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Autore: verystrange_pennylane    30/11/2014    4 recensioni
John Lennon, giovane sognatore, punta a conquistare il cuore della bella Cynthia. Si trova dunque, in una notte d'estate, ad esprimere un desiderio ad una stella cadente.
Ma cosa succede se, quella stella, in realtà si rivela essere un ragazzo di nome Paul?
Storia ispirata a "Stardust" di Neil Gaiman.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mr. Moonlight
 
Capitolo 3

Il programma di John e di Paul prevedeva di raggiungere la piccola cittadina di Chester, che distava solo una decina di kilometri dal bosco. Da lì sarebbero arrivati o a piedi, o con qualche mezzo di fortuna, a Manchester, coprendo dunque quelle trenta miglia in due giorni di viaggio.
Tutto questo sembrava funzionare perfettamente, nella testa di John.
In pratica invece erano in cammino da qualche ora, e il sole di luglio, ormai alto in cielo, rendeva parecchio difficile proseguire lungo la strada sterrata. John in realtà era abituato al clima umido della sua città e in generale a lavorare d’estate, ma la stella al suo fianco non era propriamente dello stesso parere.
Finché le temperature erano state più favorevoli, avevano scambiato qualche parola di circostanza.
John aveva così scoperto che Paul aveva “soltanto" un centinaio di anni, il che lo rendeva praticamente un giovanotto, un principiante nei desideri da realizzare.
La sua solita fortuna, insomma.
Invece, più mezzogiorno si avvicinava, e si cominciava a sentire la totale assenza di acqua, più i dialoghi si erano fatti radi, ed erano principalmente composti da lamentele di Paul. E suonavano tutte più o meno uguali.
“Io odio la Terra. Odio questo insulso pianeta. Ma dico io, è formato al 70% da acqua e noi stiamo morendo di sete. E ho sonno, un sonno terribile, e tu continui a trascinarmi in giro per questo dannato pianeta. L’ho già detto che odio la Terra?”
Ora, la natura aveva dato scarse riserve di pazienza ai Lennon in generale. Le litanie di una stella potevano rischiare di esaurire quelle riserve anche per gli anni a venire. Ecco perché John si sentì in dovere di intervenire prima che ciò succedesse. 
Fortunatamente per Paul il destino decise di precederlo, con un rumore di zoccoli e ruote in lontananza, il che poteva significare soltanto una cosa: una carrozza. Una meravigliosa, bellissima carrozza che avrebbe potuto dar loro un passaggio. Forse.
Va bene, definirla bellissima era stato veramente esagerato, ma insomma, era già qualcosa. Senza considerare che quella visione aveva persino zittito Paul per qualche istante.
Per John quello era un miracolo!
Si piazzò immediatamente in mezzo alla strada, per impedire alla loro unica speranza di proseguire fingendo di non vederli, come avevano già fatto in precedenza un paio di altre carrozze private. Questa però sembrava diversa da quelle incontrate prima, e più si avvicinava, più John si chiedeva se fosse davvero una buona idea farla fermare.
Le sue domande furono in ogni caso inutili: ormai era troppo tardi.
I cavalli frenarono, sollevando un gran polverone, e per qualche minuto tutto rimase immobile: John con le mani in avanti, Paul ben nascosto dietro di lui e la carrozza ferma e silenziosa. Non sembrava esserci un cocchiere alla guida, e i due ragazzi furono colpiti da un misto di paura e curiosità, ma entrambi non dissero nulla e aspettarono che succedesse qualcosa.
Alla fine, una piccola figura uscì con un balzo.
Era magro e più basso dei due ragazzi di almeno una decina di centimetri. Il viso era adornato da due grandi baffi e dai capelli scuri e disordinati, lisciati in fretta e furia da due mani tozze e ricoperte di anelli. Indossava dei pantaloni arancione brillante, più grandi di almeno un paio di taglie ed erano stati chiaramente infilati alla bell’e meglio, forse durante la frenata improvvisa. Il tutto era coronato da un cappotto sui toni dell’azzurro, un colore molto simile a quello dei suoi occhi. Alla fine, dopo qualche gesto teatrale di sgomento e rabbia, si schiarì la voce e parlò:
“Chi sono i due vagabondi che osano interrompere il nostro meraviglioso viaggio lungo la terra d’Albione?”
“Cosa?” disse alla fine John, cercando di restare il più serio e concentrato possibile, mentre Paul alle sue spalle stava già ridendo sotto i baffi.
“Hai capito bene, contadinotto. Tu, con le tue sudicie mani, hai interrotto il dolce trotto dei nostri due unicorni. Ora, a causa tua e del tuo ‘amico’ là dietro, arriveremo in ritardo nella grandiosa Ledes, o, come la chiamate voi contemporanei, Leeds.”
Alla fine Paul, asciugandosi le lacrime, si fece coraggio e uscì allo scoperto, facendo un profondo inchino:
“Vi chiediamo umilmente perdono per l’offesa arrecata. Vede, avevamo soltanto bisogno di un passaggio verso Mamucium, o, come il mio amico contadinotto preferisce chiamarla, Manchester.”
Cosa?” ripeté di nuovo John, stavolta più forte. Che diavolo stava succedendo? Che fosse ancora parte del sogno da cui non riusciva a svegliarsi? Che fosse colpa del sole che batteva violento sulle loro teste?
Soprattutto, perché quell’ imbecille di Paul sembrava aver problemi a ricordarsi le cose più semplici, come il suo nome, e poi riusciva a fare discorsi simili?
“Reggimi il gioco, Jacob. ” Ecco appunto.  Stupida, stupida stella.
Alla fine, lo strano tizio sembrava molto colpito dalle parole appena sentite, e si toccava il mento, perplesso. Così Paul si inchinò nuovamente e invitò John a fare lo stesso, prima di ricominciare a parlare.
“Non volevamo recarvi danno alcuno, volevamo solo usufruire della vostra immensa bontà, ma solo se v’aggrada, e solo nel caso non affatichi i vostri preziosi unicorni.” e, alzando la testa solo per ammiccare a quel signore, concluse, “La vostra benevolenza sarà ben ripagata, è chiaro.”
John alzò lo sguardo, sconvolto ancora una volta dalle parole dell’altro.
Con uno scatto, gli prese il braccio, come per rimproverarlo dell’aver parlato di una ricompensa che non potevano dare. Non aveva neanche un centesimo con sé! Ma Paul continuò ad ignorarlo e si divincolò in fretta, preferendo studiare la persona davanti a loro e le sue reazioni.
Lo sconosciuto si lisciò i baffi, e cominciò a girargli attorno: studiò il loro abbigliamento, e decise che il cappotto bianco brillante del giovane più alto sarebbe stata una ricompensa meravigliosa. Dunque, accettò.
John era da un lato felice di non dover camminare ancora con quella stella molesta, ma dall’altro lato era seriamente spaventato da cosa gli sarebbe potuto accadere in un viaggio simile. D’altronde, lui non era mai uscito al di fuori di Liverpool, e persone come quella non erano ben volute nel giro che frequentava lui.
Non gli piaceva nemmeno il circo, figuriamoci se pensava di mescolarsi con simili presenze!
Come ad interrompere il suo flusso di pensieri negativi, Paul manifestò il suo entusiasmo, battendo le mani e sprizzando contentezza da tutti i pori.
“Non se ne pentirà, signor..?”
Lo strampalato tizio davanti a loro sembrò come ricevere una frustrata, a quella domanda.
“Cielo cielo cielo, che maleducato. Non è da me! Rimediamo subito!” e, con un colpo di bastone alla carrozza, fece srotolare un grande pannello colorato che recitava così: Rory Storm and the Hurricanes, ora in tournée!
“Quindi lei è il signor Rory?” chiese John, ma la sua domanda sembrò infastidire profondamente il suo interlocutore. Questi dunque scrollò le spalle e si girò, come a non volergli dare troppa confidenza.
“Certo che no, come potrei essere Rory Storm IO? Ma dove avete vissuto fino ad adesso? Oh povero me, io sono il signor Ringo Starr!”
“E gli Hurricanes…?”
Anche stavolta, la domanda di John non fu ben accolta, e come risposta il tizio batté di nuovo con un colpo la carrozza. Da dietro il pannello uscirono due persone, una donna bellissima ed un ragazzo.
“Tutto qua?”
“Senti giovanotto, io non prendo cani e porci alla mia corte, sia chiaro. E se hai un’altra domanda impertinente come questa, sappi che per me puoi arrivarci a piedi alla tua stramaledetta Manchester.”
Il tono della voce si era alzato di qualche decibel, ed era immediatamente intervenuta la donna a calmarlo, accarezzandogli la schiena e sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
Paul si voltò, e rivolse a John uno sguardo di rimprovero.
“Piantala, Jack!” gli disse, dandogli un leggero pugno sul braccio e avvicinandosi allo strano trio.
John si morse il labbro, di nuovo profondamente dubbioso e preoccupato da quella scelta. Ma insomma, se Paul era davvero una stella (lo era?) doveva avere una specie di sesto senso, no? Se fosse stato pericoloso l’avrebbe percepito?
In ogni caso decise che per Cynthia e per il suo riscatto qualche rischio andava pur corso.
E fu così che salì, con passo incerto, sulla carrozza.

Già dopo poche ore di viaggio scoprirono che “Hurricanes” era solo un altro nome per definire una famiglia di musicisti di strada che sbarcava il lunario girando l’Inghilterra. Ringo, sua moglie Maureen e il figlio Zak vagabondavano ormai da parecchi anni. La loro carrozza era stata comprata, o forse era meglio dire rubata, al “famoso” Rory Storm, un vecchio musicista ormai ridotto in miseria a causa dei problemi con l’alcool.
I due unicorni, come li chiamava Ringo, erano in realtà due cavalli vecchi e stanchi, che avevano bisogno di parecchie pause nel tragitto, e macinavano ben poche miglia all’ora. Fu così che i passeggeri passavano più tempo a sgranchirsi le gambe nella campagna inglese che effettivamente sulla carrozza, in movimento. Dopo un’ora di viaggio, Chester ancora non si vedeva. Eppure, secondo i calcoli di John, doveva essere molto più vicina. Fu così che si azzardò a chiedere alla giovane donna, Maureen, spiegazioni a riguardo. Lei non fece nemmeno in tempo ad aprire bocca che intervenne immediatamente il marito a parlare al posto suo.
“Caro mio, voi eravate ormai in prossimità di Buckley, e per raggiungere Chester ci vuole almeno un’altra ora di carrozza!”
“Buckley?”
Quasi gli andò di traverso l’acqua che stava bevendo.
“Sì, dovete aver preso la strada sbagliata parecchie miglia fa! Non avete letto la segnaletica?”
Davanti allo sguardo indagatore di Ringo e di Paul, John arrossì vistosamente.
Non che non avesse davvero visto la segnaletica, è che aveva qualche piccolo, piccolissimo problema di miopia. Certo, non sarebbe andato a gridarlo ai quattro venti o ad ammetterlo davanti a tutta quella gente, ma era costretto da qualche anno a portare dei grossi fondi di bottiglia. Non che si potessero davvero chiamare occhiali, quelli, andiamo! 
In ogni caso, da allora aveva continuamente negato l'evidenza. La verità è che li detestava e faceva di tutto per dimenticarli in giro o per non metterli. Zia Mimi soprattutto non sembrava capire quanto fossero imbarazzanti per John e quanto diminuissero le sue chances con le ragazze.
Ecco perché, durante quella sua avventura, li aveva semplicemente lasciati a casa, pensando che non gli servissero affatto.
Dunque scosse il capo violentemente a quel rimprovero celato, e si divertì ad incolpare l’inutilità della segnaletica e quanto il governo inglese poco curasse quei dannati cartelli. Le scritte dovevano essere state coperte o rovinate dal tempo, era chiaro!
Ecco perché si erano allontanati da Manchester per una decina di kilometri anziché avvicinarsi.
“Cambia poco, arriveremo comunque al massimo prima di notte a Chester, non c’è da preoccuparsi!” e poi, rivolgendosi a Paul, ammiccando, “così hai avuto occasione di ammirare la campagna inglese! Nulla di meglio per lo spirito!”
“Nulla di meglio? Mi hai quasi fatto morire di sete!” gli rispose l’altro, incrociando le braccia, tutto indispettito.
“Oh andiamo, lo sanno tutti che non si muore per così poco! E poi è colpa tua che sei una stella da strapazzo! Se solo tu sapessi fare il tuo lavoro, ora io sarei già tra le braccia di Cynthia!”
“Ah, adesso sarebbe colpa mia!!” e così dicendo, Paul mise il broncio e gonfiò le guance.
“Ovvio! E soprattutto, visto che sei tanto bravo, perché non l’hai letto tu il cartello?”
“Perché non la capisco la vostra stupida lingua terrestre!!”
“Ah però quando è ora di parlare per niente, la capisci eccome!” gli rispose John, facendo arrossire l’altro fino alle orecchie.
Continuarono a battibeccare davanti al famiglia Starr per qualche minuto, sotto i loro sguardi divertiti e preoccupati allo stesso tempo.
“Questi qua mi sa che sono più strambi di noi.” Concluse alla fine Zak, scrollando le spalle.

Era già tramontato il sole quando finalmente arrivarono a Chester e una tiepida brezza estiva li rinfrescò, mentre si accampavano poco fuori la cittadina.
Il trio Starr aveva in programma uno spettacolo in pieno centro, e chiesero ai nuovi arrivati di accompagnarli, per aiutali a racimolare qualche spicciolo in più.
Per questo anche ai due ragazzi fu assegnato uno strumento musicale. Non che dovessero suonarlo davvero, ma secondo Ringo aiutava a fare scena e a costruire un’immagine più esotica. A John fu dato in mano un banjo, un nuovo strumento che il ragazzo non aveva mai visto prima e che proveniva dall’Africa; mentre a Paul fu affidata una delle tante chitarre inutilizzate e scassate.
John si sentiva a disagio. Finora aveva visto solo i gitani suonare quegli strumenti, ma allo stesso tempo era terribilmente attratto dalla possibilità di imparare a suonarli, finalmente, dopo anni di curiosità. La verità è che non credeva che sarebbe mai arrivato a fare musica con qualcosa che non fosse un clavicembalo o un pianoforte.
Non che zia Mimi approvasse un tipo di educazione musicale, la trovava una passione da zingari o da signorine nobili e nullafacenti. In entrambi i casi non era necessaria a portare il pane in tavola, e quindi fu subito esclusa per John la possibilità di imparare a suonare qualcosa.
Ecco perché, mentre aspettava che la famiglia Starr si preparasse indossando i costumi di scena, strimpellò incuriosito, pizzicando le corde del suo banjo con risultati imbarazzanti.
Paul si avvicinò a lui, con la chitarra ben salda nella mano sinistra. John lo fissò per qualche istante senza dire nulla, ma poi fu più forte di lui commentare la scena.
“Si può sapere come diavolo la tieni quella?” 
La stella scosse le spalle, infastidita dall’osservazione.
“Io uso questa mano, non mi trovo bene con la destra, come tutti voi.”
“Non lo sai che è la mano del diavolo?” disse John, ridendo sotto i baffi. Sentirsi ripetere quella frase gli fece pensare a cosa avrebbe detto Zia Mimi se fosse stata lì.
“Che stupide superstizioni che avete voi umani. Noi stelle non pensiamo a queste cose, e forse dovreste cominciare anche voi altri!”
John arrossì, preso in contropiede, ma la sua risposta fu subito interrotta dall’uscita degli Hurricanes, visione che lo lasciò stordito. Se quel pomeriggio aveva trovato sfarzoso l’abbigliamento di Ringo, beh, doveva ricredersi: tutti e tre, insieme, potevano fare di peggio.
L’arcobaleno di colori che indossavano quasi lo accecò, e ringraziò l’oscurità per attenuarli.
Insieme, tra il profondo imbarazzo di John e Paul, si avviarono verso il centro del paese, una meravigliosa piazzetta in puro stile inglese, con eleganti palazzi bianchi e neri.
La vista spiazzò i due ragazzi, che si trovarono a pensare la stessa cosa: se il paradiso fosse stato nel Regno Unito, avrebbe sicuramente trovato la sua capitale a Chester.
Lì, trovato un piccolo spiazzo tra una caffetteria e una libreria, si posizionarono e cominciarono a suonare.
Il compito di John era quello di girovagare tra gli spettatori con la chitarra e con un piccolo cappello per chiedere qualche spicciolo; mentre quello di Paul di attirare, con il suo stile garbato, la gente ad assistere al concertino.
Dopo un’ora l’arrivo dei vigilanti li fece dirottare verso un altro spiazzo, da cui furono comunque cacciati solo dopo pochi minuti.
La serata lavorativa si era dunque conclusa, e si avviarono nuovamente verso il loro piccolo accampamento, stanchi e frustrati. Il bottino era stato misero rispetto alle aspettative del trio famigliare.
“Vorrà dire che punteremo alla grande Manchester! Avremo bisogno di un cappello più grande, miei cari Hurricanes, perché faremo faville e i soldi ci ricopriranno come polvere di stelle!” li motivò Ringo, stringendo a sé la moglie e il figlio e brindando con una bottiglia di vino scadente.
John sorrise a quella scena, trangugiando il suo bicchiere di vino, e si perse ad ammirare il legame affettivo tra quei tre. Erano stravaganti, forse un po’ pazzi, ma si dovevano amare tutti molto per sopportare una vita del genere, fatta anche di stenti.
“Chissà come fanno!” disse alla fine della sua riflessione, sospirando.
“Oh, tu dovresti saperlo, Jeremy! E’ l’amore che muove tutte le cose, non il denaro!” gli rispose Paul, un po’ allegro a causa dell’alcool, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
Ma John a quella affermazione si rabbuiò e si scostò leggermente dall’altro. Tutta la voglia di scherzare e battibeccare era scomparsa all’improvviso. Forse era colpa della stanchezza, forse dei cattivi pensieri, non lo sapeva con esattezza, ma sentì il bisogno di stare da solo all’improvviso. Dunque, congedandosi da tutti e ignorando lo sguardo di Paul fisso su di sé, prese una delle coperte e si buttò a dormire fuori dalla tenda, sotto le stelle.
Dopo alcune ore non sapeva se si fosse svegliato per colpa del freddo, o per colpa del rumore di chitarra che proveniva da lì vicino. Si alzò, sia per scaldarsi che per sgranchirsi le gambe. Chi l’avrebbe mai detto che dormire su un prato fosse così scomodo?
Fu così che vide Paul, seduto sulla carrozza, tutto intento a studiare la chitarra.
“La tieni ancora storta.” Lo interruppe John, prendendolo di sorpresa.
“E tu sei ancora un gran rompiscatole, nonostante la dormita.” Lo punzecchiò l’altro, dopo essere trasalito dallo spavento.
“Lo chiami dormire questo?! E tu non ci provi nemmeno?” John si grattò la testa, e si sedette accanto alla stella.
“No, noi dormiamo di giorno, mi sembra di avertelo già detto questo! Non riesco proprio a prendere sonno, quando in cielo c’è sveglio il mio mondo!” rispose l’altro, allargando le braccia e ridendo timidamente.
“Ma sai che ti dico? Che forse è meglio così. Quando mai ci capiterà di vivere un’avventura simile?” per un po’ John decise di lasciarsi contagiare dal suo buonumore.
Passarono qualche minuto in silenzio, ognuno preso dai propri pensieri, dopodiché Paul ricominciò a pizzicare le corde della chitarra.
“Allora, come fai a saperla suonare?”
“Mh, non mi ricordavo che noi stelle, all’evenienza, abbiamo dei talenti utili al fine di realizzare il desiderio. Prima ho parlato al Signor Ringo con un linguaggio forbito per avere il passaggio; ora i miei ‘superiori’ devono pensare che mi serva suonare la chitarra. Chissà! Sta di fatto che mi piace, sai? Suonare. Mi piace molto, mi fa stare bene!” disse, grattandosi il naso per dissimulare l’imbarazzo.
“Non so se è merito loro o tuo, ma la suoni bene, anche da storta! Per quel che me ne intendo io sei bravo. Se non fossi una stella, forse saresti un musicista.” John notò subito come le sue parole colpissero a fondo l’altro, e gli diede una piccola pacca sul braccio per sdrammatizzare il discorso.
“Oh, non esagerare, ruffiano.” Paul arrossì ancora di più, mentre rispondeva.
“No, dico davvero! Mi piace sentirti suonare! Continua, per favore.”  John si fece serio per rendere le sue parole più credibili.
Stette così, a fissarlo negli occhi, per qualche lungo, lunghissimo istante. Era sicuro, come qualche ora prima, di vederci le stelle, i pianeti, gli universi in quei dannati occhi enormi. E una volta che cominciava a guardarli, difficilmente riusciva a staccarsi, non importava se vedesse l’altro arrossire di nuovo sotto il suo sguardo.
Alla fine si costrinse a pensare ad altro, e la cosa sembrò funzionare, perché gli venne un’idea.
“Ma certo Paul! Sai perché ci serve? Perché probabilmente mi aiuterà a conquistare Cynthia! Ti prego, insegnami!”
“Ma non posso insegnarti a suonare uno strumento in una notte! E’ impossibile, anche per una stella!”
“Proviamoci, in fondo cos’hai da perdere? E poi l’hai detto tu stesso, la sai suonare per me.” e mentre diceva queste parole arrossì a sua volta, “quindi forse significa proprio che mi devi insegnare!”
Paul fu preso in contropiede da quelle parole e dal modo accalorato con cui le diceva e, alla fine, non poté non cedere.
John afferrò dunque la chitarra di Zak e, attento a non danneggiarla, la appoggiò sulle gambe. Sentiva dentro di sé un entusiasmo che non credeva di avere, si sentiva vivo!
“Bene, cominciamo, maestro!”

A svegliare Zak non fu l’arrivo dell’alba, il freddo o le zanzare – erano tutte cose a cui era abituato – ma il rumore di risate e accordi di chitarra stonati che venivano da fuori la loro tenda.  Si rinfrescò la faccia con dell’acqua gelida e si decise ad uscire.
La scena che si trovò davanti era bizzarra: Paul e John erano seduti sulla loro carrozza e provavano e riprovavano tutta la scala musicale sulla sua chitarra, con l’entusiasmo di due bambini.
Il risultato, soprattutto nel caso di John, era discutibile, ma Zak capì immediatamente che dovesse essere la prima volta che toccava uno strumento e non si soffermò troppo sulla tecnica.
Fu subito raggiunto dal padre, evidentemente svegliato dallo stesso rumore.
“Che cosa sta succedendo?” Il figlio lo zittì immediatamente.
“Papà, sembra solo a me, o quel tizio.. Paul, è luminoso? Sta brillando, Cristo.”
E Ringo, ammutolito, non poté fare a meno di annuire.




Angolo dell'autrice:

Ma salve, miei cari lettori! 
Eccoci qua col terzo capitolo! So che dovevo pubblicare più tardi, ma con mia grande sorpresa domani partirò per Firenze e starò là tre giorni. Non potevo lasciarvi fino a Giovedì senza capitolo ;) Inoltre vi dico che sono stata costretta a cambiare il nickname, qualcuno si è divertito a segnalarmi quello vecchio, evviva.
Tornando alla storia... il percorso fatto dai protagonisti è un percorso che ho fatto anch'io parecchi anni fa, quindi per me sono "luoghi conosciuti". Ma non tutti sono dei vagabondi come la sottoscritta, e dunque ecco a voi una cartina esplicativa, abilmente fatta a Paint da me: cartina

Sono entrati nuovi personaggi, e mi auguro che vi siano piaciuti! Il nome del gruppo chiaramente prende ispirazione dalla band in cui suonava Ringo prima dei Beatles, ma che ve lo dico a fà? Inoltre non potevo non far suonare John e Paul... in qualsiasi mondo si trovino, la musica non può mancare <3
Spero siate soddisfatti, e spero di ricevere altri commenti, sono curiosa di sapere cosa ne pensate!
Intanto ringrazio, come al solito, la mia beta preferita, Kia, che mi aiuta e segue con pazienza e amore.
Poi ci tengo a citare altre due persone speciali che hanno recensito l'ultimo capitolo, riempiendomi anche di complimenti: Paulmccartneyismylove e Astoria McCartney, grazie mille!
Al prossimo capitolo,
Penny

 
   
 
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