la necessità di usare le parole.
Non
ci fu più nulla da dire quando Jensen strinse la presa
sui fianchi di Jared, quando si spinsero più vicino e
strofinarono i loro
bacini uno contro l’atro; ma il minore continuò a
non lasciarsi andare.
Jensen
mosse in avanti la testa, solo un centimetro, appena
percettibile, ma Jared si tirò indietro, continuando a
mantenere la distanza
che ancora li separava. Sentì il ringhio di Jensen
attraverso il suo stesso
corpo.
Jared
sentì i propri occhi saettare verso la bocca di
Jensen, li sentì focalizzarsi completamente su quelle labbra
peccaminose e,
questa volta, fu lui a sporgersi in avanti, senza sapere nemmeno cosa
stesse
facendo, solo voglioso di assaggiare quelle labbra.
Jensen
tirò indietro la testa, i suoi occhi quasi neri
incontrarono quelli dell’altro sfidandoli e, con improvvisa
chiarezza, Jared seppe
quello che voleva. Quello di cui aveva bisogno.
Lui.
Tutto
di lui. Ogni parte che era suo fratello ed ogni parte
che era Jensen. Voleva tutto e niente di meno. Ed era più
importante di sogni a
lungo dimenticati, di desideri fatti molto tempo prima. Tutto quello
che aveva
sempre voluto era l’uomo di fronte a sé e questo
non sembrava essere mai cambiato.
Jared
tenne lo sguardo inchiodato in quello di Jensen questa
volta, mentre si muoveva in avanti, guardando la voglia crescere negli
occhi
dell’altro. Entrambi sapevano cosa sarebbe successo e i loro
corpi stavano
urlando per andare in quella direzione.
“Ok,
ragazzi. Pronti ad andare?”
L’urlo
venne da fuori dalla porta ed entrambi si
spaventarono alla voce di Clif. Cautamente, lentamente, Jared
lasciò scendere
Jensen, lasciò andare la presa su di lui e face un passo
indietro, i loro
sguardi rimasero bloccati uno nell’altro.
Il
movimento spezzò il momento tra di loro, ma non la
tensione, e Jared poté sentire i brividi sulla pelle per
tutto il tragitto fino
alla macchina.
****
Per
tutto il viaggio verso casa, Jared si sentì come se
stesse per esplodere fuori dalla sua stessa pelle.
L’adrenalina correva attraverso
di lui, calda e forte e riusciva a malapena ad impedire alle sue mani
di
tremare.
Poteva
vedere, nella tensione della linea della mascella di
Jensen e nella flessione dell’avambraccio, che anche lui
provava la stessa
cosa. Diavolo, sapeva che perfino Clif poteva sentirla, dal modo in cui
manteneva il silenzio, con gli occhi fissi sulla strada di fronte a
sé, senza
guardare nello specchietto retrovisore nemmeno una volta per incontrare
i loro
occhi.
Non
si scambiarono una singola parola o uno sguardo quando
la macchina si fermò di fronte alla casa. Saltarono
semplicemente fuori,
afferrarono le loro cose e si mantennero a distanza, camminando verso
la porta
di ingresso, mentre Cliff se ne andava alle loro spalle.
Quando
Jared aprì la porta, con Jensen dietro di lui, che
canticchiava in tensione, sapeva che era solo questione di tempo. Era
solo
questione di chi si sarebbe spezzato prima.
Quel
pensiero mandò un brivido lungo la sua schiena,
facendogli girare la testa per l’aspettativa. Era stato arduo
fin da quando
aveva sbattuto Jensen contro il muro del trailer.
Fu
un silenzio folle quello che cadde tra di loro quando la
porta si chiuse, lasciando il mondo completamente chiuso fuori; era
senza fiato
e allo stesso tempo carico, Jared non sapeva cosa fare di se stesso,
intrappolato tra l’idea di fuggire, compiendo un ultimo atto
di normalità, e il
girarsi per continuare, verso quello che voleva veramente.
Si
girò. Finalmente, quella fu la scelta che fece e
trovò
suo fratello immobile vicino alla porta, con uno sguardo duro fisso su
di lui.
Jared poté vederlo mentre deglutiva; da dov’era
poteva perfino udire i veloci
respiri che l’altro stava prendendo e, quando i suoi occhi si
spostarono verso
il basso, poté vedere il rigonfiamento che si stava formando
nei jeans di
Jensen, uguale a quello che stava crescendo nei suoi.
Un
brivido lo attraversò e chiuse gli occhi per un momento.
Quando
li riaprì di nuovo, Jensen si stava lentamente
togliendo la giacca, la lasciò cadere sul pavimento con un
tonfo sordo. Senza
distogliere lo sguardo, proseguì con il maglione, lo
levò con un movimento
fluido e quando sollevò le braccia, un pezzetto di soffice
pelle nuda, dove la
maglietta si era sollevata, fece spostare lo sguardo di Jared dal viso
di
Jensen.
Sentì
la bocca seccarsi.
Fu
quando anche la maglietta fu andata e Jensen rimase lì
mezzo nudo, mettendo in mostra ampie distese di pelle che fecero
contrarre le
dita di Jared, che anche lui cominciò a togliersi i vestiti.
Tolse il maglione
e la maglietta in un colpo solo.
Vide
gli occhi di suo fratello farsi più scuri e i denti
iniziare a mordere il suo labbro inferiore, ma Jensen non disse nulla.
Invece,
la sua mano abbassò la cerniera dei jeans, il bottone aperto
dava già uno scorcio
della sottile striscia di peluria che immediatamente Jared non vedeva
l’ora di
seguire con i suoi occhi, le sue dita e la sua lingua.
“Ultima
possibilità.” Disse Jensen con voce graffiante
quando rimasero entrambi in boxer, e il suo tono fece esplodere
qualcosa dentro
Jared. Il minore rimase tranquillo e sembrò tutto quello di
cui Jensen aveva
bisogno; piano, e con attenzione, camminò fino a Jared.
Lui
non poté muoversi, sentiva il cuore battere in gola, si
sentì di nuovo nervoso e piccolo, ancora come se fosse il
fratellino, con Dean
a dettare legge.
“Jared.”
Disse Jensen e suonò come una domanda, Jared
annuì,
senza incontrare lo sguardo dell’altro, troppo nervoso per
focalizzarsi su
qualsiasi cosa, quando tutto quello che poteva sentire era il calore di
un
altro corpo che carezzava la sua pelle.
“Sammy.”
Jensen disse di nuovo il suo nome e gli occhi di
Jared si alzarono di scatto, incontrando quelli di suo fratello e
poté vedere
lo stesso nervosismo, la stessa paura di oltrepassare una linea che
avevano
oltrepassato così tante volte, ormai, ma questa volta,
realmente. Per davvero.
Jared
annuì di nuovo e i suoi occhi non lasciarono quelli
del maggiore questa volta.
Entrambe
le mani di Jensen si alzarono, una gli circondò il
collo, l’altra affondò nei suoi capelli tirandoli
dolcemente.
Jared
lo seguì spontaneamente, seguì Jensen dove lo
stava
portando e scivolò nel bacio naturalmente,
incontrò le labbra di suo fratello come
ci si aspettava che facesse.
Fu
il Paradiso.
La
bocca di Jensen era morbida contro la sua, si muoveva
gentilmente, proprio come Jared lo aveva visto baciare una sequenza
infinita di
donne nella loro vita passata e in quella presente. Jared
insinuò le mani
intorno alla vita dell’altro, appoggiandole solamente sui
suoi fianchi, ma Jensen
sussultò sotto il suo tocco e un gemito viaggiò
dalla sua bocca dentro quella
del minore.
Era
ancora nervoso, insicuro di quello che doveva fare con
un uomo, con suo fratello, ma non poteva non toccarlo, non poteva non
premere
più forte e cedere al soffice sondaggio della lingua di
Jensen contro le sue
labbra, lasciando la bocca socchiusa per lasciarlo entrare.
Era
il Paradiso ed era l’Inferno, ed era sbagliato ed era
giusto e Jared ne amò ogni secondo. Amò sentire
il sapore di Jensen sulla sua
lingua, amò spingere il naso contro la guancia del fratello
e sentire la sua
mano tra i capelli, che tremava e tirava.
Si
separarono infine, bisognosi di aria e, quando si
divisero, stavano entrambi ansimando, tremando per la forza di quello
che
stavano facendo.
Jared
catturò lo sguardo di suo fratello e fu colpito da un
misto di bramosia e amore, ma più in profondità
di quello, più evidente, era la
paura nei suoi occhi, il tremolio del suo labbro inferiore, che dissero
al
minore che l’altro stava ancora aspettando che tutto
crollasse; stava ancora
aspettando che Jared lo spingesse via e, nel profondo, forse stava
ancora
sperando accadesse.
Era
il suo nuovo modo di fare, pensò Jared. Non lo lasciava
più da solo davanti al problema, come era solito fare
allora, ma lo forzava, lo
portava ad esplodere e costringeva il minore a fare delle scelte, non
importava
quanto sbagliate potessero essere prese nella foga del momento.
Jared
voleva dire a suo fratello quale idiota fosse, che
questo suo nuovo modo di risolvere i problemi non era migliore di
quello
vecchio. Voleva dirgli che poteva anche smettere di provare a volere
quello che
era meglio per Sam, Jared,
perché non li avrebbe portati da nessuna parte. Finivano
sempre, prima o dopo,
col volere comunque la stessa cosa, e forse, solo forse, avrebbero
dovuto
imparare ad arrendersi.
“Ho
finito di lottare.” Jared sussurrò, cercando
disperatamente di incontrare gli occhi di Jensen. “Ho finito,
ok? Ho finito.”
Si accertò che l’altro lo avesse sentito, si
assicurò che avesse compreso
quello che stava dicendo.
Ci
volle un momento, un momento senza respiro e pieno di
tensione, poi qualcosa tornò al suo posto dentro Jared con
uno schianto, il
significato delle sue stesse parole lo colpì rompendo tutte
le ultime
inibizioni rimaste. Fu lui a muoversi in avanti questa volta,
raggiungendo suo
fratello e annullando la distanza tra di loro. Il suo bacio non fu per
niente
come quello di Jensen, fu tutto disperazione e fame, ma Jensen
corrispose
immediatamente, come se avesse solo aspettato il permesso.
Jared
fu colpito dallo spigolo della credenza dietro di lui
e gemette nella bocca di Jensen, senza sapere se fosse stato lui a
tirarlo
verso di sé o se fosse stato l’altro a spingerlo
contro il mobile. Ma non aveva
importanza, era troppo occupato a trovare la sua strada attraverso le
labbra
del maggiore, artigliando la sua pelle.
Era
una corsa, che esplose dentro la sua testa, era come
sentiva Jensen contro di lui, il gusto che aveva, forte e flessibile,
morbido e
duro. Sapeva di familiare e di nuovo, e i suoni che emetteva, Jared li
bevve
tutti, avrebbe voluto annegare in essi.
“Jensen.”
Disse in un soffio tra loro e il maggiore emise un
ringhio e infilò la coscia tra le gambe di Jared
costringendolo ad emettere un
gemito dalla gola.
Inciamparono
nel corridoio, avvinghiati l’uno all’altro.
Sbatterono contro i mobili e la parete fin troppe volte, fino a che
finalmente
attraversarono la porta della stanza di Jensen; il giorno dopo
avrebbero
trovato il corridoio a soqquadro, con vestiti abbandonati dappertutto,
con le
cornici appese alle pareti inclinate in angoli strani, ma ora, ora
c’erano solo
loro, Sam e Dean, Jensen e Jared, e nessun altro al mondo.
Fecero l’amore, consapevoli di volerlo entrambi, bisognosi di appartenersi. In quel momento, tutte le ragioni per cui Jared aveva combattuto sembrarono ridicole e insignificanti in confronto. Quando raggiunsero l’apice del piacere, l’orgasmo li colpì con piena forza, e Jared si sentì prosciugato e privo di forze.
Il
minore non tornò in sé immediatamente,
galleggiò in luogo
tranquillo dove la sua mente era felicemente vuota. Ma quando
tornò, sentì
forti braccia intorno a sé che lo tenevano stretto e solo
allora realizzò che
si stava agitando, che stava tremando e che il suono ansimante che
sentiva,
proveniva dalla sua stessa gola.
“Schhh.”
Jensen mormorò vicino al suo orecchio e continuò
a
mantenere la stretta che aveva su di lui. Non accarezzò
Jared, non lo cullò, ma
continuò a tenerlo abbastanza stretto da farlo sentire al
sicuro e quello era
tutto ciò di cui l’altro aveva bisogno.
Qualcosa
dentro Jared si stava spezzando, poteva sentire
ogni singolo pezzo che si rompeva, che tagliava attraverso di lui, ma
Jensen
era lì, suo fratello era lì, a tenerlo fino a che
non fosse finita.
Non
pianse, ma non respirò nemmeno, prese delle boccate fino
a quando il peggio non fu passato, fino a che il suo cuore lentamente
si calmò
e la sua gola fece meno male.
Le braccia di Jensen lo avvolsero fino a che smise di tremare, fino a che il calore del suo corpo e l’odore della sua pelle non furono le uniche cose che lo tennero in vita; era solo bello e meraviglioso e qualcosa che amava.
"Non ti addormentare su di me." Lo mise in guardia il maggiore, scese da letto ed immediatamente Jared sentì così freddo, che non aveva idea di come avrebbe potuto addormentarsi. Poi Jensen tornò, un asciugamano umido venne strofinato dolcemente sulla sua pelle, pulendolo.
Quando Jensen tornò a letto con lui, lo tirò vicino, in uno stretto abbraccio, Jared non poté combattere contro il peso delle palpebre che si chiudevano, non poteva combattere contro il bisogno di addormentarsi tra le braccia dell'uomo che amava.
****
Quando
Jared si svegliò la mattina successiva, poté
finalmente respirare di nuovo. Come se un enorme peso fosse stato
tirato via
dalle sue spalle, dai suoi polmoni, e si ritrovò a sorridere
quando sbatté le
palpebre contro la luce del sole che filtrava dalla tenda aperta. Il
letto
brontolò, le coperte erano buttate tutte intorno, ma il
posto accanto a lui era
ancora caldo, toccò le lenzuola e inalò il
profumo di Jensen che ancora le
impregnava.
Ne
godette, per un momento si immerse nella sensazione calda
che lo riempì, ma quando senti dei deboli rumori provenienti
dalla cucina e i
segni rivelatori dei suoi cani che picchiettavano con le zampe sul duro
pavimento di legno, immediatamente non volle stare più solo.
Trovò
Jensen sulla porta della cucina, aveva appena lasciato
uscire i cani nel cortile e Jared arrossì quando lo
guardò, come se stesse
guardando qualcosa di nuovo e sconosciuto, qualcuno di cui si era
innamorato
solo il giorno prima e non una vita fa. Ma la sensazione sottostante
che
percepì, quando Jensen si girò e lo
guardò, era sempre stata parte di lui.
Jared
poté vedere il rossore anche sul viso del maggiore e
non poté combattere il sorriso che apparve sulle sue labbra.
Si stavano
comportando come delle ragazzine, quando erano davvero molto, molto
più vecchi
di così.
“Ho
fatto il caffè.” Disse Jensen piano e il timbro
basso
della sua voce mandò dei brividi lungo la schiena di Jared.
Il maggiore si
mosse verso il piano della cucina, dove si trovavano due tazze fumanti.
Jared
annuì silenziosamente e lo guardò prendere la sua
tazza voltandosi di spalle. Il minore fece alcuni passi, dritto fino a
Jensen,
sovrastandolo. Quasi lo toccò quando si sporse per prender
la propria tazza;
quasi, ma non del tutto.
Lo
sentì tendersi sotto di lui, lo sentì bloccarsi
per un
secondo, poi Jensen lasciò andare il respiro e si
rilassò. Un altro brivido gli
corse lungo la schiena quando Jared vide che l’altro aveva
gli occhi chiusi,
come se stesse godendo della sua vicinanza, come se stesse respirando
il suo
odore.
Gli
si fece più vicino e i capelli di Jensen gli
solleticarono il naso.
Il
maggiore rabbrividì di fronte a lui, si schiarì
la voce e
si allontanò, ma il più giovane sentì
qualcosa di caldo e di bello diffondersi
dentro di sé, quando vide che Jensen non era distante
più di un passo e si
aggirava vicino a lui.
Sorseggiarono
i loro caffè in un confortevole silenzio,
appoggiati al bancone della cucina e guardando fuori dalla finestra,
osservando
i cani che giocavano in cortile.
Era
tranquillo intorno a loro, come se la tempesta delle
ultime settimane fosse finalmente finita. Come se avessero continuato a
lottare
per stare lontano dal luogo a cui appartenevano. Ed ora che si erano
entrambi
arresi, il sole era sorto dopo una notte difficile e stava dando loro
una
bellissima e pacifica mattinata.
Quando
Jensen finì il caffè, trafficò intorno
alla cucina
mettendo via le cose e Jared rimase a guardarlo silenziosamente. Non si
sentiva
inquietante, ma amava il fatto di essere finalmente in grado di farlo.
Solo
restare lì e guardare. Ogni tanto Jensen alzava lo sguardo
su di lui e gli
faceva un piccolo sorriso, commentavano una cosa o l’altra e
così la loro
mattina volò via in fretta, dolce e tranquilla.
Era
come se avessero condiviso due vite, come se si
conoscessero dentro e fuori. E allo stesso tempo, quella cosa tremante
tra di
loro, era qualcosa di nuovo e fresco. Vecchi sentimenti erano
finalmente stati
trascinati alla luce, e si erano aggiunti a quelli che avevano
accumulato in
questa vita.
Jared
si sentì nervoso, sentì lo stomaco salirgli in
gola
quando lo guardò mentre gli si avvicinava, dopo aver finito
di sistemare.
Ma
Jensen fece un altro passo, si spinse il più vicino
possibile senza tuttavia toccarlo, proprio come aveva fatto lui in
precedenza,
e Jared respirò il suo odore, sentì il calore del
suo corpo e si calmò
istantaneamente. Erano attratti l’uno dall’altro
come due magneti e questo non
era niente di nuovo, solo… ora era qualcosa di
più.
Entrambi
gli uomini si rilassarono appoggiati al piano della
cucina, le loro braccia si sfioravano ad ogni movimento.
“Dove
andremo da qui?” Jared sussurrò infine dopo aver
giocato con quel pensiero nella sua mente per l’ultima ora, e
le parole fecero
male quando lasciarono la sua gola. Era troppo spaventato della
risposta, anche
se pensava, nel profondo, che poteva essercene una sola.
Jensen
non lo guardò, ma girò il viso verso di lui e il
suo
naso quasi strusciò contro il collo di Jared. Era inconscio,
il minore lo
avrebbe giurato, ma gli disse tutto quello che aveva bisogno di sapere.
“Dobbiamo decidere.” L’altro disse piano,
più a se stesso che a Jared.
“Dobbiamo scegliere tra noi… e loro.”
Jared lo guardò,
vide come Jensen aveva chiuso gli occhi per
un momento e qualcosa come il dolore fluttuò sui suoi
bellissimi lineamenti.
Era lo stesso sentimento che stava provando lui, perché
entrambi amavano le
loro fidanzate, entrambi erano stati pronti a passare le proprie vite
con loro.
Ma quando Jensen alzò lo sguardo e incontrò
quello di Jared, lì e in quel
momento, entrambi seppero che nessuno dei due, in nessun mondo, avrebbe
potuto
scegliere qualcuno di diverso dall’altro.