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Autore: Elle Douglas    30/11/2014    3 recensioni
Cosa succederebbe se nella vita di Killian Jones, d’improvviso, tornasse il suo vero primo amore?
No, non Milah, ma qualcuno di ancora più profondo, celato, intimo e nascosto che sapeva fosse morto per sempre? Come reagirebbe Killian? Ed Emma, che ormai sembra aver trovato l’amore? Chi sceglierebbe arrivato a quel punto?
Come cambierà la storia? E quanto scopriremo di più su quest’uomo?
Scopriremo che c’è ben altro dietro Killian Jones, c’è un'altra storia nascosta e non ancora raccontata di un uomo che ha perso tutto e che più di tutti ha perso qualcosa di profondo che credeva irrecuperabile.
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‘I suoi occhi verdi, verdissimi come lo smeraldo sono dentro ai suoi, e per un attimo una lacrima gli scorre su quel viso etereo.
Quante volte aveva pianto credendola persa? Quante volte si era pentito di averle dato quella scelta? Quante volte avrebbe voluto tornare indietro e cercarla, salvarla?
Ed ora era lì davanti a lui.
Vera, viva ma prigioniera.’
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La storia inizia con gli avvenimenti della 3x17, tutto il resto è una mia idea.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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X CAPITOLO
 
 
Quando arrivammo nel posto designato dalla strega ciò che mi apparve davanti era qualcosa che non mi sarei aspettato.
Almeno non ora, non in quel momento.
Una donna legata dalle mani pendeva al centro del capanno, in mezzo a un vortice magico. Aveva la testa bassa come se stesse dormendo, ancora in quella veste, ancora più magra dell’ultima volta.
Non potei fare a meno di riconoscerla, e il mio cuore sembrò lacerarsi ancora di più in quella visione.
‘Ma che diavolo … ?’, fece Emma non riconoscendo quella ragazza. ‘Chi è quella ragazza?’.
‘Esmeralda …’, risposi quasi implicitamente quasi nel chiamarla più che a rispondere alla sua domanda.
‘Me la pagherai per questo!’, digrignai i denti fissando e puntando la strega con la mia spada.
Zelena sorrise di gusto a quella minaccia.
‘Sai, mi aspettavo che la salvassi in fondo. Pensavo che ci tenessi a lei, ma avrei dovuto accorgermene già dal fatto che non la ricordavi più come il tuo vero amore.’.
Il suo sguardo malvagio cadde su Emma, perché era certa che non ne fosse al corrente e voleva vederne la reazione. Poi ritornò su di me.
‘Povera Esmeralda, quando scoprirà che il suo Killian ha scelto un'altra invece di lei. Come si sentirà quando verrà a sapere che è ancora una seconda scelta per te. Le spezzerai il cuore’.
‘Lasciala andare!’, dissi piano le parole scandendole per bene e mettendoci tutta la mia rabbia, mentre in mente escogitavo un piano per tirarla fuori di lì.
Sbarrò gli occhi.
‘E’ perché dovrei? E’ stato grazie a me se hai tolto i poteri ad Emma! Ti avevo dato una scelta: un vecchio amore per uno nuovo o sarebbe morta, ricordi? Ora per quale motivo dovrei liberarla? Non ci tieni a lei capitano, non te la sei guadagnata! Se avessi fatto ciò che ti avevo chiesto ora sarebbe in salvo, lì tra le tue braccia. Che dire quindi? La perderai di nuovo, e questa volta per sempre mio caro’. E rise maligna. ‘Volevo solo farti assistere alla sua esecuzione, perché sai… una volta tornata a prenderla ero davvero intenzionata ad ucciderla, ma poi mi son detta Perché adesso? Perché non davanti agli occhi di chi ha rinunciato a lei sapendo a cosa fosse andato incontro scegliendo la strada sbagliata? E quindi eccomi qui, a darti un posto in prima fila alla sua morte’. La sua risata si apri ancor di più in qualcosa di grottesco.
‘Va a salvarla.’, suggerì Emma avvicinandosi a me. ‘Io cercherò di distrarla e di coprirvi le spalle’.
Quel gesto, quelle parole mi sorpresero, non perché dubitassi che non l’avrebbe fatto comunque, ma perché anche questa volta accettava quella parte di me e combatteva al mio fianco, pur sapendo che non le avevo detto nulla, pur non conoscendo niente di quella ragazza che era lì e a cui io tenevo.
Lei sfoggiò la pistola al mio fianco, di fronte a noi il signore Oscuro.
‘Prendete il pugnale e io sarò dalla vostra parte. Vi aiuterò, fate come vi dico o vi distruggerò’.
Emma sviò l’attacco dell’Oscuro mentre io mi dirigevo altrove cercando di entrare nel mezzo di quel vortice senza farmi sfiorare, o ben peggio risucchiare, ma era difficile.
Intorno a me ognuno combatteva per qualcosa.
Esmeralda era lì, a pochi passi dai miei, dovevo solo raggiungerla e afferrarla.
Nei piccoli istanti di lucidità mi chiedevo se fosse vera, o un ennesima illusione della strega, oltre che ad una mia illusione.
Per secoli avevo immaginato di rivederla pur sapendola morta e ora era di fronte ai miei occhi, incosciente ma vera.
L’avevo vista nei posti più assurdi a causa della mia mente che continuava a nutrirsi del suo ricordo proiettandolo dovunque io andassi e mi fermassi, dei suoi sorrisi, dei suoi sguardi e mai, mai avrei immaginato un destino diverso da quello che mi era stato raccontato. E ora volevo stringerla tra le braccia come allora, tranquillizzarla e portarla al sicuro con me, fuori da tutto questo, fuori da quella malvagità che le era stata inflitta.
Perché lei era fragile, minuta e non meritava alcun male. Non a causa mia.
Quando mi voltai Regina era stata innalzata dalla strega che la stava soffocando, temei il peggio.
Perché se lei, che era la nostra unica speranza avrebbe fallito, saremmo stati spacciati.
Tutti.
Saltai all’interno del cerchio cercando di far attenzione alle fessure in cui scorreva la magia e facendo attenzione a non attirare l’attenzione dei due che ci erano contro.
Arrivai nel mezzo e la vidi proprio sopra di me, ma non sapevo come fare per tirarla giù. Era troppo in alto.
Ad un altezza inumana per me, e nemmeno sguainando la spada sarei potuto arrivare a tagliare la corda che la teneva appigliata.
‘Ti do una mano’, gridò Robin Hood attirando la mia attenzione.
Posizionò l’arco e lo puntò alla corda che la teneva su, un scatto e la freccia scagliata tagliò la corda in un taglio netto e deciso.
Lei cadde e con un balzo l’afferrai prima che cadesse nel vortice.
Era tra le mie braccia di nuovo, e la mia pelle sembrava non averla mai dimenticata.
Al suo contatto, la mia pelle sembrò rigenerarsi nel ricordo che ora si faceva più vivido, reale, duraturo.
‘Esm!’, cercai di chiamarla carezzandole il viso dolcemente.
Lei apri gli occhi lentamente e sbattendoli più volte.
Quando mi trovò davanti era quasi incredula nel trovarmi davanti ai suoi occhi.
Mi guardò perplessa e avanzò una mano sul mio viso per accertarsi che fossi reale.
‘Killian?’, delle lacrime iniziarono a sgorgare dai suoi occhi. ‘Killian!’.
 ‘NO!’, gridò la strega rivolgendomi uno sguardo iniettato di sangue, e con l’altra mano era pronta a lanciarmi un incantesimo.
Robin in quel momento di distrazione prese il cuore di Regina da uno di quei piattini posizionati agli estremi, e dalle sue mani scaturì una luce bianca.
Zelena se ne accorse.
‘Cosa stai facendo?’, domandò impaurita.
‘Sto cambiando’.
E prima che Regina la colpisse con la magia bianca, Zelena colpì Esmeralda in pieno petto con l’ultimo briciolo di magia che le rimaneva.
Dopodiché venne colpita, le cadde il pugnale e rotolò via da dove si trovava.
Guardai Esmeralda cercando gli effetti della magia che aveva lanciato. Lei mi guardò con occhi spalancati cercando di parlare, di dire qualcosa, ma respirava a fatica e sembrava soffocare.
Tra le mie braccia iniziò ad ansimare e a tremare violentemente.
Si toccò il petto come a dire qualcosa che non comprendevo.
Regina aveva strappato la spilla dal collo alla strega. Il vortice si chiuse.
Usci da lì, con lei ancora tra le braccia, e diretto verso quella strega con la mia rabbia.
Una mano sul petto mi sbarrò la strada.
‘Killian, non c’è tempo per questo. Portiamola in ospedale. Ora!’, fu Emma a dirmi cosa dovevo fare.
Ed era vero.
Ci sarebbe stato modo di vendicarmi per ciò che aveva fatto.
Ma ora dovevo salvarla.
David, che nel frattempo aveva recuperato il bambino disse: ‘Prendete il mio furgone’, e passò le chiavi ad Emma.
 
 
Per tutto il tragitto verso l’ospedale mi sembrò di ripercorrere mentalmente i  giorni in cui si ammalò.
Quei giorni in cui la presi con me nella mia stanza per curarla, quei giorni in cui non smettevo nemmeno un attimo di stargli vicino e di pensarla.
E ora mi sembrava essere tornato indietro con lei che boccheggiava e io che la tenevo stretta a me.
Le ore di attesa in ospedale furono anche più agonizzanti.
Vagavo per la sala d’attesa attendendo che Frankstein.. o meglio il Dottor Whale uscisse e mi desse notizie a riguardo.
Odiavo quell’attesa e non riuscivo a togliermi quell’odio verso la strega di dosso.
Se solo le fosse accaduto qualcosa, se solo da quella stanza non ne sarebbe uscita sana e salva non avrei risposto più di me, e sarei andato dritto a cercarla.
Avevo saputo che era ancora viva, e che Regina l’aveva protetta perché ormai era buona, e si comportava da eroe.
Ma se da quella sala operatoria in cui era entrata con codice rosso non sarebbe uscita con una speranza l’avrei uccisa con il mio stesso uncino.
Era vulnerabile ora, non aveva più la spavalderia e i poteri di prima.
L’avrei uccisa facendole penare lo stesso inferno che stavo passando io, che stava facendo passare a lei.
Andavo su e giù per la sala d’aspetto, rivolgendo sempre il mio sguardo a quella porta bianca che non si decideva ad aprirsi.
Emma si avvicinò, cauta.
‘Ehi Killian’, mi porse un bicchiere.
‘Ti ringrazio per la tua gentilezza Swan, ma non sono dell’umore per bere questa… diavoleria’.
‘C’ho messo dentro un po’ di Rum. Pensavo potesse servirti, anche se beh, non è nella sua bottiglia’.
Apprezzai il gesto e mi sforzai in un sorriso sostenuto.
Lo presi in mano.
‘So che sei teso. Ma vedrai che andrà tutto bene. Esmeralda… se la caverà’, pronunciò il suo nome a stento, cercando forza e cercando di darla anche a me.
Sapevo quanto fosse dura per lei, soprattutto perché l’aveva scoperto così, a bruciapelo.
‘Mi dispiace’, ammisi. ‘Avrei dovuto parlartene.’
‘Sono io che non te ne ho dato l’opportunità. Avrei dovuto ascoltarti invece di arrabbiarmi con te, hai cercato di proteggerci dopotutto.’. mi mise una mano sulla spalla come a darmi forza. ‘Me ne racconterai appena tutto questo sarà finito’.
Annui.
Bevvi un sorso di quella miscela, cercando di rimanere lucido.
Poco distanti da noi, una porta bianca si apri e il Dottor Whale ci venne incontro.
L’espressione che aveva in viso non mi piaceva e non mi convinceva per niente, quasi corsi appena lo vidi uscire.
‘Allora come sta? Dov’è?’.
Quello evitava il contatto visivo, rigirandosi i pollici e cercando mentalmente le parole giuste.
‘Allora?’, quasi urlai in preda al panico di quei segni che avevo davanti.
‘Non sappiamo cosa fare’, tirò fuori Whale, ora rivolgendomi il suo sguardo.
Andai su di giri.
‘In che senso non sapete cosa fare? Che vuol dire? Dov’è?’, Emma mi fermò sovrapponendosi tra me e il dottore.
Gli stavo saltando addosso quasi.
Mi fece cenno di calmarmi guardandomi fisso. Poi si voltò verso Whale.
‘Cos’è successo?’, chiese più cauta, io ero dietro di lei.
‘Non abbiamo mai visto niente del genere prima d’ora, è un avvenimento strano sulla quale non sappiamo come operare’. Spiegò. ‘La gabbia toracica è praticamente … chiusa, è come una gabbia e i polmoni al loro interno non hanno possibilità di aprirsi ed inspirare per incanalare aria. Abbiamo provato ad aprirla, a fare di tutto, ma c’è il rischio di romperle le ossa e ucciderla sul colpo’. Mi rivolse il suo sguardo dispiaciuto e impotente, ma non me ne facevo nulla. Sbiancai di colpo.
Niente di tutto ciò era vero.
Non poteva essere.
Perché non potevo riaverla? Perché non poteva andare bene per una buona volta?
Cercai di riprender fiato.
Avrei voluto urlare.
‘Per ora la stiamo alimentando ad ossigeno, ma non durerà per molto. Morirà comunque se non ci sarà una soluzione’.
‘No. No. No. No.’, iniziai a farneticare in preda al nervosismo.
Non poteva succedere di nuovo.
Quale soluzione avrei potuto trovare? E perché tutto doveva essere un agonia? Perché non potevo riabbracciarla e basta.
‘Killian..’, fece Emma avvicinandosi con lo stesso sguardo del medico.
Non volevo accettarlo.
Non volevo rassegnarmi all’idea di perderla di nuovo, di perderla comunque e mi allontanai da Emma per non vedere quello sguardo di rassegnazione che mi stava proponendo, perché non volevo diventasse anche il mio. Non volevo rassegnarmi. Fin quando andando verso l’uscita non mi ritrovai lui davanti. Il signor Gold con la sua compagna, Belle.
Che ci faceva lui lì e cosa voleva?
‘Come sta?’, chiese quella impensierita avanzando a grandi passi verso il dottore.
Non capi che interesse avesse Belle per Esm, e mi chiesi se fosse davvero lei che stava cercando e non Mary Margaret.
Mi era passata avanti in tutta fretta con il signor Gold, dritta verso il Dottor Whale che le spiegò la situazione.
A passi lenti mi avvicinai a loro cercando di capirci qualcosa.
‘Per vostra fortuna’, incominciò Gold. ‘Per Esmeralda, e per qualcuno in questa stanza, oggi è il vostro giorno fortunato’.
‘Che vuoi dire?’, domandai non sapendo come pormi realmente e sempre sulla difensiva.
‘Che per gentile richiesta di Belle, salverò Esmeralda’.
Non confidai alle sue parole.
Lo stava facendo per Belle a quale scopo? Che c’entrava Belle in tutto questo? Come conosceva Esmeralda e perché tutto questo riserbo?
Non sapevo ancora se essere entusiasta o meno di fronte a un simile atto e temporeggiavo meditando il da farsi.
Stava per dirigersi nella sua stanza quando lo fermai.
‘Qual è il suo prezzo?’, ogni patto, ogni magia, ogni richiesta con lui ne aveva una, e io ero ancora sull’attenti per questo.
‘Non ne ha, per tua fortuna. E’ stata Belle a chiedermelo, quindi per questa volta è un favore che sto facendo anche a te, caro’. E un sorriso beffardo gli spuntò sul suo volto.
Puntai lui, poi Belle cercando un nesso logico di quella richiesta, ma non feci più domande e gli andai dietro per assicurarmi che mantenesse la sua parola.
Entrai in stanza per primo, e la senti respirare a fatica nel sonno, era legata ad un bombola con una maschera sulla bocca. Corsi da lei e cercai di starle il più vicino possibile, per evitare che le venisse fatto ogni male ad ogni passo falso del signor Oscuro che ora si prefiggeva essere un eroe, per la sua compagna più che per sé.
Avevo gli occhi su di lui, ed ero pronto a contrattaccare se qualcosa fosse andato storto.
Dentro di me, dopo Milah, quel timore si riaccendeva.
Ora anche più forte.
Si avvicinò al corpo disteso di Esm e la esaminò con tranquillità, poi alzò una mano e io partii quasi ad attaccarlo spinto dalla paura.
Mi riservò un sguardo sinistro, poi ritornò su di lei.
Una mano sul suo petto, dalla quale scaturì della magia. Gliel’ha passò sopra, mentre il dottor Whale cominciava a spegnere e toglierle quella bombola che le era accanto.
Un paio di secondi ed Esmeralda si risvegliò ansimando come appena uscita da un apnea.
Le alzai il capo, aiutandola a sedersi mentre riprendeva conoscenza e fiato.
Mi guardò e un guizzo di emozioni le attraversarono gli occhi fino ad esplodere in un pianto. Di gioia, oserei dire.
‘Killian!’, esultò piangendo ‘Killian sei tu finalmente’.e si buttò tra le mie braccia inaspettatamente.
Non ero pronto o ero pronto da sempre a quegli abbracci che avevano albergato per tanto nei miei ricordi e che mancavano da secoli nelle mie braccia.
La strinsi forte a me, e le mie braccia, il mio corpo la riconobbero come propria.
Ebbi una scossa forte mentre l’abbracciavo, mentre ogni fibra del mio essere si nutriva di quell’incontro.
L’avevo tra le braccia e la strinsi forte, non curante che avrei potuto farle del male, no. Il mio corpo desiderava tutto ciò da una vita intera, se così potevo osare.
‘Sono qui’, continuavo a ripeterle mentre lei nascosta nell’incavo del mio collo non faceva altro che ripetere il mio nome incredula, emozionata mentre ritrovava qualcosa che le era lontano: la fiducia.
 
Nelle ore successive mi ero sdraiato accanto a lei, in quel letto d’ospedale mentre non smettevo di credere di averla accanto.
Pensavo fosse un altro sogno, l’ennesimo in cui il ricordo si materializzava accanto a me e mi faceva compagnia quando non ce la facevo più a sopportare il dolore della sua perdita, e invece no, lei c’era e i suoi occhi ne erano la prova.
Quella luce era tornata a splendere nei suoi occhi, e non faceva che fissarmi quasi incredula, e io facevo lo stesso.
L’accarezzai più volte il volto constatando quella concretezza, e colmando quel vuoto che avevo sentito dentro per secoli.
Riempimmo il tempo che avevamo di gesti più che con parole.
Nessuno dei due riuscì a parlare all’inizio, ancora troppo increduli, ancora troppo estasiati. Eppure erano tante le domande da farsi.
‘Credevo di averti persa per sempre’, dissi non togliendole gli occhi di dosso, quasi con quella paura che avessi rivolto il mio sguardo altrove lei sarebbe svanita.
‘Mi hai salvata’, disse alzandosi di più e sporgendosi verso il mio viso per guardarmi meglio.
‘Non ti ho salvata’, ostentai.
‘Se non fosse stato per te, io non sarei qui, accanto a te ora’.
‘E io non me lo sarei mai perdonato. Come non mi sarei mai perdonato lo sguardo che ho visto nei tuoi occhi prima di stasera.’
Lei abbassò lo sguardo e fece spallucce.
‘Credevo sarei morta senza più rivederti e forse era per questo motivo che mi ero rassegnata all’idea. Non riusciva più a spaventarmi. Se il mio sguardo era spento e diverso da adesso era per questo. L’unica cosa che volevo era rivederti per l’ultima volta, ma sembrava un destino così avverso e non ce la facevo più a lottare’.
Sorrisi a quella dichiarazione, un po’ vittorioso e un po’ amaro.
Aveva pensato a me per tutto il tempo come stava dichiarando, e allora perché era fuggita con quell’uomo?
‘E… l’uomo con cui sei fuggita da me? Dov’è ora?’, deglutii nervosamente.
Porle quella domanda per me era uno sforzo sovrumano. Accettare quella parte, il modo con cui se n’era andata non era mai stato facile per me pur cercando di comprenderlo, e mai mi sarei immaginato di poterle chiedere il motivo di un tale gesto, che dentro me aveva lasciato il segno.
Lei si scostò per guardarmi meglio e per esaminare il mio volto a quella domanda.
Sorrise incredula, quasi ironica.
‘L’uomo con cui sono fuggita dici?’, chiese quasi come se non conoscesse la storia. Si staccò da me e si alzò da quel letto quasi abbracciandosi come se avesse freddo.
Un espressione di sdegno apparve sul suo volto.
Le andai dietro, fermandomi dietro di lei, aspettando risposta.
Una volta alla finestra si voltò.
‘E quindi è questo che ti è stato detto?’, domandò stringendo salda i pugni.
Annui, incapace di intendere per davvero.
‘Che grande codarda è!’, disse più tra sé che con me, ridendo nervosa e abbassando lo sguardo.
Mi avvicinai di più e le alzai il mento costringendola ad un contatto visivo.
‘Cosa è successo? Spiegamelo…’, la implorai. La vedevo troppo arrabbiata e combattuta e volevo capirne il motivo. ‘Chi è la codarda?’.
Lei incrociò il mio sguardo, trattenendo le lacrime e ostentando della calma che non aveva.
‘La tua Milah’. Sottolineò tua con un tale disprezzo che mi colpì. Stavo per spiegarmi, per dirle che non era mai stata come lei per me, ma non me lo permise. Andò avanti.
‘Decantava tanto la codardia del marito mentre lei non era da meno, dato quello che non ha avuto il coraggio di dirti. Avrebbe potuto dirti la verità senza averti accanto con la bugia. Come ha reagito ora che sa che sono di nuovo qui? Cosa farà adesso?’, chiese con aria di sfida.
‘Milah… non c’è più. E’ morta, Esm’. Sul suo volto nemmeno un po’ di dolore. ‘Molti anni fa…’.
‘Non posso dirti che mi dispiace, non te lo dirò perché lo impongono le circostanze, non è così. L’unica cosa che posso dirti è che se mi avesse trovata ora, l’avrei fronteggiata invece di restare inerme’.
‘Mi spieghi cos’hai contro Milah?’, le chiesi non riuscendo a venirne a capo.
‘Se ci siamo allontanati. Se mi hai persa è stata solo colpa sua’.
 
*
Quando uscì dalla toilette, la locanda era quasi deserta.
La ciurma con cui ero arrivata era come dissolta, mi guardai intorno per cercare Killian ma nulla. Il posto a cui l’avevo lasciato poco prima era completamente vuoto.
Poco più in là però seduta con gli stessi cavalieri di prima, c’era Milah ed ebbi un barlume di speranza nel rivederla. Per la prima volta.
Era rimasta ad aspettarmi.
‘Possiamo andare’, dissi avvicinandomi decisa mentre mi sistemavo le grinze sulla gonna.
Lei mi guardò soddisfatta e un sorriso le spuntò agli angoli della bocca.
‘Ah, eccola!’, disse piuttosto animata alzandosi e prendendomi sottobraccio come poche ore prima sulla nave.
Restai spiazzata da quel comportamento.
Che fosse un tantino alticcia? Eppure non ne dava l’impressione.
Non l’avevo vista toccare più di un bicchiere per tutta la sera.
Gli uomini che avevo di fronte mi esaminarono, in maniera abbastanza strana oserei dire, alcuni nel vedermi lì di fronte facevano gesti inconsulti e si passavano la lingua sul labbro superiore ridacchiando.
Cercai di tenermi a distanza non fidandomi appieno dei loro gesti, ma Milah mi rimise al mio posto quasi strattonandomi.
‘Esmeralda ti presento questa gran bella compagnia di cavalieri, e il loro tenente Febo’.
Quello si avvicinò a me con fare spavaldo e arrogante e fece per baciarmi la mano in segno di rispetto.
Ma inorridii di fronte alla sua presenza. Era una persona che a pelle non mi dava nulla e quasi mi faceva paura.
Vedevo nei suoi occhi delle intenzioni diverse da quelle che mostrava realmente.
‘Signori, vi presento Esmeralda’, continuò lei con le presentazioni. ‘La gentile e stupenda ragazza di cui vi ho parlato poco prima’.
Perché aveva parlato di me a quegli sconosciuti?
‘La tua descrizione però non rende per nulla giustizia alla dea che è in realtà. E’ una bellezza rara che ha un valore inestimabile, oserei dire’, fece quel… Febo, avanzando lusinghe che risuonavano nella mia mente con un doppio fine non ben definito.
‘Naturalmente non avremmo potuto darvi di meno, e il fatto che voi gradiate è una buona cosa.’, iniziavo a non capire, o meglio a non volere intendere bene ciò che sembravano velare quelle parole. ‘E ve la affido augurandomi che la trattiate al meglio’.
Affido? Che significava? Perché? Inorridii di fronte a quella parola e iniziai a contorcermi con l’intento di fuggire oltre la porta d’ingresso.
Ma una forza possente mi prese e di peso mi trasportò su di lui mentre io non facevo altro che dimenarmi.
Un risuonare forte di risate riecheggio nella locanda.
Ridevano di me, dei miei comportamenti e la malizia pungeva le loro corde vocali dandomi il disgusto.
‘Milah, cosa stai facendo? Perché?... io…’.
‘Per ordine del capitano.’ Il mio cuore si fermò di colpo. ‘Dice che non ti vuole più intorno. Com’è che ha detto? Ah! Lo rammollisci, e un pirata non può permetterselo. Capirai questo vero cara?’.
Si avvicinò e il suo sguardo perfido e prepotente mi colpì in pieno petto come una lama.
Mi fermai, abbandonandomi a quella constatazione.
Anche Killian Jones, l’uomo che avevo creduto diverso, l’uomo che mi aveva curata, tenuta, e abbracciata nei momenti peggiori e mi aveva fatto ridere, confidare nei momenti migliori mi stava abbandonando.
Mi chiesi cosa ci fosse di sbagliato in me se più persone mi davano via come niente.
Se a più persone piacesse allontanarsi da me.
E il fatto che fosse lui ad abbandonarmi faceva ancora più male, perché negli anni precedenti pensavo si fosse instaurato un rapporto tra noi.
Un rapporto diverso.
Ma probabilmente tutto era successo nella mia testa.
Io ero innamorata di lui. Lui non lo era mai stato.
Senza volerlo davvero iniziai a piangere copiosamente e a singhiozzare.
Milah mi guardò con disprezzo e derisione.
‘Ecco! Ecco il motivo per la quale Killian ha dato a me il compito di affidarti a qualcun altro. Lo sapeva che avresti iniziato a piangere come una bambina, perché è questo che fai generalmente no? Dai tuoi occhi smeraldo sgorgano lacrime e ognuno cade? Beh, con me non attacca. Killian ha bisogno di una donna forte al suo fianco e non di una come te. ’. Detto questo mi diede un ultimo sguardo. ‘Mi raccomando ragazzi’. Un ultimo sguardo d’intesa tra chi mi teneva e lei sulla soglia.
‘Addio Esm!’, disse facendo il versetto al nome che mi dava Killian, e che lei aveva udito probabilmente.
Chiuse la porta e svanì nel nulla, così come lui.
Così come il mio cuore.
 
‘Volevi la verità Killian? Eccoti la verità. Non ho mai deciso di mia spontanea volontà di lasciarti e di lasciare la nave. Te l’avevo detto più e più volte che non avevo nessuno e anche quando tu mi avevi promesso che mi avresti lasciato andare mi sono opposta. Non me ne sarei mai andata da te, fu Milah a vendermi e a mandarmi via, facendomi credere che fosti tu a cacciarmi’.
Non potevo credere a quelle parole, a quella versione.
Io che mandavo via Esmeralda. Io che non la volevo più perché mi rendeva debole.
Lei era l’unica che mi dava la forza, quella forza necessaria ad affrontare tutto, se ero diventato ciò che ero diventato lo ero diventato per merito suo.
Accogliere Milah su quella nave d’un tratto, ai miei occhi, risultò essere la cosa più sbagliata che avessi mai fatto.
Tutto ciò che mi era stato raccontato, tutto ciò che era stato era una bugia ben coperta da una donna che credevo di amare e che davanti a quella verità mi crollava davanti.
Tutta la mia esistenza mi crollava dinanzi.
Chi avevo conosciuto? Chi era quella donna? E come le avevo permesso di intromettersi nella mia vita.
Nelle nostre vite.
Perché non ne aveva rovinato solo una, ma due, anzi ben tre con Tremotino, e il numero andava ad accrescersi se contavo Bealfire.
Tre vite, con lui quattro che lei aveva manipolato e distrutto.
‘Io non ho mai detto quelle cose. Non ti avrei mai e poi mai mandata via’. Le dichiarai cercando di farle vedere la verità.
‘Sono stata per decenni a rimuginare sul perché di quella tua decisione e visti gli sviluppi che la nostra relazione aveva preso in quell’ultimo periodo non potevo che crederci. Alternavo momenti in cui non credevo affatto a quella visione e a quelle parole che mi erano state dette e momenti in cui, presa dallo sconforto mi gettavo pienamente in quella visione e stavo male. Ero in perenne conflitto e…’ le si spezzarono le parole appena il suo sguardo si posò su qualcosa in basso. Qualcosa la turbò.
Era quasi atterrita, sconvolta, mi venne accanto e sollevò il mio braccio destro delicatamente, intenta ad esaminarlo.
Allora capì.
‘Questo cos’è?’, chiese cauta osservandomi, cercando di controllarsi. Nuovamente.
‘Un uncino. E’ stato il prezzo da pagare per Milah’, ammisi, ricordando quel momento.
Lei restò ancora più atterrita.
‘Lei ti ha fatto questo?’
‘No, in un certo senso. E’ stato suo marito. Una volta diventato l’Oscuro ci ha trovati e beh, è stato lui a tagliarmi via la mano, e a strappare il cuore a Milah’. Spiegai velocemente senza entrare in dettagli in cui non volevo inoltrarmi. Il suo volto era serio, e corrucciato.
Incrociò le braccia al petto e mi guardò con sguardo languido.
‘Quante vite ha corrotto per se stessa? Quanto male ci ha fatto prima di ritrovarci?’, chiese afflitta.
Sembrava davvero provata da tutto, e pur avendo uno sguardo diverso ora in mia presenza era notevolmente cambiata ai miei occhi.
‘Dove sei stata tutto questo tempo? Perché non ti ho più rivista?’, chiesi quasi in risposta a ciò che avevo di fronte.
Lei alzò gli occhi al cielo, indebolita.
‘Tu nemmeno immagini l’inferno che ho dovuto attraversare prima di ritrovarti’, rivelò con un sorriso smorzato.

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